Cardiotossicità da antracicline x chemio adiuvante senza cardioprotezione

Buongiorno,
durante una chemio adiuvante, mi sono sentita il cuore in gola e l'ho fatto presente in occasione dela visita per conferma terapia.

Non sono stata presa in considerazione ed io ho pensato che fosse un sintomo normale.

Ora ho diagnosi di cardiotossicità da antracicline.

Ho risonanaza magnetica, eco cardio, visite oncocardiologiche.

Le linee guida suggerivano di cardio proteggere le pazienti in caso di troponina I mossa (ma non sono stati fatti esami del sangue con questa voce durante la terapia)
Il mio è stato un danno precoce e da antracicline in particolare (ovvero da quando mi sono sentita il cuore in gola...)
Ora ho scompenso cardiaco (in quasi 5 anni compensato da terpaie cardioportettive, ma non sono tornata alla FEVS originaria) e numerose bev (compensate da un antiaritmico).

Mi dicono che sono guarita, ma assumo da anni più pastiglie di mia madre... e tempo di doverle assumere a vita.

Domanda 1)
se il protocollo dell'epoca non imponeva monitoraggio (troponina I) pe rfare cardioprotezione anche in chi non fosse stato cardiopatico sin dall'inizio, ma la linee guida lo raccomandavano, si può dire che sia un caso di malasanità?

Domanda 2)
Ho segnalato di non sentirmi bene (cuore in gola), durante la somminmistrazione delle antracicline in particolare, ma non sonoi stata ascoltata nè gestita: questo pure dovrebbe avere un valore, ma come provarlo?

Spero che possiate darmi un parere su entrambe le domande.

Entrambe
Grazie
Buona giornata
[#1]
Dr. Nicola Mascotti Medico legale, Cardiologo, Medico del lavoro, Medico igienista 3.7k 228 26
Spett.le Utente,

preciso che il termine "malasanità" è un termine giornalistico che non riguarda la medicina legale e sul quale preferirei non discutere in questa sede.
Ciò detto, il quesito che Lei pone va più propriamente inquadrato nell'ambito delle ipotesi di conseguenze dannose di una terapia effettuata in passato, per il quale può essere configurata una responsabilità da parte della struttura e dei sanitari che tale terapia hanno posto in atto, ovverosia se rientri nella cosiddetta "colpa medica".
Il caso deve essere analizzato in maniera scrupolosa, per stabilire se sussistono i presupposti per un'azione legale che, al di là di una rivalsa personale che ha pure il suo valore, dia luogo ad un risarcimento concreto, superiore ai costi che l'azione comporta.
A mio parere debbono essere rilevati quattro aspetti fondamentali:
1. L'evento lesivo- secondo quanto riferisce, si è proceduto a somministrare un chemioterapico che può comportare tossicità cardiaca nonostante avesse lamentato sintomi correlabili a disturbi cardiaci. Su tale aspetto è importantissima la documentabilità dei disturbi, che dovrebbe essere basarsi non soltanto su dichiarazioni, ma da rilievi obiettivi e strumentali registrati durante le terapie in questione.
2. Il danno - lo scompenso cardiaco al quale fa riferimento deve essere stato diagnosticato secondo criteri oggettivi ed oggettivabili e definito secondo le classi funzionali della classificazione N.Y.H.A.
3- Il nesso causale - lo scompenso cardiaco deve essere posto in relazione causale alla terapia somministrata secondo la criteriologia medico-legale comunemente applicata, ed in particolare va verificato il "criterio di esclusione", secondo il quale non vi sono altre cause riconoscibili che possono averlo determinato.
4- La responsabilità medica - dev'essere valutato se esistono profili di colpa (imperizia, imprudenza, negligenza) che possano attribuire alla struttura od ai sanitari un onere risarcitorio quantificabile.

Come ben comprenderà, trattandosi di un caso complesso, in questa sede ci si deve limitare ad indicazioni generiche, mentre per gli ulteriori approfondimenti dovrà rivolgersi ad un legale esperto nella trattazione di casi di responsabilità sanitaria.

Distinti Saluti.

Nicola Mascotti,M.D.

[Si prega di non richiedere valutazioni o stime del grado di invalidità]