a 3 anni si dispera se la mamma si arrabbia
Gent.mi dottori,
sono mamma di una bimba di poco più di tre anni.
Ultimamente capita che, quando io mi arrabbio per qualcosa che lei ha fatto, si dispera proprio. Inizia a piangere, vuole essere presa in braccio e mi chiede di farle un sorriso, il tutto continuando a piangere disperatamente, come se chiedesse la mia approvazione e il mio perdono.
Devo ammettere che capita soprattutto quando è stanca, ma mi preoccupa perché reagisce in modo esagerato.
Allora la prendo in braccio e la rassicuro così da tranquillizzarla e riesco a calmarla.
Sbaglio forse qualcosa nel mio ruolo di genitore?
Non so se sia importante ma per darvi un quadro generale vi posso dire che:
- va all'asilo da quando aveva 1 anno e non ha avuto alcun problema di inserimento;
- le maestre mi dicono che si vede chiaramente che è una bimba serena e la chiamano l'intellettuale perché è sempre coi libri in mano (come i genitori d'altronde);
- ha ottimi rapporti con i compagni e non ha problemi di socializzazione anche se è un pochino timida con le persone nuove;
- l'ho allattata fino a 2 anni;
- non ha nessun problema di alimentazione perché mangia di tutto;
- dorme ancora nel lettone in mezzo a mamma e papà;
- cerco di renderla indipendente ma mi accorgo di essere iperprotettiva;
- la assecondo parecchio durante i capricci perché non mi piace vederla piangere o arrabbiata.
Vi ringrazio per l'attenzione e saluto cordialmente.
sono mamma di una bimba di poco più di tre anni.
Ultimamente capita che, quando io mi arrabbio per qualcosa che lei ha fatto, si dispera proprio. Inizia a piangere, vuole essere presa in braccio e mi chiede di farle un sorriso, il tutto continuando a piangere disperatamente, come se chiedesse la mia approvazione e il mio perdono.
Devo ammettere che capita soprattutto quando è stanca, ma mi preoccupa perché reagisce in modo esagerato.
Allora la prendo in braccio e la rassicuro così da tranquillizzarla e riesco a calmarla.
Sbaglio forse qualcosa nel mio ruolo di genitore?
Non so se sia importante ma per darvi un quadro generale vi posso dire che:
- va all'asilo da quando aveva 1 anno e non ha avuto alcun problema di inserimento;
- le maestre mi dicono che si vede chiaramente che è una bimba serena e la chiamano l'intellettuale perché è sempre coi libri in mano (come i genitori d'altronde);
- ha ottimi rapporti con i compagni e non ha problemi di socializzazione anche se è un pochino timida con le persone nuove;
- l'ho allattata fino a 2 anni;
- non ha nessun problema di alimentazione perché mangia di tutto;
- dorme ancora nel lettone in mezzo a mamma e papà;
- cerco di renderla indipendente ma mi accorgo di essere iperprotettiva;
- la assecondo parecchio durante i capricci perché non mi piace vederla piangere o arrabbiata.
Vi ringrazio per l'attenzione e saluto cordialmente.
[#1]
Gentile Signora,
sebbene non sia precisato, presumo che la bimba sia figlia unica e che, dunque, le vostre attenzioni -con gli aspetti positivi e negativi che ciò comporta- siano tutte concentrate su di lei.
Rispetto al suo quesito specifico, sottolineo il fatto che noi genitori abbiamo il compito anche di "educare" le emozioni dei nostri figli: loro le provano naturalmente, ma hanno bisogno di noi per definirne la "dose" e incanalarle nella direzione più idonea.
Sta a noi infatti insegnar loro (con le parole e, ancor di più, con l'esempio) prima di tutto a riconoscerle e distinguerle -su di sé e sugli altri- e poi a gestirle (non controllarle!).
In occasioni come quelle da Lei citate, si consiglia di tenere distinto il comportamento dalla persona, nel senso che alla bimba devono essere ben chiare alcune cose: che Lei è arrabbiata per il comportamento scorretto, ma che questo nulla toglie al bene che le vuole; che è il comportamento ad essere sbagliato e non lei nella sua interezza; che, anche se non è perfetta, voi l'amate e proprio in virtù di questo, non siete indifferenti ai suoi errori, ma siete disponibili ad aiutarla a correggersi e a migliorare (considerato soprattutto che si tratta di una cucciolotta che ha ancora tanto da imparare!).
Il vissuto emotivo è un aspetto fondamentale della vita di ciascuno per il proprio benessere individuale e relazionale, perciò è importante che si integri con la parte più "intellettuale", evitando il rischio di restare pericolosamente analfabeti su questo terreno.
Lei pone poi una questione più generale, da 1 milione di dollari...
<<Sbaglio forse qualcosa nel mio ruolo di genitore?>> precisando che <<dorme ancora nel lettone in mezzo a mamma e papà; cerco di renderla indipendente ma mi accorgo di essere iperprotettiva; la assecondo parecchio durante i capricci perché non mi piace vederla piangere o arrabbiata.>>
La risposta secca è: certamente sì, ed è inevitabile per tutti noi.
Citando Bettelheim, si può dire che il nostro obiettivo deve essere quello di diventare genitori "quasi perfetti", essendo consapevoli che non è possibile non commettere sbagli, ma pronti e disponibili all'autocritica e al recupero qualora ciò accada.
Credo che su alcune cose ci sia effettivamente da "lavorare" e che per farlo sarebbe opportuno approfondire vari temi (a mero titolo esemplificativo, qual è stata la sua esperienza di figlia e i rapporti nel tempo con i suoi genitori; qual è il suo livello di "alfabetizzazione emotiva"; se ci sono state precedenti gravidanze non andate a buon fine; se la bimba è stata "cercata" -quanto a lungo? con quanta fatica?- o se è "capitata"; l'importanza della maternità nella sua identità di donna e di compagna; la qualità del rapporto di coppia prima e dopo l'arrivo della bambina; l'accordo sui metodi educativi seguiti; e via di questo passo..), ma non sarebbe di certo efficace farlo a distanza.
La invito, pertanto, a confrontarsi di persona con uno psicologo che l'aiuti ad implementare e potenziare le sue risorse, sostenendola in questo arduo mestiere di genitore.
Saluti cordiali.
sebbene non sia precisato, presumo che la bimba sia figlia unica e che, dunque, le vostre attenzioni -con gli aspetti positivi e negativi che ciò comporta- siano tutte concentrate su di lei.
Rispetto al suo quesito specifico, sottolineo il fatto che noi genitori abbiamo il compito anche di "educare" le emozioni dei nostri figli: loro le provano naturalmente, ma hanno bisogno di noi per definirne la "dose" e incanalarle nella direzione più idonea.
Sta a noi infatti insegnar loro (con le parole e, ancor di più, con l'esempio) prima di tutto a riconoscerle e distinguerle -su di sé e sugli altri- e poi a gestirle (non controllarle!).
In occasioni come quelle da Lei citate, si consiglia di tenere distinto il comportamento dalla persona, nel senso che alla bimba devono essere ben chiare alcune cose: che Lei è arrabbiata per il comportamento scorretto, ma che questo nulla toglie al bene che le vuole; che è il comportamento ad essere sbagliato e non lei nella sua interezza; che, anche se non è perfetta, voi l'amate e proprio in virtù di questo, non siete indifferenti ai suoi errori, ma siete disponibili ad aiutarla a correggersi e a migliorare (considerato soprattutto che si tratta di una cucciolotta che ha ancora tanto da imparare!).
Il vissuto emotivo è un aspetto fondamentale della vita di ciascuno per il proprio benessere individuale e relazionale, perciò è importante che si integri con la parte più "intellettuale", evitando il rischio di restare pericolosamente analfabeti su questo terreno.
Lei pone poi una questione più generale, da 1 milione di dollari...
<<Sbaglio forse qualcosa nel mio ruolo di genitore?>> precisando che <<dorme ancora nel lettone in mezzo a mamma e papà; cerco di renderla indipendente ma mi accorgo di essere iperprotettiva; la assecondo parecchio durante i capricci perché non mi piace vederla piangere o arrabbiata.>>
La risposta secca è: certamente sì, ed è inevitabile per tutti noi.
Citando Bettelheim, si può dire che il nostro obiettivo deve essere quello di diventare genitori "quasi perfetti", essendo consapevoli che non è possibile non commettere sbagli, ma pronti e disponibili all'autocritica e al recupero qualora ciò accada.
Credo che su alcune cose ci sia effettivamente da "lavorare" e che per farlo sarebbe opportuno approfondire vari temi (a mero titolo esemplificativo, qual è stata la sua esperienza di figlia e i rapporti nel tempo con i suoi genitori; qual è il suo livello di "alfabetizzazione emotiva"; se ci sono state precedenti gravidanze non andate a buon fine; se la bimba è stata "cercata" -quanto a lungo? con quanta fatica?- o se è "capitata"; l'importanza della maternità nella sua identità di donna e di compagna; la qualità del rapporto di coppia prima e dopo l'arrivo della bambina; l'accordo sui metodi educativi seguiti; e via di questo passo..), ma non sarebbe di certo efficace farlo a distanza.
La invito, pertanto, a confrontarsi di persona con uno psicologo che l'aiuti ad implementare e potenziare le sue risorse, sostenendola in questo arduo mestiere di genitore.
Saluti cordiali.
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
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Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.3k visite dal 22/03/2016.
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