Resistenza alla terapia

Salve gentili dottori,
sono in cura da una psicoterapeuta da circa un anno per problemi di ansia. Ormai eravamo arrivati al punto in cui ristrutturare i pensieri che mi causavano problemi, ma io ho avuto un blocco. Mi sono sentito come “violentato”; ho reagito veramente molto male e sono stato molto male per aver reagito così.
La terapeuta mi aveva quindi chiesto se volevo prendermi una pausa con queste testuali parole: “Io sono disponibile ad aiutarti ma se da parte tua non c'è collaborazione forse è il caso che ci prendiamo una pausa”. Io ho interpretato la cosa come un “se non vuoi collaborare sono cavoli tuoi a me non interessa”. Io credevo che tutto avesse un senso in terapia. Se da parte mia non ci fosse stata collaborazione non mi sarei sforzato tutte quelle settimane, tra nervoso e umore veramente basso, per cercare di raccogliere tutti i pensieri che credevo potessero servire per comprendere questa mia reazione. Non ero per niente contento di questa mia reazione che è stata oggetto di grande autocritica. Le parole della terapeuta mi avevano veramente distrutto anche perché era stata lei stessa a farmi notare che i miei problemi erano legati ad una scarsa autostima e non capivo come avesse potuto farmi sentire così.
Dopo alcune sedute la situazione è che non mi sento più capito. Sono stato veramente molto male; non mi ero mai sentito così giù (una specie di mix tra rabbia tristezza e solitudine) e a lei non sembra interessare un granché: sono sono delle emozioni legate a dei pensieri e fintanto che non li metterò da parte continuerò a stare male, fine. Come se fossero sciocchezze.
Ora come ora, dopo ogni seduta, sto male. La terapeuta mi fa sentire un povero immaturo e con poca forza di volontà. E questo non mi aiuta di certo a cercare il miglioramento, a pormi nell'ottica del cambiamento. Tutti bei paroloni che ora mi stanno sulle scatole e non so perché.
Sono intenzionato a interrompere la terapia; mi faccio dei film in cui interrompo la terapia in malo modo, come per vendicarmi, ma lei rimane comunque inscalfibile: “cosa mi interessa, tanto la vita è la tua sono affari tuoi”. Questo mi fa sentire un imbecille e patetico. Poi ripenso al fatto che tanto questi sono solo pensieri, è solo una mia interpretazione dei fatti ed è solo colpa mia se mi sento così ed ecco che riparte il malessere.
Vorrei sapere se interrompere e cambiare terapeuta, anche se ho paura che si ripeterà comunque la stessa cosa visto che ho questo blocco, oppure dovrei mettere da parte tutto quanto e parlarne con lei.

Grazie per l'attenzione
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>visto che ho questo blocco..<<
il "blocco" va gestito in terapia, anche perché è parte integrante del percorso di cambiamento. Dovrebbe però chiedere spiegazioni alla Collega e descrivere il suo punto di vista, le sue sensazioni, in definitiva ciò che ha percepito dopo le considerazioni della psicologa sul fatto di interrompere il trattamento.






Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it

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Dr.ssa Giselle Ferretti Psicologo, Psicoterapeuta 615 14 22
Gentile utente, le ipotesi sono due: questo momento di difficoltà in terapia sta riproponendo delle situazioni che ha già vissuto nella sua vita, quindi lavorarle in terapia è l'occasione d'oro per superarle, ovvero deve parlare con la sua terapeuta di tutto quello che ci ha scritto qui.
Oppure la sua terapeuta non è in grado di gestire questa situazione di impasse della terapia. In ogni caso lei deve cercare di superare in quel contesto la sua difficoltà, in quella stanza di terapia con quella terapeuta che la segue da un anno.
Consideri questa difficoltà come una occasione, protetta, di superare una difficoltà.
Se non funziona, valuti se fare questo passo con un altro terapeuta.

Un caro saluto,

Dott.ssa Giselle Ferretti Psicologa Psicoterapeuta
www.giselleferretti.it
https://www.facebook.com/giselleferrettipsicologa?ref=hl

[#3]
dopo
Utente
Utente
Grazie per le risposte!
Credo proprio che mi preparerò per parlarne direttamente con lei nella prossima seduta!

Volevo, se possibile, chiedervi un'altra cosa.
Nel caso in cui questo atteggiamento di distacco, poca empatia, antipatia (che magari è proprio della figura del psicoterapeuta) che io ho percepito fosse necessario, sarei davvero costretto a scendere a patti?
E' possibile che facendomi sentire uno straccio io sia più invogliato al cambiamento?
E' un atteggiamento infantile il mio o è normale?
Mi sento in trappola: ho accetto tutto scegliendo di star bene oppure mi scavo la fossa da solo.
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Dr.ssa Giselle Ferretti Psicologo, Psicoterapeuta 615 14 22
"E' possibile che facendomi sentire uno straccio io sia più invogliato al cambiamento?"

Trovo alquanto improbabile che un collega, ai fini della terapia, la faccia sentire volontariamente uno straccio. Ma non conoscendo né lei né il suo terapeuta, non possiamo darle alcuna indicazione in merito. Nella vita tutto è possibile.

Porti tutte le sue riflessioni fatte qui in terapia con la persona che la segue da tempo.

Poi sia sincero con se stesso e vedrà che capirà se

"accetto tutto scegliendo di star bene oppure mi scavo la fossa da solo."

Ci faccia sapere come vanno le cose, se crede.

Cari saluti,
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220 122
(..)Vorrei sapere se interrompere e cambiare terapeuta, anche se ho paura che si ripeterà comunque la stessa cosa visto che ho questo blocco, oppure dovrei mettere da parte tutto quanto e parlarne con lei.(..)
intanto faccia questa lettura
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4088-quando-il-paziente-si-allea-con-la-propria-malattia.html

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

[#6]
dopo
Utente
Utente
Ora mi è chiaro. Sono molto più motivato a continuare e parlarne con lei.
Grazie per l'attenzione!