Come si calcola il rischio reale per il tumore al seno

Carissime amiche, eccomi di nuovo a voi, tra esami clinici, preoccupazioni e visitatori misteriosi, per proseguire col nostro itinerario alla conquista delle isole affacciate al Polo Nord.


Costeggiando la Norvegia occidentale i panorami diventavano sempre più affascinanti: Alesund, Trondheim, Bodo, le isole Lofoten di cui vi ho parlato nella prima puntata, luoghi che conoscevamo già dal primo viaggio a Capo Nord ma che ora avevano un altro fascino col sole che non era più definito di “mezzanotte”. Il passaggio del Circolo Polare Artico, poco prima di Bodo, ci regalò anche una festicciola con capitano, marinai e qualche ospite della nave. La notte con il suo crepuscolo baluginante ci invitava a sostare sul ponte e ammirare ancora le fioche luci delle fattorie che si affacciavano sul mare. Ma una notte avvenne un fatto inquietante che forse ingenuamente ci fece sentire i protagonisti de “Il sipario strappato” di Hitchcock. La nave attraccò in un piccolo porto dove al molo l'attendeva un van nero con un paio di robusti figuri e una Mercedes di lusso dalla quale si affacciava una bella donna orientale. A un suo cenno dalla nave venne scaricata una bara che prontamente scomparve nel van. L'orientale ci osservò a lungo affacciati come eravamo alla balaustrra della nave poi avviò il motore e scomparve nei meandri del piccolo porto seguita dal camion. Da quella notte il nostro viaggio prese aspetti inquietanti e non vi dico bugia visto che il resoconto del viaggio, fantasiosamente rimaneggiato, fu poi pubblicato su Segretissimno edito da Mondadori col titolo “Un passeggero di troppo”.
Così a bordo, dal giorno successivo, fummo tallonati da un marinaio ovunque ci spostassimo, persino lungo il corridoio delle cabine. Quando ne informammo il Capitano Sorensen (che si fece due risate visto che in Norvegia a quel tempo non esisteva delinquenza) lo pregammo di seguirci in cabina e fu lì che “beccò” il tizio con una bella chiave inglese fra le mani. Il soggetto venne scaricato al mattino seguente ai responsabili del primo porto in cui ci fermammo ma...sceso lui salì una comitiva di anziani turisti che parlavano inglese ma sfoggiavano volti slavi. Forse russi ma a quei tempi non si poteva fare il turista in Unione Sovietica a meno che non si facesse parte dei servizi segreti …..infatti da quel momento anche loro non ci lasciarono un attimo di pezzo specie un anziano signore molto affabile ma con una faccia da sicario che non dimenticherò mai. Noi scendemmo dalla Nordstjernen a Tromso, la città delle aurore boreali e ci imbarcammo su un volo SAS diretto a Longyearbyen , capoluogo delle isole Svalbard a quel tempo terra norvegese come sancito da un trattato del 1920 ma di fatto aperte a tutti gli europei che vi volessero impiantare attività estrattiva e l'URSS era la prima. Il territorio delle isole a quel tempo era in buona parte abitato da russi che la chiamavano Grumant con vere e proprie città minerarie come Barentsburg e Pyramiden. Per anni vero e proprio avamposto dell'Unione Sovietica in Europa oggi le Svalbard sono diventate un punto di interesse strategico anche militare. Prendemmo posto a bordo del velivolo e subito due baldi giovanotti che parlottavano in russo ci si misero alle spalle... fortunatamente il volo durò poco ma ebbi l'ardire di fotografare dall'oblo' Barentsburg, immagine che il direttore di Geodes definì rara e per noi ancora fonte di guai.



Eccoci alle Svalbard, siamo praticamente ai confini della Terra.  Latitudine 78° 13’ , date un’occhiata al mappamondo e vi accorgerete di cosa stiamo parlando.


All'aeroporto di Longyearbyen ci ritrovammo sul suolo polare in un inizio inverno sui -30°, che se avessimo protratto il nostro reportage più a lungo ci avrebbe fatto conoscere i -40.   Nel luglio del 2020 si è arrivati a toccare i 21,7 gradi Celsius cosa che la dice lunga sull’attuale riscaldamento globale. Come ospiti del Governo norvegese vennero a prelevarci due affascinanti ufficiali in divisa polare (!) che ci consegnarono ad un personaggio a dir poco ermetico seppur gentilissimo. L'ospitalità fu eccezionale. Nei bungalows destinati ai piloti degli elicotteri avevamo a disposizione una stanza con piumini e materassi di una leggerezza e un confort che mai più sperimentammo in vita nostra, Il tizio ermetico ci accompagnò in tutte le escursioni che chiedemmo di fare e praticamente “scannerizzava” il nostro comportamento dalla mattina alla sera. Evidentemente a Roma, forse in Ambasciata, qualcuno aveva pensato che la nostra richiesta di visitare le isole non fosse meramente di carattere turistico/professionale e quindi capimmo che non era stata la bara scaricata quella notte lungo la costa norvegese a crearci dei guai bensì il dubbio venuto a chissà chi che fossimo delle spie. Ma queste deduzioni non ci impensierirono più di tanto, dovevamo andare avanti per un servizio che sarebbe stato il primo su una rivista italiana, Geodes appunto. E poi c'erano le grandi emozioni. Quando ci affacciavamo dalla nostra stanza all'orizzonte si intravedeva la grande muraglia della banchisa contornata di cuspidi aguzze e immacolate che si colorava di azzurro luminoso e iridescente al tramonto e si tingeva di rosa ciclamino alle prime luci dell'alba, in un paese dove, in estate, alba e tramonto sono una sola cosa e nascono e muoiono insieme, continuamente senza lasciare che mai la notte si insinui fra loro.

Le miniere, le foche e i trichechi, le volpi bianche, l'orso, le colonie di uccelli, l'allevamento di cani da slitta (esperienza indimenticabile), tutto girava attorno a noi e anche se l'”ermetico” cercò un paio di volte di tenderci una trappola (come quando ci lasciò da soli in una miniera abbandonata) ne uscimmo sempre a testa alta e con la pelle salva.

Doverose due parole sulle Svalbard del 1982. La cittadina di Longyearbyen si presentava con un ristorante francese (!) frequentato da scienziati e dirigenti delle miniere, con la redazione di un giornale locale, con uno store fornitissimo, con centri ricreativi e palestre gratuiti, con un museo, con asili e scuole (c'erano almeno 200 bambini durante la nostra visita e ¼ degli abitanti erano donne). D'altronde chi decideva di fare il minatore era tutelato al 100% nel lavoro e nelle entrate (tasse al minimo) così da tornare in Norvegia con un bel gruzzoletto per comprarsi una casa in città o una fattoria. Per i russi non era la stessa cosa perché le condizioni di vita tra Longyearbyen e Pyramiden (la più importante città mineraria dei sovietici) erano molto diverse. 
Oggi è rimasta un'unica miniera di carbone in attività alle Svalbard, quelle russe sono diventate attrazioni per un turismo che ormai ha fagocitato le isole anche se nel frattempo la ricerca scientifica con l'Università delle Svalbard (UNIS) si è concentrata sullo studio dell'Artico. La fauna e la flora dell’Arcipelago oggi sono garantite da tre Parchi Nazionali, 15 riserve per uccelli, trichechi, renne e altri animali del luogo. E se non bastasse il governo norvegese ha creato lo “Svalbard Global Seed Vault”  la banca genetica dei semi, che conserva nelle gallerie dell’isola di Spitsbergen il più vasto numero di specie vegetali della Terra per garantire la propagazione e la tutela di piante in via di estinzione. E poi c’è lui. Simbolo e re di queste isole, l’orso bianco. Un gigante sempre affamato che quando dormivamo accanto all’aeroporto si aggirava indisturbato  attorno alla costruzione e persino alle porte di Longyearbyen. Attualmente ne sono stati censiti 3000 esemplari, indubbiamente tanti. Ai nostri tempi il Sysselmannen, il governatore, ci disse che erano più gli orsi che i residenti !
Ripartimmo direzione Tromso dopo una quindicina di giorni, destinazione
Berlino Est......una città favolosa ma divisa in modo drammatico. Eppure così “divisa” aveva il suo fascino.....ne riparleremo

PS. Mi scuso ma non riesco a trarre immagini decenti dall'archivio di slides, solo alcune vengono rese e anche male. Scusate la lungaggine e mi scuso anche con il dr.Catania. Buona serata !

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