Non sono mai stato in fase maniacale, disse Napoleone

Quando si arriva a diagnosticare un Disturbo Bipolare, spesso c’è nel paziente molta incredulità (molto meno nei familiari del paziente che, nelle descrizioni che il dottore fa del loro familiare, si ritrovano appieno).
Questa è una frase comune di chi soffre di Disturbo Bipolare:

“Dottore, io ho un disturbo bipolare? Non sono mai stato in fase maniacale in vita mia. Si sbaglia, io sono un depresso cronico!”


Si sottovaluta l’importanza di questa frase. Perché questa frase stessa, se vogliamo, è un sintomo, uno dei modi in cui la malattia si presenta. Spesso chi ha un disturbo bipolare quando è depresso crede di esserlo da sempre e di non guarire mai più, mentre quando è in fase espansiva (da quella più attenuata -ipomaniacale, fino alle fasi più esplosive - maniacali) crede di non essere mai stato male e di non ammalarsi mai (non è un caso se spesso in questa fase, i pazienti vogliono sospendere le medicine o addirittura le sospendono autonomamente).

Da cosa sono caratterizzate le fasi espansive?

Difficile dare un quadro unico e univoco. Un vecchio adagio dice: “nulla è durevole in mania se non la perpetua trasformazione”.

Le fasi espansive sono caratterizzate, oltre che da un aumento dei livelli di energia e attività, da umore euforico o irritabile - spesso si evidenzia una certa instabilità e il paziente passa dal giubilo alla rabbia intensa -, da una tendenza a chiacchierare di più, da una tendenza a spendere più facilmente, da una sensazione di benessere soggettivo, di vitalità, di ridotto bisogno di sonno (la moglie del paziente che ha un disturbo bipolare si accorge che suo marito è in fase espansiva dal modo in cui affetta il pane la sera, perché è cambiata la vitalità), anche da una perdita più o meno progressiva, più o meno totale, della “consapevolezza di malattia”.

Mentre le fasi più gravi, quelle maniacali, sono facilmente riconoscibili perché il paziente è discontrollato, disinibito, ecc. quelle più attenuate si confondono con la normalità, sono varianti piene di ottimismo e vitalità della normalità. Ma è importante riconoscerle, perché estinto il fuoco di queste fasi, la cenere che rimane è la depressione.

Vi riporto i dati di uno studio comparso qualche giorno fa, 6 ottobre 2015, e pubblicato sull’ “International Journal of Bipolar Disorders” (1). Su 40 pazienti intervistati aventi il disturbo bipolare (confermato clinicamente e con test diagnostici quali la SCID I), l’82% riconosceva di avere avuto in vita sua un episodio depressivo.

Solo una minoranza, il 22%, riconosceva di aver avuto un episodio (ipo)maniacale, e un numero ancora più piccolo, il 17%, ma io direi anche troppo, si rivolgeva a un operatore sanitario quando si trovava in una fase espansiva, di iperattività, di aumento di energie di tipo patologico.
I pazienti con una fase espansiva li vediamo dappertutto, in tv, nei comizi, difficilmente negli ambulatori psichiatrici.

Questo vuol dire che se chiediamo a un paziente con un disturbo bipolare se ha mai avuto fasi espansive, quasi sicuramente dirà di no. Ma questo non ci deve autorizzare a credere che in realtà sia così. Le diagnosi psichiatriche sono inferenziali, vengono desunte dalla “messa in atto” dei sintomi, non dalla loro esplicitazione durante un colloquio. Se aspettiamo che Napoleone ci confessi una sua fase maniacale (ammesso che avesse un disturbo bipolare, come è stato più volte suggerito), ritarderemo nell’effettuare una diagnosi e avremo perso la prima battaglia di un disturbo che tanto più non è diagnosticato, tanto più grava in modo terribile sulla vita di queste persone.

 

Fonte:

1) Regeer EJ et al. Low self-recognition and awareness of past hypomanic and manic episodes in the general population. Int J Bipolar Disorder 2015 Oct 6

Data pubblicazione: 14 ottobre 2015

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