Psicosi ossessiva compulsiva

Salve, vi scrivo per avere pareri, consigli, input, qualsiasi cosa possa aprire nuove strade da percorrere, ammesso che ce ne siano. Il problema riguarda mio padre, da circa 24 anni mio padre soffre di psicosi ossessiva compulsiva, esplosa quando io avevo 3 anni. A questa patologia credo si siano affiancati anche altri disturbi.Non sto ad indicarvi i medicinali che ha preso. Posso solo dirvi che è sempre stato seguito, da diversi specialisti. E' sempre stato seguito e sostenuto da mia madre e poi da me, quando ho avuto l'età per capire e per affiancare mia madre in questo percorso. Ha avuto periodi di pseudo-normalità, ma sempre con un equilibrio precario. A volte, la sua condizione "migliore" era caratterizzata da forti periodi di depressione. Le sue ossessioni sono state varie e varie le compulsioni da attuare per tenere a bada i suoi livelli d'ansia. Negli ultimi due anni, tra l'altro, ha anche avuto due ictus, che gli hanno rallentato i movimenti e dato molti problemi ad una gamba, problemi questi,però, che non gli impediscono di camminare, guidare, fare una vita normale. Fatto sta che dopo anni e anni, che per me sono secoli, di cure, di tentativi, attualmente vedo solo un grosso grossissimo peggioramento. Le sue reazioni sono pari alla follia pura. Da premettere che attualemnte si è convinto che io e mia madre coviamo odio nei suoi confronti (cosa ingiustificata vista la nostra continua e costante presenza in questo incubo) e il suo motto è "odio per odio". A prescindere dalle dinamiche sottostanti che si scatenano in me-figlia, passando all'aspetto più pratico della situazione, questa nuova ossessione ci impedisce di seguirlo, di guidarlo con gli psicofarmaci. Infatti si è anche convinto di non averne più bisogno. E sta seguendo solo la terapia prescritta dal neurologo dopo il suo ictus (terapia data tenendo presente la cura prescritta dall'altro specialista che lo seguiva per i suoi problemi psichiatrici).
le ultime sue reazioni ci stavano spingendo anche ad un TSO, che abbiamo scongiurato per paura di peggiorare la situazione al suo ritorno. Però è un dato di fatto che sta diventando insostenibile e che sta spingendo anche me e mia madre ad una stanchezza disumana. Attualmente si tratta anche di subire, subire le sue offese e le sue reazioni immotivate. Io tento sempre di comunicare, forse perchè nonostante gli anni non mi arrendo a questa chiusura totale, forse perchè mi illudo di avere di fronte un padre e non un malato,ma ogni volta mi rendo conto che gli si chiudono dei canali, che è impossibile parlargli.
Ora, io so che è impossibile portarlo a livelli di normalità e sono arrivata anche al punto di non desiderarli più riconosciuta questa impossibilità, ma mi chiedo se c'è almeno una soluzione per tenenerlo a bada, io sto riconoscendo in lui momenti di vera follia e spesso ho anche timore di sue reazioni. E non so più che piega prendere, non so più che soluzione prendere. Io non riesco ad amare mio padre, ma non riesco nemmeno ad odiarlo. A volte mi fa rabbia, a volte una profonda pena. Adesso però in qualche modo la sua follia sta distruggendo noi. Noi che qualche volta pensiamo che andarsene sia la soluzione migliore e salvare il salvabile di noi stesse, ma che rimaniamo comunque inchiodate qui con la speranza che qualche cosa possa cambiare. Si, le cose cambiano, ma sempre in peggio. E andarcene significherebbe azzerare gli ultimi barlumi di normalità che ha con la nostra presenza.
Dove andrà a finire questo peggio verso cui s'incammina?
Dove lo condurrà questa follia?
So che molti di voi consiglieranno di rivolgersi ad uno specialista, io non ho bisogno di cure da seguire, di medicinali nuovi. So che nessuno avrà la superficialità di dare queste indicazioni considerata la portata del quadro clinico che vi accenno. E non vi chiedo questo.
Io ho solo bisogno di sapere cosa altro mi devo aspettare, a cosa devo prepararmi, io non spero in miglioramenti, vedo solo l'evolversi di una patologia e mi chiedo quale sia il gradino successivo.
Da considerare anche che dopo due ictus certe reazioni credo gli facciano anche male dal punto di vista prettamente neurologico, a volte quando lo vedo in certe condizioni, quando la rabbia e l'aggressività arrivano alle stelle, temo che gli scoppi o il cuore o il cervello.
Quindi da ogni verso facciamo acqua.
Cosa posso fare? Anche la mia vita si sta disintegrando dietro la sua follia. Io che dopo una laurea non riesco ad allontanarmi un attimo da casa senza temere il peggio, io che dopo anni e anni spesi dietro i suoi stati d'animo e le sue stranezze devo sentirmi dire quando cominciano i suoi deliri che sono stata una rovina per la sua vita.
Cosa devo fare?Andarmene? Lasciarlo in balia della sua follia?
Non ho più gli strumenti per guidarlo.
E attualmente ho anche la responsabilità di mia madre, che è arrivata a 50 anni stanca, sfiancata e che aspetta le mie decisioni.
Se vado via lei viene con me, se resto lei resta con me.
Come se tutto dipendesse da me. Le mie alternative sono queste: o lasciar mio padre marcire nella sua follia (che arriverebbe a puro degrado una volta rimasto solo), o marcire in tre nella sua pazzia.
Ho l'istinto e la banalità di chiedervi quale dei due mali sia il minore.
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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
gentile utente,
ho letto con attenzione la sua mail. E' difficile cmprendere appieno tutta la Sua sofferenza, la situazione è davvero complessa. E' peraltro comprensibile la vostra sfiducia nei confronti dei medicinali e delle cure in genere. Qui, però non si tratta più di rimanere o di andare (andare dove, poi? lontano da un eventuale senso di colpa? sicura?) qui si tratta di trovare una soluzione nel breve termine.

Suo padre, non coperto dalla farmacoterapia, non potrà che peggiorare, almeno stando a quanto lei ci racconta. Per cui se volete resistere accanto a lui è NECESSARIO che il padre riprenda la terapia con lo specialista di riferimento

E' abbastanza frequente che un figlio si senta, poi, l'unico responsabile del destino familiare, soprattutto in situazioni così complicate. Forse, da sola, lei non può farcela, ma esistono sul territorio strutture e centri deputati ad aiutare persone con le vostre difficoltà. Per questo la prima cosa da fare, secondo me, è quella di rivolgersi ad un consultorio familiare. Voi avete il diritto di ottenere il supporto di professionisti

Quindi: rimarrei, ma col supporto di un centro specialistico

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_

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dopo
Attivo dal 2007 al 2014
Ex utente
La ringrazio Dottor Bulla, per la risposta e per la sensibilità con cui mi ha scritto. Abbiamo spesso fatto affidamento a questo tipo di strutture. Con scarsi risultati, purtroppo.
nel privato ci siamo affidati a professionisti molto validi, attualmente è (o era viste le sue ultime convinzioni) in cura da un noto psichiatra toscano.
E forse questo mi spaventa. Il fatto di averle provate tutte.
Ha toccato un tasto dolente: il senso di colpa.
So quanto graverebbe su di me, lo riconosco. e ho, guardandomi bene dentro, la consapevolezza inconscia di dover rimanere qui, ad affrontare tutto quello che c'è da affrontare, per non essere divorata dal senso di colpa.
E so che per quanto potrei andare lontano, non sarebbe mai abbastanza da portarmi via dal pensiero di mio padre.
So che un giorno dovrò affrontare le mie ferite, tutte quelle che ha creato questa situazione, ma riconosco anche che oggi ci sono altre priorità.
Mi sono sempre definita una donna forte con tanti punti di debolezza.
Credo, adesso, che al di là del momento di sconforto avuto oggi, che per me ancora non sia arrivato il momento di dare spazio a quella fragilità che spesso in questo contesto non può avere il sopravvento.
Paradossalmente mio padre mi sta insegnando tanto: mi sta insegnando tutto quello che non voglio essere, tutto quello che voglio dare ai miei figli, semmai un giorno dovessi averne.
So che lui, in condizioni normali, non avrebbe voluto questo, ma è un dato di fatto che grazie a lui riconosco quanto siano importanti il rispetto, l'amore, l'empatia, l'equilibrio, la serenità. Tutto quello che non ha saputo trasmettermi, purtroppo.
E forse, in virtù di questi insegnamenti così grossi, avuti in modo non convenzionale, gli devo ancora qualcosa.

Scusi lo sfogo. Istintivamente ho approfittato della sua capacità emaptica, che seppur telematica, mi ha dato lo spazio, per raccogliere ancora altre riflessioni.