Sindrome da deficit di attenzione e iperattività

gentili dottori salve,
volevo avere delucidazione: sin da bambino sono stato sempre molto iperattivo, quasi incontrollabile dai miei genitori, e anche molto sbadato nel senso che mentre qualcuno mi parla a volte tendo a non ascoltare le parole anche quando sono stato io a fare la domanda. Inoltre a scuola ho sempre avuto un andamento oscillante ( dai 6 ai 10) e anche oggi che vado all'università mi accorgo che mentre studio faccio fatica a concentrarmi sui libri( non che non apprenda ma ci metto piu tempo).. ho notato anche che mentre leggo un articolo o un libro tendo a saltare intere righe o pezzi per arrivare subito al succo del discorso, come se la mia mente fosse troppo pigra per leggere tutto il testo..ora la mia domanda è la mia è solo pigrizia e disinteresse o potrebbe trattarsi di un disturbo dell'attenzione mai diagnosticato? spero in vostre risposte, grazie a presto...
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Salve, pone una distinzione molto interessante, se cioè è pigro o disinteressato oppure se ha un disturbo dell'attenzione. Questa distinzione è fondamentale per una diagnosi e lei è molto acuto a porla. È senz'altro un discorso vasto e purtroppo non è possibile fare una diagnosi di questo tipo online.

Devo dire che comunque le espressioni che utilizza, pigrizia e disinteresse, sono molto significative. Effettivamente una condizione di mancanza di stimoli o anche di regole che sentiamo imposte, ad esempio, può portarci a disinvestire e a distrarci.

Anche se non ci conosciamo, voglio lasciarle solo una suggestione relativa alla differenza tra l'essere "iperattivo" e l'essere "incontrollabile". Un conto è essere molto o troppo vivace, un conto è sentire di volere sottrarsi al "controllo" altrui.

Con questo voglio dire che potrebbero esserci varie ragioni che la rendono "molto sbadato", fin da quando era piccolo, al di là di un disturbo dell'attenzione. Questo apre molti discorsi sulla sua storia che sarebbe necessario approfondire.

Posso chiederle lei che idea si è fatto in proposito? E se le va di raccontare, se non sono indiscreto, quando ha cominciato a porsi questo importante quesito su questo aspetto di sé?

Un saluto,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

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dopo
Utente
Utente
Salve dottore anzitutto la ringrazio per la celere risposta, per quanto riguarda invece il pensiero che mi sono fatto a riguardo esso é molto contrastante: Penso che il mio voler operare una distinzione tra pigrizia e disturbo dell' attenzione sia essenzialmente dovuto al fatto che a volte sento come la sensazione che non stia dando il massimo di me stesso e nella vita e nello studio, insomma la sensazione che stia sprecando le mie potenzialità..a volte mi convinco che sia la pigrizia, che sicuramente mi appartiene, a non permettermi di farlo mentre a volte sono convinto che sia qualcosa che sfugge dal mio controllo ( come il disturbo dell attenzione). Le faccio un esempio della mia confusione ( tra pigrizia e disturbo): Ho dovuto rileggere 3 volte il suo commento: Questo non perche la prima volta non l ho compreso ma perché ogni volta che lo rileggevo mi accorgevo che avevo inconsciamente saltato alcuni pezzi del suo commento, e mi sono sorpreso di come abbia fatto a saltare pezzi nonostante fossi sicuro di aver letto tutto..inoltre penso di voler risolvere tale problema e vorrei individuare la causa per riuscire a correggere questo mio problema..sinceramente mi é difficile capire quale delle due opzioni sia quella giusta e soprattutto se questa disattenzione sia colpa mia o dovuta ad un disturbo..per quanto riguarda iperattività forse mi sono espresso male: Da piccolo ero molto iperattivo poi con il tempo la mia indole si é andata calmando, lasciando sempre però quella vena un po iperattiva.. La ringrazio per le considerazione che mi hanno portato a delle riflessioni interessanti. presto e grazie ancora
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Ci terrei a fare due annotazioni a seguito della lettura delle sue parole.

La prima riguarda una distinzione che mi interessa proporle.
Quello che le capita si può vedere in due modi: è distratto oppure è attratto da altro.
Se si sofferma sul fatto che è distratto può finire per farsene una colpa.
Se invece sposta l'attenzione su quello che genera in lei attrazione, potrebbe comprendere sotto un'altra luce cosa le sta accadendo.
Quindi potrebbe chiedersi non solo perché non riesce a concentrarsi, ma anche che cosa attrae la sua attenzione, cosa pensa o sente ad esempio, o se desidererebbe fare qualcosa di diverso.

La seconda annotazione è legata a un mio interrogativo: mi chiedo se ci sono vissuti emotivi che interferiscono sull'attenzione. A titolo esemplificativo, per intenderci, il timore di ricevere critiche da parte degli altri o il timore di non essere all'altezza può mandarci in tilt e rallentare le nostre capacità attentive.
Ad esempio se legge le mie parole con il timore di non comprendere me che mi sto rivolgendo a lei, questo può interferire sulla concentrazione. Il problema non è in questo caso la concentrazione, ma il timore che la compromette.

Se proseguiamo con questo esempio, finché vive questo timore, questo diventa centrale e non le consente di considerare una serie di cose, per dirne una: magari non sono stato chiaro io.
Oppure: i concetti sono complessi e parliamo di una situazione vera, la sua. Quindi parliamo di vissuti estremamente delicati e se lei salta dei pezzi potrebbe vivere una lieve tensione più che giustificata.
Oppure ancora: potremmo dire che non ci conosciamo, quindi il sistema comunicativo potrebbe non risultarle immediatamente familiare, tanto più che è scritto.

Penso che sia importante che lei possa capire cosa origina il suo problema. Dagli elementi che ha fornito, non so quanto lei possa avere un disturbo dell'attenzione di tipo cognitivo, però è giusto che prosegua nella sua ricerca e lo verifichi.
Certo possiamo chiederci se avere un disturbo possa proteggerla ed essere più semplice, mentre se dipende da lei le tocca assumersi la responsabilità di sé.
A questo proposito, qualora dipendesse da lei, ci terrei a dirle che non è una colpa quello che le accade, anzi può essere un'occasione per conoscersi meglio e capire quello che vive. So che non è semplice e lei è molto coraggioso a interrogarsi su di sé, come sta facendo, è ammirevole.

Un'ultima cosa: non sempre nella vita dare il "massimo di se stessi" paga, l'importante è essere se stessi e darsi semplicemente per quello che si è.

Un caro saluto,
Enrico de Sanctis