Paura di impazzire ma non solo..

salve,
ho iniziato a soffrire di attacchi di panico circa 3 anni fa, poi ansia, poi depressione..ho iniziato una psicoterapia di gruppo da 5 mesi e ho riscontrato in me la tendenza a costruire dei risultati e a volerli subito dopo distruggere..tendo, insomma,a voler rimanere sospesa in questo stato di malessere,impegno per il ritrovamento di equilibrio e serenità, e speranza in un miglioramento.
Ultima forma di impedimento ad un miglioramento del mio umore e della mia vita (ad oggi limitata da tutte quelle paure che gli schemi attivati da ansia e DAP innescano) è una sorta di derealizzazione che uso per tormentarmi e bloccarmi..provo a spiegare..i miei ultimi pensieri ricorrenti mi portano ad astrarmi da me stessa a considerare in una prospettiva più ampia me come persona, i pensieri come concetto e i miei pensieri come meccanismo inarrestabile..ne consegue un affollamento di paranoie, paure di impazzire, di perdere il contatto e il controllo di me e una gran voglia di scappare da me stessa e da quei pensieri che non si fermano mai. purtroppo non riesco a spiegare benissimo nello specifico i pensieri che ho in continuazione e che sembrano girare velocissimamente nella mia testa perchè mi si presentano sotto forma di flash, sensazioni..la sensazione più forte è proprio quella di considerare e ragionare sulle cose come dal di fuori..oppure la sensazione di non (ri)conoscermi e chiedermi "ma io chi sono?", "che senso ho qui in questo mondo?"..
spero di essere riuscita a trasmettere minimamente l'idea del forte disagio che vivo..quello che mi intersserebbe capire è innanzitutto se c'è qualcuno che può dire di aver fatto simili pensieri (e quindi magari rassicurarmi sul fatto che non sono pazza!) e poi se è magari il caso che consulti uno psichiatra..non so..io ho davvero paura e non capisco cosa mi succeda, quindi penso al peggio..
aspetto un consiglio/parere/suggerimento
grazie
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41.1k 1k 63
Gentile utente,

sinceramente non e' ben chiara la sua domanda, ne' tantomeno la diagnosi per la quale e' stato iniziato un trattamento psicoterapeutico.

Di solito, la regola di una psicoterapia e' quella di esprimere le proprie problematiche all'interno delle sedute di psicoterapia e non al di fuori di esse.

Oltretutto, il gruppo terapeutico deve avere una funzione specifica in merito anche alle domande che pone in questa sede.

Per questo motivo mi chiedo se il suo trattamento psicoterapeutico sia da considerarsi efficace realmente.

Se effettivamente soffre di ansia ed attacchi di panico e' indicato un trattamento farmacologico.

https://wa.me/3908251881139
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

in conclusione lei ha una serie di sintomi della sfera affettiva ma non ha ricevuto altre diagnosi al di fuori di quella di DAP, che però non attiene agli ultimi sintomi lamentati.

Della descrizione sono chiari gli elementi mentre l'interpretazione "è una sorta di derealizzazione che uso per tormentarmi e bloccarmi" non ha senso: usa i suoi sintomi per tormentarsi ? Ha dei sintomi che la tormentano direi.

Il ripetersi domande esistenziali più o meno articolate o estremamente essenziali tipo "che senso ho ?" "che ci faccio qui" associate ad un umore depresso richiamano più che altro un disturbo ossessivo o una ruminazione di inutilità.

Certo che è indicata una valutazione psichiatrica. Ricordi in ogni caso che le terapie non si caratterizzano per le spiegazioni che riescono a dare dei fenomeni (spesso puramente interpretative o ipotetiche, compresa quella farmacologica) ma per i risultati che con un metodo preciso possono farle ottenere in determinati tempi.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Utente
Utente
Grazie innanzitutto per le vostre risposte. Mi rendo conto di essere stata poco chiara o quantomeno non esaustiva nella mia domanda..purtroppo per spiegare meglio gli antefatti devo dilungarmi un pochino..
circa 3 anni fa, subito dopo la mia laurea, ho iniziato ad accusare dei problemini. nello specifico un evento ha innescato il circolo vizioso di paure ed evitamento di alcune situazioni: una sera durante una cena con amici mentre raccontavo un aneddoto simpatico sono ad un tratt diventata competamente rossa e ho avvertito una gran voglia di scappare mista ad un ancora più forte imbarazzo per aver interrotto il mio racconto con quelle modalità! dopo quella sera ho sviluppato una vera e propria paura di arrossire.. per cui (proprio io che già non sono una gran chiacchierona..anzi) evitavo di parlare o meglio di iniziare discorsi che sarebbero durati più di qualche minuto o avrebbero attirato l'attenzione su di me; evitavo di ritrovarmi nella situazione in cui si era scatenato per la prima volta il problema (attorno ad un tavolo) con la luce..quindi prediligevo le uscite serali e in posti bui! riconoscendo qualcosa che non andava in questi meccanismi ho consultato uno psichiatra che mi "diagnosticò" un disturbo da pseudo-attacchi di panico (!) e mi prescrisse il daparox..farmaco che ho assunto nei 2 anni successivi. dopo questo primo consulto io ho cambiato città per un master e il farmaco mi ha aiutato a sopire (ma non ha messo a tacere) alcuni sintomi, anche se saltuariamente se ne presentavano altri (la paura di prendere la metropolitana per esempio).l'elemento caratterizzante di tutti i sintomi che finora ho avvertito è la sensazione di essere io stessa ad indurmi queste paure..provo a spiegare: nel caso della metro è come se ad un certo punto mi fossi detta "la metro è un posto chiuso, potrei restarci intrappolata magari, beh..dovrei averne paura!" oppure "e se adesso mi venisse un attacco di panico?"(quasi a volerlo attirare a me pensandoci)oggi riscontro uno dei tanti problemi (che mi sono creata da sola con questo meccanismo) con l'aereo per esempio (che ho sempre preso con estrema tranquillità..anche da sola) o con i lunghi spostamenti da casa..è come se mi dicessi che dovrei averne paura, che mi procurassi da sola nuove cose da temere!
lo scorso gennaio, avendone la possibilità, ho iniziato una psicoterapia e parallelamente ho consultato uno psichiatra per sospendere il farmaco(che tra le altre cose mi aveva fatto ingrassare parecchio!) una volta sospeso l'ansia è tornata prepotentemente e più frequentemente..sotto varie forme(difficoltà a deglutire, sensazione di pressione al petto e conseguente difficoltà a respirare, una specie di paresi al labbro superiore che ogni tanto ho e battaglie continue tra i miei pensieri..). ho dovuto poi cambiare città e psicoterapeuta..e ad oggi seguo una psicoterapia di gruppo che effettivamente non so quanto realmente mi stia aiutando.
per i problemi che ho sommariamente descritto (di cui per altro non ho ancora ben chiare le cause) è più indicata una terapia individuale o di gruppo, analitica o cognitivo-comportamentale?
spero, nella mia prolissità, di esser stata un po' più chiara..
grazie ancora
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

quindi aveva ricevuto una terapia per il suo disturbo, che non sembra un semplice disturbo di panico, e comunque ha più componenti ansiose di varia natura. Daparox può coprirle comunque tutte, anche se non tutte in maniera completa, a seconda della dose e di altre variabili.
Però lei dice di essere andata poi dallo psichiatra con la richiesta di "sospendere" la terapia, il che non è una richiesta medica, ma un modo di favorire la ricaduta se la malattia è ancora attiva, e la sua lo era. In più stava facendo una psicoterapia, e sospendere la terapia farmacologica significa peggiorare i risultati possibili dell'altra terapia che si è affiancata. Se la ragione della sospensione è stata proprio l'aver iniziato la psicoterapia, questo è un errore pieno, poiché le due forme di terapia non sono in contrasto, né una serve per fare a meno dell'altra. In più qui manca una diagnosi vera e propria, o almeno non la riferisce. Mi stupisce l'affermazione che "non sa quanto la stia aiutando" la psicoterapia. Quando la aiuta una terapia è la sola cosa che è Lei a dover giudicare, stando naturalmente a tempi e modi che le vengono spiegati.
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dopo
Utente
Utente
Posso fare un'altra domanda, che magari sembrerà alquanto stupida: questo mio continuo dialogo con me stessa e questa battaglia dei pensieri che mi ossessiona e che mi fa venir voglia di scappare da me stessa, di fuggire da quei pensieri, dai MIEI pensieri, di non essere me..può "esplodere" e avverare questo desiderio di fuga da me stessa? per come la vedo io ho l'impressione che da un momento all'altro possa effettivamente impazzire..si può "impazzire" così?
(perdonate la domanda forse ridicola..ma è la paura che sento)
grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Questa domanda è un altro dubbio, che si morde la coda. La paura di impazzire è una tipica preoccupazione che i pazienti ossessivi riferiscono rispetto al proprio disturbo, non legato tanto alla gravità ma alla qualità del disturbo, cioè al meccanismo del dubbio.
Se per "impazzimento" intende (credo di sì) il passaggio ad un altro tipo di condizione mentale, alienata, questo non avviene nel decorso del DOC, anche se un DOC grave è altamente invalidante e finisce per "assorbire" la sua attività mentale nel pensiero ossessivo rubandola al resto della sua vita.
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dopo
Utente
Utente
Gent.mo Dr Pacini,
a suo avviso quindi i miei problemi porterebbero più a pensare al Doc? conosco davvero a grandi linee questo tipodi disturbo ma sebbene ammetta che i miei pensieri si delineino effettivamente come vere e proprie ossessioni, non riesco a riconoscermi delle compulsioni..forse è tutto un circolo vizioso (come lei stesso sottolineava..un cane che si morde la coda) e la compulsione sta proprio nel farmi e rifarmi la domanda..
Ho intenzione di contattare uno psichiatra subito dopo queste vacanze e, come credo sia necessario, "piegarmi" al farmaco..quanto alla terapia, lei cosa pensa? è indicata quella di gruppo? e soprattutto è utile scavare a fondo il problema con l'analisi o prediligere un approccio di tipo cognitivo-comportamentale?
grazie ancora..
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Prima si fa la diagnosi.
Nel caso sia un DOC è contro-indicato analizzare e scavare anche perché scavare presuppone che ci sia una profondità, un attrezzo con cui raggiungere tale profondità e una causalità tra un fattore profondo e nascosto e i sintomi, tutte cose assolutamente indefinite sul piano scientifico, spesso anche indefinibili teoricamente (non è ben chiaro il "profondo" in che termini si intenda). Nel DOC le terapie scientificamente efficaci sono quelle cognitivo-comportamentali, associate alle farmacoterapie. Poi ci sono nuovi approcci per le forme resistenti.
Non c'è niente a cui "piegarsi", se mai non si faccia "piegare" da timori non meglio giustificati a ritardare e minimizzare le cure.