Dimenticare il figlio in auto: come può succedere?

s.pozzi
Dr. Stefano Pozzi Psicologo, Psicoterapeuta

Accade per fortuna di rado, ma a volte i genitori si dimenticano di avere in carico un figlio da portare all’asilo o si dimenticano di andarlo a prendere a scuola.
Ovviamente in questo secondo caso le conseguenze non sono tragiche, perché basta una telefonata a richiamarli alla realtà, mentre un bambino chiuso in auto e soprattutto legato al seggiolino sul sedile posteriore non può fare nulla per segnalare la propria presenza e chiedere aiuto.

Cosa succede quando un genitore si dimentica del figlio, come è successo ieri a un papà di Piacenza?
Quali meccanismi entrano in gioco e quale lettura psicodinamica possiamo darne?
La nostra mente è solo parzialmente cosciente e volontaria, concentrata cioè sulla realtà esterna e orientata all’agire determinato dalla razionalità e dalle decisioni che prendiamo.
Una parte rilevante della nostra mente non è cosciente, non è cioè presente alla nostra coscienza per quanto riguarda sia ciò che contiene (contenuti rimossi), sia i moventi che vi nascono (moventi inconsci) e che normalmente sono mediati dal nostro Io cosciente e non portano al compimento di azioni sotto la guida diretta dell’inconscio.
Se le nostre istanze inconsce guidassero le nostre azioni ci comporteremmo in maniera molto differente da quella che è la nostra normale condotta e prevarrebbero tutti quegli istinti aggressivi e quei moventi egoistici che derivano dal nostro Es, la parte dell’inconscio fonte e sede delle pulsioni.
Normalmente gli impulsi sono mediati dall’altra parte del nostro inconscio, il Super-Io, che regole l’agire in base alle norme che abbiamo interiorizzato: è la nostra coscienza morale e non ci consente di attuare in maniera diretta quello che l’Es ci spingerebbe a fare, come ad esempio eliminare chi ci intralcia.

A volte la mediazione del Super-Io e il controllo del nostro Io cosciente vengono meno e noi compiamo azioni direttamente determinate dai moventi inconsci: si parla di “atto mancato” per indicare un’azione che deriva direttamente dall’inconscio e che è in linea con i suoi desideri.
Tipologie frequenti di atto mancato sono gli incidenti che succedono a chi si accinge a fare qualcosa che in realtà non desidera e che, ostacolandosi involontariamente (cioè in maniera inconscia), si impedisce di fare quello che non gli va. Il futuro sposo che si rompe un braccio il giorno prima delle nozze agendo diversamente dal suo solito, in maniera apparentemente sbadata, ne è un esempio, e di solito in questi casi il tempo che trascorre prima della successiva data per la cerimonia porta alla rottura del fidanzamento.
Un atto mancato ha spesso contenuto aggressivo nei confronti di altri, che non coincide con ciò che desideriamo trapeli apertamente: se sono arrabbiato con un amico, pur avendogli detto che non lo sono, posso invitarlo e fargli trovare una cena ipercalorica “dimenticandomi” che è a dieta o un piatto che “casualmente” mi sono dimenticato che non gli piace o, peggio, una macedonia che contiene frutta alla quale è allergico. In tutti questi casi lo metterò a disagio o perfino in pericolo senza aver agito volontariamente e cioè coscientemente a questo fine.
Altri esempi sono i lapsus e le gaffes, che lasciano emergere ciò che realmente pensiamo, e le dimenticanze razionalmente incomprensibili: se sono stato io a mettere via le chiavi della macchina come posso non ricordare dove le ho messe.
SO dove sono, ma non riesco a RICORDARLO coscientemente perché non voglio andare dove devo andare e, se analizzo onestamente i miei desideri, me ne rendo conto e ritrovo anche le chiavi, perché ho lasciato emergere il desiderio inconscio che mi impediva di trovarle portandomi a non poter uscire.

Purtroppo a volte questo meccanismo porta ad esiti tragici, del tutto involontari dal punto di vista cosciente: le informazioni che la persona ha chiaramente acquisito cadono momentaneamente sotto amnesia e si realizzano quei moventi aggressivi che riguardano anche le persone care, perché l’inconscio non ha mezze misure e i sentimenti che proviamo a livello cosciente possono non contare nulla di fronte al ragionare e agire da bambino egoista del nostro Es.

E’ perciò possibile che un padre che ha sistemato il bambino in auto e l’ha visto e sentito parlare per tutto il viaggio si dimentichi di colpo che è lì quando parcheggia e dovrebbe prenderlo e portarlo all’asilo, così come a volte succede che un padre o una madre si dimentichino che è ora di andare a prendere il bambino a scuola nonostante sappiano che è lì e lo vadano a prendere tutti i giorni.
Il senso di colpa che ne deriva è sconvolgente, soprattutto quando accade il peggio, pur in assenza della pur minima volontà cosciente di nuocere al figlio.
Proprio perché psichicamente non siamo fatti solo di mente conscia non tutto è sotto il nostro controllo e non tutto quello che facciamo è immediatamente comprensibile, se non lo analizziamo sotto la lente dei possibili moventi inconsci, anche se comprendere i meccanismi alla base di certe nostre azioni non purtroppo serve a cambiare ciò che è già accaduto.

Data pubblicazione: 05 giugno 2013

Autore

s.pozzi
Dr. Stefano Pozzi Psicologo, Psicoterapeuta

Laureato in Psicologia nel 2003 presso Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Lombardia tesserino n° 8667.

Iscriviti alla newsletter

5 commenti

#1
Dr.ssa Patrizia Pezzella
Dr.ssa Patrizia Pezzella

...conscio o inconscio...volere o non volere...essere o non essere ...genitori..o non genitori ..genitorialità verso genitorialità ...è vero tutto!! in tante notizie che la stampa ha dato e gli organi di informazioni si sono affrettati a dare la soluzione : invitare le case produttrici di auto e di seggiolini per auto a brevettare un sistema di allarme che suoni in caso di "dimenticanza" di un figlio/bambino . Ben venga tutto ciò che serva a prevenire tali tragedie!! Eppure nessuno ha letto e sottolineato ciò come un grido di allarme di una società tutta che non è in grado di PROTEGGERE i MINORI , i più deboli non lasciando troppo soli i genitori impegnati a correre ...tutti protesi nel "fare" le cose ..più cose possibili e nel più breve tempo possibile..al punto tale di DIMENTICARE di ESSERE in quel caso un genitore papà che aveva non il compito, il dovere ma il PIACERE di accompagnare il piccolo all'asilo, Quel genitore è la vittima di una società che dimentica il piacere dell'essere sostituendolo con il piacere dell'avere e del fare e così facendo produce sequenze di comportamento robotizzate che
talvolta presentano amnesie...

#2
Dr.ssa Patrizia Pezzella
Dr.ssa Patrizia Pezzella

...e a quel bambino va il pensiero di aver sperimentato, nella sua breve
anzi brevissima vita, il sentimento più angosciante ..quello di essere
solo ..del abbandono.

#3
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

A me leggendo la notizia e svariati commenti nei media viene in mente anche un'altra domanda: perchè no?
Molte delle letture che sono state date all'evento partono dal presupposto che uno debba essere genitore e papà e che, chiunque abbia procreato, si adegui a questo modello. Questo caso ha avuto un epilogo tragico, ma quante sono le situazioni di bambini che crescono senza "genitori" ma con degli esseri biologici che si sono riprodotti e che poi sono carenti nella modalità genitorialità?
Spesso poi i figli reali sono molto diversi dai figli idealizzati ed essere genitori è diverso da come lo si era progettato e lo si ero immaginato. Molte coppie si separano o si trasformano dopo l'ingresso dei figli nella loro vita, e comunque avviene una trasformazione negli equilibri individuali e di coppia.

#4
Dr. Carla Maria Brunialti
Dr. Carla Maria Brunialti

Forse non si considera sufficientemente che diventare padre può essere più complesso e lungo che diventare madre; Questo risulta a chi di noi si occipa di formazione dei papà. Ho provato a rifletterci nella news "Padri, la legge c'è ma non basta".

Per aggiungere il tuo commento esegui il login

Non hai un account? Registrati ora gratuitamente!