Come aiutare un familiare che non vuole farsi aiutare

Buongiorno a tutte e tutti, vi scrivo per chiedere qualche consiglio su una situazione che ogni giorno diventa sempre più grave.

Si tratta di mia sorella più grande, per mantenere il più possibile l'anonimato eviterò di dare troppe informazioni personali, ma io sono una decina di anni più giovane.

Non abbiamo avuto un'infanzia facile né una famiglia funzionale e molto probabilmente lei ha sofferto per una serie di cose, molto più di me, questo l'ha portata ad avere una condotta sempre ribelle, assenze da scuola, poco impegno e responsabilità nelle compiti che le aspettavano ecc... E' andata a convivere relativamente presto e anche dal punto di vista della propria gestione domestica un disastro.
Dopo qualche anno ha avuto un figlio, da quel momento ha smesso di lavorare con la scusa di dover badare al bambino, nonostante avesse tutti noi vicini, attualmente mio nipote ha 10 anni e la situazione è peggiorata di anno in anno.
E’ sposata con un uomo che millanta ogni tipo di malattia, anch’esso per non andare a lavorare.
Il bambino è cresciuto in un ambiente non salutare, con urla, litigi anche feroci, una casa sporca e sempre disordinata, privo di regole.
Non mangia praticamente nulla, tollera solo ed esclusivamente un tipo di cibo ma che comunque consuma a fatica durante gli orari di pasto abituale (viene ancora imboccato o comunque gli viene preparata la forchetta).
Sembra avere un rapporto pessimo col cibo.
Dorme ancora nel letto con i genitori, non ha un minimo di autonomia nel lavarsi o fare cose tipiche della sua età, manifesta anche a parole un disagio interiore C’è un comprovato abuso di sostanze ed alcool.
Mia sorella trova continuamente scuse per ogni cosa che possa minimamente aiutarla e nega il fatto che il figlio non stia crescendo in un ambiente sano, ha una giustificazione anche per ogni azione sbagliata del bambino stesso, ad esempio quando non mangia o quando sta 18 ore al giorno attaccato al telefono o per il fatto che appunto non fa quelle cose che dovrebbe in autonomia fare un bambino della sua età.
Ha smesso di curarsi, veste in modo sciatto e a volte anche molto sporco.
Siamo tutti molto preoccupati, non sappiamo come convincerla a cambiare vita, ogni volta che le offriamo un piano, un lavoro, un’opportunità, un aiuto lei trova scuse per procrastinare.
Dopo un litigio in famiglia (praticamente minacciata), siamo riusciti a farle vedere uno psichiatra, il quale aveva consigliato anche l’intervento di uno psicologo che lei ha sempre rifiutato, dopo due sedute dallo psichiatra ha smesso di andare anche lì e ha sospeso i farmaci.
Perché non solo c’è tutto questo ma non di rado ci sono episodi in cui è convinta di sentire determinate cose dette da noi o che ci siano persone in casa quando non ci sono o litigi nel pieno della notte, secondo me il tutto indotto dall’abuso di sostanze.
Spero in un vostro consiglio.
Grazie mille.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Quando una persona non vuol far curarsi si possono interessare le ASL, che possono valutare se intervenire e come intervenire (al limite anche in maniera coatta). Naturalmente questo implica che la cosa si venga a sapere (chi ha segnalato la persona) e che chi si decide a muoversi in questo senso sia consapevole delle possibili reazioni, e ad essere preparato. Questo anche perché non è detto che l'intervento poi si verifichi, e che se si verifica porti a qualcosa di concreto.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Utente
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Buonasera, innanzitutto la ringrazio per la rapida risposta. Ovviamente in famiglia abbiamo ragionato molto sul rivolgersi a qualche struttura, ed eventualmente denunciare la situazione a chi di competenza, di fatto dopo un litigio e per l'esasperazione dopo aver chiamato le forze dell'ordine, abbiamo fatto loro presente che si consumavano droghe ed alcool in presenza di minori ma è finita lì, lei evidentemente per paura e per far vedere che faceva qualcosa è andata un paio di volte dallo psichiatra, ha lavorato per 2 giorni (due!) ad un bar, e poi con la scusa che il posto era troppo lontano e la paga bassa, e tutte assurdità sugli orari di lavoro (parlando con i datori di lavoro abbiamo scoperto che ha mentito) ha mollato tutto, rifugiandosi di nuovo nel suo castello di giustificazioni. In passato ci sono stati altri tentativi di lavoro da parte sua, ma tutti e dico tutti, falliti dopo un paio di giornate, ogni volta con scuse diverse e per di più anche appoggiate dal marito. Infatti non capisco il ruolo di lui in tutto questo, perché non vuole che lei lavori.
Comunque tornando al punto centrale della situazione, cosa dovremmo fare? Guardare impotenti mentre si ammazza e mentre rovina e traumatizza la vita di quel bambino?
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Utente
Voglio aggiungere che l'abuso di sostanze comprende cocaina, Alcol e cannabinoidi, quest'ultimi da quando è adolescente, quindi stiamo parlando di un uso quotidianamente smodato che dura da circa 25 anni. Temo che l'uso dell'erba l'abbia portata alla depressione, il parto le abbia dato la mazzata finale e si è poi rifugiata anche nella cocaina e nell'alcool.
Io ho paura che possa morire e peggio ancora che il bambino un giorno possa intraprendere l'infelice via dei suoi genitori.
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Voglio aggiungere che l'abuso di sostanze comprende cocaina, Alcol e cannabinoidi, quest'ultimi da quando è adolescente, quindi stiamo parlando di un uso quotidianamente smodato che dura da circa 25 anni. Temo che l'uso dell'erba l'abbia portata alla depressione, il parto le abbia dato la mazzata finale e si è poi rifugiata anche nella cocaina e nell'alcool.
Io ho paura che possa morire e peggio ancora che il bambino un giorno possa intraprendere l'infelice via dei suoi genitori. Per quanto riguarda appunto il bambino, è difficile stargli vicino e sottrarlo da quell'ambiente perché lei non lo lascia respirare, pensa di essere l'unica in grado di stargli vicino e vuole fare tutto lei, perché lei siamo tutti inaffidabili.Non mi lascia neanche aiutarlo con i compiti (per lo più una scusa per allontanarlo qualche ora da quella casa) nonostante abbia studiato e stia ancora studiando per insegnare. Probabilmente è un modo per proteggere per lo più lei, non so.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
"Temo che l'uso dell'erba l'abbia portata alla depressione, il parto le abbia dato la mazzata finale e si è poi rifugiata anche nella cocaina e nell'alcool."

Non so perché ma si cercano sempre spiegazioni assolutorie, ma qui non ci sono condanne da distribuire o giustificazioni da trovare. Ci sono fenomeni da gestire possibilmente interrompendoli.

Le persone fanno sostanze senza rendersi conto degli effetti che hanno su di loro, o perché non hanno il controllo. Il resto sarebbe la parte normale, se uno le facesse per tirarsi su o controllare l'ansia, allora parleremmo di soggetti con il cervello a posto e magari il fegato in disordine.
Che uno possa aver l'iniziativa di andare a lavorare nelle condizioni sopra descritte è sintomo di uno stato mentale particolare, altrimenti è l'ultima cosa che verrebbe da pensare di fare.

Qui il punto è di vedere se sia possibile una cura che faccia andare sotto controllo il comportamento, purtroppo con fattori che non sono facilmente gestibili. Un soggetto sotto cocaina è instabile. Uno sotto cannabis spesso ha una visione delle cose affettivamente appiattita e alterna rabbia e depressione, ma attribuendole all'ambiente.

Le forze dell'ordine intervengono su denunce e su reati o situazioni di pericolosità dimostrata. La ASL interviene su criticità psichiatriche.

Dr.Matteo Pacini
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Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Utente
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Quello che volevo dire è che forse un uso sporadico ed occasionale non avrebbe portato a questa situazione che si è andata ad aggravare negli anni, cadendo poi in sostanze sempre più pericolose. Non condanno nessuno, è comprovato che un uso massiccio di cannabinoidi può portare all'insorgenza di malattie mentali.
In ogni caso, il lavoro lo cerca, secondo me anche con buoni propositi, perché ogni tanto ha iniziative che poi però abbandona immediatamente. Ha voluto comprare un terreno anni fa per coltivarlo, non l'ha mai fatto, adducendo sempre scuse, poi si era messa in testa di aprire un ristorante ma solo nel weekend e così via, tutte idee che poi non si concretizzano. Sarà paura di fallire? Bassa autostima?
Non voglio né giudicare né accusare, vorrei solo capire per poterla aiutare, per poter trovare un modo per comunicare con lei e disinnescare questo sistema di scuse dietro il quale si protegge. Oppure consigliatemi voi qualcuno che sia in grado di comunicarci.
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Non siamo mai riusciti a convincerla ad andare da uno psicologo perché secondo lei la situazione non è grave, che non la capirebbe e che "ne sta uscendo". Ogni volta che proviamo a parlarle della situazione dice che si sta riprendendo e che sta meglio, quando è palese che invece stia peggiorando.
Francamente provo molta rabbia, non astio, non rancore né la biasimo, semplicemente mi fa rabbia pensare alla sua situazione e a come quel bambino stia crescendo, al fatto che non mangi praticamente nulla e che non gli sia permesso di uscire di casa e fare la vita un normale 10enne, che non abbia una sua autonomia, un suo spazio e una sua intimità.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
"Sarà paura di fallire? Bassa autostima?"
Ancora ipotesi di tipo giustificativo. Ma non sono richieste come vi dicevo, le diagnosi illustrano il problema, non abbiamo interesse a giustificare il perché.
Ovviamente la risposta è sempre di rifuggire la valutazione e la cura, perché le persone spesso rifiutano l'idea di malattia, non ne sono consapevoli, non la vivono in continuità nel tempo ma come singoli episodi, e non vogliono seguire indicazioni perché non hanno una motivazione a cambiare la situazione. La motivazione spesso è un obbligo, una scelta tra il male minore, e le persone scelgono come male minore di curarsi.

Il problema di come curare una persona che non accetta le cure sulla base di una diagnosi fatta non riguarda solo voi, ma si interseca con la libertà di autodeterminazione (cioè i trattamenti coatti sono limitati a determinate condizioni di tempo e di situazione) e con la disponibilità di risorse da dedicare all'intervento.

Dr.Matteo Pacini
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Utente
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Posso accettare (anche perché credo non ci sia alternativa) che lei non si faccia curare ma da familiare come posso accettare di vedere un bambino vivere e continuare a crescere in quel tipo di ambiente? Mi sembra un' ingiustizia giacché che l'unica altra opzione rimane la denuncia ai servizi sociali.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
I Servizi sociali presumibilmente si interesserebbero e attiverebbero anche la psichiatria. E' uno dei canali utilizzabili, certo. Con le stesse raccomandazioni di cui sopra.

Dr.Matteo Pacini
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