La stagionalità nei disturbi affettivi

matteopreve
Dr. Matteo Preve Psichiatra, Medico delle dipendenze, Farmacologo, Psicoterapeuta

In principio Dio creò il cielo e la terra.

La terra era informe e deserta e le tenebre

ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.

Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu.

Dio vide che la luce era cosa buona e

 separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno

 e le tenebre notte.

E fu sera e fu mattina: primo giorno

                                                                                                                                                                            Bibbia, Genesi

 

La stagionalità fa parte di una antica credenza popolare secondo cui diverse condizioni patologiche riconoscono una ricorrenza della sintomatologia in specifici periodi dell’anno. La variazione delle condizioni patologiche, e non, sarebbe da collegare ai cambiamenti che possono avvenire in relazione ai movimenti astrali e si distinguono, in relazione ad essi, 4 diversi ritmi o cicli biologici:

- Ritmi circadiani (nelle 24 h; regolazione di temperatura corporea, produzione ormonale, regolazione metabolica, sistema immunitario, sonno-veglia, fx cardiaca, respiratoria, renale, attività elettrica cerebrale e capacità cognitive);

- Ritmi circamensili (variazioni endocrine, metaboliche, tissutali durante il ciclo mestruale, coincidente con il ciclo lunare);

- Ritmi circannuali (la massima attivazione dei sistemi ormonali si avrebbe nelle stagioni autunnali/invernali affinché le nascite avvengano in un periodo più favorevole, primavera; disregulation cronobiologica” legata alla distorsione dei fattori climatici, riscaldamento ed aria condizionata);

- Ritmi ultradiani (il ritmo riposo/attività si caratterizza per una periodicità di 90 min, ma anche l’attività cerebrale, il metabolismo gastrico, la reattività psicofisiologica, cortisolo, noradrenalina, gonadotropine ipofisarie; gli “Zeitgeber”).

Quindi nel nostro organismo esisterebbe appunto un “orologio biologico” che riuscirebbe, come un “segnapassi”, a regolare le diverse funzioni del nostro organismo attraverso la sincronizzazione dell’alternarsi del ritmo/ciclo di luce/buio. Le “lancette” di questo orologio sarebbero la ghiandola pineale o epifisi (struttura che attraverso la retina e le vie ottiche mette in contatto il sistema nervoso centrale con l’esterno) e la melatonina (sostanza che è prodotta a livello dell’epifisi dai pinealociti, la cui produzione sarebbe influenzata dal buio, dalla poca luce e da alcuni neurotrasmettitori come serotonina, noradrenalina, dopamina e acido gammaaminoidrossibutirrico). Mentre il “meccanismo dell’orologio” risiederebbe in alcuni geni, detti Clock (Circadian Locomotor Output Cycles Kaput), essenziali nella regolazione dei ritmi circadiani.

Già Ippocrate fece notare la periodicità delle malattie mentali, rilevandone la stagionalità, e delineò i quattro tipi temperamentali in grado di predisporre a diversi disturbi mentali (collerico, melanconico, sanguigno e flemmatico). Inoltre il medico greco riteneva che in autunno prevalesse la produzione di bile nera (responsabile quindi delle fasi melanconiche) ed in estate di bile gialla (responsabile delle fasi maniacali). Successivamente altri autori (Pinel, Esquirol, Griesinger, Baillanger, Kraepelin, ecc.) hanno riportato dati clinici sull’influenza delle variazioni stagionali sulla ricorrenza delle fasi maniacali e depressive.

Dagli anni ’80 gli studi epidemiologici hanno riscoperto gli aspetti stagionali dei disturbi psichiatrici ed in particolare, Rosenthal e coll., (1984) dopo avere studiato sistematicamente i pazienti con ricorrenze depressive autunno-invernali e ipo-manicali in primavera ed estate, hanno proposto un particolare sottotipo di disturbo dell’umore da loro definito “Disturbo Affettivo Stagionale”, caratterizzato da oscillazioni del tono dell’umore con episodi depressivi nei mesi autunnali/invernali ed eutimia o ipomania (mania) in primavera ed in estate.

Dai loro studi emergeva che solitamente risultavano maggiormente colpite persone di sesso femminile e di età giovane adulta (età >20 anni).  La sintomatologia si caratterizzava per la presenza di ansia, irritabilità, apatia, mancanza di energie, disturbi somatici (dolori e rigidità muscolare, cefalea, stipsi), ipersonnia (fino a 16 ore al giorno e oltre, descrivono se stessi come “degli orsi in letargo”).

Nel trattamento si dovrebbe considerare per le fasi depressive della light therapy (esposizioni alla luce del giorno o a specifiche lunghezze d’onda della luce utilizzando laser, lampade fluorescenti. Solitamente la luce viene somministrata per un determinato periodo ed in alcuni casi ad uno specifico momento della giornata) oppure di farmaci con azione serotoninergico melatoninergica (capaci di risincronizzare il ritmo circadiano e agire su alcuni dei principali sintomi nucleari depressivi). 

Inoltre, considerando la ritmicità della sintomatologia ed il quadro clinico longitudinalmente (questo disturbo rientra nelle forme bipolari), risulterebbero particolarmente indicate delle terapie a base di stabilizzatori dell’umore e/o antispicotici atipici.

Ovviamente la ritmicità e la ciclicità (stagionalità) sono una parte integrante di tutti i disturbi affettivi e non solo del Disturbo Affettivo Stagionale, ed è ben nota la circolarità e la cronicità a cui possono essere soggette le persone affette dai disturbi affettivi. Infatti nella realtà clinica, la successione di episodi depressivi, misti, maniacali, ipomaniacali e intervalli liberi si presenta con relativa regolarità e ciclicità. Pertanto si deve sempre considerare nella storia clinica quanto possa essere importante considerare le variazioni sintomatologiche in relazione ai vari “ritmi/cicli di vita”.

Data pubblicazione: 11 aprile 2013

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