Metaplasia intestinale di tipo incompleto

Spett.li dottori,
alla gastroscopia effettuata 2 anni fa mi è stato riscontrato un focolaio di metaplasia intestinale di tipo incompleto nella giunzione esofago-gastrica, cardias lievemente ipotonico e gastrite cronica non hp correlata.
Devo dire che in questo tempo non sono stato male, se non per qualche sera in cui mi sento un po' di acidità in bocca e dolore al petto e alcuni giorni in cui ho dei dolori/fitte nella bocca dello stomaco (indipendenti dai pasti). Navigando su internet ho visto che la metaplasia incompleta non è una bella cosa (anzi) ed è molto suscettibile di degenerare in qualcosa di molto peggio, per cui è necessario fare dei controlli periodici. Il mio medico mi suggerisce, vista l'età, di fare un'altra gastroscopia di controllo a distanza di 5 anni, anche se a me sembra che sia troppo tardi. Qual'è la frequenza giusta di controllo? E' giusto che non mi sia mai stata data una cura (che so, inibitori di pompa protonica, antiacidi, ecc...)? L'unica cosa che prendo è un cucchiaio di gaviscon al bisogno. Grazie per la risposta.
[#1]
Dr. Giovanni Piazza Chirurgo generale, Chirurgo oncologo, Colonproctologo, Chirurgo apparato digerente 464 13
Gentile Utente,
mi spiace dover con forza dissentire da quello che Le è stato consigliato dal suo curante! Il quadro istologico da Lei riportato è figlio di una malattia da reflusso gastroesofageo che non correttamente trattato sta pin pianino scalando una serie di step che possono sfociare in qualcosa che i colleghi Giapponesi conoscono molto bene (vista la frequenza di casi in quelle aree) come Ca dell'esofago. Infatti è noto che i pazienti affetti da metaplasia intestinale o Esofago di Barrett sono a rischio di sviluppare in percentuale maggiore il Ca dell'esofago.
Cosa fare? EGDS ogni anno,e magnificazione con cromatografia, istaurare una terapia medica con inibitori di pompa a dosaggio pieno.
La esorto a contattare un gastroenterologo e a sottoporsi al più presto a EGDS (gastroscopia).
NB non tutte le malattie da reflusso sono HP correlate!!!!!
Cordilamente
Dr. Giovanni Piazza
www.drgiovannipiazza.blogspot.com

Dr. Giovanni Piazza
Chirurgo Oncologo
www.Gruppopalermomedica.blogspot.com
www.drgiovannipiazza.blogspot.com

[#2]
dopo
Attivo dal 2006 al 2009
Ex utente
La ringrazio dottore per la risposta e la schiettezza.
Vedrò di fare la gastro il prima possibile. Devo dirle, essendo un tipo abbastanza ansioso, che la sua risposta mi ha un po' sconvolto e a dir poco preoccupato. In questo momento mi sembra di aver sprecato del tempo e che possa ormai essere successo l'irreparabile... Ma può, quindi, una neoplasia svilupparsi eventualmente in così poco tempo? Che Dio me la mandi buona. Grazie
[#3]
Chirurgo generale, Gastroenterologo, Chirurgo apparato digerente, Colonproctologo, Chirurgo d'urgenza attivo dal 2007 al 2013
Chirurgo generale, Gastroenterologo, Chirurgo apparato digerente, Colonproctologo, Chirurgo d'urgenza
Gentile Utente,
il quadro da lei descritto è quello di una malattia da reflusso gastroesofageo, dovuta, com'è noto, alla incontinenza dello sfintere esofageo inferiore. La metaplasia intestinale NON è l'esofago di Barrett, o meglio, non lo è ancora.
Certo, è un quadro che va correttamente indagato e curato.
La diagnosi di GERD si basa su quattro cardini fondamentali:
1. endoscopia
2. radiografia con mdc delle prime vie digerenti
3. pHmetria 24 ore
4. manometria esofagea
Questi quattro esami danno il quadro completo della patologia e permettono di stabilire la terapia corretta. Che non necessariamente è solo medica! La sua giovane età è di sicuro uno dei fattori che va considerato.
L'endoscopia (che le consiglio di ripetere, specificando nella richiesta la necessità di eseguire prelievi bioptici multipli secondo il protocollo di Los Angeles per il Barrett) darà una "fotografia" della situazione dell'esofago. La radiografia permette di evidenziare i reflussi e una eventuale ernia jatale, ma può anche dare indicazioni sulla motilità dell'esofago. La manometria e la pHmetria danno invece importantissime informazioni funzionali sull'esofago e sul LES.

Starei invece molto tranquillo sul problema cancro dell'esofago. Mi dispiace dissentire dal Collega, ma non sarei così catastrofista per i seguenti motivi:
1. non c'è ancora una diagnosi di esofago di Barrett e tanto meno di displasia o atipia legate al Barrett
2. qualora ci fosse diagnosi di Barrett (ma non di atipia/displasia) il miglior trattamento è ancora l'osservazione, in quanto il rischio di cancro è quasi sovrapponibile a quello della popolazione generale
3. dalla diagnosi di Barrett all'insorgenza di cancro ci passano in media tra i 10 e i 20 anni (tanto è vero che l'età media per il cancro dell'esofago è 65 anni)
4. anche qualora ci fosse diagnosi di Barrett con atipia/displasia NON siamo ancora in presenza di cancro, ma è indicata una bonifica mediante endolaser
Da quanto suddetto, mi sento di consigliarle, per concludere, l'approfondimento della diagnosi di GERD mediante gli esami suddetti e poi l'inizio di una idonea terapia.
Il suo Gastroenterologo o, mi consenta, meglio il suo Chirurgo dell'App Digerente, le sapranno dare le indicazioni più idonee.
Resto a disposizione

Giovanni D. Tebala
gtebala@medicitalia.it
[#4]
Dr. Giovanni Piazza Chirurgo generale, Chirurgo oncologo, Colonproctologo, Chirurgo apparato digerente 464 13
Gentile Utente,
mi dispiace molto, essere la causa del suo malessere, ma se deve essere fatta prevenzione e cura sulle patologie oncologiche, io che sono un chirurgo oncologo non posso, che essere schietto ma con il solo fine di aiutare chi chiede consiglio.
Non desidero,in queste pagine aprire una diatriba con alcuno, infatti per rafforzare ciò che Le ho scritto la prego di prendere visione delle linee guida della AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi Ospedaliri)che le riporto per coerenza e a contributo di altri.


STRATEGIA DIAGNOSTICA
Tecniche diagnostiche utilizzate nella MRGE

Metodica
Scopo

Rx grafia T.D. prime vie
valutazione decorso e calibro dell’esofago;
studio della giunzione esofago-gastrica (ernia jatale)

E.G.D.S
valutazione della mucosa esofagea (esofagite, Barrett,ecc.)

pH-metria esofagea 24 ore
valutazione del reflusso acido gastro-esofageo ( durata esposizione all’acido, correlazione con i sintomi )

Manometria esofagea
valutazione attività funzionale dell’esofago ( capacità peristaltica, tono basale dello sfintere esofageo inferiore)


Le metodiche elencate forniscono informazioni complementari con diversa valenza diagnostica. La misurazione diretta del reflusso ( acido ) può ottenersi solo con la pH-metria prolungata, che rappresenta anche l’unico metodo in grado di fornire indicazioni sul nesso causale esistente tra reflusso e sintomi del paziente. L’esame endoscopico risulta invece insostituibile per accertare l’esistenza e la severità dell’esofagite e delle sue complicanze.
In un paziente con sintomi suggestivi di MRGE è necessario attuare una strategia diagnostica che ha due scopi fondamentali :
ACCERTARE LA PRESENZA DI ESOFAGITE
Il primo obiettivo risulta molto importante perchè consente di definire in maniera corretta sia l’approccio terapeutico che il monitoraggio successivo del paziente. Esso non può prescindere da una valutazione morfologico-endoscopica della mucosa dell’esofago, dal momento che il quadro clinico, specie se atipico, non consente di stabilire l’esistenza e la severità delle lesioni anatomiche.
D’altro canto l’esame endoscopico rappresenta un accertamento invasivo, gravato da costi gestionali e spesso non disponibile in tempi rapidi. Ne consegue l’opportunità di individuare alcune categorie di pazienti nei quali esso possa essere per lo meno rinviato ed in cui sia ragionevole iniziare il trattamento anche in assenza di indagini.
INDICAZIONI DELLA EGDS NELLA MRGE

L'endoscopia nella MRGE è generalmente indicata:

Nei pazienti con sintomi tipici ma associati a sintomi di allarme quali la disfagia, il calo ponderale, l'ematemesi e/o la melena ( per escludere ulcere o stenosi e neoplasie esofagee).
Nei pazienti con sintomi atipici (dolore toracico, sintomi respiratori od oro-faringei) dopo valutazione specialistica (cardiologica, otorinolaringologica, pneumologica).
Nei pazienti che presentano sintomi tipici persistenti durante il trattamento o che recidivano precocemente alla sospensione dello stesso, se non era stata effettuata prima dell’inizio del trattamento
Nei pazienti con sintomi di recente insorgenza ed età > 45 anni.

Nel follow up in caso di recidive con cambiamento di sintomatologia e/o comparsa di sintomi d’allarme.

Nei pazienti con sintomi di lunga durata (> 5 anni), una sola volta, per escludere un esofago di Barrett

Nel follow-up di pazienti con esofago di Barrett (vedi capitolo su Barrett)

L’endoscopia generalmente non è indicata :

nei pazienti con sintomi tipici, di età inferiore a 45 anni, che rispondono al trattamento
nel follow-up in assenza di variazioni di sintomi e/o di esofago di Barrett


I. CRITERI PER LA DIAGNOSI ENDOSCOPICA DI ESOFAGITE
Il requisito minimo perché si possa formulare diagnosi endoscopica di esofagite è il riscontro di almeno una erosione a partenza dalla giunzione squamo-colonnare (esofagite di I grado di Savary-Miller). Non viene invece considerata importante la sola presenza di eritema della mucosa, dal momento che si tratta di un reperto aspecifico, spesso transitorio ( rilevabile nel 60% dei pazienti normali), soggetto alla variabilità del giudizio dell’osservatore.
L'esame istologico, generalmente, non è indicato per formulare la diagnosi di esofagite (sia in assenza che in presenza di erosioni) ma è necessario in presenza di complicanze (ulcere, stenosi) o in caso di sospetto di esofago di Barrett.
N.B. Per semplicità si conviene di definire come lieve l’esofagite di I grado di Savary (una o più erosioni lineari isolate al III distale esofageo) e come severa quella dal grado II al IV.

II. Stabilire se la sintomatologia è correlata al fenomeno del reflusso
Il raggiungimento di questo secondo obiettivo, cioè quello di dimostrare l’esistenza di un nesso causa-effetto tra il sintomo e il reflusso, diviene rilevante soprattutto in due circostanze: in alcuni pazienti in cui l’esame endoscopico risulta negativo ed in quelli con sintomi atipici. La metodologia diagnostica utilizzata a questo scopo è rappresentata dalla pH-metria esofagea di lunga durata. Essa costituisce l’unico mezzo per valutare l’esposizione all’acido della mucosa esofagea nell’arco delle 24 ore e soprattutto consente di stabilire l’esistenza di una relazione temporale tra il reflusso e l’insorgenza dei sintomi. Si tratta peraltro di una metodica invasiva, utilizzata solo in centri specialistici, la cui sensibilità diagnostica in genere non supera il 70%. E’ necessario pertanto che il suo impiego sia basato su corrette indicazioni cliniche.

Indicazioni alla pH-metria esofagea 24 ore nella mrge

Nei pazienti con sintomi tipici o atipici ed esame endoscopico normale ma con scarsa risposta ad una terapia antisecretiva massimale (con IPP).
Nei pazienti candidati all’intervento chirurgico
Nei pazienti con sospetta recidiva dopo intervento chirurgico
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TRATTAMENTO IN FASE ACUTA
Lo scopo della terapia della MRGE è quello di alleviare la sintomatologia dovuta al reflusso e di ottenere la guarigione delle lesioni anatomiche dell’esofago distale, quando presenti. Esso viene perseguito agendo su due momenti patogenetici fondamentali e cioè cercando di ridurre sia il fenomeno del RGE che la lesività del materiale che refluisce nei confronti della mucosa esofagea.
La riduzione del reflusso è difficile da raggiungere in maniera completa con la terapia medica mentre la riduzione della lesività del refluito può essere ottenuta con farmaci antisecretori ad azione potente e prolungata.
I mezzi a disposizione sono rappresentati da:
un complesso di misure di carattere generale ( ridurre il peso corporeo se in eccesso - evitare cibi o sostanze potenzialmente reflussogene come cioccolata, menta, caffè, fumo - applicare norme posturali, tra cui l’elevazione della testiera del letto - evitare indumenti stretti in vita - ecc.),
farmaci in grado di ridurre il reflusso ( cisapride )
agenti farmacologici in grado di neutralizzare ( antiacidi, alginati ) od inibire la secrezione acida gastrica (anti-H2, IPP ).
Il trattamento in fase acuta della MRGE risulta efficace nella grande maggioranza dei pazienti . Scelta del trattamento

nei pazienti con sintomi ma senza esofagite o nei pazienti in cui non si procede all’esecuzione di un esame endoscopico l’opzione terapeutica è libera. La scelta della categoria di farmaci, della posologia e durata del trattamento dovrà essere basata soprattutto sulla severità della sintomatologia.
nei pazienti con riscontro endoscopico di esofagite è indicato l’uso sin dall’inizio di IPP. La maggior parte dei dati disponibili in letteratura indica che la dose standard di IPP (omeprazolo 20 mg/die, lansoprazolo 30 mg/die, pantoprazolo 40 mg/die, rabeprazolo 20mg/die ), per 8 settimane, è in grado di guarire il 90% delle esofagiti di I grado. Nelle forme più severe è indicato l’impiego di dosi maggiori e/o di periodi più prolungati di trattamento. La scelta di terapie diverse (anti-H2 e/o procinetici ) è svantaggiosa sul piano del rapporto costo-beneficio per l’elevato numero di non-responders (circa 50% ) da cui queste terapie sono gravate.
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TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE
Il trattamento in fase acuta della MRGE non è in grado di eliminare le cause della malattia, ma si limita a diminuire il potere lesivo del liquido che refluisce o a migliorare la motilità esofagea e gastrica, effetti questi che perdurano finchè viene somministrato il farmaco. Nel 50-80% dei casi sia i sintomi che l’esofagite si ripresentano nei 6-12 mesi dalla sospensione della terapia iniziale. Studi di follow-up dei pazienti con malattia da reflusso fino a 10 anni dalla diagnosi evidenziano come il 50-70 % continua ad avere bisogno di terapia a cicli o continua .
Pertanto è necessario prendere in considerazione una terapia di mantenimento atta a controllare i sintomi e, qualora sia presente esofagite severa (grado II-IV) a mantenerla guarita al fine di prevenire le complicanze . Tale terapia può essere attuata sia in maniera continuativa con la dose minima efficace in grado di controllare i sintomi e/o le lesioni mucosali, sia a domanda, cioè per periodi brevi di 2-4 settimane quando si ripresentano i sintomi.
Nei pazienti con sintomi saltuari e senza esofagite l’uso di antiacidi e/o citoprotettori al bisogno può essere sufficiente. Nei pazienti con recidive più frequenti senza esofagite o con esofagite lieve una efficace terapia di mantenimento può essere spesso attuata con l’uso degli H2-antagonisti e/o con la cisapride, sucralfato e alginato. Peraltro in una quota di pazienti senza esofagite o con esofagite lieve, oltrechè nella quasi totalità di forme severe, il controllo a lungo termine della malattia si ottiene solamente con IPP . La terapia di mantenimento continua è consigliabile

· nei pazienti con esofagite iniziale severa ( > I grado)
· nei pazienti con frequenti recidive della sintomatologia, tipica o atipica
· in presenza di sintomi al momento della guarigione endoscopica
· nei pazienti che non rispondono alla terapia a domanda

La terapia a domanda è consigliabile
· in pazienti con sintomi lievi e recidive infrequenti.


Mrge ed helicobacter pylori
Alcuni dati suggeriscono come la terapia di mantenimento continua con IPP in
pazienti portatori di H. pylori possa favorire l’insorgenza di gastrite atrofica; d’altro canto l’eradicazione da H. pylori può rendere in alcuni casi meno efficace l’azione dei farmaci antisecretivi. Entrambe queste osservazioni non sono però state confermate da studi più recenti.
Pertanto per ora non vi è indicazione certa alla ricerca ed alla eradicazione dell’infezione da H. pylori prima di iniziare laterapia di mantenimento con IPP.
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TERAPIA CHIRURGICA
L’interesse per questa opzione terapeutica è aumentato considerevolmente con l’avvento della videolaparascopia, che comunque non ha modificato le indicazioni all’intervento chirurgico. Per ottenere elevate percentuali di successo e bassa morbilità è necessario che venga effettuata da mani esperte; mancano tuttavia dati di follow-up a lungo termine (oltre 8 anni). In termini di costo/beneficio la terapia chirurgica in VLS equivale a 3-5 anni di terapia medica continuativa con IPP. la terapia chirurgica è generalmente indicata

nei pochi pazienti che non rispondono alla terapia medica continua a dosaggi massimali con IPP, specie nei casi in cui persiste rigurgito complicato eventualmente da manifestazioni extraesofagee.
la terapia chirurgica è una opzione alla terapia medica a lungo termine
nei pazienti con scarsa compliance al trattamento
nei pazienti giovani, con evidenza di malattia da reflusso severa, nei quali si prospetta un trattamento farmacologico per tutta la vita

N.B. la presenza di un’ernia gastrica jatale non modifica le indicazioni alla terapia chirurgica.



ESOFAGO DI BARRETT

Definizione e diagnosi
Si definisce "esofago di Barrett" (EB) la presenza di epitelio colonnare con metaplasma nell’esofago distale; in genere tale condizione è determinata dal reflusso gastro-esofageo cronico. La diagnosi è basata essenzialmente sul reperto istologico-bioptico in quanto il solo esame endoscopico non è in grado di confermare nè di escludere con certezza tale condizione, soprattutto in presenza di infiammazione esofagea (specificità 86% sensibilità 64%). L’endoscopista deve sospettare un esofago di Barrett quando il giunto esofago-gastrico (limite superiore delle pliche gastriche o punto di passaggio tra l’esofago tubulare e lo stomaco sacciforme) e la linea "Z" (giunzione fra epitelio colonnare ed epitelio squamoso, individuata da un brusco cambiamento di colore della mucosa), non coincidono, come di norma, per risalita di quest’ultima.
Data la variabilità istologica della zona giunzionale si è adottato, per convenzione, il criterio di considerare affetti da EB solo i pazienti nei quali erano presenti almeno 3 cm di metaplasia colonnare. Più recentemente tuttavia si è proposto di considerare come EB tutte le forme in cui è presente metaplasia di tipo intestinale (la sola a rischio di cancerizzazione), anche se sotto ai 3 cm (Barrett corto).
La prevalenza del EB nella popolazione generale è sconosciuta, ma sicuramente tale affezione è sottostimata; la prevalenza in una casistica endoscopica italiana è stata dello 0,7% elevata al 10% nei pazienti affetti da MRGE. Il rischio di adenocarcinoma è superiore di 30-350 volte a quello della popolazione generale.

Monitoraggio e trattamento conservativo
L’interesse per tale patologia, relativamente infrequente, è dato dalla sua potenzialità neoplastica e dal notevole aumento degli adenocarcinomi del giunto esofago-gastrico negli ultimi 10 anni. La sorveglianza endoscopica è stata proposta pertanto con l’obiettivo di identificare l’adenocarcinoma in fase precoce e curabile, anche se a tuttoggi vi sono opinioni contrastanti sulla sua necessità ed i suoi tempi.
I pazienti ad alto rischio chirurgico (anziani, con patologie associate) andrebbero esclusi ab initio dalla sorveglianza, per la impossibilità di sopportare un eventuale intervento di chirurgia maggiore: i recenti trattamenti alternativi alla chirurgia maggiore peraltro li ricandidano al follow up.
La terapia medica è quella convenzionale della MRGE, sebbene molti pazienti con EB sintomatico spesso necessitino di una terapia di mantenimento continuativa; infatti la gestione terapeutica a lungo termine deve essere orientata a mantenere libero da infiammazione il tratto distale dell’esofago.

Terapia chirurgica e alternative
Diversamente dalla MRGE non complicata un Barrett che non raggiunga una completa remissione sintomatologica dopo 12 settimane di corretta terapia medica con IPP va valutato per un intervento di plastica anti-reflusso; inoltre tale indicazione deve essere considerata nei giovani ed in coloro i quali presentano il rigurgito come sintomo principale.
Recentemente sono apparsi dei lavori che segnalano la possibilità di reversibilità della metaplasia del EB con trattamenti laser di vario tipo e fotodinamici; questo approccio deve essere ulteriormente validato su grossi numeri di pazienti e con follow up di lunga durata, ma risulta essere sicuramente interessante, soprattutto nei casi ad elevato rischio chirurgico.

Metodologia del Follow up
Il follow up consigliato da diversi autori prevede:

un controllo endoscopico-bioptico dopo 3 mesi di terapia con IPP, se nel primo esame era presente una forte infiammazione o della displasia (per rivalutare o confermare l’eventuale presenza di displasia, meglio evidente dopo la riduzione/scomparsa della reazione infiammatoria).
successivamente si possono prevedere tre possibilità:
in caso di assenza di displasia un nuovo controllo endoscopico-bioptico dopo due anni
in caso di displasia indefinita o di basso grado controlli endoscopici annuali
in caso di displasia di grado elevato un ricontrollo immediato di conferma e quindi o intervento chirurgico resettivo o controlli ogni tre mesi
Mi scuso con Lei ed ancora con chi sara dopo di Lei costretto a leggere questa mia lunga risposta, ma per non essere fraintesi da nessuno visto che l'informazione sanitaria deve essere quanto più chiara possibile e suffragata da studi clinici e linee guida, ritengo opportuno farle presente questo documento che può trovare nel Link http://www.aigo.org/newportal/modules.php?name=News&file=article&sid=12
Cordiali Saluti
Dr.Giovanni Piazza
PS la Ph metria si esegue solo alla luce di alcune indicazioni ben definite (per la Cronaca!!)




[#5]
dopo
Attivo dal 2006 al 2009
Ex utente
Vi ringrazio per i vostri contributi.
Volevo darvi l'esito della gastroscopia e dell'esame istologico:

Esofago regolare, cardias in sede con mucosa giunzionale di aspetto normale, si ripetono biopsie dato il riscontro di metaplasia intestinale. Stomaco ben espansibile. Mucosa antrale iperemica. Controllo CP TEST (successivamente negativo). Non lesioni bulbo duodenali.

Già durante la gastroscopia il medico mi diceva di non vedere niente di particolare e faceva la biopsia per scrupolo e per vedere se c'era ancora meataplasia.

Il risultato della biopsia è:
- 3 frammenti di mucosa esofagea con lieve acantosi;
- un frammento di mucosa di tipo cardiale con lieve infiltrato infiammatorio cronico della lamina propria.

Prima di tutto sono rimasto sbalordito dal fatto che non ci sia più niente. Cioè, da inesperto, penso che una trasformazione cellulare debba sfociare in qualcosa (che so la metaplasia completa). Come è possibile che non c'è più traccia di niente? Anche l'erosione cardiale diagnosticata è scomparsa? Che cosa è l'acantosi? Dando un'occhiata in giro mi pare che sono caduto dalla padella alla brace, nel senso che è qualcosa da tenere sotto controllo e può degenerare in tumore.

Grazie per le risposte

Guido
Reflusso gastroesofageo

Il reflusso gastroesofageo è la risalita di materiale acido dallo stomaco all'esofago: sintomi, cause, terapie, complicanze e quando bisogna operare.

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