Rischio amputazione piede

Sono molto preoccupata per mia madre novantenne, in dialisi da oltre 8 anni, ma molto lucida e con voglia di lavorare.Da anni ha problemi di insufficienza venosa, ma ultimamente le cose sono peggiorate. Tutto è iniziato con una spellatina sopra al quarto dito del piede sinistro che olttre non guarire, diventava sempre più gonfio e dolente. Ora presenta un buchetto tipo cratere, orlato di nero, da cui a volte esce pus, il piede è sempre freddo con la pianta rossa violacea e anche il fianco del piede si sta lesionando. L'ecodoppler così recita:
SI EVIDENZIA STENOSI MULTIFOCALI CALCIFICHE A CARICO DELL'ASSE FEMOROPOPLITEO MOLTO PIU' ACCENTUATE A SX. GRAVE ARTERIOPATIA DELLE TIBIALI DA CALCIFICAZIONI MULTIFOCALI DETERMINANTE STENOSI DIFFUSE SEVERE.
Non mi hanno saputo dare indicazioni e consigli se non di andare a Lourdes ; le hanno sospeso il Cumadin perchè le gambe diventavano livide, e aumentato la dose di Cardirene. Io disinfetto il piede con acqua e amuchina, do una pomata al cortisone e cerco di farle tenere in alto l'arto.
Mi potete dare qualche suggerimento, quali ulteriori esami da fare? Possibile non ci sia un rimedio per migliorare la situazione, fermare l'infezione ed evitare l'eventuale amputazione? Grazie delle vostre attesissime risposte.
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Dr. Enrico Cappello Chirurgo vascolare 12
Gentile signora,
è da tener presente che questo è un consulto a distanza senza l’esecuzione di una visita scrupolosa.
Per le informazioni da lei fornite,la patologia di cui soffre sua madre in questo momento è di tipo arterioso e non venoso.
I pazienti in dialisi ,in particolare se affetti anche da diabete,vanno incontro ad una particolare forma di arteriopatia con un deposito di calcio nelle pareti arteriose(medio-calcinosi)che determinano delle stenosi ed occlusioni al flusso sanguigno verso il piede, cui consegue una necrosi.
La comparsa dell’ulcera con eritrosi(piede rosso-bluastro) e il dolore a riposo sono gli stadi peggiori di questa malattia.
I tassi di amputazione sono sicuramente molto elevati in questi pazienti,ma si differenziano da caso a caso.
Negli ultimi anni si è sviluppata una tecnica di chirurgia mininvasiva basata su una terapia endovascolare.
Sono interventi a rischio ridotto perché eseguiti in anestesia locale ed hanno la potenzialità di disostruire e dilatare le arterie tramite una puntura all’inguine e l’inserimento di cateteri,palloni e stent.
È comunque da tener presente che non sempre è possibile ottenere un risultato positivo.
Il mio consiglio è di rivolgersi al più presto presso un centro di chirurgia vascolare attrezzato o uno specialista di fiducia per intraprendere quanto prima una terapia utile ad evitare o ridurre l’amputazione del piede.

Dr. Enrico Cappello

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Utente
Utente
Dottor Cappello, la ringrazio moltissimo per la sua sollecita risposta.
La mamma fortunatamente non è diabetica, ma l'età e la dialisi non giocano a suo favore.
Come mi ha consigliato, la porterò al più presto in un centro di chirurgia vascolare e le scriverò il referto dopo la visita.
Mi ha dato un pò di speranza.
Grazie ancora.
Cordiali saluti.
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Utente
Utente
Egregio Dott. Cappello, ho seguito il suo consiglio, contro il parere e lo scetticismo dei medici della nefrologia che ritenevano ormai inutile ogni tentativo. Ho portato la mamma ad un consulto col primario della chirurgia vascolare della mia città il quale, ad un ulteriore doppler, riteneva possibile eseguire l'intervento che lei aveva già esaurientemente descritto. Nel mese di marzo mia madre è stata sottoposta a:
PTA INTEROSSEA SINISTRA IN TOTO CON PALLONE FOX SV 2,5 X 120MM. PRIMARY STENTING DELL'ARTERIA POPLITEA E FEMORALE SUPERFICIALE SINISTRA CON DUPLICE STENT X-PERT 5X100MM.
All'ultimo controllo di ieri "si conferma il buon esito dell'intervento di PTA con flussi diretti su TA e TP con presenza di polso su TA, lesioni digitali in miglioramento."
Nel piede il calcagno è completamente guarito e in via di guarigione è anche la lieve lesione rimasta ad un dito. Ha ripreso a camminare e non ha più bisogno di antidolorifici.
Tutto ciò grazie a Lei, Dott.Cappello, che mi ha incoraggiato a non arrendermi alla prima diagnosi.
Grazia, grazie, grazie di cuore.
La saluto con tanta riconoscenza.

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