Difficoltà ad urinare al di fuori del bagno di casa propria

Buonasera innanzitutto, da qualche anno ho un problema che sta aggravandosi progressivamente: non riesco più ad urinare al di fuori del bagno di casa mia. Il problema ha cominciato a presentarsi qualche anno fa, non ricordo precisamente quando e come, so solo che allora non dovevo restare ore e ore fuori casa, e ciò mi permetteva di 'tenerla' fino ad un mio rientro. Ora invece capita alle volte la giornata in cui si esce di casa alle 7.30 del mattino e fino alle 5 o alle 7 di sera non si rientra. Ne consegue che per tutta la giornata 'non vado'. Il problema non si limita a non riuscire ad andare, difatti alle volte lo stimolo è talmente forte da farmi andare in bagno, ma come mi trovo davanti al WC puff! È come se l'avessi appena fatta ed esco con la stessa voglia di prima, se non amplificata. Un altro dato a mio avviso interessante è che la situazione cambia in una giornata in cui sono a casa: vado in bagno anche una volta all'ora! Mentre sono in un bagno pubblico riesco a farla solo in presenza di totale silenzio, e se so che qualcuno aspetta fuori dalla porta non riesco. Volevo quindi sapere se esisteva qualche rimedio psicologico, dato che escluderei il problema urologico vista la situazione.
Ringrazio a priori
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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
la Sua difficoltà ad usufruire dei bagni esterni è chiaramente psicologica; ma il problema è che tale condotta si ripercuoterà nel tempo sul suo sistema urinario.

Per cui non perderei altro tempo, e farei:

1- una visita urologica per capire se per ora tutto è apposto

2- una consulenza presso psicoterapeuta specializzato nel trattamento dei disturbi d'ansia (es cognitivo-comportamentale).

Questo tipo di comportamento rientra solitamente in poche sedute, ma conviene iniziare.

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_

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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Caro ragazzo,

si ricorda in particolare se c'è stato un evento scatenante avvenuto qualche anno fa?
Come descriverebbe le sue relazioni intime, affettive e relazionali?

Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it

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dopo
Utente
Utente
Qualche anno fa ricordo che alle superiori ero abbastanza preso di mira per via del mio essere 'secchione', e ricordo anche che era uno scherzo abbastanza popolare, nonchè idiota aprire la porta a chi era in bagno. I WC erano difatti privi di serratura.
Le mie relazioni... bè, con la famiglia ho un ottimo rapporto, e, sebbene sia un tipo abbastanza selettivo in fatto di amicizie, ho molti amici e amiche, con i quali son sempre ben lieto di trascorrere del tempo libero.
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile utente, le fornisco un punto di vista specifico, che è quello cognitivo-comportamentale.

Secondo questa prospettiva, una parte importante dei nostri comportamenti è appresa, fondamentalmente secondo due meccanismi. Il primo funziona un pò come una sorta di "catalogazione": mette insieme degli stimoli, che sono stati prossimi nel tempo, e rende uno un segnale per l'altro.

In parole povere, immagini di prendere una piccola scossa di elettricità statica ogni volta che tocca lo sportello di un'auto: probabilmente, la vista stessa dello sportello, a lungo andare, potrebbe diventare un "segnale", per cui potrebbe sperimentare un disagio, magari leggero e sopportabile, ma anche alla sola vista di uno sportello che dovrà aprire. La vista dello sportello, che prima era "neutra", è diventata dunque uno stimolo capace di far insorgere una risposta del suo organismo.

Il secondo meccanismo ha a che vedere con le conseguenze di un comportamento. Implica il fatto che noi impariamo se emettere o meno una risposta dalle conseguenze che abbiamo sperimentato in passato, o abbiamo visto, o ci hanno raccontato.
Immagini di dover affrontare una prova importante, e di provare molta ansia a riguardo. Man mano che la prova si avvicina, l'ansia aumenta, finchè lei decide di non andare, e rinviare la prova. La conseguenza immediata? L'ansia "va giù", come se lei avesse ricevuto una specie di "premio" a seguito della sua scelta di non andare all'esame. Al prossimo esame, la probabilità di sperimentare maggiore ansia, e di non presentarsi, salirà, e se lei non si presentasse potrebbe innescare un meccanismo "a circolo vizioso" sempre più invalidante.

Detto questo, proviamo ad applicare queste ipotesi alla sua situazione. Secondo il primo meccanismo, lei potrebbe aver associato l'urinare in luoghi pubblici a stimolazioni negative, magari legate all'imbarazzo ed alla vergogna per gli scherzi subiti, e magari provare ansia anche alla sola idea di urinare in un luogo pubblico. Faccio questa ipotesi anche perchè la variabile "silenzio", che lei cita, potrebbe magari influire perchè lei potrebbe temere di essere udito, o anche perchè grazie al silenzio lei potrebbe sentire qualcuno che tenti di avvicinarsi.

Grazie al secondo meccanismo, lei viene "premiato" con la scarica della tensione ogni volta che evita le situazioni temute, ed urina in casa propria. La volta successiva, è più probabile che lei abbia una reazione automatica ed involontaria che potrebbe indurla ad urinare in casa, e così via.

Consideri che le risposte che sono state condizionate possono essere, con opportune tecniche di apprendimento, sia de-condizionate che addirittura contro-condizionate.

La situazione che ho descritto potrebbe essere sovrapponibile a quello che le succede? Ci rivede quello che le capita?
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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
alle ottime considerazioni del Collega Calì mi permetto di aggiungere una raccomandazione: trattenere l'urina può portare a conseguenze importanti dal punto di vista urologico, anche alla perdita completa della capacità di controllare gli stimoli della vescica. Il che comporta incontinenza. Il che comporta l'utilizzo dei "pannoloni" in molti casi, non so se mi sono spiegato.

Quindi, la situazione va affrontata in modo deciso e senza perdere altro tempo. Ribadisco il concetto: visita urologica + trattamento comportamentale di questo Suo evitamento.

Poi potrà fare tutti i lavori di esplorazione psicologica che desidera, ma ora, ripeto, non perderei altro tempo.
[#6]
dopo
Utente
Utente
Provvederò al più presto in tal caso, dottor Bulla, con una visita urologica.
Rispondendo al dottor Calì, dico che quanto ha descritto è perfettamente sovrapponibile a quanto mi accade quotidinamente, salvo che per un punto: non temo di "essere udito", ma piuttosto il mio problema è di "udire qualcuno".
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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Saggia decisione, ma parziale: le consiglio di prenotare anche una consulenza con uno psicoterapeuta, in modo da affrontare completamente e definitivamente questo problema.

Se si rivede nella descrizione del Collega Calì allora le conviene cercarsi un terapeuta di tipo cognitivo-comportamentale.
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dopo
Utente
Utente
Aggiungo a quanto ho detto che per defecare ho lo stesso tipo di difficolta.
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
>>Aggiungo a quanto ho detto che per defecare ho lo stesso tipo di difficolta

Questo, sebbene possa essere importante da un punto di vista personale, potrebbe essere ininfluente dal punto di vista del meccanismo, che potrebbe essere assimilabile a quello legato all'urinare.

L'ipotesi che le ho descritto è semplicemente la rilettura delle difficoltà che lei ha descritto alla luce di alcuni paradigmi cognitivo-comportamentali, centrati sulle teorie dell'apprendimento classico ed operante.

Escluse sussistere problematiche urologiche specifiche, se si ritrova nella descrizione che le ho fornito, come già indicatole dal collega dott. Bulla, una possibilità potrebbe essere un percorso cognitivo-comportamentale, previa valutazione psicodiagnostica.

Cordiali saluti