Vi scrivo

Ci sono infiniti modi per rispondere a un consulto, e solo un modo per non rispondere. Il problema è che quella non risposta può essere interpretata in infiniti modi a sua volta, genrando più confusione di 20 risposte diverse.
Io sto osservando come la mia vita, senza che io abbia fatto nulla, mi stia sfuggendo completamente di mano. Sono in una profonda solitudine e disitteresse per ogni cosa e l’abbandono degli altri questa cosa me la fa pesare ancora di più.
Se io scrivo per un consulto è per una richiesta di un consiglio, un indicazione. Anche solo dire che non si ha la più pallida idea di cosa dirmi perché la mia situazione è talmente orribile da non meritare di essere vissuta sarebbe comunque una risposta.
Io non capisco perché quando scrivo i miei consulti vengono o postati in spichatria (per continuare a sentir in modo senza cuore sentir parlare solo di nomi di molecole) oppure addirittura cancellati come l’ultimo.
Vorrei solo invitarvi a considerare che io non sono una persona pericolosa, un attentatore della strage di Barcellona, una persona orribile o che non è degna di considerazione. Forse nessuno veramente lo è. Ma tutte queste esperienze che ricevo me ne fanno quasi convincere. Che ho di male io?
Il soffrire forse è peggio che il fare del male agli altri. Meriti meno rispetto tu che soffri e considerazione che uno che fa del male. Io non so più cosa debbo fare anche solo per parlare dei miei problemi con qualcuno e riuscire a trovare una qualche risposta.
Poi non ci lamentiamo se l’extrema ratio diventa applicabile, quando la si è resa a furia di indifferenza ricevuta l’unica “ratio” rimasta.
Grazie.
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Dr.ssa Paola Invernizzi Psicologo 44 3
Gentile utente, voglio solo inserirmi in merito ad alcuni punti.
1) spostare il post in psichiatria non è da leggersi come un abbandono ; non lo è, stia sicuro, e non è un "lavarsene le mani x la seccatura", bensì è sempre una scelta ponderata del professionista che - esaminando con cura i contenuti e le caratteristiche delle sue comunicazioni - ritiene più indicato richiedere una consultazione di un collega psichiatra. Inoltre questo non significa che non si ritengano reali le condizioni di vita, gli accadimenti, le realtà che la fanno così soffrire.
Il problema è il disagio che poi si struttura nel funzionamento della psiche (per questo più volte le è stato chiesto dai miei colleghi se vi è stata una diagnosi chiara), che può essere di maggiore o minore entità, intensità, e di diverso tipo, ed in base a questo si deve valutare l'approccio più adatto.
2) Lo psichiatra non è una figura che opera sempre e necessariamente attraverso farmaci ma spesso è anche psicoterapeuta per cui può abbinare i due approcci.
3) come psicologi e psicoterapeuti non abbiamo competenze per prescrivere farmaci e non possiamo farlo, ma possiamo renderci conto che in determinate situazioni di disagio un approccio esclusivamente psicoterapeutico non può essere adeguato ne sufficiente. L'origine dei disturbi della sfera psichica ha per lo più origini multicomponenziali bio-psico-sociali. Non è possibile voler considerare solo una parte e pensare di arrivare alla risoluzione.
4) mi riaggancio alla risposta che le ha dato il collega psichiatra ad un post precedente per risottolineare che in effetti il numero di farmaci che lei ha provato non è così elevato, soprattutto sono tutti della stessa categoria, e non sembra essere chiara la diagnosi di partenza. Per cui mi associo nel trovare prematuro l'abbandono dell'approccio farmacologico. Piuttosto le suggerisco di rivolgersi ad una psichiatria di centro ospedaliero di buon livello per un inquadramento ben definito e la proposta di nuove opzioni terapeutiche , integrando la farmacologia alla psicoterapia, possibilmente nel contesto di un'equipe di specialisti in contatto diretto tra loro per una presa in carico globale.
5) l'esigenza di considerare anche un approccio farmacologico non deriva dal volerla liquidare con una pastiglitta, dal non volerla ascoltare, dal negare il ruolo degli accadimenti della sua vita. Il bisogno farmacologico serve perché l'azione che il farmaco è in grado di avere sul funzionamento psichico in taluni casi è uno "starter" indispensabile per mettere la persona nelle condizioni di riuscire a lavorare poi in una psicoterapia.

Spero con questo di averla tranquillizzata sul fatto che nessuno intende abbandonare, liquidare o giudicare malamente e di averle fatto comprendere l'esigenza della consultazione psichiatrica.
Un caro saluto

Dr.ssa Paola Invernizzi PhD