Cartella clinica

Gentili dottori
negli anni ho seguito 2 terapie nel pubblico (una come minorenne)...
vorrei sapere se ho diritto di richiedere la mia cartella clinica (anche se sono passati parecchi anni) e, nel caso sia possibile, come procedere...
inoltre ormai da 5 anni sono seguita privatamente... quando concluderò la terapia potrò avere il mio fascicolo?
Grazie e cordiali saluti
A.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara A.,

per quanto riguarda la richiesta di copia della cartella clinica alle strutture pubbliche deve seguire la procedura indicata nel sito dell'ASST o della struttura ospedaliera presso la quale è stata seguita e quindi compilare e inviare o consegnare di persona il modulo di richiesta.

Consideri che se è stata seguita da uno psicologo e non da un medico psichiatra potrà non ricevere copia di tutti gli appunti perchè questi non sono considerati propriamente parte integrante della cartella clinica, ma semplice materiale che il professionista produce per sè stesso e cioè come ausilio al proprio operato, come specificato anche in un documento dell'Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna che potrà trovare in Rete:

"L’insieme degli appunti redatti durante le sedute dallo Psicologo - sia egli dipendente di un’AUSL oppure libero professionista - non si configura, invece, come Cartella Clinica ai sensi di legge e non è, quindi, consegnabile in base a richieste di accesso ai sensi della L. 241/90"

Lo stesso discorso vale quindi per gli appunti personali che chi la segue sta prendendo.

In ogni caso le suggerisco di avanzare tranquillamente questa richiesta e di riflettere prima di tutto fra sé e sè per quale motivo le interessa avere il suo fascicolo - che non è una cartella clinica, come abbiamo visto.
Si chieda che senso ha per lei questa richiesta e se non sottenda una mancanza di fiducia o il desiderio, ad esempio, di conservare traccia della sua storia perché per qualche motivo fatica a "tenere insieme i pezzi".
Sarà importante che ne parli alla sua psicologa e che analizziate insieme il significato della sua richiesta perché si può trattare di materiale utile per il lavoro che state svolgendo.

Un caro saluto,
dott.ssa Flavia Massaro
-www.serviziodipsicologia.it

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

anche se sono trascorsi molti anni dalla fine del trattamento in ospedale, Lei può fare richiesta personalmente all'ufficio cartelle cliniche dell'Azienda presso la quale ha effettuato tale trattamento.

Le cartelle cliniche devono essere conservate per sempre.

Nel momento in cui concluderà il trattamento in atto, potrà invece chiedere una relazione di trattamento per gli usi consentiti dalla legge, chiedendola semplicemente al curante.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#3]
dopo
Utente
Utente
Vi ringrazio per le risposte... mi rivolgerò alle strutture dove ero seguita ...

@dott.Massaro
Per rispondere a :
"Si chieda che senso ha per lei questa richiesta e se non sottenda una mancanza di fiducia o il desiderio, ad esempio, di conservare traccia della sua storia perché per qualche motivo fatica a "tenere insieme i pezzi".

Il fatto è che sono in cura da molti anni principalmente per problemi di ansia, attacchi di panico, autolesionismo e isolamento sociale:
- da genn 1999 a ott 2001 + da aprile 2004 a dic.2006
- da aprile 2008 a dic 2011
- da genn a luglio 2012 (terapia di gruppo)
e la terapia attuale da ottobre 2012...

vorrei capire come mai ancora non sto bene nonostante tutti questi anni di investimento emotivo ed economico...
sono consapevole di essere migliorata per quanto riguarda gli attacchi di panico e l'autolesionismo ma purtroppo sono ancora isolata dal punto di vista sociale... non ho amici (solo un'amica d'infanzia)... esco solo con lei o con mia mamma o nelle "occasioni famigliari"... non ho mai avuto un ragazzo.. neanche un bacio... non ho una stabilità economica (vivo coi miei genitori)...
ho trascorso gli anni più belli rinchiusa in me stessa senza vivere pienamente ma solo sopravvivendo... ed è ancora oggi così...
non so se riesco ancora a credere di poter vivere come una persona normale...
spero di capire come mai le diverse terapie che ho affrontato mi sono state poco utili... magari ci trovo uno schema disfunzionale che si ripete e su cui lavorare... o magari mi devo semplicemente arrendere all'evidenza...

A.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara A.,

dubito che possa trovare nelle carte una risposta ai suoi interrogativi, a meno che non abbia motivo di pensare che le abbiano nascosto qualcosa (ma non saprei immaginare cosa e credo che questa ipotesi non abbia senso).

Di preciso quale diagnosi ha ricevuto?
Ha assunto anche psicofarmaci oltre a lavorare in seduta? Se sì, quali e per quanto tempo?

Se non ho capito male, le prime 3 terapie (intervallate da 2 lunghi periodi di pausa) sono state svolte preso una struttura pubblica: con che cadenza avevano luogo le sedute?
Ha cambiato più volte psicologo o ha potuto avere una certa continuità da questo punto di vista?
Sa se nel corso di queste terapie è stato seguito un orientamento particolare?

Per quanto riguarda la terapia attuale le pongo le stesse domande circa diagnosi, cadenza delle sedute e orientamento terapeutico.
[#5]
dopo
Utente
Utente
Gentile dott.Massaro
grazie per l'interessamento...

Per le informazioni che mi ha chiesto:
- da genn 1999 a ott 2001 + da aprile 2004 a dic.2006:
ero seguita da una psicologa del centro per minorenni di un poliambulatorio della mia città, andavo ogni 15 giorni, non mi è stata fatta una diagnosi (o per lo meno non me l'ha mai detta) e non so di quale orientamento fosse.
(interrotta la prima volta perchè, secondo la dottoressa, stavo bene e la seconda perchè ormai ero maggiorenne)

- da aprile 2008 a dic 2011:
andavo con cadenza settimanale da una psicologa presso il reparto di un altro ospedale della mia città, non so di quale orientamento e come diagnosi: attacchi di panico

Questa seconda terapia si è conclusa perchè la mia psicologa ha lasciato il reparto e ha aperto uno studio privato che però era lontano da casa e sopratutto era raggiungibile solo in metropolitana (che in quel periodo non riuscivo a prendere)...

Siccome non stavo per niente bene (anzi, sono stati gli anni peggiori)... ho chiesto consiglio al mio medico di famiglia che mi ha indirizzato verso una psichiatra privata (che mi sta ancora seguendo per i farmaci)...

Dopo 2 sedute la psichiatra mi ha fatto la seguente diagnosi: Dap e Doc in personalità evitante
e mi ha prescritto 50 mg di seroquel da assumere la sera... a cui è stato aggiunto per pochi mesi citalopram (5gocce), mentre da aprile 2012: 25mg seroquel + 30mg trittico e da febbraio 2017: assumo solo 25mg di seroquel

Inoltre mi ha proposto di seguire una terapia di gruppo per gli attacchi di panico presso un altro ospedale (da genn a luglio 2012): le sedute erano settimanali e venivano gestite da 2 psicologhe di tipo cognitivo-comportamentale...

Una volta conclusasi anche questa esperianza la psichiatra mi ha consigliato la mia attuale psicologa (da ottobre 2012...): la diagnosi è rimasta quella della psichiatra, le sedute sono settimanali e il suo orientamento è cognitivo-comportamentale...

Sono scoraggiata la voglia di migliorare e di stare bene è tanta (per fortuna è tornata) ma mi rendo conto che ho perso gli anni migliori... non ho più molto tempo per trovare un lavoro (con la crisi di questi anni), per formare una famiglia, per vivere una vita normale...

Grazie e cordiali saluti, A.
[#6]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Francamente penso che dopo 6 anni di Terapia Cognitivo-Comportamentale (6 mesi in gruppo e 5 anni e mezzo individuali) si possa pensare che questo approccio non faccia per lei, discorso che varrebbe per qualsiasi altro approccio fosse stato usato per anni e senza risultati di rilievo, se non quello di farla sentire disperata e profondamente sfiduciata.

Ha mai pensato di cambiare tipo di terapia o almeno di chiedere un secondo parere (anche a un altro terapeuta cognitivo-comportamentale, se crede) e fare il punto della situazione?
E' giusto chiedersi se sia presente uno "schema disfunzionale che si ripete" - come lei si sta già chiedendo -, ma credo che sia giusto anche rivedere nel complesso il suo percorso terapeutico e ripensare a quale possa essere una soluzione diversa.
[#7]
dopo
Utente
Utente
Gentile dottoressa Massaro
ho pensato molto a come risponderLe...
la verità è che penso di avere paura...
se dovessi decidere di lasciare l'attuale terapia o rimarrei scoperta (e in questo momento non credo di esserne in grado... non lo sono mai stata...) oppure dovrei ricominciare un altro percorso... e per me non è semplice fidarmi di qualcuno... sono molto chiusa in me stessa... e durerebbe comunque molto tempo...
con la mia attuale psicologa mi trovo abbastanza bene... mi ha aiutato a uscire di nuovo di casa... con l'ansia e il panico vado meglio... a volte mi viene ancora voglia di farmi del male ma è parecchio che non lo faccio ...
solo che ultimamente penso che stiamo andando troppo piano... ma è colpa mia...
insomma ho paura di cambiare... di tornare indietro...stavolta non ne uscirei... e ho paura di rimanere in questo limbo...
con la voglia di diventare finalmente indipendente, di formarmi una famiglia, di trovare degli amici senza però essere in grado di farlo e senza il tempo per farlo...
ho sempre ritenuto che non potesse mancare ciò che non si conosce... ma adesso mi rendo conto che era solo una corazza...

La ringrazio e mi scuso per lo sfogo
A.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Carissima, non c'è nessun problema e ascolto volentieri il suo sfogo, che mi sembra più che motivato.
Lei sta male e non vuole più stare così, si è curata per motli anni e non sta ancora bene, quindi ha tutte le ragioni per lamentarsene e per essere dubbiosa sul suo futuro di paziente e di donna.

Considerando che l'attuale TCC dura da ben 5 anni e mezzo e che ha avuto alcuni risultati, ma su fronti fondamentali non ha ancora risolto i suoi problemi (come il desiderio di farsi del male che riemerge), le suggerisco sentitamente di cambiare o almeno di far presente a chi la segue che dopo tutti questi anni l'assenza di risultati più significativi non fa altro che provocarle sensi di colpa immotivati.
Chieda anche perchè i progressi che fa sono così lenti e rarefatti e se esiste oggettivamente la possibilità di un ulteriore cambiamento con questo tipo di terapia, perchè da quanto racconta è più probabile che così non sia e che lei si stia sobbarcando responsabilità che non sono sue.

E' proprio questo che deve evitare: il pensiero che se non progredisce oltre è per "colpa" sua.
Non c'è nessuna colpa, ma solo un percorso terapeutico che probabilmente le ha già dato tutto quello che poteva darle.

E' vero che cambiando terapia le ci vorrà altro tempo, ma può dire che non le ci vorranno altri anni anche con il percorso attuale?
L'esperienza che sta facendo cosa le suggerisce?
Ci rifletta molto bene e parli tranquillamente con chi la segue del fatto che si sta incolpando per i risultati che non arrivano.
Valuti anche se fare il punto della situazione chiedendo un secondo parere a qualcun altro e in ogni caso si senta libera di cambiare perchè ciò che conta è il suo bene, e non far contento chi si occupa di lei.
[#9]
dopo
Utente
Utente
Gentile dott. Massaro

la ringrazio molto per le sue parole...
mi sta facendo riflettere... ci penserò attentamente e penso che ne parlerò con la mia attuale terapeuta e poi vedremo...

mi ha fatto emozionare (e non mi succede praticamente mai)...

Grazie mille, A.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Spero di averle dato degli input utili a innescare una riflessione e magari anche un cambiamento.

Mi aggiorni quando vuole,
un caro saluto

dott.ssa Flavia Massaro
-www.serviziodipsicologia.it