Vaccino covid terza dose.

Covid-19: la terza dose è necessaria per tutti?

In Italia l’efficacia del vaccino anti Covid-19 continua a rimanere elevata nel prevenire i casi di malattia grave, i dati sono confermati dagli studi condotti in Israele e negli USA. La terza dose è indispensabile per i soggetti fragili o anziani, oltre a ridurre la circolazione del virus, ma toglie risorse ai paesi dove la percentuale di vaccinati è ancora bassa.

L’11 marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato il Covid-19 pandemia globale. Come altre epidemie causate da coronavirus, anche questa (SARS-Cov-2 è il nome del virus responsabile della malattia) ha manifestato un andamento stagionale, con nuove ondate pandemiche comparse regolarmente nelle stagioni invernali successive al 2019. Questo ha vanificato la speranza di arrivare rapidamente ad un’immunità di gregge, che avrebbe portato ad una radicale diminuzione dei contagi e dei decessi.

L'immunità di gregge: quali ostacoli?

Il primo ostacolo al raggiungimento dell'immunità di gregge è stato la comparsa delle cosiddette Variant of Concern (VoC), varianti con una maggiore contagiosità e virulenza rispetto al ceppo originale Wuhan-Hu-1.

Il secondo, la percentuale di persone eleggibili per essere vaccinate che rifiutano di esserlo [1], che si è rivelata inaspettatamente alta e limitante per il raggiungimento dell’immunità generalizzata anche in Paesi con una popolazione con un livello culturale medio-buono.

La vaccinazione della maggior parte della popolazione mondiale rimane quindi l’arma più efficace per raggiungere l‘immunità e quindi limitare se non bloccare la diffusione del virus responsabile del Covid-19. Un luminoso esempio è stato l’utilizzo su scala mondiale del vaccino Sabin, che ha permesso di sconfiggere la poliomielite.

Efficacia della vaccinazione

Per il contrasto alla pandemia di Covid-19, il Consiglio Europeo si è dato gli obiettivi:

  • di garantire la disponibilità di vaccini sicuri ed accessibili a tutti i cittadini legalmente residenti nei paesi della CE;
  • di assicurare che questo presidio fondamentale per la lotta al Covid-19 sia un bene pubblico;
  • di favorire la piena copertura vaccinale con due dosi ad almeno il 50% della popolazione con 50 anni o più.

Per approfondire:Quarta dose vaccino: chi deve farla?

La situazione in Italia

In Italia questo obiettivo è stato raggiunto e superato con la campagna vaccinale iniziata il 27 dicembre 2020. L'analisi delle ondate epidemiche che si sono succedute ha dimostrato l’efficacia della vaccinazione.

In Italia si è verificata la situazione seguente:

  • nel periodo compreso tra l’inizio della campagna vaccinale e giugno 2021, l'84,8% dei soggetti ai quali era stata somministrata almeno una dose di vaccino non aveva avuto una diagnosi sintomatica o asintomatica di Covid-19.
  • Nei sei mesi dalla seconda dose, nella popolazione complessiva, l’efficacia vaccinale nei confronti di tutte le diagnosi di COVID-19, sintomatiche o no, era dell’89%, quella nei confronti di diagnosi con successivo ricovero del 96%; quella di ricovero in terapia intensiva del 96% e quella di decesso del 99% [2].
  • Nell’autunno del 2021, circa sei mesi dalla piena vaccinazione di almeno il 50% delle persone da 16 anni in su, c’è stata una diminuzione dell'efficacia nel prevenire qualsiasi diagnosi sintomatica o asintomatica di COVID-19, che dall’84% scende progressivamente al 44%; al contrario, nei vaccinati l’efficacia nel prevenire i casi di malattia severa rimane ancora elevata [3].

In questo periodo si è registrata la comparsa della variante delta (B.1.617.2), che è diventata prevalente in Italia ed in molti altri Paesi europei ed extraeuropei [4].

Cosa dicono gli studi?

I dati di due ampi studi retrospettivi condotti in Israele e negli USA sull’efficacia della vaccinazione con due dosi, hanno confermato sia la diminuzione della capacità di prevenire qualsiasi diagnosi sintomatica o asintomatica di COVID-19 sia il perdurare nelle persone di età inferiore o uguale a 60 anni dell’efficacia nel prevenire i casi di malattia grave, che necessitano il ricovero in ospedale [5,6].

L’età è il fattore principale che riduce l’efficacia della vaccinazione, come indicato dalla correlazione negativa tra persone di età superiore o uguale a sessanta anni e la frequenza dei ricoveri in ospedale. Al contrario, la reattività alla vaccinazione ha una correlazione positiva con la risposta immunitaria.

Gli effetti collaterali più comunemente riportati con i vaccini mRNA sono dolore nella sede dell’iniezione, dolori muscolari e febbre. Generalmente, sono di natura lieve o moderata e scompaiono entro due giorni, ma nel 20% dei casi possono essere gravi, tanto da da impedire le normali attività quotidiane e durare più a lungo.

In questi casi la concentrazione nel siero di anticorpi contro la proteina spike del virus aumenta significativamente: è quindi evidente che un aumento della reattività al vaccino suscita una risposta immunitaria è più intensa [7].

Durata della risposta immunitaria 

Dopo la vaccinazione completa con due dosi, i livelli di anticorpi circolanti aumentano rapidamente per poi diminuire progressivamente a partire dal terzo mese. Tuttavia, il calo fisiologico della concentrazione nel siero degli anticorpi specifici non corrisponde necessariamente ad una diminuzione della protezione contro il Covid-19.

Al contrario, la protezione più efficiente è fornita dall’attivazione delle cellule memoria, il cardine della risposta immunitaria adattativa. Questa si instaura quando un antigene, in seguito a contagio o alla vaccinazione, entra in contatto con i linfociti e li attiva.

Questi, a loro volta, stimolano un nucleo di linfociti B e T preesistenti a riprodursi ed a dare inizio alla sintesi di anticorpi specifici per l’antigene che ha innescato la reazione immunitaria. Inoltre, questi linfociti attivati partecipano direttamente alla distruzione delle cellule infettate dall’agente patogeno.

Le cellule memoria B e T esprimono sulla loro superficie un recettore specifico per ogni antigene e rimangono quiescenti fino a quando non vengono nuovamente stimolate da una successiva invasione del patogeno che le ha precedentemente attivate: questo tipo di immunità, la memoria immunitaria, ha una durata variabile a seconda del vaccino ed in alcuni casi arriva anche sessanta anni [8,9].

La longevità dell’immunità umorale (anticorpi circolanti) suscitata dai vaccini anti Covid-19 è limitata a cinque-sei mesi dalla seconda dose. La persistenza della capacità di prevenire l’evoluzione severa della malattia indica però che la protezione immunitaria è ancora efficiente. È la risposta delle cellule memoria attivate dalla vaccinazione che provoca una robusta e duratura immunità, così come avviene nell’infezione naturale.

Questo ha un riscontro sperimentale:

  • le cellule memoria B specifiche per l’antigene continuano a proliferare anche 8 mesi dopo la seconda dose di vaccino [10];
  • specifiche cellule memoria T sono presenti nella maggior parte degli individui pienamente vaccinati 8 mesi dopo la seconda dose di vaccino [7].
  • Le cellule memoria B e T sono programmate per rispondere rapidamente ad un incontro successivo con l’antigene ed dati sperimentali confermano che la loro durata fornisce un’immunità adattativa prolungata contro il Covid-19.

A questa va attribuita la capacità di prevenire l’evoluzione grave della malattia che necessita il ricovero in ospedale o in terapia intensiva anche sei mesi dopo la seconda dose di vaccino. Merita un commento a parte l’efficacia verso le nuove varianti del virus. L’osservazione che i vaccini attualmente disponibili prevengono il contagio e le forme con un’evoluzione grave, minacciosa per la vita, per almeno sei mesi, presuppone che questi presidi abbiano la capacità di neutralizzare le principali “Variant of Concern” finora individuate, esclusa la omicron della quale sappiamo ancora poco. Questa possibilità ha avuto la conferma diretta da uno studio in cui è stata paragonata la capacità di neutralizzare quattro varianti, incluse alfa e delta, ottenute da persone contagiate o vaccinate [11].

Efficacia della terza dose di vaccino

Nell’autunno del 2021 le autorità sanitarie di diversi Paesi europei ed extra europei hanno iniziato una nuova campagna vaccinale con la terza dose di vaccini.

Questa decisione è stata prese in base a diversi fattori concomitanti:

  • la diffusione della variante delta, notevolmente più contagiosa di quelle precedenti;
  • l’aumento dei contagi;
  • la riduzione della concentrazione degli anticorpi circolanti.

Inizialmente, la terza dose era stata proposta alle persone con più di sessanta anni ed alle categorie più esposte a causa del loro lavoro o per patologia, ma in seguito è stata offerta a tutta la popolazione da 16 anni in su.

I dati disponibili, pubblicati da ricercatori delle nazioni che hanno avviato questa procedura, concordano su un netto aumento degli anticorpi circolanti e sulla diminuzione del numero delle diagnosi sintomatiche o asintomatiche di COVID-19.

Nelle persone con più di sessanta anni sono diminuiti anche i casi di ricovero in ospedale e nei reparti di terapia intensiva. È evidente che la terza dose limita in maniera netta la circolazione del virus, inclusa la variante delta.

Va però osservato che nelle persone di età compresa tra 16 e 50 anni, la percentuale di casi con un’evoluzione grave è simile sia in quelli che avevano ricevuto due dosi sia in quelli che ne avevano ricevute tre [5,6,12]; sembra quindi che le persone più giovani abbiano già una protezione adeguata a prevenire il decorso grave dell’infezione da SARS-CoV-2.

La terza dose di vaccino è necessaria per tutti?

In base ai dati di cui disponiamo oggi sarebbe un azzardo dare un giudizio definitivo sulla necessità della terza dose per fare fronte alla pandemia da Covid-19, tuttavia su due punti si può concordare.

Indubbiamente, la terza dose è indispensabile per le persone più esposte al rischio di malattia grave o addirittura letale come, ad esempio, gli immunodepressi, i dializzati cronici, le persone di età superiore ai sessanta anni e quelle a rischio per via del loro lavoro.

Al contrario, la somministrazione a persone in buona salute e di età compresa tra sedici e sessanta anni potrebbe dare un vantaggio molto inferiore alle aspettative. La protezione contro la malattia grave delle persone comprese in questa fascia di età rimane elevata anche con due dosi di vaccino.

Pfizer-BioNTech e Moderna hanno riportato stime percentuali di efficacia del 90% contro COVID-19 ad evoluzione grave oltre 6 mesi dalla vaccinazione completa con due dosi. I dati provenienti da Israele, Regno Unito e USA suggeriscono che i vaccini sono estremamente efficaci nel tenere le persone fuori dall'ospedale, anche quando la variante delta è la causa dell’ondata pandemica.

Per questi motivi, non tutti gli esperti sono d’accordo sulla somministrazione della terza dose a tutta la popolazione, perché potrebbe non essere necessaria per le persone non a rischio e metterebbe a repentaglio la distribuzione del vaccino nei Paesi che ne hanno bisogno, dove la maggior parte popolazioni non ha ricevuto alcuna dose di vaccino [13].

Il 4 agosto, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiesto una moratoria sulla terza dose almeno fino alla fine di settembre. "Sprecare risorse in booster per coloro che sono già protetti contro malattie gravi non ha davvero troppo senso".

Un altro aspetto condivisibile è che la terza dose riduce drasticamente la circolazione del virus, ma solo nei paesi nei quali questa procedura è stata avviata. Ed è proprio questo il suo punto di debolezza.

È opportuno ricordare che la parola pandemia è l’unione di due parole greche: pan che significa tutto, demos che significa popolo o nazione. Quindi la pandemia di Covid-19 riguarda tutti popoli di questa terra e non solo i paesi con un’economia sviluppata che sono in grado di ipervaccinare i loro cittadini [14].

Mettendo da parte ogni considerazione etica sull’iniquità della distribuzione del vaccino anti-Covid-19 nel mondo, che tuttavia ha un grande valore, l’idea di creare un recinto immunologicamente isolato da contatti esterni, che tenga fuori il contagio, è una mera illusione.

La rapida diffusione globale di ‘’Variants of Concern’’, come la delta e la omicron isolata in Africa recentemente, lo sta dolorosamente dimostrando con il numero di morti. È oramai accertato che l’emergere di nuove Variant of Concern sia una conseguenza inevitabile della circolazione incontrollata del virus. Non per caso, tutte le varianti pericolose sono state inizialmente isolate nei Paesi colpiti da massicce ondate epidemiche, come Inghilterra, Brasile India ed Africa.

La logica conclusione è che le energie impiegate per cercare di limitare la circolazione del virus in Parsi in cui la maggior parte delle persone è stata vaccinata con due dosi, potrebbero essere più utilmente impiegate dove la percentuale di vaccinati è bassa. Questo sforzo comune dei Paesi con un’economia avanzata sarebbe un vantaggio per tutti ed un’iniziativa di alto valore etico, che contribuirebbe in a sconfiggere l’attuale pandemia di Covid-19.

Bbibliografia

  • [1] Forni G, Mantovani A. On behalf of the COVID-19 Commission of Accademia Nazionale dei Lincei, Rome. Cell Death Differ. 2021 Feb;28(2):626-639. doi: 10.1038/s41418-020-00720-9.
  • [2]  ISS & Ministero della Sanità, Report N° 4 del 30/09/2021
  • [3] Istituto Superiore di Sanità, Epidemia COVID-19, Aggiornamento nazionale, 1° dicembre 2021 – ore 12:00, data pubblicazione, 3 dicembre 2021
  • [4] Istituto Superiore di Sanità. Available at: www.iss.it/documents/20126/0/Bollettino varianti n. 9, 17 settembre 2021.pdf/484b7aa2-2c0c-b109-4c31-087ed5c7b5af?t=1631890444760
  • [5] Bar-On YM, Goldberg Y, Mandel M, Bodenheimer O, Freedman L, Kalkstein N, Mizrahi B, Alroy-Preis S, Ash A, Milo R, and Huppert A, N Engl J Med, 385, 1393-400, 2021
  • [6] Tartof SY, Slezak JM, Fischer H, Hong V, Ackerson BK, Ranasinghe OR, Frankland TM, Ogun OA, Zamparo JM, Gray S, Valluri SR, Pan K, Angulo FJ, Jodar J, McLaughlin JM, Lancet, 398, 1407-1416, 2021
  • [7] Naaber P, Tserel L, Kangro K, Sepp E, Jürjenson V, Adamson A, Haljasmägi L, Rumm AP, Maruste R, Kärner J, Gerhold JM, Planken A, Ustav M, Kisand K, Peterson P, Lancet Reg Health Eur 2021 Nov;10:100208. doi: 10.1016/j.lanepe.2021.100208. Epub 2021 Sep 6.
  • [8] Pollard AJ, Bijker EA, Nat. Rev. Immunol, 21, 83–100, 2021
  • [9] Quast I and Tarlinton D, Immunity, 54, 205-208, 2021
  • [10] Piano Mortari E, Russo C, Vinci MR, Terreri, Fernandez Salinas A, Piccioni L, Alteri, Colagrossi L, Coltella L, Ranno R, Linardos G, Agosta M, Albano C, Agrati C, Castilletti C, Meschi S, Romania, Roscilli G, Pavoni E, Camisa V, Santoro A, Brugaletta R, Magnavita N, Ruggiero A, Cotugno N, Amodio D, Ciofi Degli Atti ML, Giorgio D, Russo N, Salvatori G, Corsetti T, Locatelli F, Perno CF, Zaffina S and Carsetti R, Cells, 20, 2541-2558, 2021
  • [11] Edara VV, Hudson WH, Xie X, Ahmed R, Suthar MS, JAMA, 325, 1896-1895, 2021
  • [12] Eliakim-Raz N, Leibovici-Weisman Y, Stemmer A, Ness A,, Awwad M, Ghantous N, Stemmer SM, JAMA. 2021 Dec 7;326(21):2203-2204. doi: 10.1001/jama.2021.19885.
  • [13] NEWS FEATURE 05 August 2021, Nature 596, 178-180, 2021 doi: COVID vaccine boosters: the most important questions
  • [14] Pappas G, Saloustros E, Boutis, Tsoukalas N, Nikolaou M, Christopoulou A, Agelaki S, Boukovinas I, Ardavanis A & Saridaki Z, ESMD, 6, 1-6, 2021
Data pubblicazione: 21 dicembre 2021

Autore

romeo.lisciani
Dr. Romeo Lisciani Farmacologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1990 presso Università Federico II di Napoli.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Roma tesserino n° 0.

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