Epilessia, tumore e psicologia

Gent.mi,
a mio padre è stato diagnosticato due mesi e mezzo fa ha un microcitoma polmonare con metastasi cerebrali. Dopo tre cicli di chemioterapia ha risposto bene. Inizialmente ha avuto due crisi epilettiche; ha iniziato un farmaco antiepilettico che, a suo dire, dava sonnolenza e mancanza di appetito, e ha voluto smetterlo. Gli è stato detto dal medico che era un rischio, che gli potevano tornare le crisi, ma niente altro, e non è stata data una alternativa; io ho provato a insistere perché riprendesse la pillola, ma non ce l'ho fatta. Mio padre a volte -se non trova qualcuno che insiste con validi argomenti- si rifiuta di prendere alcuni medicinali, o non vuole andare a fare la terapia, non ha un carattere facile. Recentemente ha avuto un altro attacco epilettico, stavolta con conseguente frattura di vertebre e ha ripreso subito la pillola.
Ovviamente il medico ha ricordato che era stato mio padre, autonomamente, a voler smettere la pillola. Ora, non gli poteva però dire che una crisi epilettica porta anche a fratture ossee?
Io avevo cercato informazioni sull'epilessia, e non sono un medico, ma purtroppo non avevo trovato quella informazione sulle fratture. Se l'avessi trovata, l'avrei comunicata a mio padre, perché sarebbe stata un argomento sicuramente valido per convincerlo a prendere quella pillola! Io non sapevo, ma il medico immagino di sì.
Ora mi chiedo: devo andare a elemosinare dai medici comprensione per un carattere come quello di mio padre nei prossimi mesi, finché la sua patologia sarà così grave, come pronosticato, che qualcuno si degnerà di prendersi cura di lui come meriterebbe? Cosa devo fare? Io di fronte a certi medici mi sento profondamente sola, e questo mi provoca sofferenza, e questa si somma alla sofferenza che già provo. La mia non è una domanda prettamente medica, forse, ma prego qualcuno di rispondermi, anche perché non è la prima volta che sento questo abisso fra la mia famiglia e i medici, una assenza, una mancanza di punti di riferimento, di qualcuno con cui parlare senza sentire di disturbare perché in fondo c'è gente che sta peggio (questo è il succo di certi atteggiamenti di certi medici). Ho profonda ammirazione e rispetto per chi dedica la sua vita ad alleviare la sofferenza altrui, per chi si fa carico di emozioni pesanti e difficili da gestire; d'altra parte, mi pare che alcuni, ormai presi dalla routine di patologie gravi e abituatisi alla morte e al dolore, non si rendano più conto delle problematiche psicologiche di cui i malati ancora non terminali soffrono, dell'attenzione di cui hanno bisogno. Ma insomma, un oncologo non diventerà tale solo per occuparsi di casi estremi.
Sono io che chiedo troppo o questo sarebbe il dovere di un medico: vedere e prevedere, o almeno tentare di farlo, là dove noi che non siamo medici non possiamo vedere?
Grazie a chi vorrà rispondere alla mia domanda.


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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.6k 993 248
Gentile utente,

Le crisi epilettiche avuto da suo padre in cosa sono consistite, cioè ha avuto convulsioni, è caduto, si è morso la lingua...etc.

Attualmente l'atteggiamento di suo padre è di rifiuto solo verso alcune cose che non comprende forse appieno come l'antiepilettico, o le sembra in uno stato d'umore in cui rifiuta tutto, è passivo, sfiduciato ?

E' stato valutato da uno psicologo / psichiatra prima, durante o dopo il trattamento oncologico ?

Dr.Matteo Pacini
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[#2]
dopo
Utente
Utente
Gent.mo Dottore,
grazie infinite per il Suo interessamento. La prima crisi è stata forte e parziale, di qualche minuto: prima con contrazione del braccio, poi movimento violento di una spalla da fuori a dentro, e respirava a fatica, è rimasto cosciente, io ho fatto in tempo a stenderlo; la seconda: roteazione della testa e del mento e degli occhi, cosciente; la terza, nel sonno, si pensa generalizzata, con pipì, morso della lingua, occhi fissi davanti, girato sul fianco, mugugnava, non si ricorda nulla, ha solo chiesto se era stato male.

Riguardo il rifiuto, Le faccio un esempio: in genere, quando sta male arriva sempre a chiedere aiuto quando non ne può più; non voleva andare a fare la tac perché l'ultima volta gli hanno fatto un male cane; non vuole andare a fare i raggi, nè l'elettroencefalogramma perché è stanco... Non è affatto violento, il suo rifiuto si manifesta o come una sorta di lamento, o con un no secco tipo: faccio quello che mi pare. La sua vita purtroppo è stata segnata dall' 'io faccio quello che mi pare' in tema salute.

Certo, se uno insiste, qualcosa ottiene, trovando i ragionamenti più azzeccati. Ci stiamo esasperando.
E' contento se le cose vanno bene, del fatto che la malattia è regredita, ma poi torna nel suo mondo... sta a letto la maggior del tempo, perché la malattia non gli permette di concentrarsi ad es. leggendo e poi ha molta sonnolenza, a volte non vorrebbe neppure alzarsi seduto sul letto per mangiare, allungando solo la forchetta sul piatto da steso! Io lo richiamo all'ordine come posso.

Non è stato valutato da uno psicologo e, sinceramente, penso che sarebbe difficile convincerlo! Ha un tranquillante prescritto che può giostrarsi in base a come si sente, ma finora non l'ha mai preso. All'inizio della malattia era irritato e irritabile, ora pare più rassegnato. Ha iniziato a parlare della malattia dopo un mese. Ora si è sciolto, ma se ha nuovi problemi lo scopro sempre dopo.

Spero di essere stata esaustiva; grazie ancora tantissimo per tutto quello che vorrà dirmi o consigliarmi.

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.6k 993 248
Gentile utente,

Esistono diversi antiepilettici, ovviamente non so se tutti equivalenti rispetto al tipo di epilessia in questione, ma alcuni di questi hanno anche proprietà psichiatriche, su ansia e umore.
[#4]
dopo
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Utente
grazie