Il test della gonorrea è risultato negativo

Buongiorno, vorrei chiedere un'informazione. A febbraio (circa 3 mesi fa dunque) ho iniziato ad avvertire fastidio durante la defecazione, inizialmente pensavo si trattasse di una ragade contratta in seguito ad un rapporto anale passivo, ma non avendo miglioramenti mi sono rivolto ad un proctologo. Mi è stata invece diagnosticata un'infezione da Clamidia - dalla quale dipendeva infatti la comparsa di mucosa purulenta durante la già difficoltosa defecazione. Ho trattato l'infezione con Azitromicina (1500mg in dose unica) e 3 settimane di doxiciclina (prima 100 e poi 200mg una volta al giorno). I sintomi sono praticamente scomparsi ed un esame effettuato a inizio aprile è risultato negativo all'infezione. Dunque tutto bene (senonché nel frattempo contrassi una trombosi emorroidaria che curai in 2/3 settimane con Doloproct)
Ora da circa una settimana/10 giorni ho notato la saltuaria (non costante) ricomparsa di mucosa bianca e densa raccolta all'estremità delle feci, non in grande quantità, ma sufficiente per farmi temere di non aver debellato completamente il batterio e temere una ricaduta.
Ho fissato una visita da un coloproctologo, ma purtroppo dovrò attendere quasi un mese. Mi chiedo se sia il caso di andare dal mio medico di base ed - eventualmente- farmi prescrivere nuovamente doxiciclina.
La mia domanda - in sintesi - è: è possibile avere una ricaduta in seguito ad un esame risultato negativo? O si tratta invece magari di altro (per esempio di una semplice eccessiva attenzione mia, quando magari è invece normale trovare saltuariamente della mucosa biancastra e densa alla base delle feci)?
Può essere che, passata l'infezione debba (ancora dopo un mese?) finire ancora di espellere per intero la mucosa infetta provocata dalla clamidia (si, immagino sia un'ipotesi ridicola).
Premetto che il test della gonorrea è risultato negativo per ben due volte, dunque mi auguro di poterla escludere.

Intanto ringrazio e porgo cordiali saluti
[#1]
Dr. Francesco Quatraro Gastroenterologo, Colonproctologo 28.8k 519 41
Gentile utente,
non è così semplice debellare la Chlamydia.

Parliamo di un batterio gram-negativo parassita intracellulare obbligato, con capacità, per così dire, di "mascheramento" nei confronti del sistema immunitario del soggetto infettato.

Pertanto alcune precisazioni:

- è consigliabile astenersi da rapporti non protetti fino alla completa guarigione, per non correre il rischio di infettare il partner; le persone infette dovrebbero astenersi da qualsiasi attività sessuale ed effettuare un nuovo test 3-4 mesi dopo la cura;

- il rischio di re-infezione in pazienti esposti a soggetti infetti è molto elevato, e aumenta notevolmente la possibilità che le conseguenze dell’infezione siano molto serie;

- oltre al soggetto interessato, è necessario che anche tutti i partner sessuali vengano testati per la presenza del batterio;

- è necessario che anche il o i partner siano sottoposti a cure antibiotiche, se viene diagnosticata anche a loro la Chlamydia e se i rapporti non erano protetti;

- l’uso di preservativi riduce notevolmente il rischio di infezione.

Si raccomanda anche che, se ad un paziente viene diagnosticata la Chlamydia, tutti i partner sessuali di quella persona dovrebbero essere informati e curati con gli antibiotici, anche se non hanno alcun sintomo, in modo che non sviluppino alcuna complicazione a lungo termine o propaghino l’infezione a terze persone.

Pertanto, oltre al controllo proctologico, le consiglio di farsi seguire in un centro di Venereologia.

Saluti

Primario di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva - Ospedale "Mater Dei" - Bari
www.enterologia.it
www.transnasale.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
Sì ovviamente ho preso tutte le precauzione del caso con i partner sessuali.
Quando parla di "mascheramento" si riferisce proprio al fatto che un test potrebbe risultare negativo senza che il batterio sia stato realmente debellato?
[#3]
Dr. Francesco Quatraro Gastroenterologo, Colonproctologo 28.8k 519 41
Il "mascheramento" alludeva alla presenza del germe nelle cellule dove muta comportandosi più come un virus, con la differenza che non andando ad attaccare i linfociti T questi non producono anticorpi contro la Chlamydia, sotto questa forma (in questa forma gli antibiotici sono inutili).

Ovvero, durante il ciclo di sviluppo nella cellula ospite, un lipopolisaccaride specifico della clamidia viene espresso sulla superficie della cellula infetta, forse per ridurre la fluidità della membrana plasmatica proteggendo così la clamidia dall’attacco dei linfociti T citotossici.

L’indagine microbiologica si avvale principalmente della ricerca delle clamidie nel materiale patologico (diagnosi diretta). Di fondamentale importanza è la corretta raccolta dei campioni da sottoporre a indagine al fine di acquisire risultati affidabili.

Ciascuna delle queste tecniche ha vantaggi e svantaggi in termini di specificità e sensibilità, e questo deve essere tenuto a mente nell’interpretazione dei risultati. Uno dei fattori critici è la sensibilità.

Saluti
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