Insensibilità genitale dopo due microdiscectomia l5 s1 e trattamento con radiofrequenza

Buongiorno,
soffro di ernia del disco L5-S1 da oltre 9 anni con annessa stenosi congenita del canale midollare, rigidità del rachide lombosacrale e osteoartrosi precoce.

Dopo anni di terapie conservative fallite, nel 2018, dopo un visibile deficit stenico che mi imponeva la deambulazione con stampella, arrivo al primo intervento di microdiscectomia L5-S1.
Nessun miglioramento, la RM evidenzia una recidiva per cui a gennaio 2019 vengo sottoposta ad una nuova microdiscectomia il cui decorso è decisamente peggiore del primo.
A maggio nuova RM con controllo, si evidenzia una nuova recidiva che però il neurochirurgo sulla quale però decide di non intervenire tramite stabilizzazione data la mia giovane età.

Decido di rivolgermi altrove e vengo indirizzata presso un reparto di Terapia del Dolore, dove il medico che mi visita asserisce che sono affetta da sindrome da dolore cronico; vengo sottoposta a RX, risonanza ad alta scansione, EMG, potenziali evocati midollari per escludere malattie del SNC e mi viene assegnata una terapia farmacologica con Palexia, Lyrica, Rivotril e Lenizac come farmaco di emergenza.

Tutto questo da luglio, a novembre vengo visitata nuovamente e il quadro è peggiorato soprattutto a livello nervoso periferico del piede sx; a ciò, si accompagna ritenzione urinaria.

A febbraio 2020 vengo sottoposta a radiofrequenza per trattare la sacroileite secondaria ma non mi viene sospesa la terapia farmacologica, che mi ha sempre causato parecchi effetti collaterali.
Purtroppo dopo l'avvento della pandemia non sono riuscita ad avere contatti con il reparto dell'ospedale di Milano, dato che la sintomatologia dolorosa non è mutata.

Illustrato il quadro, volevo porre una domanda: è possibile che questa condizione possa causare problemi di sessualità?

Mi riferisco alla sensibilità genitale e alla capacità di raggiungere orgasmi, segni che accuso anche da prima dell'inizio della terapia farmacologica.

Dagli esami strumentali non emerge ancora danno alla cauda equina ma io vorrei capire perché sono una ragazza di nemmeno 30 anni che vorrebbe avere una qualità della vita migliore, sia da un punto di vista del dolore (che è scarsamente controllato ai dosaggi attuali) sia dal punto di vista delle relazioni sentimentali.

Grazie a chiunque vorrà rispondermi.
[#1]
Dr. Giovanni Migliaccio Neurochirurgo 13.7k 398
Gentile ragazza,
dal Suo racconto sembra che gli elementi per sospettare la sindrome della cauda equina ci siano tutti.
A distanza non posso ovviamente confermarlo.
Se vi sono state 2 recidive e i sintomi clinici sono peggiorati, il reintervento sarebbe stato d'obbligo a prescindere se effettuare la stabilizzazione o no.
Disponibile per eventuali ulteriori chiarimenti, La saluto con cordialità
[#2]
Utente
Utente
Gentile Dottore,
La ringrazio infinitamente per la celerità della risposta.
Volevo capire se, al di là della obiettiva difficoltà di valutazione a distanza, poteva esserci a Suo parere una tipologia di chirurgia differente rispetto all'artrodesi lombosacrale (da un punto di vista neurochirurgico).
Il primario di Terapia del Dolore, qualora la radiofrequenza non avesse sortito effetto, aveva suggerito l'impianto di uno stimolatore midollare che lui stesso sperimenta da anni con discreti risultati.
Secondo Lei è possibile che si tratti davvero di cauda equina nonostante l'esito negativo in sede di RM ad alta scansione?
Eventualmente, si tratta di una condizione irreversibile o posso sperare in un recupero, magari coadiuvando un eventuale intervento con altre tipologie di terapia (agopuntura, ginnastica perineale, etc.)?
La ringrazio ancora se vorrà dedicarmi de tempo.
Cordiali saluti.
[#3]
Dr. Giovanni Migliaccio Neurochirurgo 13.7k 398
La sindrome della cauda equina si diagnostica clinicamente e la causa la si accerta con esami strumentali.
L'artrodesi se non si rimuove la causa che sostiene la sindrome non ha indicazione.
Lo stimolatore midollare serve per il dolore non per risolvere i deficit dovuti alla compressione che causa la sindrome.