Lunghezza degli arti nella protesi dell’anca: l’importanza della pianificazione pre-operatoria

Spesso (anche se non sempre) i pazienti affetti da artrosi dell’anca possono accorgersi di un “accorciamento relativo” dell’arto inferiore affetto dalla patologia. In genere questo accorciamento non raggiunge il centimetro, ma può arrivare, nei gravi casi di displasia dell’anca, anche a diversi centimetri.

In realtà una differenza di lunghezza tra i due arti inferiori fino al centimetro è considerata parafisiologica: anche molte persone sane presentano un centimetro di differenza tra i due arti inferiori ma -non avendo mai avuto disturbi- non ci hanno magari neppure mai fatto caso.

Infatti una differenza di lunghezza fino al centimetro è ottimamente compensata dal bacino e dalla colonna vertebrale senza alcuna ripercussione di rilievo sulla postura. Quando invece la differenza supera il centimetro, il paziente inizia ad avvertirla soggettivamente, e può sentire la necessità di porre un rialzo nelle scarpe per compensare la differenza.

Man mano che la patologia progredisce, la differenza potrebbe aumentare, poiché l’arto affetto potrebbe accorciarsi ulteriormente.

L’accorciamento è dovuto a diversi fattori, primo fra tutti il consumo della testa del femore (Fig. 1-b).

 Schemi articolazione anca

Figura 1: a) Articolazione sana. Si noti la tensione dei legamenti (in rosso) e la lunghezza dell’arto mediante la linea orizzontale di riferimento. b) Coxartrosi. Si notino i legamenti detesi (in rosso) e l’accorciamento. La linea tratteggiata rappresenta il riferimento relativo alla lunghezza dell’arto sano.

Sebbene lo scopo principale dell’intervento di protesi totale dell’anca sia quello di eliminare (o ridurre nettamente) il dolore e migliorare la funzionalità, l’intervento può anche migliorare la postura del soggetto riducendo - o eliminando - la differenza di lunghezza tra i due arti inferiori.

Una volta impiantato lo stelo femorale, esistono teste da applicare allo stelo di diversa “taglia”: il diametro è sempre lo stesso (che deve corrispondere a quello dell’interno del cotile), varia invece la lunghezza delle teste (Fig. 2).

Per un riferimento dettagliato alla nomenclatura dei vari componenti di una protesi dell’anca si rimanda agli altri miei articoli qui pubblicati.

 Anca: articolazione ricostruita

Figura 2: a) Articolazione ricostruita con testa troppo corta: i legamenti rimangono detesi e la lunghezzafisiologica non viene recuperata. b) Recupero della lunghezza e della tensione legamentosa corretta.


È però bene precisare, al fine di evitare di alimentare false speranze, che non sempre è possibile raggiungere la lunghezza desiderata dal paziente in maniera da “pareggiare” i due arti.
Questo perché, oltre che con la lunghezza ideale, è necessario fare i conti anche con la tensione delle strutture capsulo-legamentose e con la stabilità dell’articolazione. In una ristretta minoranza di casi, la corretta lunghezza degli arti inferiori non può essere ripristinata.

Si analizzano di seguito i casi più frequenti.

“La mia gamba era più corta, e i chirurghi non sono riusciti ad allungarla come l’altra!”

Quando le superfici articolari si consumano a causa della patologia, le strutture capsulo-legamentose che circondano l’articolazione (in rosso in fig. 1) si rilasciano di pari passo con l’accorciamento.

Quando la patologia è di vecchia data, queste strutture capsulo-legamentose possono andare incontro a processi fibrotici che le rendono rigide, anelastiche, e pertanto si rende difficile il recupero della lunghezza originaria durante l’intervento chirurgico.
Questo spiega perché a volte non è possibile accontentare il paziente allungando l’arto inferiore fino a pareggiare l’altro.

È bene anche ricordare che in ogni caso non è consigliabile, durante un intervento di protesi dell’anca, un allungamento maggiore di 3 cm: tale brusco allungamento potrebbe causare uno stiramento del nervo sciatico, con possibili complicanze di paralisi periferica.

“La mia gamba era più lunga, e i chirurghi non sono riusciti ad accorciarla!”

Quando, per una qualsiasi causa, il paziente si presenta al chirurgo con l’arto inferiore più lungo rispetto al controlaterale, le cose si complicano ulteriormente: infatti cercare l’accorciamento impiantando una testina protesica troppo corta, espone al rischio che le strutture osteolegamentose rimangano troppo detese, e che la protesi risulti instabile, con la possibilità che si possa lussare.

“Le mie gambe dopo l’intervento sono uguali, ma ho la sensazione che quella operata sia più lunga!”

La sensazione di lunghezza dell’arto inferiore deriva anche da alcuni recettori che si trovano all’interno delle strutture capsulo-legamentose che prima abbiamo menzionato: quando tali strutture vengono messe in tensione dopo l’intervento (confrontare Fig. 1-a e Fig. 2-b) quei recettori registrano la variazioni di tensione come un allungamento, e pertanto danno la sensazione di una arto inferiore molto più lungo di quanto non sia.

Il consiglio per il paziente che si trova in questa spiacevole sensazione è di continuare ad avere fiducia nel chirurgo che l’ha operato, continuare la fisioterapia, e soprattutto resistere alla tentazione di porre un rialzo sotto il piede controlaterale. Con il tempo si abituerà alla nuova lunghezza, e la sensazione di apparente dismetria sparirà.

“Le mie gambe dopo l’intervento sono uguali, ma ho la sensazione che quella operata sia più corta!”

Anche questo può accadere, in genere perché esiste un’asimmetria del bacino dovuta ad una postura viziata. Anche in questo caso è importante essere pazienti, continuare la fisioterapia ed associare la ginnastica posturale.
È di fondamentale importanza NON compensare la dismetria apparente ponendo un rialzo sotto il piede: in questo modo si ostacola la correzione della postura.

La pianificazione preoperatoria dell'intervento

Come si evince da queste considerazioni, la ricerca della lunghezza ideale non è sempre facile, e soprattutto in alcuni casi non dipende dalla volontà o dall’abilità del chirurgo.
Uno strumento importante nelle mani del chirurgo per migliorare la precisione dei risultati in termini di lunghezza è il planning pre-operatorio.

Questa tecnica consiste nel sovrapporre alle lastre dei pazienti dei “lucidi” (chiamati template) che rappresentano la sagoma dell’impianto e che vengono forniti al chirurgo dall’azienda produttrice della protesi.
In alternativa, le aziende possono fornire un software in grado di sovrimporre il corretto template alle lastre del paziente visualizzate su un apposito terminale.

Una volta posizionati i template nella posizione desiderata, il chirurgo potrà “giocare” con i lucidi fino ad ottenere la lunghezza e i rapporti articolari desiderati. A questo punto vengono effettuate delle misurazioni predeterminate. Questo consente, sulla carta, di calcolare la lunghezza dell’arto con un margine di errore prossimo al millimetro.

La trasposizione in vivo delle misurazioni sulla carta può naturalmente aggiungere un certo scarto, ma che si contiene generalmente in 2-3 millimetri. Questo rappresenta un grande vantaggio rispetto alle classiche misurazioni intraoperatorie, affette da un margine d’errore spesso intorno al centimetro.

Naturalmente il fatto di poter eseguire delle misurazioni extra-operatorie affette da un margine d'errore così limitato non garantisce che la misurazione possa essere riportata ESATTAMENTE sul campo operatorio: il passaggio dalla "carta" al "paziente" introduce necessariamente un altro piccolo margine d'errore, ma questo non toglie che la misurazione effettuata aumenta comunque notevolmente l'accuratezza della procedura.

Esiste un altro vantaggio innegabile del planning pre-operatorio: tutte le accurate misurazioni vengono eseguite prima di iniziare l’intervento, e non durante l’intervento stesso.
In questo modo si riduce di circa 20 minuti la durata dell’intervento, con ridotto sanguinamento, ridotto tempo di anestesia, ridotte possibilità di complicanze infettive, a tutto vantaggio del paziente.

Abbinando l’utilizzo del planning preoperatorio ad una via d’accesso rapida di moderna concezione, molti centri specialistici di chirurgia dell’anca sono in grado di eseguire di routine l’intervento di protesi dell’anca in meno di un’ora, con eccellenti standard di accuratezza nelle misurazioni intraoperatorie.

Data pubblicazione: 01 ottobre 2010

Autore

emanuele.caldarella
Dr. Emanuele Caldarella Ortopedico

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 2003 presso Università degli Studi di Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Milano tesserino n° 3723.

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