Non Siamo Indifferenti

manlio.converti
Dr. Manlio Converti Psichiatra, Psicoterapeuta

Qualcuno a torto, anche i medici Lgbt che si nascondono, insiste che non ha alcuna importanza dichiararsi omosessuali per una supposta indifferenza nel merito.

E' abbastanza ovvio che se fosse indifferente allora dichiararsi non cambierebbe nulla, mentre costoro pretendono la censura del Coming Out, e quindi affermano che anche per loro sarebbe differente e che non vogliono affatto che questo avvenga.

Dobbiamo però capire perché i medici non si dichiarano ancora, ribellandosi a tale censura e capire anche in che modo esiste una differenza, anche nell'ambito della relazione medico.paziente.

Comincio a citare il Giuramento di Ippocrate, nella versione letterale, non in quella censurata, in cui dice chiaramente che quando si sia ospite in casa di un paziente per motivi professionali non si deve in alcun caso avere rapporti sessuali con maschi o con femmine nè liberi nè schiavi...

All'epoca non esistevano medici donne...e non sono esistite per diversi millenni perché le donne non erano considerate capaci di fare il medico.

Orbene essere gay.lesbo.trans non viene considerato da molti adeguato per essere un medico.

Citiamo ancora la deontologia professionale, quella moderna però, nella quale è chiaramente scritto che un medico non deve essere INDEGNO nei suoi comportamenti anche al di fuori dell'ambito professionale o perde il diritto all'iscrizione all'Albo.

La minaccia di indegnità colpisce i medici gay.lesbo.trans in assenza di una chiara dichiarazione diversa da parte della Fnomceo che invece si rifiuta di prendere una parte nel merito nonostante le ripetute insistenze della associazione come Arcigay e con il mio personale contributo ormai da tre anni.

Questo è uno dei motivi per cui i medici non fanno Coming Out.

L'altro motivo è quello che nell'ambiente sanitario i medici e tutto il resto del personale può essere omofobo e di conseguenza danneggiare la riputazione professionale o peggio del collega.

Un altro motivo è infine quello legato alla relazione medico.paziente sul quale si basano anche il primo ed il secondo, questo in modo più pesante, allorché ravvisati dell'orientamento sessuale (che non è mai indifferente anche se si è bisessuali).

Di fatto il paziente (o il suo genitore per i pediatri) può decidere di rifiutare il medico o creare col medico una relazione manipolativa (questo in psichiatria, ovviamente).

Essendo poi il mio ambito proprio quello della psichiatria e questo vale anche per la psicologia, mi chiedo come si faccia anche in questi casi a dire che è indifferente l'orientamento sessuale o l'identità di genere in ambito relazionale?

Eppure anche i professori universitari invitati ad esprimersi nel merito si sono difesi con la stessa frase evidentemente omofoba che è indifferente essere gay, ma senza volerlo mai dire in modo esplicito o pubblico in nessun caso, anzi pretendendo che non se ne parli mai.

Mentono sapendo di mentire o scotomizzano ignorando di vedere?

Il problema resta sempre lo stesso: Don't Ask, Don't Tell !

Negazione e Frustrazione!

Il paziente va rassicurato in qualche modo che l'ambiente medico sia rassicurante e gay-free cioè libero da omosessuali... non libero per gli omosessuali... alla faccia di qualunque logica deontologica moderna.

Non so perché ho trovato questo testo in coda alla pagina per scrivere codesta puntata del mio blog...cambiate paziente con paziente gay.lesbo.trans e poi con medico gay.lesbo.trans e capirete forse molto di più!

* L'empowerment del paziente è una strategia che attraverso l'educazione sanitaria e la promozione dei comportamenti favorevoli alla salute fornisce alle persone gli strumenti critici per prendere le decisioni migliori per il loro benessere, riducendo così le disuguaglianze culturali e sociali.

Data pubblicazione: 01 novembre 2013

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