Conseguenze di un'incubazione avvenuta in tempo di guerra

Il mio quesito forse può apparire banale.
Spero di essere sintetica: 3 sorelle, di cui una è mia madre. Le tempistiche hanno voluto che la gestazione delle zie sia avvenuta in tempi di quiete, mentre mia mamma è stata portata in grembo durante i tempi della seconda guerra mondiale. Il suo carattere lunatico, aggressivo, pungente (quasi sadico nel suo modo di esprimersi) e mai coerente, è stato percepito fin dalla sua infanzia. Caratteristiche sopradette che ha mantenuto fino ad oggi e che si alternano con cadenza più o meno regolare. Ciò ha comportato inevitabilmente una nuova serie di conflitti e problematiche comunicative da parte di noi figli, che, non nego, a volte arriviamo a detestarla. Per il resto è una buona persona, generosa, gran lavoratrice e ci ama. Mia nonna affermava, nel tentativo di giustificarla, che in fondo era "in pancia" durante i bombardamenti e la situazione era per tutti molto tesa. Vorrei chiedervi se può esistere interazione fra il suo carattere così altalenante e il contesto storico che si svolgeva mentre lei era un feto nel grembo della nonna. Vi ringrazio anticipatamente, perchè una vostra risposta potrebbe almeno aiutare me, figlia, a capire ed eventualmente perdonare esperienze dolorose che per motivi personali ho preferito omettere.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Gentile ragazza, ne è davvero così sicura? Crede davvero che sapere le cause del sadismo di sua madre potrebbe aiutarla a perdonarla? E cosa le impedisce invece di riuscirci senza saperle?

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2009 al 2019
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentilissima Utente, il suo quesito non è affatto banale e tenterò di darLe alcune indicazioni anche perchè di questo argomento me ne sono occupato a livello di studio in passato. Nonostante diversi studi di psicologia sperimentale abbiano dimostrato la possibilità di "apprendere" del feto (ne cito solo alcuni: DeCasper & Prescott, 1984; De Casper & Fifer, 1986; Fifer e Moon, 1994; Aslin e Hunt, 2001) bisogna dire che lo sviluppo della personalità, e quindi di una dimensione estremamente complessa dell'individuo, a cui Lei fa riferimento, non può essere determinato da un unico evento anche se prolungato nel tempo come nel caso del "bombardamento" durante il periodo di guerra. Dal punto di vista anatomo-funzionale comunque gli eventi stressanti possono ricoprire un ruolo di grande importanza nel modulare la “plasticità” del Sistema Nervoso Centrale durante lo sviluppo e di conseguenza favorire l' iper- o l'ipo - sviluppo di determinate strutture cerebrali. Situazioni di stress sono associate ad esempio alla secrezione di ormoni corticosteroidi i quali hanno effetti diretti sullo sviluppo delle connessioni del cervello (Post, Weiss, 1997; Schore, 1997; Kandel, 1998). Sembra quindi, a livello di studio, che esperienze "stressanti" precoci possano influenzare lo sviluppo del cervello e quindi favorire una predisposizione a determinate modalità comportamentali. Detto ciò, c'è da dire però che l'elemento più importante nello sviluppo della personalità è sicuramente l'ESPERIENZA, e in particolare le interazioni con le figure di attaccamento primarie (genitori).Se Lei prova un disagio e tenta di "giustificare" o meglio di "perdonare" alcuni comportamenti di Sua madre, la cosa che Le suggerisco, nel caso in cui il diasgio provato sia veramente "importante" (intendo dire che interferisce con la vita quotidiana, con il lavoro, con le altre relazioni..), è quella di esplorare questo disagio con uno psicoterapeuta ad indirizzo dinamico.

Cordialmente Saluti
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dopo
Utente
Utente
Tanto per cominciare ringrazio entrambi i dottori per la considerazione.

Non è che io non riesca a perdonare nel senso che io provi del rancore. Infondo è una donna che tuttora si spezza la schiena per la famiglia.

Ciò che mi resta arduo da digerire è come lei appaia totalmente inconsapevole del danno che ha arrecato e che costantemente arreca con il suo atteggiamento.

Faccio un esempio esemplificativo, ma premetto che questo esempio deve essere considerato l'essenza del suo modo di fare e quindi applicato a molteplici circostanze della vita oltre quella nello specifico che vado a descrivere: sono una studentessa fuori corso perché ho scelto anche di lavorare ed ho un trascorso di bulimia di circa 10 anni dal quale sono uscita con fatica senza terapia e senza l'aiuto dei miei genitori, mentalmente refrattari all'argomento, visto che a più riprese avevo esposto il problema. Il mio percorso è sempre stato liquidato con un "sei una buona a nulla". E' come se lei non riuscisse ad essere cosciente a 360° di certe condizioni al contorno, come se non le vedesse. Poi magari dopo un solo giorno sono una figlia perfetta, da elogiare. E' sempre stata così: prima mortifica poi si scusa, poi ovviamente il ciclo riparte.

E' stata così con me e con mio fratello, il quale ha dovuto troncare ogni rapporto per poter "sopravvivere".

Io non la odio (lui sì) proprio perchè penso che a monte ci siano problematiche a me ignote che l'hanno portata a sviluppare tale personalità. Però cerco di indagarle, in particolar modo perchè, sebbene in misura minore, tale comportamento lo abbiamo assunto anche noi figli, tipo imprinting, con l'unica variante che riusciamo ad accorgerci quando questo si manifesta e soprattutto, a differenza di lei, cerchiamo di non ripeterci.

Grazie per l'ascolto.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Se la sua preoccupazione è quella di cadere anche lei negli errori commessi da sua madre, la cosa è un po' diversa. E il suo dichiarare di avere avuto anche problemi con l'limentazione fra le altre cose mi fa propendere per suggerirle, invece, di consultare proprio uno specialista per farsi dare una mano su tutto quanto.

Non so come la pensi lei in merito, ma non sta scritto da nessuna parte che si debba per forza fare da sé. A volte va bene, ma a volte si nasconde solo a se stessi la realtà. Del tipo: "se ho bisogno dello psicologo, allora vuol dire che ho davvero dei problemi".

Io un consulto e una valutazione la chiederei.

Quanto alla sua forte spinta a capire "perché", devo dirle che questo è tipico di tutti i figli che, magari a ragione, non si rassegnano ancora a uscire dalla propria condizione di figli, e a diventare adulti. È come se ritardassero continuamento questo momento dicendo a se stessi: "no, aspetta, prima devo capire perché è successo tutto questo, che fra l'altro non è giusto".

Ma questo non l'aiuterà. Ecco perché le facevo quelle domande. Una volta una psicologa, e mamma, mi disse: "non t'aspettare mai che una madre chieda scusa ai figli per ciò che ha fatto, perché tanto non avverrà".

Cordiali saluti
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2009 al 2019
Psicologo, Psicoterapeuta
Eccoci.Come potrà notare da questo breve scambio con me e con il collega, è chiaramente visibile la possibilità di far emergere molte più "cose" di quelle presentateci nella sua iniziale richiesta di consulto. Un consulto di persona con uno specialista in psicoterapia, e nel suo caso confermo l'indicazione per uno psicoterapeuta ad indirizzo dinamico o sistemico-relazionale, potrebbe portarLa ad affrontare il Suo disagio nei confronti delle figure genitoriali, in particolare quello nei confronti di Sua madre. Nei limiti che impongono le consulenze on-line, vorrei solo farLe notare, tra le altre cose, come il Vostro rapporto di madre-figlia, si basi su una dinamica scissoria di amore/odio rispetto a parti del Sé riconosciute come buone e cattive. Lei è agli occhi di sua madre a momenti una "una figlia perfetta, da elogiare" mentre in altri "una buona a nulla". Allo stesso tempo Sua mamma è per Lei "una buona persona, generosa, gran lavoratrice, che ama i suoi figli" e contemporaneamente una donna "con un carattere lunatico, aggressivo, pungente, quasi sadico", aspetti questi utlimi che arrivano a farvi "detestare" Vostra madre.Successivamente correggendo un pò il tiro afferma che Lei non odia Sua madre mentre attribuissce tale eventualità a Suo fratello. Se come Lei afferma c'è un "volntà di indagare" tutti questi aspetti, in quanto si accorge di mettere in atto, seppur in maniera più consapevole gli stessi comportamenti, l'ideale sarebbe farlo nel giusto modo perchè è difficile indagare se stessi di fronte alle proprie resistenze, resistenze che ognuno di noi ha. E' evidente che un aspetto importante da affrontare è proprio l'eperienza di questa madre vissuta come "oggetto ambiguo", che a volte nutre con amore mentre altre volte resta distante e "inconsapevole" (cioè non sensibile alle Sue necessità e al Suo bisogno di affetto). Il tema del nutrimento rientra più volte quindi nel Suo discorso, non solo quando affronta i suoi trascorsi bulimici ma anche simbolicamente quando sintetizza tutto dicendo "Ciò che mi resta arduo da DIGERIRE è come lei appaia totalmente inconsapevole del danno che ha arrecato e che costantemente arreca con il suo atteggiamento".

Cordialmente
Saluti.
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