Familiarità e pregiudizi

Gentili lettori,

La protagonista di questo consulto è come di consueto mia madre, gia' in cura attraverso una terapia psichiatrica, per contrastare e prevenire sintomi depressivi. La questione che intendo rivolgere è quella legata ai pregiudizi e pettegolezzi tra familiari. E' vero che lei ha vissuto in una mentalità e cultura, dove questi erano all'ordine del giorno , ma è anche vero che debba prendere coscienza che quello a cui lei da' importanza non è indispensabile per la sopravvivenza. L'arrivo e ospitalità di familiari con cui ha stretta confidenza, (zii e cugini materni), sono l'occasione per alimentare puntualmente ricordi passati, situazioni negative vissute in famiglia, pregiudizi eccessivi. Questo provoca in lei uno stato di forte irritabilità verso la famiglia che ha creato (me' e mio padre). Basta una sciocchezza che si irrita e perde la calma volentieri. Lei non lavora, ha pochi svaghi, e negli anni ha subito disgrazie e perdite di cari in incidenti stradali, torture psicologiche con il suo coniuge, alimentate quasi sempre da problemi di incomprensioni coniugali banali che diventavano clamorose,naturalmente all'origine vi sono anche i grandi problemi. Io vorrei aiutarla a prendere consapevolezza e autocontrollo, autostima e sicurezza, affinchè possa osservare che rispetto a chi meno fortunato di lei, puo' smettere di farsi paranoie, e godersi la vita con la famiglia che ha creato.

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Dr.ssa Antonella Morganti Psicologo 46 1

Capisco la sua preoccupazione, è sempre doloroso vedere qualcuno a cui si vuole bene che stà male e sentirsi inpotente.
Purtroppo è molto difficile aiutare, alleviare le soffrenze di qualcun'altro quando queste non dipendono da "reali" situazioni di contingenza ma da sofferenze profonde che poco hanno a che fare con quanto noi possiamo mettere in atto con i nostri comportamenti.
Per quanto lei possa agire al meglio delle sue possibilità, non è lei il problema e non credo sia nelle sue possibilità aiutare sua madre se non standole vicino.
Ciò che posso dirle è che deve fidarsi del professionista che ha in cura sua madre.
Lei scrive che si tratta di uno psichiatra, da questo ne deduco che sua madre stà seguendo una cura farmacologica.
Cio che le consiglio è, se gia non lo fà, di completare il trattamento farmacologico con una terapia psicoterapica.
Spesso si confonde la psichiatria con la psicoterapia quando invece sono due diverse specializzazioni.In alcune circostanze i farmaci sono un importante aiuto ma, a mio avviso, quando si parla di una sindrome complessa come la depressione le due professionalità (quella dello psicologo e dello psichiatra) devono camminare insieme.
In ultimo, visto il suo importante coinvolgimento emotivo, le posso suggerire di rivolgersi ad un terapeuta familiare che potrà aiutare non solo sua madre ma l'intera famiglia.
Spero che queste righe le siano utili, mi rendo comunque disponibile per ulteriori chiarimenti.
La saluto cordialmente.

Dr.ssa Antonella Morganti
morgantiantonella@hotmail.it


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dopo
Attivo dal 2007 al 2010
Ex utente
Grazie dr.ssa. E' da tempo che ho in mente di intraprendere assieme a mia madre, una psicoterapia familiare seguita da un attento professionista. La terapia farmacologica psichiatrica, dice il medico che la' in cura, è ora ottima per prevenire ricadute e mettersi ai ripari. Perde spesso e volentieri la consapevolezza del suo problema psicologico e disturbo di personalità, che persiste da anni, la forte sensibilità verso i problemi degli altri, in particolare dei familiari + intimi, sviluppano in lei le preoccupazioni, dispiaceri, critiche. Se questi problemi degli altri non sussistono, diventa abitualmente serena, entusiasta, soddisfatta, sicura, apprezzando sempre + il piacere della vita e della compagnia. E' vero anche che quando questi familiari vanno via (poichè residenti all'estero), nelle stagioni successive vengono a crearsi fasi alterne di depressione, quindi noia , solitudine, tristezza, demotivazioni, e sentimenti contrari, quindi euforia, ottimismo, motivazione.