La verità

Gentili Dottori,
mio zio, al quale sono particolarmente affezionata, si trova in gravissimi condizioni in Armenia. Gli è stato diagnosticato osteosarcoma con molteplici metastasi ossee. Tutti i miei parenti hanno preferito nascondergli la verità dicendogli che la sua è un'ernia e che guarirà presto. Io sono l'unica della famiglia che vorrebbe dire la verità, perché non sopporto sapere il fatto che lui speri inutilmente. Sto soffrendo tanto, cerco di trovare un senso in tutto questo, ma non so cosa si fa e cosa si dice in questi casi. A volte penso di essere una fredda egoista che vuol far soffrire una persona. Ho già affrontato la morte di un'altra persona molto amata, ma all'epoca avevo 14 anni. Ora è tutto diverso, a volte quando mi sveglio mi sembra di aver fatto un incubo, poi mi rendo conto che l'incubo non è ancora finito. Mi sento anche molto sola. Tutta la mia famiglia è in Armenia e io sono in Italia, da sola. Avrei voluto il sostegno dei miei amici, ma forse loro non si rendono conto quanto io mi senta male. Forse pensano che trattandosi di uno zio non dovrebbe toccarmi più di tanto, ma non è cosi. Lui per me è molto più di uno zio. Ho anche chiesto ai miei parenti di non raccontarmi nulla della sua agonia e che quando sarà il momento, di non dirmelo. Non voglio sapere che se n'è andato, so che succedereà, ma non voglio saperlo quando.
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Dr. Willy Murgolo Psicologo, Psicoterapeuta 173 13
Gentile Signora,

Ciò di cui Lei racconta e cioé se informare o meno la persona delle sue effettive condizioni di salute, appartiene a quei quesiti che forse non avranno mai una soluzione.

Solitamente, ognuno, in queste circostanze, agisce come crede. "va dove ti porta il cuore" potrebbe rappresentare una valida alternativa a "usa la testa...ragiona..."

Allora. Dirlo o non dirlo ? Nessuno conosce la risposta.
Ponendosi dalla parte del malato potremmo però riflettere su quali potrebbero essere le indicazioni per poter scegliere magari sbagliando meno.

Io credo, cara Signora , che le possibilità siano due.

1.- Non dire niente al malato. Indubbiamente questa ipotesi nasce dalla considerazione che l'ultimo periodo dell'esistenza il malato lo passerebbe, in quanto ignaro delle sue condizioni, magari anche abbastanza serenamente.

2.- Dire la verità al malato. Da questo punto di vista, per quanto strana la cosa possa sembrare, diamo la possibilità al malato di attaccarsi a qualcosa , a qualcuno, di implorare Dio, recitando preghiere. Insomma, gli diamo una speranza.

La decisione é strettamente personale e delicatissima. Un nostro caro sta sperimentando una esperienza drammatica. La fine della sua esistenza.


Gentile Signora, sono qua.

Cordialità. Willy Murgolo



Dr. Willy Murgolo
Psicologo-Psicoterapeuta
Ipnosi Clinica-Sessuologia

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dopo
Utente
Utente
Grazie Dottore per la risposta. Stavo riflettendo sul fatto che col tempo quando la malattia progressivamente inizierà a peggiorare, forse anche lui stesso capirà e se capirà che parole dovremo usare? cosa potremo dirgli? Io sono credente, gli parlerei di Gesu, della vità dell'aldilà e che tutti un giorno ci uniremo come eravamo uniti una volta.

Grazie ancora,
Marina