Chiedere aiuto

Mi risulta così difficile chiedere aiuto e più ancora farmi aiutare. Sono mesi che cerco e contatto terapeuti per poi tirarmi indietro e non prendere appuntamento per un colloquio. Sono consapevole di averne bisogno, negli ultimi mesi, poi, è una consapevolezza che si è consolidata sempre più, ma proprio non riesco. Ho paura, troppa. Di dover parlare, raccontare, rievocare eventi che non avrei mai voluto riaffiorassero nella mia memoria. Per questo di colpo mi freno. Penso (sbagliando, lo so) che potrei continuare a fingere che nulla fosse mai accaduto, e che se iniziassi una terapia, invece, non potrei più fingere.
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Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 536 10 16
<se iniziassi una terapia, invece, non potrei più fingere..> ma potrebbe, finalmente, iniziare ad elaborare ciò che evidentemente è rimasto "indigerito".

Dr.ssa Paola Cattelan
psicologa psicoterapeuta
pg.cattelan@hotmail.it

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dopo
Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
La mia paura è proprio lì, elaborare, entrarci e starci dentro. Senza la possibilità di poter mettere in dubbio quanto sia accaduto, senza una scappatoia che di tanto in tanto mi faccia respirare e mantenere le distanze.
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Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 536 10 16
Non so nello specifico di quale problema parli, ma ciò che genera angoscia non è un evento in sè, ma il modo in cui l'Io "legge" quell'evento.

La rimozione può essere un meccanismo utile, ma nel caso di situazioni complesse il solo modo per superarle è farsi affiancare nella rielaborazione degli eventi e nel recupero delle risorse positive per il benessere.

Inoltre non è detto che in terapia si debba entrare in quella stanza e soggiornarvi; si può anche fare un lavoro di ristrutturazione dell'intera casa passando per altre stanze.

Non abbia paura a priori di ciò che non conosce. Prima provi a contattare uno psicoterapeuta e poi potrà sempre sospendere, se non se la sentirà di proseguire.
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Dr.ssa Giselle Ferretti Psicologo, Psicoterapeuta 615 14 22
Gentile ragazza, deve essere successo qualcosa di molto grave per lei se ha così tanta paura di rievocarlo.

Non si forzi, se ancora non è pronta. La negazione di un trauma è una forma di difesa importante, una "scappatoia" che entro certi limiti va rispettata.

Quando arriverà il momento giusto per lei, oltre a prendere l'appuntamento, si presenterà e affronterà questo momento difficile in altro modo.

Un caro saluto,

Dott.ssa Giselle Ferretti Psicologa Psicoterapeuta
www.giselleferretti.it
https://www.facebook.com/giselleferrettipsicologa?ref=hl

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dopo
Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
Ciò a cui mi riferisco è un evento traumatico vissuto nell'infanzia che ha generato, come di solito accade, vergogna e oblio. E non solo.

Io so che, in terapia, nessuno potrebbe obbligarmi ad affrontare eventi che non sono pronta a "rivedere", ma temo che parlarne sia davvero necessario. Iniziare un percorso e temporeggiare ancora, sarebbe nascondersi, e nascondere in terapia sarebbe peggio.

Anche se entrassi in quella stanza, per poi attraversare le altre, avrei comunque aperto quella porta.
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Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 536 10 16
Una caratteristica arricchente di questo sito è di avere on-line diversi professionisti contemporaneamente, con diversi modi di pensare e vedere.
Io e la dott.ssa Ferretti le abbiamo risposto simultaneamente e con due punti di vista differenti che lei può valutare e confrontarsi con noi per comprendere quale può essere più opportuno per lei adottare.

Dal mio punto di vista, lei sembra non riuscire ad uscire da questo suo "dubbio amletico", ma se i meccanismi di oblio che fin'ora la sua mente ha adottato non hanno avuto effetto (poichè lei continua a soffrirne), allora è il caso di cercare un'altra strategia che sia più funzionale.

Io le consiglio quella dell'elaborazione del trauma con l'aiuto di uno psicoterapeuta.
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dopo
Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
Sono ben felice di aver trovato pareri discordanti. E mi trovo in accordo con entrambe.

Io credo che sia giunto il momento di affrontare questo trauma, che sia quello giusto non lo so. Quello che so è che ho bisogno di aiuto perchè da sola non ce la faccio. Lo so che la terapia sarebbe la scelta migliore, che non sarà facile ma mi aiuterà ad affrontare questa situazione, a non esser sola nel farlo. Lo so.
Ma l'unico modo che mi fa' sentire più serena in questo momento è pensare alla mia morte. Piuttosto che mettermi in gioco e affrontare le mie paure. Sono una codarda.
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Dr.ssa Giselle Ferretti Psicologo, Psicoterapeuta 615 14 22
Codarda?!

Cara ragazza,
Lei ha gia' iniziato ad affrontare le sue paure scrivendoci!

Ha fatto il primo passo, sono certa che lei stia trovando il suo personale modo di rielaborare cio' che ha vissuto.

Le terapie presentano momenti difficili, ma in realta' servono a dare sollievo, non pensieri in più!

Spesso il momento peggiore è proprio quello che lei sta vivendo ora, quello in cui si deve decidere quando iniziare.

In certe esperienze che si subiscono nell'infanzia, il senso di vergogna puo' essere annientante e far davvero venire voglia di morire.

Mi creda, non è chi ha subìto che deve vergognarsi.

Ci faccia sapere come sta,

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Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 536 10 16
E allora non ci pensi, a mettersi in gioco e al dover affrontare le sue paure.

Lo faccia e basta.

Scelga uno/una psicoterapeuta - se non l'ha già fatto - verificandone le credenziali.
Prenda il telefono e chiami. Fissi un primo appuntamento.
Può anche fissare un primo appuntamento conoscitivo con due o tre professionisti e scegliere quello con cui si è trovata più a suo agio.

Il resto verrà da sè.

Abbia fiducia in se stessa e nelle sue risorse.

[#10]
dopo
Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
<In certe esperienze che si subiscono nell'infanzia, il senso di vergogna puo' essere annientante e far davvero venire voglia di morire.>
Vorrei davvero solo scomparire.

<Abbia fiducia in se stessa e nelle sue risorse.>
La fiducia e la stima di me stessa sono pari zero. Ci sono momenti, poi, in cui la sola cosa che riesco a fare, e anche molto bene, è piangermi addosso.
[#11]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"la sola cosa che riesco a fare, e anche molto bene, è piangermi addosso. "

No, c'è una cosa che riesca a fare ancora meglio: giudicare sé stessa.


Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#12]
dopo
Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
Si, anche questa è una delle cose in cui riesco bene. Del resto, è inevitabile.
Non riesco. Sono una incapace, incapace di prendere decisioni, di affrontarle, di studiare, di socializzare... di vivere.
[#13]
Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 536 10 16
Forse potrebbe esserle di grande supporto un lavoro in gruppo (gruppi terapeutici o gruppi di auto-mutuo-aiuto).

Nei gruppi di auto-mutuo-aiuto lei avrà la possibilità di confrontarsi con esperienze simili alla sua con le quali può condividere i suoi sentimenti e le sue angosce. Inoltre non sarà obbligata a mettersi subito in gioco: all'interno del gruppo potrà ascoltare e scegliere il tempo per partecipare.

In una psicoterapia di gruppo (es. psicodramma) il lavoro viene effettuato attraverso la messa in comune delle emozioni e delle relazioni, senza necessariamente dover rievocare l'evento traumatico.
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dopo
Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
Mi scusi, la ringrazio, anzi, vi ringrazio, per avermi ascoltata ma temo che continuerò a vedere il nero attorno e dentro me e mi dispiace avervi tolto del tempo. Da quando ho iniziato a ricordare, mi sento sommersa, spaesata, vuota. Non è facile parlare, dar voce ad un evento, un abuso tenuto nel dimenticatoio per anni. L'unica cosa che riesco a pensare è di voler sparire.
[#15]
Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 536 10 16
Il nostro tempo qui è a sua disposizione. Sta a lei decidere come usarlo.

Le ripeto, però, che quel trauma subito molti anni fa, ora affiora come la sua mente lo ha rielaborato nel tempo e nei ricordi.
Se lei non ne parla con uno psicoterapeuta non avrà modo di annientare la sofferenza che ora le provoca e se la trascinerà ancora con sè.

<Da quando ho iniziato a ricordare>

E' successo qualcosa in particolare che l'ha portata a ricordare?
[#16]
dopo
Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
Nulla di sconvolgente. Lo sapevo già, ma cercavo di non pensare. Mi sono semplicemente trovata a leggere, molto casualmente, alcuni articoli sugli abusi, con tutto quello che comportano. Mi sono sentita contro un muro. Ero alla ricerca dei perchè dei miei disagi e questa era la parte che mai avrei voluto ammettere. Fingendo, a fatica, di sentirmi normale, mi sono sempre imposta di non pensare a quella parte della mia vita, sperando che magicamente scomparisse il ricordo dalla mia mente. Ma non funziona così
[#17]
Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 536 10 16
<Ero alla ricerca dei perchè dei miei disagi >

Posso chiederle di quali disagi parla?
[#18]
dopo
Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
Mi sono sempre sentita a disagio con le persone, come se fossi sempre sotto giudizio e avessi paura di esprimere le miei emozioni/sensazioni; non mi sono mai sentita normale ma sempre una macchia nera. Incapace, sempre un paio di tacche al di sotto degli altri. E in imbarazzo, sono molto vergognosa. Ma questi sono caratteri che facevano parte di me anche prima dell'abuso, probabilmente poi si sono accentuati. E, anche se mi sento una persona molto diversa da quella che ero un paio di anni fa', vivo questo dissidio interiore. Io mi sento molto meno in imbarazzo rispetto a prima, molto più consapevole di me, ma i fatti dicono il contrario, infatti questo mio disagio lo esprimo arrossendo. A volte penso davvero di essere un casino totale.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"Mi sono sempre sentita a disagio con le persone"

Gent.le ragazza,
pensarsi come persona "malata", "come una macchia nera" è una parte della sua esperienza poi c'è anche l'altro aspetto del suo vissuto:

"mi sento molto meno in imbarazzo rispetto a prima, molto più consapevole di me".

Entrambi gli aspetti sono significativi e possono trovare una "chiave di lettura" attraverso l'elaborazione che la coinvolgerà in prima persona all'interno del percorso di psicoterapia, nel quale troverà le risposte al risposte a quello che lei definisce "dissidio interiore".

[#20]
Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 536 10 16
<sono molto vergognosa. Ma questi sono caratteri che facevano parte di me anche prima dell'abuso>

Probabilmente questo suo sentirsi sempre inferiore le ha impedito di rielaborare l'evento di abuso come tale: un atto contro di lei non dovuto nè voluto e non una sua colpa, fonte di vergogna.

Probabilmente è lo stesso sentimento di inferiorità che connota d'ansia la sua vita.

In che modo si sente meno in imbarazzo e più consapevole rispetto a due anni fa?
[#21]
dopo
Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
<In che modo si sente meno in imbarazzo e più consapevole rispetto a due anni fa?>

Meno in imbarazzo (ma c'è sempre) forse perchè ho 25 anni, e alcune cose ho dovute imparare a farle con gli anni senza dover cercare sempre l'appoggio degli altri. Forse sono più ansiosa. Credo che ormai sia un circolo vizioso in cui sò che parlare in certe situazioni, magari con persone nuove in determinati contesti mi metterà a disagio e parto prevenuta. Un'ansia a causa dell'ansia. So, per esempio, che arrossirò, e lo vivo con ansia perchè non voglio far vedere agli altri che ho delle debolezze ma voglio mantenere l'immagine di ragazza forte, che in quel momento, invece, va in frantumi.

Più consapevole perchè sto imparando a conoscermi e a capirmi. Cosa che prima non facevo assolutamente. Volevo capire l'origine della mia ansia, e cominciai a riflettere sulla mia vita, da bambina in poi, eventi positivi e negativi. So che la mia ansia viene da mio padre, col quale non ho alcun rapporto da più di un decennio e so che dipende da lui che, portando tensione in casa, mi ha fatto vivere, da bambina, emozioni (negative) troppo amplificate. Da qui poi l'abuso. Nonostante abbia vissuto un'adolescenza piuttosto serena, il passato torna. E da un lato mi ritengo fortunata per aver vissuto sotto una campana in quegli anni, sarei stata più spaventata e più sola. Quindi credo di essere più consapevole su quello che provo e del perchè, questo mi da' consapevolezza (ma evidentemente essere consapevole non basta a darmi un briciolo in pù di sicurezza), mi pongo molte domande e cerco ragionare, fin dove possibile, in modo obiettivo.

[#22]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"Credo che ormai sia un circolo vizioso (...) Un'ansia a causa dell'ansia"

Infatti lo è, ma in psicoterapia può "scardinare" il meccanismo anziché continuare a subirne le conseguenze.


"(ma evidentemente essere consapevole non basta a darmi un briciolo in pù di sicurezza)"

Le risposte alle sue domande le ha trovate in parte nel passato, ma il suo disagio riguarda anche il presente, forse ci sono aspetti della sua esperienza relativi al "qui e ora" che meritano l'attenzione non giudicante di uno psicoterapeuta, in modo che lei possa entrare in contatto con essi all'interno di uno "spazio protetto": la psicoterapia.

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Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 536 10 16
"consapevole", "domande", "ragionare"
La consapevolezza serve fino ad un certo punto - come lei ha potuto sperimentare.

Dal mio punto di vista, la psicoterapia (si dice in linguaggio tecnico) è una "esperienza emotiva correttiva", perchè non si passa tutto il tempo a rimuginare e ricordare, ma nella relazione umana che si instaura con il terapeuta si fa esperienza di un significato nuovo per le emozioni.

Lei dice di sapere che la sua ansia dipende da suo padre.
Certamente le esperienze - soprattutto quelle con i genitori - influiscono sulla nostra personalità in fase evolutiva.
Ma ORA la sua ansia dipende solo da lei.
Lei ha gli strumenti per curarla e per prendersi cura di sè.
Lei sceglie di non usarli.
[#24]
dopo
Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
Ma vedete, si, è colpa mia, ma io non ho la capacità di andare avanti, prendermi cura di me e affrontarmi. Non riesco e in parte non voglio. Per questo vorrei semplicemente sparire. Sento un peso che non riesco a sopportare, non riesco a trascinarmi ancora.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"è colpa mia"

Gent.le ragazza,
la seduta di psicoterapia non è l'udienza di un processo, non ci sono né imputati né giudici,
ma da un lato una persona che non riesce a prendersi cura di Sé ma sceglie di assumersi la responsabilità di chiedere aiuto e, dall'altra, un professionista che promuove un processo di cambiamento attraverso l'instaurarsi di una RELAZIONE TERAPEUTICA.
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Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 536 10 16
Ha mai parlato con qualcuno dell'abuso?

Sua madre conosce questa sua attuale sofferenza?
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dopo
Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
Ne ho parlato con una mia amica. Molto superficialmente, ho avuto tutta la comprensione e l'appoggio da lei che ha subito a sua volta. Ma questo poi mi ha frenato, adesso cerco di tenerla a distanza. Forse non è il momento per parlarne, e forse neanche per una terapia o forse non lo sarà mai.

Mia madre non ne sa' niente.