Straining o mobbing
Buongiorno, sono un lavoratore dell'industria alimentare, vi racconto la mia esperienza lavorativa.
Da venti anni lavoro presso una industria e, da sempre, sono stato considerato, dalla direzione aziendale e dai colleghi un lavoratore modello.
I miei problemi cominciano nel 2016 quando comincio ad avvertire, a causa della mia mansione di magazziniere, dolori agli arti inferiori e lombari.
Faccio gli accertamenti e le varie visite specialistiche e mi viene diagnosticata una "grave degenerazione condromeniscale e ernia discale lombare".
Mi rivolgo, da subito, al medico aziendale chiedendo visita medica straordinaria.
Il medico aziendale mi dà la seguente prescrizione: "evitare carichi eccessivi sugli arti inferiori".
Dato che, per fare il mio lavoro, utilizzavo carrelli che provocavano vibrazioni agli arti inferiori e un sensibile incremento delle forze di compressione sui dischi intervertebrali, la prescrizione, consentendomi di evitare l'uso di questi mezzi mi dava un certo sollievo (per un anno ho svolto un compito diverso, ma sempre nell'ambito della mansione di magazziniere).
Con l'avvicendamento del medico aziendale, prossimo alla pensione, il nuovo medico mi toglie la prescrizione e ritorno a fare il carrellista.
I dolori si ripresentano e chiedo visita medica straordinaria.
Il nuovo medico sembra non capire la gravità della situazione e mi conferma, a malo modo, l'idoneità alla mansione senza prescrizioni.
Quattro giorni dopo la visita medica straordinaria, mi reco dal patronato che denuncia non una, ma ben due malattie professionali.
L'inail riconosce l'ernia discale lombare come malattia contratta a causa del lavoro con percentuale di danno del 6 %.
Nonostante ciò, il medico aziendale mi dà ancora l'idoneità alla mansione senza prescrizione.
Dopo una settimana dalla visita mi chiama il responsabile del personale e mi dice se possiamo fare un discorso invitandomi ad esibire il verbale inail.
Nonostante avessi potuto rifiutarmi, eccependo la privacy, (violata dal medico aziendale che aveva comunicato al datore di lavoro la mia patologia), dati, fino ad allora, i buoni rapporti, esibisco il verbale.
Sulla base di questo, la direzione mi demansiona.
Ora, il problema è questo: il cambio mansione è stato fatto in senso dispregiativo nei confronti del lavoratore per esporlo all'ignominia e al pubblico disprezzo dei colleghi oltre al fatto che per svolgere la mansione egli deve trasportare merci, con un transpallet che, benché elettrico (e quindi, pur non necessitando sforzi a livello lombare) lo costringe a percorrere circa 20000 passi (che sono circa 16 km) al giorno all'interno della azienda.
Io ho fatto notare alla direzione, in un occasione, con un discorso molto pacato, che questo è un dispetto fatto al lavoratore.
Vorrei sapere se ricorre la fattispecie del mobbing e cosa posso, fare tenuto anche conto della grave degenerazione ad entrambe le ginocchia.
Le sarei grato se girasse il quesito anche allo psicologo.
Vi ringrazio di cuore
Da venti anni lavoro presso una industria e, da sempre, sono stato considerato, dalla direzione aziendale e dai colleghi un lavoratore modello.
I miei problemi cominciano nel 2016 quando comincio ad avvertire, a causa della mia mansione di magazziniere, dolori agli arti inferiori e lombari.
Faccio gli accertamenti e le varie visite specialistiche e mi viene diagnosticata una "grave degenerazione condromeniscale e ernia discale lombare".
Mi rivolgo, da subito, al medico aziendale chiedendo visita medica straordinaria.
Il medico aziendale mi dà la seguente prescrizione: "evitare carichi eccessivi sugli arti inferiori".
Dato che, per fare il mio lavoro, utilizzavo carrelli che provocavano vibrazioni agli arti inferiori e un sensibile incremento delle forze di compressione sui dischi intervertebrali, la prescrizione, consentendomi di evitare l'uso di questi mezzi mi dava un certo sollievo (per un anno ho svolto un compito diverso, ma sempre nell'ambito della mansione di magazziniere).
Con l'avvicendamento del medico aziendale, prossimo alla pensione, il nuovo medico mi toglie la prescrizione e ritorno a fare il carrellista.
I dolori si ripresentano e chiedo visita medica straordinaria.
Il nuovo medico sembra non capire la gravità della situazione e mi conferma, a malo modo, l'idoneità alla mansione senza prescrizioni.
Quattro giorni dopo la visita medica straordinaria, mi reco dal patronato che denuncia non una, ma ben due malattie professionali.
L'inail riconosce l'ernia discale lombare come malattia contratta a causa del lavoro con percentuale di danno del 6 %.
Nonostante ciò, il medico aziendale mi dà ancora l'idoneità alla mansione senza prescrizione.
Dopo una settimana dalla visita mi chiama il responsabile del personale e mi dice se possiamo fare un discorso invitandomi ad esibire il verbale inail.
Nonostante avessi potuto rifiutarmi, eccependo la privacy, (violata dal medico aziendale che aveva comunicato al datore di lavoro la mia patologia), dati, fino ad allora, i buoni rapporti, esibisco il verbale.
Sulla base di questo, la direzione mi demansiona.
Ora, il problema è questo: il cambio mansione è stato fatto in senso dispregiativo nei confronti del lavoratore per esporlo all'ignominia e al pubblico disprezzo dei colleghi oltre al fatto che per svolgere la mansione egli deve trasportare merci, con un transpallet che, benché elettrico (e quindi, pur non necessitando sforzi a livello lombare) lo costringe a percorrere circa 20000 passi (che sono circa 16 km) al giorno all'interno della azienda.
Io ho fatto notare alla direzione, in un occasione, con un discorso molto pacato, che questo è un dispetto fatto al lavoratore.
Vorrei sapere se ricorre la fattispecie del mobbing e cosa posso, fare tenuto anche conto della grave degenerazione ad entrambe le ginocchia.
Le sarei grato se girasse il quesito anche allo psicologo.
Vi ringrazio di cuore
[#1]
Gentilissimo,
il medico del lavoro non può ma soprattutto non deve occuparsi dei problemi relazionali tra lavoratore e azienda. Il medico non entra nel merito se un lavoratore è stato più o meno lecitamente demansionato, tuttalpiù può solo constatare, tramite una visita specialistica, se la situazione ha provocato o sta provocando danni alla salute anche psichica del lavoratore.
Se non era d'accordo con il giudizio espresso dal medico competente doveva fare ricorso alla ASL entro 30 giorni dall'emissione dello stesso, per modificare il giudizio.
Ora non resta che affidarsi al parere di uno specialista, si informi se nella Sua zona su quali centri clinici di medicina del lavoro si occupano di stress e mobbing lavoro-correlati, in genere sono presso le sedi universitarie di specialità in medicina del lavora, come per esempio a Ancona.
Cordialmente,
il medico del lavoro non può ma soprattutto non deve occuparsi dei problemi relazionali tra lavoratore e azienda. Il medico non entra nel merito se un lavoratore è stato più o meno lecitamente demansionato, tuttalpiù può solo constatare, tramite una visita specialistica, se la situazione ha provocato o sta provocando danni alla salute anche psichica del lavoratore.
Se non era d'accordo con il giudizio espresso dal medico competente doveva fare ricorso alla ASL entro 30 giorni dall'emissione dello stesso, per modificare il giudizio.
Ora non resta che affidarsi al parere di uno specialista, si informi se nella Sua zona su quali centri clinici di medicina del lavoro si occupano di stress e mobbing lavoro-correlati, in genere sono presso le sedi universitarie di specialità in medicina del lavora, come per esempio a Ancona.
Cordialmente,
Dr. Gilberto Marcello Boschiroli
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 317 visite dal 13/07/2024.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.