Relazione non accettata

Salve. Sono una ragazza di 27 anni. Vivo una relazione a distanza e parzialmente segreta ai miei con un ragazzo malato di fibrosi cistica. Dopo tre anni, in cui ci vediamo da lui, o viene dove studio,lui vorrebbe conoscere i miei. I miei non vogliono, nonostante non mi hanno impedito di vederlo, non vogliono che venga a conoscerli. Devo mentire a lui e trovare sempre scuse per rimandare, non voglio sia triste e oensare che per questo problema le persone non vogliano conoscerlo. Devo nascondermi quando parlo con lui al tel. I miei hanno scoperto della malattia su un diario che avevo, dovevo trovare il modo per dirlo, non mi hanno rispettata. Usano parole come handicappato, devi dimenticarlo, sei infermiera. Basta. Io voglio bene a loro,ma lo amo. A volte vorrei fuggire di casa, mandarli a quel paese, ribellarmi. Nessuno mi capisce. Avevano peomesso a settembre che se avessi recuperato gli esami lo avrebbero conosciuto. Nulla. Io ho mantenuto i patti. Loro no. Con roberto devo far finta vada tutto bene. Avevo esposto il problema a lui a settembre, e ha concesso tempo ai miei. Ora gli sto facendo credere che vogliono finalmente conoscerlo tra due settimane e sono in una botte di ferro. Per proteggerlo da uno schifo. Mi viene da piangere e il dispiacere dei miei si riflette sullo studio, penso sempre, e sul sonno. Io lo amo. É il mio primo ragazzo e l' unico che ho avuto. Che devo fare?così non vivo serena. Ho paura che i miei compromettano tutta la relazione. Quando syo con lui vivo e in famiglia sua ho trovato calore e accoglienza quando mi hanno ospitata. Perchè non capiscono anche se ci ho parlato mesi fa? Perchè debo nascondermi ancora?che ho fatto per meritarmi una cosa simile? Aiutatemi. Sono disperata veramente.
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Dr.ssa Marianna Soddu Psicologo, Psicoterapeuta 24 1 3
Gentile Utente, mi scusi la domanda diretta. Ma l'età che ha indicato è reale? E' la sua vera età? se la risposta è si...
E' una donna, come mai i suoi genitori leggono il suo diario? Come mai Lei ritiene di dover avere la sua approvazione? Come mai ritiene importante dover mentire a entrambe le parti? Intendo dire che forse sarebbe il caso di parlare chiaro con tutti: con il suo fidanzato in primis, proprio per non trattarlo da disabile, dicendogli apertamente come stanno le cose (ricordi che se lei è una donna adulta, lui è un uomo adulto, e gli adulti affrontano la vita anche quando amara). Gli farà male? Molto probabilmente si, ma il mondo non è sempre carino con chi ha una disabilità, e questo lui sicuramente lo saprà molto bene. E poi con i suoi genitori: non approvano? Ok, lei accetterà la loro non approvazione e li rispetterà nel desiderio di non conoscere il suo compagno, ma loro dovranno rispettare Lei e i suoi sentimenti da ADULTA in grado di decidere per se stessa e per la propria vita.
Il fatto che Lei abbia preferito scrivere a noi, on line, anzichè esprimere il suo dolore a tutte queste persone, che di certo le vogliono bene, forse dovrebbe essere spunto di riflessione: forse Lei ritiene che i sentimenti degli altri siano più importanti dei suoi? Forse non si sente in diritto di esprimere dei sentimenti perchè ha ancora poca esperienza di vita?
Dati i disturbi che lamenta, e la situazione che evidentemente le è un po' sfuggita di mano, le consiglio però di rivolgersi a un collega nella sua città in modo da capire meglio queste Sue dinamiche relazionali.

Un caro saluto e in bocca al lupo!

Dr.ssa Marianna Soddu
Psicologa psicoterapeuta
www.mariannasoddu.it

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
A partire da un certo punto in poi i figli hanno il compito di emanciparsi dalla dipendenza dei propri genitori. Avviene fra gli animali, deve avvenire anche fra gli esseri umani. Emanciparsi non solo in senso logistico/economico, ma nel suo caso soprattutto emotivo. Perché finché si sentirà in dovere di compiacerli, di cercare di portarli dalla sua parte, di rammaricarsi su come mai loro hanno un punto di vista così distante riguardo al suo fidanzamento, non si può dire che sia un'adulta compiuta.

La domanda è la stessa che ci pose ben tre anni fa e ancora a quanto pare nulla è cambiato. Bisognerebbe forse cercare un aiuto psicologico concreto, perché alla sua età dovrebbe già essere capace di muoversi senza troppo dipendere dal giudizio dei suoi.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Utente
Utente
Sì, l' età indicata è quella. Non vedo perchè avrei dovuto mentire. Esattamente, la situazione mi è sfuggita di mano, ma credo che non sia facile come mi state dicendo fare un discorso da adulta. Magari non lo sono totalmente, e non sono emancipata del tutto dai miei, come posso esserlo, se non sono indipendente ancora economicamente, non vivo sola,non ho libertá di portare in casa il mio ragazzo. E non è affatto facile mettersi contro la famiglia per amore. Ho provato a parlarne giá una volta con entrambe le parti a settembre, ma come vedete io non sono stata capita. Io credo che invece sia un mio diritto che la persona che io amo, sia accettata da chi mi ama, cioé dai miei genitori, conta o no la mia felicitá?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> E non è affatto facile mettersi contro la famiglia per amore
>>>

Chi ha detto che si debba mettersi "contro" la propria famiglia per amore? Semmai saranno loro a mettersi contro di te. Ma tu non sei obbligata a fare altrettanto.

Vedi che sei imprigionata in una logica "o - o"? O lui o noi. Se stai con lui, dimenticati del nostro affetto e comprensione. Invece devi riuscire a passare a una logica "e", di tipo inclusivo: voglio bene a lui *e* anche a voi. Ma senza aspettarti che anche loro debbano per forza contraccambiare.

>>> Io credo che invece sia un mio diritto che la persona che io amo, sia accettata da chi mi ama, cioé dai miei genitori
>>>

Nient'affatto. Non è un tuo diritto *pretendere* che gli altri approvino le tue scelte. Siano i tuoi genitori o chiunque altro. Puoi solo *augurarti* che le approvino, ma se questo non accade devi essere capace di fartene una ragione e andare avanti ugualmente per la tua strada.

Questo significa essere adulti.
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Utente
Utente
Quanto ad etá adulta, magari non lo sono ripeto, ma ho dovuto affrontare problemi seri in ospedale con lui,i ricoveri, e i miei nom sanno nulla. E come se vivessi una doppia vita. Cosa dovrei fare quindi? Mettermi a tavolino a parlare con loro, e sentire pianti ed urla, di mia mamma soprattutto, fuggire di casa per emanciparmi, ditemi qual è la reazione da adulta. Ho provato a parlare. Sembra che le parole volino. Roberto continto che sia accettatto. Loro convinti che lo dimentico. Scusate ma io credo che sia importante anche per la serenitá di una persona, far sì che la propria figlia vivi felice. Io non ho mai vissuto come un peso la malattia, perchè lui la vive con il sorriso e sono serena con lui in ospedale anche. Non lo considero un handicap, non è di fatto una malattia invalidante nella vita quotidiana. Roberto su skype in questi giorni mi ha vistq piangere,e mi ha chiesto cosa non andasse. Io non so neppure come ridirlo di nuovo e dargli questa delusione. Cosa devo fare?concretamente avevo bisogno di qualcuno a cui dirlo, ma non vedo come una serie di sedute dallo psicologo possano risolvere un problema con i miei. Io voglio che lo conoscano e mi sia portato il rispetto dovuto. Almeno per me.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> non vedo come una serie di sedute dallo psicologo possano risolvere un problema con i miei. Io voglio che lo conoscano e mi sia portato il rispetto dovuto
>>>

Invece pensi che uno scambio di email possa essere più efficace che vedere uno psicologo di persona?

Sembra che tu sia abbastanza predisposta a crearti delle aspettative molto elevate, ma poco realistiche. Ti suggerisco questa lettura:

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3551-psicologo-devo-proprio-andarci-di-persona-perche-non-potete-aiutarmi-online.html
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Utente
Da quello che mi suggerite, vale la pena parlarne ancora anche con il rischio di soffrire ed urlare soprattutto con i miei? Loro mo vogliono bene e anche io a loro, per quanto riguarda la domande che mi ha posto dottoressa perchè mia mamma l'anno scorso abbia aperto un mio diario, sarebbe da chiederlo a lei, al suo atteggiamento iperprotettivo,al fatto che sono figlia unica forse. È ovvio che tutti desideriamo per la figlia, il migliore al mondo, sano, buono e ricco. La vita è diversa peró. Addirittura si pongono il problema di cosa dicono gli altri se lo vedono, se metto una foto su fb o whatsapp, vengo rimproverata. Devo tenere fuori mia nonna, che dopo tre anni crede sia single. Assurdo.
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Io non volevo dire questo. Non escludo a priori uno psicologo e non vi avrei neppure scritto se non avessi denotato un problema. Tuttavia credo che la soluzione sia affrontare il problema in qualche modo con i miei. Allora cosa succedeva se fossi stata lesbica, se stavo con un delinquente? Venivo sbattuta a calci nel sedere e ripudiata come figlia? Sto pure con una brava persona. Sto scrivendovi per cercare di uscire da un tunnel in effetti.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> vale la pena parlarne ancora anche con il rischio di soffrire ed urlare soprattutto con i miei?
>>>

Vedi che cominci a capire? Esatto, questa è la domanda che devi porti: quanto vale la pena continuare a tentare di convincere chi non vuole ascoltare?

Devi imparare a diventare più indipendente dal *giudizio* dei tuoi familiari. Altrimenti ne resterai per sempre dipendente. Ma come fare questo, non si può spiegare online in due parole.