Nuove terapie emergenti nel trattamento della disfunzione erettile (DE)

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Benché le terapie per risolvere i vari problemi che determinano un disturbo dell'erezione abbiano fatto passi da gigante, soprattutto negli ultimi due decenni, nessuna di queste è esente da effetti collaterali, controindicazioni in parte ancora da definire ed insuccessi da capire. Per questo motivo l’attesa sul possibile uso clinico di eventuali altri nuovi farmaci è alta e questo soprattutto per permettere all’andrologo di superare con protocolli di trattamento più mirati, specifici e su misura tutte le particolari situazioni cliniche e le esigenze specifiche di ogni singolo uomo che ha un problema ad avere una valida rigidità e quindi permettergli un regolare e tranquilla attività sessuale di tipo penetrativo.

  

Note introduttive

Nel mondo si calcola che circa il 10 - 20 % della popolazione maschile lamenti un problema ad avere una valida rigidità.

Questo problema affligge gli uomini in modo proporzionale all’età: si va, infatti, dal 6,5% negli uomini con un’età compresa tra 20-39 anni al 77,5% in maschi che hanno raggiunto i 75 anni.

 

                                                         

                                                                                  Fig1. Coppia terza età

Una disfunzione erettile (DE) può essere scatenata da diversi problemi di natura psicologica, da malattie cardiovascolari, da un diabete e da stili di vita scorretti o sbagliati; è ben nota la correlazione tra fumo, cattive abitudini alimentari e DE.

In alcuni casi il problema può essere causato anche da interventi chirurgici a livello della pelvi oppure dall'uso di vari farmaci: in particolare alcuni diuretici, i beta-bloccanti, alcuni ormoni e varie sostanze antidepressive.

Terapie “storiche” e confermate

Il trattamento di una DE, inizialmente limitato alle indicazioni chirurgiche (protesi, chirurgia vascolare) e alla somministrazione intracavernosa od intrauretrale di farmaci vasoattivi, ha avuto negli anni 1980/'90 uno sviluppo incredibile grazie alle più precise informazioni acquisite sui molti meccanismi di rilasciamento della muscolatura liscia dei corpi cavernosi del pene che hanno permesso di giungere alla scoperta dell’ossido nitrico (NO) come il più importante neurotrasmettitore periferico implicato nel favorire il complesso meccanismo che porta ad avere una normale erezione.

Tutto questo ha portato allo sviluppo e all’utilizzo di farmaci, somministrati per via orale, e tra questi i “predominanti” inibitori della FosfoDiEsterasi-di tipo 5 (PDE5i), cioè farmaci ben conosciuti, come il Sildenafil (Viagra), il Tadalafil (Cialis) e il Vardenafil (Levitra), che però si è visto non sempre essere capaci di risolvere tutte le varie e complesse problematiche erettive che si presentano.

 

                                                    

                                                                          Fig.2 Tadalafil (formula di struttura)

Oggi verifichiamo che un circa un terzo dei pazienti con DE non risponde alle usuali terapie con PDE5i. Gli eventi avversi si presentano in circa il 25% dei soggetti in trattamento e sono caratterizzati soprattutto da disturbi minori quali: mal di testa, dolori, contrazioni muscolari ma sono anche segnalati rarissimi eventi avversi e gravi come: convulsioni, neuriti ottiche ischemiche o perdita acuta dell'udito (si veda la new: https://www.medicitalia.it/blog/andrologia/1057-sildenafil-viagra-tadalafil-cialis-vardenafil-levitra-e-sordita-improvvisa.html ); il ruolo degli inibitori della PDE5 nel causare questi effetti collaterali più gravi rimane ancora una questione molto controversa e la maggior parte delle osservazioni e dei rapporti fatti su queste problematiche sono risultati poco precisi, non sempre ben documentati e piuttosto approssimativi.

Comunque i motivi più comuni che portano a non prendere più questi farmaci sono soprattutto la loro mancanza di efficacia ed anche il loro costo, oggi fattore da non sottovalutare soprattutto in tempi di "economia critica".

Tutte queste osservazioni, in questi ultimi anni, hanno fatto si che l’attenzione di numerosi ricercatori si sia focalizzata anche sui meccanismi e sulle sostanze che hanno un’attività a livello del sistema nervoso centrale capace di scatenare e regolare una normale erezione del pene e tutto questo ha portato all’identificazione di altri importanti mediatori capaci di determinare gli impulsi che favoriscono una fisiologica rigidità, quali ad esempio la Dopamina e la Melanocortina.

Il primo farmaco comunque ad azione centrale, utilizzato a livello clinico, è stato l’Apomorfina che agisce legandosi ai recettori dei neuroni dopaminergici ipotalamici; l’ipotalamo è un’area importante del cervello situata nella sua parte centrale ed interna ed è un vero e proprio centro di comando. L’uso dell’Apomorfina per via sublinguale ha mostrato però un’efficacia minore di quella prevista (più dei due terzi dei pazienti non rispondono a questo farmaco) e quindi i tassi di soddisfazione e d’interesse verso questo prodotto, rispetto ai più efficaci PDE5i, sono crollati; l’Apomorfina alla fine è parsa essere più efficace forse in quei pazienti con una lieve o moderata DE; i più comuni eventi avversi lamentati sono: nausea, mal di testa e vertigini. L’Apomorfina non è controindicata nei pazienti che assumono anche nitrati e può quindi rappresentare in questi pazienti la prima linea per tentare di risolvere farmacologicamente una DE; la somministrazione intranasale di apomorfina è ora in fase di valutazione ma non è stata ancora approvata da alcun organo di controllo. Sul capitolo Apomorfina dobbiamo anche dire che, per la sua non sicura efficacia, è attualmente un prodotto non facilmente reperibile in numerose farmacie presenti sul territorio nazionale."

Le nuove terapie possibili

L'acido clavulanico è un farmaco ad azione centrale che sembra mostrare prospettive interessanti di futuro utilizzo clinico, capace di inibire la glutammato-carbossipeptidasi II nel cervello, riduce cioè il rilascio di glutammato e di serotonina che a loro volta modulano il rilascio di dopamina. L'acido clavulanico può così avere un effetto “stimolante” su libido, erezione ed eiaculazione. Si pensa che potrebbe avere indicazioni promettenti ed interessanti in presenza di una DE e di un disturbo concomitante del desiderio sessuale. Uno studio preliminare (fase IIa), condotto negli Stati Uniti in doppio cieco e controllato con placebo, ha dimostrato un miglioramento significativo della funzione erettile. Altri studi sono comunque previsti e sono al momento in corso per verificare il possibile utilizzo clinico di questo farmaco.

Altri prodotti ad azione centrale sono in valutazione ma il loro utilizzo clinico sugli umani è ancora di là da venire ed ancora tutto da verificare (si veda anche la new: https://www.medicitalia.it/blog/andrologia/1742-una-possibile-nuova-terapia-per-i-disturbi-dell-erezione.html ).

Le vere novità cliniche sembrano essere ancora e soprattutto quelle legate allo studio di sostanze ad azione periferica, facenti sempre parte della grande famiglia dei PDE5i; qui il settore della ricerca, già arato, è in fase molto avanzata ed oltre 400 sostanze sono state in questi ultimi anni valutate e prese attentamente in esame.

Per fare una sintesi clinica, pratica e spero utile di questi nuovi e potenziali farmaci, in questa sede parlerò solo dei composti che hanno completato almeno la fase II di sperimentazione, cioè quella fase dove si è già arrivati a valutare l'efficacia del farmaco in un ristretto numero di pazienti affetti dalla malattia o dalla condizione clinica per la quale il farmaco è stato proposto.

L’Udenafil è un prodotto già presente e commercializzato in Corea del Sud ed in Russia, ma che non è ancora disponibile nei paesi occidentali. L’efficacia e il suo meccanismo d’azione sono sempre quelli che caratterizzano gli altri PDEi. Il profilo farmacocinetico comprende un tempo di inizio della sua attività di circa 50-80 minuti ed un’emività di circa 7-12 ore; ha quindi un inizio d’azione relativamente rapida ma anche una relativa lunga durata d'azione. I più comuni eventi avversi sono: rossore al viso, congestione nasale, iperemia oculare e mal di testa.

Il Mirodenafil è un nuovo prodotto simile ma con effetti collaterali più modesti e pure lui è già utilizzato e commercializzato in Sud Corea.

Il Lodenfil Carbonato, studiato in Brasile, ha un’emivita di 2-3 ore ed effetti collaterali sovrapponobili agli altri farmaci della stessa famiglia, cioè cefalea, vampate di calore in viso, disturbi visivi.

L’Avanafil, già in produzione ma non ancora commercializzato alle nostre latitudini, è sempre un PDE5i selettivo e potenzialmente a rapida azione con un tempo di azione di 35 minuti ed un’emivita di 60-90 minuti. In alcuni studi preclinici la co-somministrazione di Avanafil e di Nitrati è risultata meno problematica rispetto all’uso combinato con il Sildenafil (Viagra). Gli effetti collaterali sono sempre i soliti: mal di testa, vampate al viso ma diversi studi indicano un possibile impiego di questo farmaco quando si ha una DE in presenza di alcune cardiopatie o dopo prostatectomia radicale o in presenza di uomo con DE e iperglicemia.

 

                                              

                                                                              Fig.3 Avanafil (formula di struttura)

 

L’SLx-2101, altro farmaco PDE5i ancora siglato, si converte nel suo metabolita attivo l’SLx-2081 solo dopo la sua ingestione e sembra essere indicato nei pazienti che presentano DE ma anche un'ipertensione arteriosa. Questo prodotto sembra migliorare la funzione endoteliale ed è un farmaco generalmente ben tollerato; il mal di testa è l’effetto collaterale più lamentato mentre non sono riferiti dolori muscolari; un problema invece da tener presente è che sono state riferite erezioni prolungate e a volte fastidiose.

Infine ricordiamo le numerose indicazioni fitoterapeutiche, proposte in questi ultimi anni come rimedi “anti-impotenza”, tra questa da ricordare la Epimedii, erba medicinale conosciuta anche come Horny goa tweede, che proviene dall’Asia; quest’erba sembra attiva nel rilasciare il tessuto muscolare, stimolando la vasodilatazione arteriosa e liberando anche ossido nitrico (NO) che a sua volta, come già visto, aumenta l’irrorazione sanguigna nei corpi cavernosi; sembra avere effetti inibitori, oltre che sulla PDE1, anche sulla PDE4 (“si veda anche la new: https://www.medicitalia.it/blog/andrologia/1580-fitoterapie-e-deficit-dell-erezione.html ).

Considerazioni finali

Benché le terapie per cercare di risolvere i vari problemi che determinano un disturbo dell'erezione abbiano fatto passi da gigante, soprattutto negli ultimi due decenni, nessuna di queste è esente da effetti collaterali, controindicazioni, in parte ancora da definire, ed insuccessi da capire. Per questo motivo l’attesa sul possibile uso clinico di eventuali altri nuovi farmaci è alta; questo soprattutto per permettere all’andrologo di superare con protocolli di trattamento più mirati, specifici e su misura tutte le particolari situazioni cliniche e le esigenze specifiche di ogni singolo uomo che ha un problema ad avere una valida rigidità e quindi permettergli un regolare e tranquilla attività sessuale di tipo penetrativo.

Chiaramente, come sempre, i farmaci futuri dovranno essere efficaci e con modesti o nulli effetti collaterali avversi e permettere così un approccio più personalizzato che potrebbe anche comprendere l’uso combinato di questi prodotti. Queste nuove strategie terapeutiche potranno così diminuire la percentuale di uomini con DE che non rispondono alle già conosciute e codificate strategie farmacologhe basate sui prodotti oggi noti ed in commercio.

Molte altre strade si stanno aprendo su questo nuovo ed importante settore terapeutico andrologico; al link qui sotto allegato si possono trovare altri suggerimenti e stimoli su cui meditare.

Fonte:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20415601

Per approfondire:

https://www.medicitalia.it/minforma/andrologia/184-quando-l-erezione-e-difficile-o-non-c-e-che-cosa-fare.html

 

 

Data pubblicazione: 16 gennaio 2012

Autore

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1977 presso Università di Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Firenze tesserino n° 12069.

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