Sesso in carcere? La legge si interessa della sessualità

valeriarandone
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo

"Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione"
V.Hugo

Iquesti giorni le pagine di giornale si interessano della nuova proposta di legge sulla possibile sessualità in detenzione.
L'Italia, come sempre, si spacca a metà: chi si immedesima nei carcerati e nei loro cari, e chi invece, pensa che, dopo aver commesso un reato, sia impensabile immaginare anche una possibile vita sessuale.

Un polverone di polemiche ammanta la politica italiana.

Come sappiamo la salute sessuale fa parte della qualità della vita, molte battaglie sono state già avviate dai politici e dai clinici - per facilitare la sessualità nei disabili, per far sì che l'educazione sessuale diventi obbligatoria nelle scuole, la realizzazione di svariate settimane dedicate alla salute sessuale su scala nazionale, e così via - affinché alla sessualità venga riconosciuto il suo giusto valore, di scambio e di nutrimento per psiche e coppia.

La legge

Una proposta di legge “rivoluzionaria” è approdata in Parlamento da parte del senatore PD Alessandro Zan: “concedere uno spazio di intimità ai carcerati affinché coltivino la propria sessualità .

La proposta è stata sottoscritta da altri 20 parlamentari, oltre che sostenuta dallo stesso ministro della Giustizia Andrea Orlando.

Il capogruppo PD della commissione Giustizia, Walter Verini, ha spiegato agli scettici che «dopo i risultati raggiunti nella lotta al sovraffollamento, occorre proseguire l’impegno per rendere le carceri luoghi davvero umani e non barbari, dove la pena significhi formazione, lavoro, recupero, reinserimento.

Il tema dell’affettività è centrale in questa direzione: investire in carceri umane vuole dire investire in sicurezza per i cittadini».

L'immaginario degli italiani correlato al concetto di “pena” da espiare, a seconda dell'educazione ricevuta e dell'aria che si respira in famiglia, si divide in due: chi non ipotizza la pena come una vera possibilità di riabilitazione, ma la associa esclusivamente ad una vera punizione, chi invece, immagina la pena come una possibilità di reale recupero, di analisi degli sbagli effettuati e, perché no, un luogo – fisico e simbolico - dove poter studiare, imparare un mestiere od un'arte.

Fare l'amore una volta al mese

Superati i cancelli, i detenuti dovranno svuotare le loro tasche dei loro oggetti personali, lasciare monili simbolici, foto, cellulari ed anche la speranza di poter abbracciare e baciare ancora i loro cari.

La punizione diventa una "punizione familiare" ed a scomputare la pena sarà l'intero nucleo familiare.

La legge italiana ha pensato anche a questo.

Secondo il "chiacchierato" progetto di legge, è prevista una visita mensile dalle 6 alle 24 ore, in cui i detenuti possono alloggiare presso luoghi dove è garantita la privacy con mogli e fidanzate, proprio per poter vivere appieno la propria sessualità.

Nelle carceri, si sa, la sessualità è spesso compulsiva, auto-erotica ed omosessuale, orfana di sentimento e di affettività.

Una delle paure più grandi, una volta in carcere, è quella di non trovare la giusta protezione e di dover subire abusi sessuali di ogni tipo.

La sessualità vista e vissuta così, viene snaturata del suo significato profondo e viene vissuta con un sottofondo punitivo e di violenza.

Violenza, punizione e stupro, sembrano essere il contro altare del concetto profondo di riabilitazione - che dovrebbe invece avere la pena - oltre a snaturare il significato di amore che la sessualità dovrebbe portare con sè. 

 

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/02/carceri-sesso-in-cella-per-i-detenuti-la-proposta-di-legge-arriva-in-parlamento/2181976/ 

Data pubblicazione: 07 novembre 2015

6 commenti

#2
Dr.ssa Valeria Randone
Dr.ssa Valeria Randone

Ciao Giovanni,
Grazie per il tuo contributo, mi sarà sfuggito, lo avrei allegato senz'altro.

Un caro saluto e buona domenica.

Valeria.

#3
Dr.ssa Giovanna Tatti
Dr.ssa Giovanna Tatti

ovviamente, c'è una parte che sente legittima la cura della sessualità e della affettività in carcere. in alcuni paesi europeri è così. e c'è del buon senso. mi interrogo però rispetto alcuni contraltari. ad esempio, se vale per gli uomini varrà anche per le donne. come poter "garantire" la non strumentalizzazione di una gravidanza ad esempio per uscire dal carcere? come sappiamo non è possibile tenere ristrette donne in stato di gravidanza nel nostro ordinamento e le evasioni dai centri comunitari sono non rare. d'altra parte il ns ordinamento non consente nemmeno di obbligare una qualche terapia anticoncezionale (sia perchè trattamento cmq sanitario e dunque volontario) sia eprchè cmq non sarebbe controllabile.
il rischio (e l'ultimo caso milanese della donna rimasta incinta nell'incontro col marito, ad agosto a causa del poco personale di sorveglainza) è di produrre figli libera genitori e quindi provocare tutt'altro che una sana affettività e una cura della stessa.
questa, almeno è la mia opinione, ma mi piacerebbe sapere come la pensate voi.
poi, certo, con le garanzie del caso sarebbe bellissimo... ma..si può garantire?

#4
Specialista deceduto
Dr. Giovanni Migliaccio

Sono costretto a rispondere alla dott.sa Tatti in blu, ma non vedo perchè il commento della collega non debba essere visibile a tutti.

E' vero! Una donna, se incinta, non può andare in carcere, ma, fatta eccezione per Sophia Loren nel film di De Sica "Ieri, oggi, domani", non credo che si verifichino molti di questi casi "sfornando" figli a ripetizione.
In ogni caso non lo vedrei un insormontabile problema. Credo che basterebbe una modifica alla legge, ovvero la donna,seppur gravida, rimane in carcere fino a un mese prima del parto per ritornarvi dopo un periodo congruo (6-8 mesi).

Una gravidanza non è mai presa con leggerezza, per cui se una carcerata single dovesse avere rapporti con un uomo o con il suo uomo, non sarebbe ugualmente portata a fare figli uno dopo l'altro al solo fine di godere di un pò di libertà.

In ogni caso sono problematiche che potranno essere affrontate, come quelle inerenti al rischio di evasione durante i permessi premio, quello dagli arresti domiciliari o dagli ospedali.
E' solo questione di civiltà e di volontà dei Legislatori.

#5
Dr.ssa Giovanna Tatti
Dr.ssa Giovanna Tatti

Ha assolutamente ragione, non c'è ragione perché il mio commento precedente non debba essere pubblico se non la mia imbranaggine per cui ho erroneamente selezionato qsa di sbagliato evidentemente.. Se c'è un modo per correggere e rendere pubblico Qnt é stato pubblicato come non pubblico lo faccio volentieri.
Sul fatto che servirebbe una modifica del legislatore questo è evidente, sfonda una porta aperta. Dobbiamo ancora capire in che modo la quasi totalità delle carceri italiane possa essere rieducativa e non solo punitiva, viste le condizioni.
Sono meno d'accordo con lei sul fatto che la gravidanza sia sempre pensata in modo serio e sono sempre convinto che il rischio di una strumentalizzazione della stessa sia alto. E a tale proposito le norme da cambiare dovrebbero essere molte. Ad es. Ora, la madre non torna in carcere dopo il parto e sta in strutture protette DETENTIVE insieme la suo piccolo (che mica ha colpa se la madre delinque!) per i primi anni di vita, a tutela della relazione madre bambino sacrosantemente riconosciuta anche dal ns legislatore come da tutelare.
Ai permessi etc si può accedere cmq dopo un tot di detenzione e cmq è valutata volta per volta dal magistrato di sorveglianza sulla base delle osservazioni intramurarie mentre la possibilità di cui discutiamo noi sarebbe incontrollabile.
Non mi fraintenda sono la prima a desiderare una rivoluzione per alcuni aspetti dell' OP tuttavia non sono certa questo sia il più importante è il epico da affrontare..

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