Mobbing: quando le vittime sono persone LGTB

Tra le forme di discriminazione che possono subire le persone LGTB vi è il mobbing, termine utilizzato per indicare violenze, maltrattamenti e aggressioni - anche verbali - subiti da una persona sul luogo di lavoro.

Il primo a descrivere questo fenomeno di “razzismo” fu l'etologo Konrad Lorenz il quale osservò tale comportamento all'interno di un gruppo di animali. Scoprì che, quando un individuo della stessa specie è portatore di un'anomalia vistosa, tale da renderlo diverso dal resto del branco, può essere più frequentemente vittima di aggressione da parte del gruppo.

Questi comportamenti, che ascritti al mondo animale troverebbero comprensione e giustificazione nelle leggi Darwiniane, non sono altrettanto giustificabili, tanto da essere anche penalmente rilevanti, nel mondo umano in cui la società civile ha il compito di salvaguardare tutti i soggetti che ne fanno parte.

Purtroppo però, ancora troppo di frequente capita che, proprio sul posto di lavoro, una persona LGBT sia oggetto di mobbing a causa della sua identità sessuale, considerata "sbagliata" da una società che, distante ancora dall’essere definibile come pienamente civile, identifica nell'eterosessualità l'unico orientamento sessuale possibile.

Questo assunto fa sì che molti si sentano autorizzati a vessare ed emarginare una persona etichettandola come diversa in quanto transessuale o omosessuale.

Le forme in cui il mobbing può presentarsi sono diverse e, tra le più comuni tra queste, vi sono le pressioni e le molestie psicologiche, i maltrattamenti verbali, gli atteggiamenti intimidatori e le calunnie. Tutti questi atti hanno lo scopo di avvilire e indebolire psicologicamente chi ne è oggetto.

Anche il demansionamento o l'assegnazione di un'eccessiva mole di lavoro possono rappresentare forme di esclusione, violenza e marginalizzazione in cui si manifesta il mobbing. Tutti questi atti vessatori possono produrre forti disagi, la cui gravità si lega anche alle condizioni psico-fisiche della vittima che, nel caso specifico di persone LGBT, possono essere già danneggiate a causa della omo-trans fobia interiorizzata e a causa di difficoltà personali legate all’accettazione della propria omo-transessualità da parte dei familiari e delle persone care.

Può succedere per esempio che il mobbing inizi immediatamente dopo la rivelazione che una persona LGBT fa di se stessa, sul luogo di lavoro, circa la sua identità sessuale (Coming Out) oppure in caso di “outing” cioè quando qualcuno rende pubblico l'orientamento sessuale della persona LGBT senza il suo consenso.

La rivelazione della propria identità sessuale sul luogo di lavoro può essere infatti causa di forti tensioni all'interno dell'azienda ed è importante che la persona LGBT sia pienamente consapevole di quanto dovrà affrontare in relazione al proprio coming out. Si reputa ancora più importante tuttavia, in ottica preventiva per garantire il benessere psicofisico dei/delle lavoratori/trici, che le persone all'interno dell'azienda siano sensibilizzate e preparate ad accogliere le "diversità" come un valore aggiunto e non certo come un problema da eliminare. Fino a quando infatti, il rispetto delle differenze non sarà un valore integrato pienamente nella cultura di ciascuno/a non si potrà parlare mai, totalmente, di benessere per le persone LGBT e il rischio da parte di queste ultime di sviluppare e/o cronicizzare un forte stress, definito Minority Stress, e di subire Mobbing, sarà sempre molto alto.

Studi e ricerche recenti hanno dimostrato come in mancanza di informazione-formazione-sensibilizzazione sulle tematiche LGBT sul luogo di lavoro, le persone LGBT e i loro bisogni restino invisibili con gravi ripercussioni sulla salute del del/della lavoratore/trice LGBT, costretto/a a vivere parte della sua giornata evitando di rispondere, ad esempio, a domande sulla propria vita personale da parte dei colleghi. Tale condizione di stress, unita a comportamenti di mobbing, può aggravare ed esasperare il malessere delle persone LGBT al lavoro.

Sintomi principali che la persona vittima di Mobbing può sviluppare

La vittima di mobbing isolata e screditata agli occhi dei colleghi, può sviluppare una serie di alterazioni che riguardano l’equilibrio emotivo, quello psico-fisico e il comportamento. Tra le sintomatologie più comuni della sfera emotiva vi sono: ansia, depressione e attacchi di panico. Dal punto di vista fisico la persona può sviluppare disturbi gastrointestinali, cefalea, vertigini, insonnia e disfunzioni sessuali. Sul versante comportamentale si possono riscontrare: perdita di appetito, tendenza all’abuso di alcool e/o farmaci, auto o etero aggressività, tendenza alla passività.

Cosa fare se si è vittime di mobbing?

Nel caso in cui una persona LGBT riconosca di essere vittima di mobbing in relazione alla sua identità sessuale, è importante che si attivi immediatamente affinchè vengano messe in atto le tutele, previste per legge, in caso di Mobbing.

Tuttavia, nei casi in cui l’ aggressore è un superiore stesso, magari lo stesso a cui si dovrebbero denunciare, all’interno dell’azienda, le violenze subite, è necessario rivolgersi ad un/a avvocato/a per comprendere meglio i propri diritti e quali potrebbero essere le possibilità di azione legale da intraprendere.

Infine, ma non meno importante, è opportuno rivolgersi, quanto più velocemente possibile, ad uno/a psicologo/a-psicoterapeuta, meglio se anche esperto/a in tematiche LGBT e in Mobbing, per imparare a riconoscere e mettere in campo le proprie risorse personali e a sviluppare capacità utili ad affrontare nel modo migliore possibile la propria condizione lavorativa.

 

Data pubblicazione: 27 ottobre 2016

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