Disturbo Bipolare: il castello volante di Laputa
Laputa è una città fantastica, descritta nei Viaggi di Gulliver di Swift. L’idea è stata poi rielaborata da Miyazaki, nel film di animazione omonimo “Laputa – Il castello nel cielo”.
La città è un’isola sospesa nel cielo, che vola mediante un motore magnetico, nel cartone un disco di diamante collegato ad un magnete orientabile, nel cartone la gravi-pietra, una pietra che riesce a contrastare magicamente la legge di gravità. Nel film si narra la leggenda di Laputa, un regno i cui abitanti avevano sviluppati fino a livelli impensati le tecniche della navigazione aerea, fino a costruire macchine volanti gigantesche e infine vere e proprie città volanti, una sorta di arcipelago volante. Il tutto era stato possibile grazie alla lavorazione della gravi-pietra delle miniere terrestri, ma gli abitanti di Laputa avevano poi manifestato ambizioni di dominio, e iniziato a sacrificare la difesa della propria civiltà alla sete di potere sul mondo, che governavano dall’alto mediante la minaccia di armi terribili, sempre messe a punto sfruttando il potere della pietra magica. Così, sotto alla città volante era stato costruito un arsenale invincibile, con la conseguenza che l’energia della pietra vitale non aveva più potuto alimentare la vita, con la conseguente estinzione della stirpe. Alcuni sopravvissuti in terra cercheranno di localizzare quel che resta dell’isola volante, chi per recuperare i segreti dell’antico splendore, chi per appropriarsi delle chiavi per l’arsenale invincibile.
In entrambe le versioni, la città era originata e manteneva i contatti con la terra, ma allo stesso tempo si era poi distaccata, come se il centro dovesse divenire celeste. La vita in cielo era resa possibile dallo sfruttamento delle piogge, e dalla possibilità di modulare evaporazioni e precipitazioni idriche in base alla quota dell’isola.
Laputa ricorda molto il meccanismo della mania e del disturbo bipolare, con il suo distacco, lo scollamento che questa produce tra matrice (la persona) e il mondo l’eccesso di energia della mania. La persona che ha conosciuto la mania rimane fluttuante ad un livello staccato dalla sua matrice, non più alimentabile e pericolosamente orientato in senso autodistruttivo, con un centro di gravità che, per sostenere una accelerazione finisce per non riuscire però a garantire il funzionamento di fondo. Così è la città volante, con il suo immenso arsenale inutilizzabile dalla sua popolazione estinta, e dal suo esercito di robot dormienti. Oppure, la persona ritorna sulla terra, alla base madre, ma con la sensazione di chi è sceso da un castello celeste che ancora flutta in cielo, anche se non si vede, e che promette una felicità ormai non più raggiungibile, senza scale per salire. La persona con il disturbo bipolare ricorda molto il re di Laputa, che una volta sopra il suo castello celeste pretende di governare il regno sulla terra senza avervi più contatto. Chi sale sul castello rischia di trasferirsi là, mentre la base madre rimane sempre e comunque la terra, perché in terra sta il meccanismo magnetico che regge tutto, e in terra la pietra magica che rende il castello in grado di librarsi in aria. Gli scienziati di Laputa, immersi nei loro studi su come volare e controllare ogni aspetto della vita rimanendo in cielo, somigliano alle persone che vorrebbero la felicità all’interno della mania, e rimangono attaccati all’idea che si possa governare la mania senza aver più bisogno del cervello di partenza, con una specie di nuovo cervello che viaggia a livelli più alti, in equilibrio e in ascesa continua. Così come nella mania, la città celeste è sospesa invece tra la voglia di salire senza più legami con la terra (ma rimarrebbe senza acqua) e l’idea di sfruttare la terra a suo esclusivo beneficio (ma finisce per bombardare le sue radici).
Il disturbo bipolare si configura come una sorta di scissione tra una dimensione che viaggia in cielo, ma in una maniera non sostenibile (la mania) e una che vive in terra ma sentendosi inchiodata e abbandonata (la depressione bipolare). Radici che vorrebbero pescare dall’alto anziché dalla terra, e chiome che vorrebbero svettare strappando le radici dal suolo.
Nell’immagine finale del film, Laputa è ridotta ad un albero con radici sospese nell’aria, che cercherà di recuperare il suo centro di gravità dopo aver rinunciato al suo arsenale, finalmente distrutto. Forse da questo rinascerà la realtà di una città volante collegata al mondo, eccezionale ma non completamente autarchica, più vicina al sogno umano che non alla libertà totale.
Si potrebbe quindi pensare alla cura della mania come ad un disarmo di quel meccanismo che impedisce all’isola di affondare le radici nel suo nutrimento, più basso. Solo in questo modo anche l’umore potrà in futuro tenersi in alto, un po’ sopra un po’ sotto le nuvole, tra piogge e siccità, intorno a quell’elemento di equilibrio (la pietra magica dell’umore) che è insieme limite e salvezza.