Infanzia.

Salve, ho 20 anni e questa è la mia storia: non sono mai cresciuta con i miei genitori, sin da quando sono nata, a causa del lavoro dei miei genitori (che li portava a stare lontani per 10 ore al giorno) sono stata cresciuta da altri, anche se fidati. In realtà sono sempre stata autonoma, cioè non hanno mai avuto bisogno di seguirmi molto per i compiti o stare attente che io non commettessi qualche sciocchezza perché sono sempre stata in grado di fare tutto da sola fin dalle scuole elementari, anzi il mio dovere era quello di essere perfetta e non creare altri problemi a dei genitori come i miei che lavoravano sodo per me. La cosa importante è che io non ho MAI subito pressioni dai miei genitori che anzi erano orgogliosi di me e non mi hanno mai chiesto di essere perfetta. Quando poi è nato mio fratello, più piccolo di 5 anni e di un carattere decisamente diverso (più svogliato, più disinteressato alla scuola e indifferente al dolore che poteva provocare ai miei genitori con le sue azioni), si è sempre notata questa differenza: io ero quella brava e ormai se andavo bene a scuola non c’era da stupirsi né da festeggiare, era scontato; poi è arrivato il momento in cui io ero abbastanza grande da prendermi cura di entrambi quando i miei erano a lavoro. Io non ho mai provato remore nei confronti dei miei genitori, anzi sono sempre stata orgogliosa di essere figlia di persone che hanno rinunciato a svaghi, vacanze, hobbyes per lavorare duramente e assicurarci un futuro. Ad oggi non ho mai avuto un ragazzo normale, nel senso che venivano tutti da situazioni difficili (economicamente o con qualche membro della famiglia); quando capitava di trovare un ragazzo a posto io ne ero subito stufa. Sono sempre stata incapace di stare sola, occuparmi solo di me stessa, della mia felicità, dei miei bisogni; dovevo per forza avere qualcuno a cui dedicarmi anche se magari, dal punto di vista di una relazione, queste persone nemmeno mi interessavano realmente. Anche nella vita con gli altri cerco di essere sempre di aiuto ma non riesco a dire di no o a rispondere per le rime; sono spesso nervosa, ansiosa, tra l’altro l’anno scorso ho sofferto di problemi allo stomaco derivanti dalla somatizzazione. Molti mi prendono in giro dicendomi che lo la classica “sindrome della crocerossina”. Ad oggi sono fidanzata da 3 anni con una persona meravigliosa, ahimè anche lui ha una situazione economica abbastanza difficile, ma in questi anni ne abbiamo superate tante, facendoci forza a vicenda : lui riuscendo a mettere la testa sulle spalle e io invece credo di essere me stessa solo con lui, cioè una persona più decisa, meno insicura). Mi chiedo, è possibile che in qualche modo la mia infanzia abbia avuto delle ripercussioni durante la mia crescita e in quella che sono oggi? Grazie infinitamente, avevo bisogno di un' opinione esterna.
[#1]
Attivo dal 2010 al 2017
Psicologo, Psicoterapeuta
Cara Utente

Non c'è alcun dubbio sul fatto che la sua infanzia abbia avuto un'influenza su quello che lei è oggi, ma come mai se ne preoccupa? Mi sembra di capire che lei non abbia problemi con i suoi familiari e che sia felice con il suo ragazzo.
Mi scuso, ma non ho capito bene il motivo per cui ha richiesto il consulto e quindi faccio fatica a darle una risposta. Lei parla in maniera molto dettagliata della sua infanzia e delle persone che ha intorno (genitori, gratello, fidanzato) e accenna brevemente ai suoi problemi di ansia e di "non saper dire di no": sono questi ultimi quelli che le creano disagio?

Saluti
[#2]
dopo
Utente
Utente
Si, quello che volevo sapere è se la mia infanzia può aver contribuito ad avere un carattere insicuro quando si tratta di confrontarmi con gli altri (come nel caso di dire NO qualche volta)e ansioso che mi porta a pretendere sempre l'impossibile da me stessa. E se abbia qualcosa a che fare nella mia scelta di partner che sembrano aver bisogno sempre di una guida.
Grazie infinite.
[#3]
Dr.ssa Annalisa De Filippo Psicologo, Psicoterapeuta 113 4 18
Gent.le Utente,

il contesto di crescita è un elemento che favorisce la costruzione della personalità.

Dice: "il mio dovere era quello di essere perfetta e non creare altri problemi" "io ero quella brava" "ero abbastanza grande da prendermi cura di entrambi".
Si potrebbe ipotizzare l'esser cresciuta con l'idea di dover essere una "brava bambina", quindi sempre perfetta, impossibilita a esprimere i propri bisogni, occupandosi di quelli degli altri, non potendo dire no nel rispetto di tale immagine. Un ruolo che può perpetuarsi anche in età adulta; l'ansia e la somatizzazione potrebbero comunicare attraverso il corpo il bisogno di iniziare a occuparsi anche di sè.

Afferma: "Sono sempre stata incapace di stare sola, occuparmi solo di me stessa, della mia felicità, dei miei bisogni". Se lo desidera, potrebbe iniziare a dedicarsi del tempo rivolgendosi ad un professionista della sua zona: uno spazio di riflessione al fine di dar voce alle emozioni sottese e acquisire maggiore consapevolezza e sicurezza, dando un senso e affrontando l'ansia con cui convive.

Saluti.

Dr.ssa Annalisa De Filippo
Psicologa Psicoterapeuta
www.centropianetapsicologia.com
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