Salute del futuro.

Primi mille giorni di vita per la salute del futuro

Cosa possiamo fare per la prevenzione delle malattie neurodegenerative? I primi mille giorni di vita, dal concepimento al compimento del secondo anno, rappresentano quel periodo fondamentale durante il quale vengono poste le basi per la salute futura.

Perdo l'orientamento, perdo degli oggetti, perdo il sonno ma soprattutto perdo i ricordi. In tutta la mia vita ho accumulato una massa di ricordi che sono diventati in un certo senso più preziosi tra tutti i miei averi. La sera in cui ho conosciuto mio marito, la prima volta in cui ho tenuto tra le mani un libro, la nascita dei miei figli, le amicizie che ho fatto, i viaggi per il mondo. Tutto quello che ho accumulato nella vita, tutto quello per cui ho lavorato con tanto impegno ora inesorabilmente mi viene strappato via. Come potete immaginare o anche come sapete questo è atroce. Ma c'è ancora di peggio. Chi ci può più prendere sul serio quando siamo così distanti da quello che eravamo? Il nostro strano comportamento e il nostro parlare incespicante cambia la percezione che gli altri hanno di noi e la nostra percezione di noi stessi. Noi diventiamo ridicoli, incapaci, comici ma non è questo che noi siamo. Questa è la nostra malattia e come qualunque malattia ha una causa, ha un suo progredire e potrebbe avere una cura. Il mio più grande desiderio è che i miei figli, i nostri figli, la prossima generazione non debba affrontare quello che sto affrontando”.

Impattano emotivamente le parole di Alice, interpretata da Julianne Moore nel film del 2014 Still Alice. La protagonista è una professoressa di linguistica della Columbia University di New york, con una mente brillante e una vita soddisfacente che una forma precoce di Alzheimer le sta portando via.

Dal film, tratto dall'omonimo romanzo di Lisa Genova laureata in neuropsichiatria a Harvard e studiosa del cervello e delle sue malattie, si evince che Alice sembrerebbe aver impostato uno stile di vita salutare in linea con quanto indicato dalle recenti ricerche per ridurre la probabilità di sviluppare questa malattia neurodegenerativa (vedi Xu et al 2015).

Alice infatti si prende cura di corpo e mente: ha un dottorato in psicologia, è insegnante di psicologia cognitiva e ricercatrice nel campo della linguistica, effettua attività fisica e mantiene il peso forma. Il romanzo, mette in evidenza il dramma di una patologia estremaente invalidante a livello individuale, relazionale e sociale che difficilmente lascia indifferenti. Alice troverà le risorse e le sue personali strategie per convivere con L'Alzheimer e desidererebbe che i suoi figli, i nostri figli e la prossima generazione non debbano affronare ciò che lei ha affrontato.

Traendo spunto dalle sue parole è inevitabile domandarsi cosa possiamo fare oggi per i nostri figli? E in linea più generale, cosa possiamo fare noi psicolgi e psicologhe della salute?

Attualmente la ricerca sulla prevenzione delle patologie neurodegenerative deve essere focalizzata anche su eventi epigenetici che si svolgono all'inizio della vita, prima della nascita e nel periodo perinatale (Piras et al 2014). I principali fattori di vita predisponenti sembrerebbero lo stress materno, le infezioni intrauterine, l'inadeguata nutrizione materna e perinatale (Miller DB, O’Callaghan, 2008).

Le malattie neurodegenerative insieme alle malattie cardiovascolari, croniche polmonari e il diabete di tipo 2 vengono indicate in letteratura Non Comunicable Diseases e rappresentano il più significativo problema sanitario e sociale sia dei Paesi ad economia avanzata, sia in quelli in via di sviluppo. Sono responsabili di quasi il 70% della mortalità a livello globale e di oltre il 90% di quella del nostro Paese (Perra, De Mei, Cattaneo & Salmaso, 2012).

Burgio nel 2015 fa riferimento al concetto di transizione epidemiologica del XXI secolo, specificando come, alla diminuzione in pochi decenni di varie patologie acute da cause esogene, contestualmente si è verificato un altrettanto rapido incremento di malattie complesse, cronico degenerative, infiammatorie e neoplastiche, non trasmissibili, apparentemente dovute a fattori e meccanismi patogenetici diversi:

  • malattie endocrinometaboliche (obesità e diabete),
  • disturbi del neurosviluppo,
  • patologie neuropsichiatriche e neurodegenerative,
  • malattie immunomediate e infiammatorie,
  • neoplasie.

L'impossibilità di spiegare questa trasformazione sulla base di improvvise modifiche della sequenza del DNA, anche inseguito ai risultati del progetto genoma, portò a riflettere rispetto al fatto che i rapporti fra genotipo e fenotipo dovevano essere molto più complessi rispetto a quanto si era ritenuto fino ad allora. Infatti il progetto mise in evidenza che nel DNA è possibile individuare dei geni che indicano la predisposizione ad una patologia ma per l'insorgenza sono necessari numerosi fattori esogeni (Chial, 2008).

David Barker nel 1990 ha illustrato l'ipotesi del perinatal programming secondo cui la risposta di un organismo in via di sviluppo a un determinato cambiamento che si verifica nel corso di una finestra temporale critica del periodo perinatale modifica la traiettoria dello sviluppo, dal punto di vista qualitativo e quantitativo comportando effetti permanenti sul fenotipo. Barker, dedicando i propri studi sull'importanza del feto e di ciò che si verifica nella vita all'interno dell'utero materno, ha comportato una rivoluzione del pensiero medico (Fanos, 2016).

Un'estensione della teoria di Barker è la teoria delle origini embriofetali delle malattie dell'adulto (DOHaD), secondo la quale le partologie di cui sopra, sarebbero conseguenza sia di input provenienti dall’ambiente, in grado di interferire sfavorevolmente sui processi di programmazione epigenetica messi in campo dal feto e da* bambin* per adattarsi all’ambiente stesso, sia di un mismatch programmatico, dovuto a cambiamenti troppo rapidi o radicali dell’ambiente postnatale rispetto a quello previsto dall’embrione/feto (Gluckman, 2004). Come indicato dagli atti del Convegno Nazionale Sipps 2016, l'epigenetica e la teoria delle origini embriofetali delle malattie dell'adulto sembrano poter fornire un modello interpretativo robusto per spiegare la rapida trasformazione epidemiologica in atto.

L'epigenoma può essere considerato come una sorta di interfaccia tra ambiente e genotipo: gli input ambientali vengono elaborati, modulati e tradotti in meccanismi di regolazione attraverso i quali l'espressione dei geni può essere spenta, accesa, rallentata oppure accelerata. La programmazione predittivo adattativa, dell'espressione genica impostata in utero e nelle primissime età della vita, rimane operativa per tutta la vita e persino nelle generazioni future. (Hanson &Gluckman, 2014) “In questo senso si può affermare che il feto e il neonato racchiudono le radici profonde dell'adulto di domani” (Fanos, 2014, p.40).

Oggi si ritiene che nel feto e nel neonato vi sia fin dall'epoca perinatale la tendenza da ammalarsi, al di là ed oltre l'ereditarietà genetica, mentre sino a non molto tempo fa si pensava che il neonato nascesse sostanzialmente sano e si deteriorasse progressivamente con la crescita.“ La genetica propone l'epigenetica dispone” (Fanos, 2014, p.40). Ci si chiede quindi, come eventi così preoci possano condizionare un rischio che si evidenzierà a tanti anni di distanza? L'epigenetica è stata la risposta per conoscere l'effetto dei primi mille giorni di vita e per definire un nuovo modello dei rappori tra genotipo, fenotipo e ambiente (Hanson &Gluckman, 2014; Noble 2013; Noble, Jablonka, Joiner, Muller&Omholt, 2014).

In questa prospettiva, i primi mille giorni di vita, dal concepimento al compimento del secondo anno, rappresentano quel periodo fondamentale durante il quale vengono poste le basi per la salute futura.

Bibliografia

  • Burgio E. Environment and Fetal Programming: the origins of some current "pandemics". J Pediatr Neonat Individual Med 2015,4:e040237
  • Chial H. DNA sequencing technologies key to the human genome project. Nature Education 1: 219, 2008
  • Fanos V. Radici profonde per l’adulto di domani, Atti XXVIII Congresso Nazionale SIPSS //Consensus 2016
  • Fanos V. Metabolomica e microbiomica. La medicina individualizzata dal feto all’adulto. Hygeia Press, Quartu S. Elena 2015
  • Gluckman PD, Hanson MA. Developmental origins of disease paradigm: a mechanistic and evolutionary perspective. Pediatr Res 2004, 56:311-317
  • Miller DB, O’Callaghan JP. Do early-life insults contribute to the latelife development of Parkinson and Alzheimer diseases? Metabolism. 2008;57:S44-9 
  • Perra A, De Mei B., Cattaneo C, Salmas S. Le malattie croniche non trasmissibili: la sfida del secolo anche per il nostro Paese, 2012. www.epicentro.iss.it
  • Piras, M et al, Fetal programming of Parkinson’s and Alzheimer’s diseases: the role of epigenetic factors. Journal of Pediatric and Neonatal Individualized Medicine 2014;3(2):e030270
    doi:10.7363/030270
  • World Health Organization. Global status report on noncomunicable diseases 2014. World Health Organization. Geneve 2014.
  • XuW, Tan L, Wang H, et al Meta-analysis of modifiable risk factors for Alzheimer's disease. 2015 
Data pubblicazione: 28 marzo 2023

Autore

francesca.colomo
Dr.ssa Francesca Colomo Psicologo

Laureata in Psicologia nel 2014 presso Università degli Studi di Cagliari.
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Sardegna tesserino n° 2961.

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