Fobia sociale - la paura nello sguardo

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Diabetologo, Medico delle dipendenze

Un episodio de "Il tenente Colombo" dal titolo italiano "Una questione d'onore" racconta una storia basata su un elemento caratteristico e centrale della fobia sociale. La fobia sociale provoca inibizione e impaccio nei rapporti con gli altri, con tendenza a evitarli, renderli brevi ed essenziali e disagio che cresce e si manifesta durante l'esposizione forzata alla vista, al giudizio e all'interazione con gli altri, per paura di sbagliare, essere ritenuti buffi, ridicoli, inferiori, impacciati. L'alibi di chi ha la fobia sociale è il non lasciar intravedere lo stato di disagio, per cui il timore più forte di chi ne soffre è il fatto di tradirsi, di lasciar capire o vedere che si è ansiosi, preoccupati di essere notati, che si sta evitando appositamente il contatto. Spesso la reazione istintiva è, per esempio nei bambini, evitare il contatto con lo sguardo, rimanere voltati, nascondersi dietro il genitore, guardare in basso, lateralmente, non fissare l'interlocutore ma incrociarne lo sguardo in maniera veloce, aiutarsi con gesti che fanno da schermo, che quasi allontanano l'altra persona, creano un muro o una barriera. Lo sguardo è centrale nell'interazione con gli altri, e quindi anche nella paura degli altri. In questa storia di Colombo, c'è un famoso torero messicano ormai in pensione che gestisce una tenuta di tori e addestra giovani toreri. E' un personaggio famoso, un'icona di tutto il messico, orgoglio nazionale. Un giorno capita che un suo allievo stia per avere la peggio durante un allenamento con un toro particolarmente feroce, e lui che assiste alla scena sta per intervenire per distrarre il toro e salvare la vita al ragazzo, quando improvvisamente è bloccato dalla paura, paura del toro. Per fortuna è poi intervenuto un altro vecchio torero, il ragazzo si è salvato, il toro è stato ricondotto all'obbedienza. Gli altri che sono lì non se ne sono accorti, forse hanno visto il suo sguardo però, ma da lontano era improbabile, è sembrato semplicemente che siano intervenuti in due, e poi il primo che ha avuto l'occasione ha affrontato il toro e lo ha ricacciato fuori dall'arena. Però lui teme che tutti sappiano, perché lui per primo avrebbe dovuto e potuto affrontare il toro, e quindi forse avranno capito. Certamente se n'è accorto il vecchio torero, suo socio e vecchio amico, che lo ha guardato come per biasimarlo, o comunque fargli capire che aveva capito la sua paura. Magari lo ha fatto nella totale comprensione che ad una certa età, ormai acciaccati e disallenati, si può anche aver paura di un toro scatenato. Eppure il famoso torero è terrorizzato dal fatto che ormai si venga a sapere di quanto è pavido, pauroso, indegno. Così, con una scusa attira l'amico, custode di quel terribile segreto del suo sguardo, e lo uccide. Il tenente ovviamente lo scoprirà alla fine. Il tenente riesce a capire il movente, da una serie di indizi capisce che era stato il vecchio amico a salvare la vita al ragazzo, e che il famoso torero non solo non aveva merito in questo, ma era rimasto spaventato e paralizzato. Così organizza una messinscena in cui il giovane torero fa finta di trovarsi ancora una volta in pericolo con lo stesso toro, e infatti anche in questa occasione il famoso torero rimane immobile, senza muoversi, a rischio della sua stessa vita. Intervengono altri toreri e l'assassino è condotto via in manette, la prova della sua colpevolezza è data di fronte a tutti, come nel peggiore dei suoi incubi. Questa paura dello sguardo e tendenza ad evitare lo sguardo degli altri è spesso interpretata dagli altri come altezzosità, sdegnosità, distacco emotivo e disinteresse, mentre è tutto l'opposto, cioè incapacità di controllare la propria ansia mentre si guardano gli altri. Guardali è come esporsi, essere "nudo" a livello emotivo e non poter evitare di collegare ogni reazione, mossa, atteggiamento ad un giudizio nei nostri confronti.Tutto questo naturalmente è quasi sempre falso, cioè gli altri in genere non riconoscono il disagio, lo fanno solo se l'interazione è prolungata e il disagio continua e peggiora. Sanno capire meglio che si è a disagio quelli che ci conoscono meglio, che ci "leggono" meglio dentro. E infatti chi soffre di fobia sociale spesso teme anche gli amici più stretti, i familiari, che possono riconoscerlo, mentre gli altri sono temuti perché non avrebbero scrupolo a fargli osservazioni o a prenderlo in giro. Ma il timore del "riconoscimento" della paura è un elemento chiave per la diagnosi di fobia sociale.

Data pubblicazione: 12 maggio 2011

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Diabetologo, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

Specialista con oltre 25 anni di esperienza clinica e di ricerca in psichiatria, focalizzato su dipendenze da oppiacei, doppia diagnosi e terapia farmacologica. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche internazionali e docente universitario, ha ricoperto ruoli di rilievo in società scientifiche e comitati editoriali. Riconosciuto per contributi innovativi nella gestione integrata delle dipendenze e nella farmacoterapia personalizzata.

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