Staminali cervello.

Le cellule staminali migliorano il danno traumatico del cervello

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Dr. Mauro Colangelo Neurologo, Neurochirurgo

All’Annual Meeting of American Academy of Neurology, svoltosi a Seattle dal 2 al 7 Aprile 2022, Peter McAllister, direttore del New England Center for Neurology, Stamford, Connecticut, ha presentato il lavoro “Stem Cells Restore Lost Function in Traumatic Brain Injury” per illustrare i risultati di un trial di fase 2 relativo all’impianto di cellule staminali nel cervello di pazienti affetti da danno cerebrale traumatico (DCT).

Il cervello sottoposto ad una forza meccanica esterna riporta lesioni che causano alterazioni delle funzioni motorie, cognitive e dello stato di coscienza per le quali non esistono tuttora terapie efficaci. La ricerca clinica di McAllister ha evidenziato, per la prima volta, che l’impianto di cellule staminali può modificare gli esiti dell’encefalopatia traumatica.

Le cellule staminali sono cellule primitive “pluripotenti” che nell’embrione in via di sviluppo hanno il compito di differenziarsi in tutte le cellule specializzate e negli organismi adulti agiscono come un sistema di riparazione, reintegrando i tessuti maturi danneggiati. Le fonti accessibili di cellule staminali, da cui possono essere prelevate e trapiantate in altri distretti dello stesso organismo, sono il midollo osseo, il tessuto adiposo ed il sangue.

Nello studio sono stati inclusi 61 pazienti con DCT dell’età media di 34 anni (70% maschi) con tempo medio dall’occorrenza del trauma di circa 8 anni, randomizzati in due gruppi: 46 hanno ricevuto le cellule staminali mentre per 15 è stata effettuata solo una procedura simulata (sham). Nel gruppo dei soggetti trattati sono stati introdotti tre diversi dosaggi di cellule (2.5 x 106, 5 x 106, 10 x 106) mesenchimali di provenienza allogenica dal midollo osseo di un donatore maschio (SB623).

La procedura neurochirurgica è consistita nell’effettuare un foro di trapano nel cranio e nell’introduzione, guidata da Risonanza Magnetica, di cellule staminali nell’area della lesione. I soggetti del gruppo sham hanno avuto solo un approccio minimo di trapanazione soprastante l’area cerebrale di lesione traumatica.

I partecipanti, dopo la dimissione, sono stati istruiti a praticare specifici esercizi di fisioterapia mattino e pomeriggio per la durata di 6 mesi e successivamente sono stati valutati per determinare modifiche dello score alla Fugl-Meyer Motor Scale (endpoint primario), la scala utilizzata per definire le funzioni motorie e la destrezza dei movimenti. Alla 24esima settimana, nei pazienti trattati con SB623 si è constatato un aumento medio di 8.3 dello score FMMS rispetto ai controlli del gruppo sham, statisticamente significativo (P =. 04).

Il trattamento ha mostrato di avere un reale impatto sulla vita dei pazienti consentendo a chi non poteva muovere un braccio una gestualità più elaborata, come abbottonarsi gli abiti, lavarsi i denti e schiacciare una noce o ad un ragazzo completamente afasico di pronunciare un’intera frase. Al riguardo McAllister rileva che il miglior outcome compete alla dose media (5 x 106) anche se al momento non si sa ancora se possa essere permanente.

Il follow-up è proseguito alla 48esima settimana (endpoint secondario) con ulteriori test:

  • Action Research Arm Test (capacità di afferrare e manipolare);
  • Gait Velocity (andatura sui 10 metri);
  • NeuroQOL (autovalutazione dell’abilità in varie attività)

che non hanno indicato nel gruppo SB623 un miglioramento statisticamente significativo, verosimilmente perché il numero di partecipanti è stato abbastanza piccolo, secondo McAllister.

Il meccanismo esatto con cui agiscono le cellule staminali non è del tutto chiaro, ma i ricercatori ritengono che esse stabiliscano un milieu di stimolo alla crescita cellulare e che promuovano proprietà antinfiammatorie. Sull’onda positiva di questi risultati preliminari, McAllister ha pianificato un più folto studio SB623 di fase 3 esteso ad altre condizioni patologiche del cervello tra le quali emorragie cerebrali, morbo di Parkinson e sclerosi multipla.

Frank Conidi, direttore del Florida Center for Sports Neurology, vede potenzialmente la terapia con cellule staminali come il più promettente trattamento del danno cerebrale traumatico, enfatizzando il fatto che ai miglioramenti seppur modesti non si è associato alcun evento avverso, cosa che apre l’orizzonte per futuri trattamenti di traumi del midollo o per altre condizioni correlate a danno cerebrale, come il Parkinson o la malattia di Alzheimer.

 

Fonte:

Data pubblicazione: 17 aprile 2022

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