La mia psicoterapeuta, che oltretutto stimo molto
Buongiorno, sono un ragazzo di 25 anni, da ormai 8 mesi in cura presso una psicoterapeuta,che ha sintetizzato il mio problema in una forma depressiva esogena (causata da fattori quali il fatto di non aver mai avuto una ragazza, la profonda insoddisfazione di se, ecc., nonostante la mia vita sia connotata da successi nel mondo del lavoro, dello studio, e nei rapporti sociali, ragazze escluse ovviamente..) accompagnata da ansia. Questi problemi si manifestano da ormai 3 anni, o meglio sono diventati tali da allora, senza specifici motivi, se non la crescente frustrazione per le cose che non vanno a dovere. La terapia prescrittami da uno psichiatra collega della psicoterapeuta, a cui mi sono rivolto su suo consiglio dopo 3 mesi di psicoterapia senza grandi successi (10 gocce di lexotan prima di andare a dormire e una compressa di Cipralex 10 mg[x 3 mesi] al di, poi aumentati a 20 mg[x due mesi]) ha di certo raggiunto un risultato positivo eliminando molti sintomi ansiosi, ma sintomi come la tristezza e l'apatia che mi colpiscono praticamente ogni giorno, erodendo notevolmente la qualità di vita, non accennano a diminuire anzi sono aumentati di pari passo alla diminuzione dell'ansia. L'effetto dell'antidepressivo e' stato assolutamente nullo (l’unico effetto e’ stata la diminuzione dellìansia), a parte gli effetti collaterali chiaramente evidenti (vedi eliminazione del desiderio sessuale..), e dopo 6 mesi di terapia abbiamo deciso di terminare, per ora con l'assunzione del farmaco, valutando piu' avanti se sara' il caso di assumerne uno differente. Ora prendo delle gocce di Lexotan solo all'occorrenza, mediamente 10-15 al dì. La mia psicoterapeuta, che oltretutto stimo molto e con cui sono a mio agio, mi continua a ripetere che l'origine esogena del mio disturbo va affrontata risolvendo le cause che lo determinano, ma intanto la mia depressione diventa sempre piu' profonda e nulla sembra far prevedere un miglioramento futuro. A 25 anni sento che la vita mi sta sfuggendo di mano e ciò mi intristisce ancora di più. Cosa fare? Cambiare psicoterapeuta (tra l'altro e' la seconda... il primo nn lo sopportavo..) e psichiatra o perseverare con questo calvario??? Grazie distinti saluti.
[#1]
Gentile utente,
nel lavoro di terapia alcuni risultati compaiono a breve termine, altri richiedono più tempo, più energie e più lavoro.
Essendo già entrato in contatto con il lavoro di uno psicoterapeuta precedentemente sa come valutare l'operato e la professionalità dell'attuale, nei confronti della quale tra l'altro mi sembra ci siano stima e buona relazione.
Anche la terapia farmacologica sembra dare buon esito.
Approffitando della pausa estiva, potrà meglio identificare la strategia di intervento sul suo problema, che tuttavia, se ha cause "esogene" richiederà anche il supporto o la partecipazione di altri, quali fattori esterni.
Parli apertamente e francamente con la sua terapeuta e considerate di "aggredire il problema" tendendo conto di questa fase di stanby.
Cordialmente,
dr. Chiara Cimbro.
nel lavoro di terapia alcuni risultati compaiono a breve termine, altri richiedono più tempo, più energie e più lavoro.
Essendo già entrato in contatto con il lavoro di uno psicoterapeuta precedentemente sa come valutare l'operato e la professionalità dell'attuale, nei confronti della quale tra l'altro mi sembra ci siano stima e buona relazione.
Anche la terapia farmacologica sembra dare buon esito.
Approffitando della pausa estiva, potrà meglio identificare la strategia di intervento sul suo problema, che tuttavia, se ha cause "esogene" richiederà anche il supporto o la partecipazione di altri, quali fattori esterni.
Parli apertamente e francamente con la sua terapeuta e considerate di "aggredire il problema" tendendo conto di questa fase di stanby.
Cordialmente,
dr. Chiara Cimbro.
Dott.ssa Chiara Cimbro
Psicologa Psicoterapeuta
[#2]
Gent.mo utente,
dalla sua richiesta traspare l'umore depresso che tanto vorrebbe cambiare e per farlo inizialmente è importante recupare gli interessi che possono stimolarla e aiutarla a modificare emotivamente la sua vita. Inoltre penso che debba cercare di capire quali sono i pensieri e comportamenti che impediscono questo cambiamento. Ognuno di noi costruisce una realtà che poi subisce e nel suo caso, come in molti altri, è più importante cercare di modificare il proprio comportamento piuttosto che la situazione esterna.
Cordiali saluti,
Dott. Enrico Vellani
dalla sua richiesta traspare l'umore depresso che tanto vorrebbe cambiare e per farlo inizialmente è importante recupare gli interessi che possono stimolarla e aiutarla a modificare emotivamente la sua vita. Inoltre penso che debba cercare di capire quali sono i pensieri e comportamenti che impediscono questo cambiamento. Ognuno di noi costruisce una realtà che poi subisce e nel suo caso, come in molti altri, è più importante cercare di modificare il proprio comportamento piuttosto che la situazione esterna.
Cordiali saluti,
Dott. Enrico Vellani
Dott. Enrico Vellani
Psicologo Clinico
vellanienrico@libero.it
http://vellanienrico.sitiwebs.com/
[#3]
Psicologo, Psicoterapeuta
Gent.mo utente, premetto che non conoscendola personalmente non posso certamente che risponderle secondo le impressioni che mi suscita il suo post: leggendo le sue parole mi arriva quanto per lei sia davvero difficile tollerare momenti in cui ci si possa sentire anche piuttosto tristi o insoddisfatti rispetto alla propria condizione, con la sensazione di non procedere e senza avere trovato una soluzione che in poco tempo la porti fuori dal problema.
Se per un certo verso questo è ai miei occhi comprensibile, devo però dirle che allo stesso tempo tutto ciò mi colpisce un po'...
Da quanto leggo ha fatto già diverse esperienze di terapia e si sta chiedendo, ancora una volta, se portare avanti il percorso oppure no...oppure se cambiare persona.
Come sottolineava la collega, credo che giustamente questa decisione stia a lei, e a lei solo.
Mi permetta però di darle un elemento di riflessione che spero possa esserle utile per una valutazione e per una scelta maggiormente consapevole: personalmente credo che - seppure con una certa fatica - anche momenti in cui non ci si vede chiaro possono essere momenti fertili ed indispensabili per capire tutto ciò che dentro ci stiamo vivendo. E questo non mi sembra una possibilità da poco.
I momenti di stand by sono infatti non soltanto stasi e fatica, - che pure c'è - ma anche - se ci si vuole fermare per dare un senso a quello che stiamo vivendo - ottime occasioni per guardare un po' più in profondità e fare il punto della situazione di dove siamo. Credo che questo sia un passaggio indispensabile per immaginarsi un poi che potrebbe divenire, soltanto allora, un obbiettivo concreto da realizzare.
Però per fare questo il tempo è un elemento indispensabile e credo che sia irrealistico non mettere in conto questo elemento.
Ben vengano quindi tutte le esperienze che le verranno in mente per uscire da questo stato, ma forse prima occorre lavorare col senso di frustrazione che sente, non agirlo, e discuterne con la sua terapeuta, oltre al fatto di non trascurare anche l'aspetto medico farmacologico insieme allo psichiatra che la sta seguendo.
Scusandomi quindi per la lunghezza del post e augurandomi di esserle stato utile, sintetizzo in due parole quanto mi sembrava importante ribadirle: a mio avviso il sintomo non è soltanto qualcosa da eliminare immediatamente ma anche qualcosa che parla di una condizione che viviamo e che quindi va consapevolizzata. Da lì possono poi partire iniziative di cambiamento che potrà maggiormente sentire dall'interno di sé.
Cordialmente
Dott. Marco Santachiara
Se per un certo verso questo è ai miei occhi comprensibile, devo però dirle che allo stesso tempo tutto ciò mi colpisce un po'...
Da quanto leggo ha fatto già diverse esperienze di terapia e si sta chiedendo, ancora una volta, se portare avanti il percorso oppure no...oppure se cambiare persona.
Come sottolineava la collega, credo che giustamente questa decisione stia a lei, e a lei solo.
Mi permetta però di darle un elemento di riflessione che spero possa esserle utile per una valutazione e per una scelta maggiormente consapevole: personalmente credo che - seppure con una certa fatica - anche momenti in cui non ci si vede chiaro possono essere momenti fertili ed indispensabili per capire tutto ciò che dentro ci stiamo vivendo. E questo non mi sembra una possibilità da poco.
I momenti di stand by sono infatti non soltanto stasi e fatica, - che pure c'è - ma anche - se ci si vuole fermare per dare un senso a quello che stiamo vivendo - ottime occasioni per guardare un po' più in profondità e fare il punto della situazione di dove siamo. Credo che questo sia un passaggio indispensabile per immaginarsi un poi che potrebbe divenire, soltanto allora, un obbiettivo concreto da realizzare.
Però per fare questo il tempo è un elemento indispensabile e credo che sia irrealistico non mettere in conto questo elemento.
Ben vengano quindi tutte le esperienze che le verranno in mente per uscire da questo stato, ma forse prima occorre lavorare col senso di frustrazione che sente, non agirlo, e discuterne con la sua terapeuta, oltre al fatto di non trascurare anche l'aspetto medico farmacologico insieme allo psichiatra che la sta seguendo.
Scusandomi quindi per la lunghezza del post e augurandomi di esserle stato utile, sintetizzo in due parole quanto mi sembrava importante ribadirle: a mio avviso il sintomo non è soltanto qualcosa da eliminare immediatamente ma anche qualcosa che parla di una condizione che viviamo e che quindi va consapevolizzata. Da lì possono poi partire iniziative di cambiamento che potrà maggiormente sentire dall'interno di sé.
Cordialmente
Dott. Marco Santachiara
[#4]
Gentile Utente,
non ho motlo da aggiungere a quanto espresso dai miei Colleghi, se non ribadire una cosa forse ovvia ma spesso sottovalutata: non esiste il Farmaco Perfetto per Lei e nemmeno il Terapeuta Perfetto, esiste una variabilità umana che spesso (anche nelle migliori condizioni terapeutiche) non permette di ottenere risultati immediati (così come a volte mi è successo di ottenere con dei pazienti risultati istantanei e abbastanza inspiegabili...).
Ciò implica un "venirsi incontro" tra pazienti e professionisti, in modo da trovare le condizioni di cura ideali. Ovviamente questo viene percepito molto difficoltoso per un paziente depresso, che non vorrebbe altro che lasciarsi andare.
Nel suo caso il "venirsi incontro" può concretizzarsi, ad esempio, in ulteriori incontri con lo psichiatra per trovare insieme a lui la farmacoterapia migliore per Lei, cioè: siccome non esiste il Farmaco Ideale lo psichiatra deve provare insieme a Lei a modificare la terapia, ed il risultato non potrà che essere l'ottenimento di un umore accettabile (cosa che non sembra leggendo il suo post), per cui Lei non rinunci a chiamare più spesso lo psichiatra (cosa che molte persone non fanno per paura di disturbare, rimanendo chiusi in una inutile sofferenza data da effetti collaterali ed altro...)
Quindi, potrebbe stampare queste mail che le abbiamo mandato, discuterne con la sua terapeuta ed insieme contattare lo psichiatra
Non molli proprio ora che la strada è in discesa
Daniel Bulla
dbulla@libero.it
non ho motlo da aggiungere a quanto espresso dai miei Colleghi, se non ribadire una cosa forse ovvia ma spesso sottovalutata: non esiste il Farmaco Perfetto per Lei e nemmeno il Terapeuta Perfetto, esiste una variabilità umana che spesso (anche nelle migliori condizioni terapeutiche) non permette di ottenere risultati immediati (così come a volte mi è successo di ottenere con dei pazienti risultati istantanei e abbastanza inspiegabili...).
Ciò implica un "venirsi incontro" tra pazienti e professionisti, in modo da trovare le condizioni di cura ideali. Ovviamente questo viene percepito molto difficoltoso per un paziente depresso, che non vorrebbe altro che lasciarsi andare.
Nel suo caso il "venirsi incontro" può concretizzarsi, ad esempio, in ulteriori incontri con lo psichiatra per trovare insieme a lui la farmacoterapia migliore per Lei, cioè: siccome non esiste il Farmaco Ideale lo psichiatra deve provare insieme a Lei a modificare la terapia, ed il risultato non potrà che essere l'ottenimento di un umore accettabile (cosa che non sembra leggendo il suo post), per cui Lei non rinunci a chiamare più spesso lo psichiatra (cosa che molte persone non fanno per paura di disturbare, rimanendo chiusi in una inutile sofferenza data da effetti collaterali ed altro...)
Quindi, potrebbe stampare queste mail che le abbiamo mandato, discuterne con la sua terapeuta ed insieme contattare lo psichiatra
Non molli proprio ora che la strada è in discesa
Daniel Bulla
dbulla@libero.it
Cordialmente
Daniel Bulla
dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_
[#5]
Caro ragazzo,
intanto vorrei chiarire, per una comprensione più ampia del problema, la natura di alcuni disturbi che possono interessare alcune persone, come in questo caso Lei che ha richiesto i nostri pareri su una sua situazione esistenziale. La distinzione tra depressione "esogena" ed "endogena" è un concetto ormai vetusto e abbandonato; non ha senso parlare di eventi esterni che provocano e determinano un disturbo, quando ormai c'è unanimità in ambito scientifico nel considerare l'origine dei disagi mentali come dovuti a fattori bio-psico-sociali. Per rendere meglio il concetto le farò un esempio breve ma esemplificativo. Se piove ed un rifugio costruito alla meno peggio si allaga, non si può dar colpa alla pioggia, ma bensì alla scarsa solidità della costruzione. La pioggia ha certo contribuito al deteriorarsi del rifugio, ma in qualsiasi posto, in qualsiasi periodo dell'anno si verificheranno delle piogge. Questo per dirle che il rifugio, in questo caso il suo assetto neurobiologico deve essere rafforzato e pronto ad affrontare pioggia,grandine e neve, cioè gli imprevisti che la vita pone davanti a tutti noi; e solo se avrà costruito solidamente il suo rifugio potrà impedire che gli agenti atmosferici lo rovinino.
Il suo rifugio può e deve essere rafforzato attraverso gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione e cioè la farmacoterapia che le darà la spinta ad affrontare di nuovo la vita come prima e la psicoterapia che le insegnerà a capire se i suoi comportamenti sono disfunzionali o meno.
Attribuire la responsabilità dei malesseri solo ed esclusivamente ad eventi esterni non fa altro che colpevolizzare il paziente e determinare l'autopercezione di sentimenti di inadeguatezza, debolezza e fragilità nell'affrontare gli ostacoli della vita non facendo altro che peggiorare i sintomi. Bisogna capire e far capire che i disagi mentali, anche di lieve entità hanno evidenze scientificamente provate di origine biologica; ed è ovvio che eventi esterni su un sistema neuronale non in assetto peggiorino le cose.
Da quello che dice - "la mia depressione diventa sempre piu' profonda e nulla sembra far prevedere un miglioramento futuro" o "a 25 anni sento che la vita mi sta sfuggendo di mano e ciò mi intristisce ancora di più" - si ravvisano sintomi di tipo depressivo che devono esser corretti al più presto con la farmacoterapia; la psicoterapia è un altro strumento sicuramente utile e di provata efficacia, ma al momento credo che l'essenziale sia l'assunzione di una cura specifica e mirata.
Auguri
dott. Vincenzo Menniti
intanto vorrei chiarire, per una comprensione più ampia del problema, la natura di alcuni disturbi che possono interessare alcune persone, come in questo caso Lei che ha richiesto i nostri pareri su una sua situazione esistenziale. La distinzione tra depressione "esogena" ed "endogena" è un concetto ormai vetusto e abbandonato; non ha senso parlare di eventi esterni che provocano e determinano un disturbo, quando ormai c'è unanimità in ambito scientifico nel considerare l'origine dei disagi mentali come dovuti a fattori bio-psico-sociali. Per rendere meglio il concetto le farò un esempio breve ma esemplificativo. Se piove ed un rifugio costruito alla meno peggio si allaga, non si può dar colpa alla pioggia, ma bensì alla scarsa solidità della costruzione. La pioggia ha certo contribuito al deteriorarsi del rifugio, ma in qualsiasi posto, in qualsiasi periodo dell'anno si verificheranno delle piogge. Questo per dirle che il rifugio, in questo caso il suo assetto neurobiologico deve essere rafforzato e pronto ad affrontare pioggia,grandine e neve, cioè gli imprevisti che la vita pone davanti a tutti noi; e solo se avrà costruito solidamente il suo rifugio potrà impedire che gli agenti atmosferici lo rovinino.
Il suo rifugio può e deve essere rafforzato attraverso gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione e cioè la farmacoterapia che le darà la spinta ad affrontare di nuovo la vita come prima e la psicoterapia che le insegnerà a capire se i suoi comportamenti sono disfunzionali o meno.
Attribuire la responsabilità dei malesseri solo ed esclusivamente ad eventi esterni non fa altro che colpevolizzare il paziente e determinare l'autopercezione di sentimenti di inadeguatezza, debolezza e fragilità nell'affrontare gli ostacoli della vita non facendo altro che peggiorare i sintomi. Bisogna capire e far capire che i disagi mentali, anche di lieve entità hanno evidenze scientificamente provate di origine biologica; ed è ovvio che eventi esterni su un sistema neuronale non in assetto peggiorino le cose.
Da quello che dice - "la mia depressione diventa sempre piu' profonda e nulla sembra far prevedere un miglioramento futuro" o "a 25 anni sento che la vita mi sta sfuggendo di mano e ciò mi intristisce ancora di più" - si ravvisano sintomi di tipo depressivo che devono esser corretti al più presto con la farmacoterapia; la psicoterapia è un altro strumento sicuramente utile e di provata efficacia, ma al momento credo che l'essenziale sia l'assunzione di una cura specifica e mirata.
Auguri
dott. Vincenzo Menniti
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 5k visite dal 20/07/2007.
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