Psicosi da cannabis

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Si descrivono le conoscenze a proposito della possibilità di sviluppare psicosi dopo assunzione di cannabis, sia come quadro acuto temporaneo che come malattia e decorso cronico.

I prodotti contenenti D9-THC sono comunemente indicati come cannabinoidi, dalle forme più classiche (marijuana, haschisch) a quelle più nuove (per esempio skunk), derivate da specie botaniche selezionate, in genere allo scopo di ottenere miscele a più alta concentrazione del THC attivo. Il problema dei disturbi provocati da cannabis è "caldo", sia per le conoscenze ancora incomplete sul sistema dei cerebrale che risponde ai cannabinoidi, sia per l'assenza di farmaci specifici per i disturbi indotti da cannabis. Inoltre, il peso attribuito ai disturbi da cannabis diviene automaticamente, sul piano politico, un argomento a favore o contrario alla libera circolazione di queste sostanze.

Cerchiamo di fornire un quadro delle conoscenze a proposito dei disturbi legati all'uso di cannabis, iniziando dal più grave, la psicosi. Per il significato di psicosi si rimanda all'articolo relativo ai sintomi della psicosi e alla schizofrenia.

La categoria psicosi "da cannabis" è una categoria provvisoria, e più correttamente da indicarsi come psicosi "cannabis-positiva", cioè associata con il recente uso di cannabis, senza che questo indichi necessariamente un rapporto causa-effetto. In altre ricerche si fa riferimento alla psicosi "associata a cannabis" che comprende anche i casi con uso passato e non più in corso al momento della fase visibile del disturbo.
Quando si usa il termine "psicosi" si intende la presenza di alcuni sintomi tra cui i più evidenti sono le allucinazioni e i deliri. Nelle forme "acute" questi sintomi sono in genere presenti, nelle forme più sfumate e meno esplosive invece vi possono essere presenti comportamenti bizzarri, pensiero con associazioni incomprensibili o vaghe e non stabili, umore fatuo o apatico con la perdita del significato affettivo degli oggetti esterni e disagio nelle interazioni sociali.
Certamente la psicosi non è un effetto atteso con la cannabis nella singola somministrazione, ma gli utilizzatori cronici che sviluppano psicosi acuta non sono rari (Kolansky e Moore; Altman e Evenson; Knight; Thomas) e i sintomi psicotici sono più frequenti che nei non-utilizzatori (Degenhardt; Tien and Anthony; Verdoux, Ferdinand; Thomas; Fergusson; Stefanis).

Dal momento che la cannabis è una sostanza diffusa nelle fasce giovanili, cioè nelle fasce di età in cui possono iniziare i disturbi mentali più comuni, il dubbio è che rappresenti soltanto un elemento occasionale. La maggioranza delle persone con psicosi cannabis+ avevano già una storia psichiatrica, o elementi di predisposizione a disturbi psicotici (Ferdinand).

La presenza di cannabis modifica le caratteristiche "classiche" dei disturbi mentali noti, senza renderli però fondamentalmente diversi. Le fasi euforiche-eccitatorie in presenza di marijuana ad esempio sono state descritte come "mania filtrata dalla marijuana" (Harding & Knight), ovvero un disturbo psichiatrico noto che non richiede di per sé la presenza della cannabis, ma risente della sua presenza. In particolare, le fasi eccitatorie (maniacali) associate ad uso di cannabis presentano più spesso comportamenti violenti di tipo impulsivo, umore isntabile e sbalzi intensi e violenti e comportamento disorganizzato e sintomi dissociativi, cioè stati "sognanti" in cui si avverte un senso di estraneità rispetto alla realtà come se si vivesse un sogno dal di fuori, o si non si percepiscono in maniera unitaria i significati e le emozioni associate (Thacore e Shukla, Chopra e Smith, Rottamburg).

Non tutti gli autori comunque hanno trovato differenze con i quadri di psicosi classica (Imade e Ebie).
La differenza sostanziale può essere evidente dopo, nel decorso, che è più vicino a quello di una psicosi affettiva, con minor appiattimento affettivo nel tempo, decorso più "dipendente" dalla ripetizione dell'uso o dalla stabile astinenza (Thacore e Shukla) (Rottamburg). La forma più tipica di psicosi da cannabis sembra quindi legata alla cannabis anche dopo l'esordio, cosa che non accade nella psicosi schizofrenica, spontanea e cronica anche in assenza di sostanze psicotrope.

In generale comunque nei pazienti psicotici, in assenza di cannabis c'è miglioramento, in presenza di cannabis riesacerbazione dei sintomi (Lintzeris; Van Os; Hide; Degenhardt; Basu). Questo vale sia per i pazienti psichiatrici che usano cannabis, sia per pazienti che hanno solo episodi psicotici quando usano cannabis (Mathers; Thacore; Keup). Tuttavia, almeno per la psicosi bipolare, il fatto che il disturbo venga fuori soltanto sotto droghe non configura una malattia diversa, ma una forma con gli stessi presupposti e conseguenze.

Escludendo queste forme semplicemente "condite" dalla cannabis, rimane l'ipotesi della psicosi "da cannabis" come nuova malattia, cioè una psicosi insorta in assenza di storia di psicosi già nota, senza il possibile contributo di altre sostanze, ed una cronologia in cui l'uso di cannabis sia precedente l'esordio della psicosi (Palsson).
Si è accertato che il fattore "dose" è importante, nel senso che la probabilità di sviluppare una psicosi in chi usa cannabis dipende proprio dalla durata dell'uso, e nel periodo in cui si stanno utilizzando dosi maggiori (Spencer, Bernhardson e Gunne). In pratica sarebbe un effetto da intossicazione. Questo dato non significa niente di particolare, perché varrebbe anche pensando alla cannabis come fattore scatenante e basta.

La domanda cruciale invece è se la cannabis aumenti l'incidenza di psicosi in chi non le avrebbe sviluppate per predisposizione, o comunque anche in chi ha predisposizione ma non le avrebbe sviluppate in assenza di cannabis. Il sospetto nacque da un'osservazione sui militari americani in Europa negli anni 60-70, tra i quali -era il periodo di esplosione "culturale" della marijuana - vi furono molti più casi di psicosi di quanto non fosse prevedibile (Tennant & Groesbeck) . La diagnosi di schizofrenia degli anni 60-70 era però diversa, e il decorso di questi quadri non è noto. Diciamo che la frequenza di psicosi acute fu però superiore a quanto previsto in quella popolazione.

Il rischio di sviluppare sintomi psicotici sotto cannabis è maggiore in presenza di predisposizione alla psicosi (Henquet), il che non significa che questi fattori debbano essere sintomi psichiatrici già presenti in passato (Ferdinand). Quindi una parte di chi sviluppa psicosi da cannabis "prima" non aveva dato segni evidenti di disturbo mentale, o non dello stesso tipo comunque.

Nel 1987 fu pubblicato uno studio di osservazione su un tempo di 15 anni di una popolazione di oltre 45000 soggetti (svedesi), che mirava anche a stabilire un eventuale legame tra rischio di ammalarsi di schizofrenia e uso di cannabis. Lo studio ha dato risultati positivi: il rischio in questione è 6 volte maggiore in chi ha utilizzato cannabis (Andreasson et al, 1987) (Zimmet).

Il rapporto sembra mutuo: il fattore di maggior peso per prevedere che una persona svilupperà una psicosi da cannabinoidi è la familiarità per schizofrenia, cosicché predisposizione alla schizofrenia e azione della cannabis risulterebbero combacianti (Allebeck, 1993). Il limite di queste conoscenze è dato dal fatto che la predisposizione alla schizofrenia dipende da fattori ancora in parte sconosciuti. Potrebbe darsi che, per effetto di uno di questi fattori, le persone predisposte alla schizofrenia siano anche tendenti a legarsi alla cannabis, ma senza che la cannabis abbia un effetto favorente. In pratica, molti schizofrenici hanno una storia di uso di cannabis senza che ci sia un legame tra cannabis e schizofrenia.

Naturalmente, visto il tipo di azione cerebrale della cannabis, l'impressione più verosimile è che invece qualche relazione ci sia, o che perlomeno la cannabis faciliti l'inizio della malattia psicotica in persone con una qualche predisposizione, ma che magari sarebbe rimasta "latente". Il rischio, nello studio svedese, aumentava già in caso di uso sporadico.
Sono seguiti altri studi del genere, che tuttavia non hanno fornito dati ulteriori (Arserenault; Fergusson; Van Os; Kristensen).

Se la schizofrenia con uso pregresso di cannabis sia associata ad un carico di familiarità particolare è dubbio.
Uno studio non trova differenze tra soggetti schizofrenici con o senza storia di uso di cannabis per quanto riguarda i precedenti familiari di schizofrenia (Boydell), mentre altri rilevano un raggruppamento tra familiarità per schizofrenia e pregresso uso di cannabis, come ad indicare che la psicosi da cannabis è una modalità di esordio della schizofrenia e non una forma diversa di psicosi (Arendt). Inoltre, sembrerebbe che in qualche modo un carico familiare maggiore si associa anche ad una tendenza maggiore ad abusare di cannabis prima dell'esordio (mcGuire).

Lo stesso effetto però sarebbe dato anche dalla familiarità per disturbi psichici in generale (Arendt). D'altra parte non risulta che, mentre l'uso di cannabis è in aumento (negli ultimi 30 anni in Australia), il numero di casi di schizofrenia sia aumentato anch'esso in maniera epidemica (Degenhardt).

La cannabis è tuttavia elemento di scatenamento di ricadute, forse di anticipazione del primo episodio (Hall; Di Maggio; Miettunen; Gonzalez-Pinto).
Non ci sono prove definitive che la cannabis aumenti però l'incidenza di psicosi. Alcuni autori sostengono che l'effetto scatenante sia particolarmente probabile durante l'età giovane (Konings).
Il decorso meno favorevole di questi quadri è spesso legato proprio al ripetersi dell'uso di cannabis, che produce ricadute. Se non si ripete l'uso, i farmaci "classici" funzionano ugualmente bene.

Le cure per la psicosi associata a cannabis non differiscono fondamentalmente dalle cure per le psicosi classiche. La clozapina ha dato i risultati migliori in termini di rapidità di effetto e di tendenza a cessare l'uso di cannabis. Si tratta di un farmaco che richiede particolari controlli e cautele.

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Data pubblicazione: 04 luglio 2011

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

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