La droga secondo Gomorra - parte 2

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Dipendenza e dipendere. Una parola non felice nel tradurre il termine “addiction”, perché dipendenza dà l'idea di qualcuno che non sa staccarsi da qualcosa, che ne ha bisogno o comunque ritiene di averne. Addiction indica invece un legame attivo, essere tendenti a qualcosa, verso qualcosa, in cui il problema non inizia per l'assenza, ma per la presenza.

Può sembrare una distinzione da nulla, ma è uno dei punti cruciali per capire la natura della malattia.

Un “dipendente” lo immaginate come qualcuno che smania quando si trova nell'impossibilità di avere la cosa da cui dipende? Oppure ve lo immaginate come qualcuno che non si sa trattenere quando la può avere, al punto da cercarla con grandi rischi e danni? Molti immaginano la prima situazione, e anche la seconda, ma meno. La prima può corrispondere all'astinenza, ma non corrisponde alla natura fondamentale della tossicodipendenza. La seconda situazione invece è sempre presente.

Se un tossicodipendente stesse male fondamentalmente quando non ha la sostanza, significherebbe che quindi, quando la ha, sta bene. Ciò non è vero. Semplicemente non ha astinenza, anche se l'equilibrio è comunque sempre più precario. Ma non si può dire certo abbia risolto il problema. Molti ritengono, sulla base di questo concetto, che se un tossicodipendente ha la sostanza, per esempio gratis e legalmente, non è più un soggetto problematico. La “patologia” allora starebbe nell'illegalità e nel costo, ciò che renderebbe il problema più sociale che medico.

Ma questa spiegazione non descrive i pazienti come essi sono. Il tossicodipendente è colui che si ammala, peggiora, talora muore, si ammala di altre malattie per effetto della sua spinta verso la sostanza, anche quando non ne ha alcuna necessità anti-astinenziale, o per auto-curarsi stati di malattia mentale. Egli non ha più filtro nel poter decidere di non usare una sostanza, quando, e quanta, e anche con che modalità (per esempio sicura, igienica, riservata).

 

Nel documentario “Inferno Scampia dalla Camorra a Gomorra” è realizzata una breve intervista ad una ragazza tossicodipendente, di cui riportiamo il testo.

 

Quanti anni hai?

19

Da quanto tempo di droghi?

Drogare... bucare 2 anni, drogare 6 anni

Prima di bucarti cosa facevi

Tutto fin da quando avevo 14 anni

Quanto ti fai?

mi faccio 3-4 volte il giorno, mi sveglio la mattina, anche se prendo metadone sto male

E’ più buona rispetto agli altri posti?

Sì, è più buona, è più vera

Costa di più o meno?

meno

E dove trovi i soldi?

Faccio colletta

E spacci?

Ogni tanto, magari un qualche amico mi aiuta, mi dice “lo vuoi sto pezzettino di fumo”, ti fai 30-40 euro? Perché forse è pericoloso per me, magari farei una brutta fine, nel senso che mi farei troppo, cioè mi butterei sempre più in fondo, magari nelle altre città riesco più a regolarmi perché costa tanto, poi facendo colletta non è che fai tanti soldi...... Se stessi qua….

 

 

Il ragionamento della ragazza è chiaro. Se ha soldi, li spende in droga. Se la droga costa poco, ed è vicina, è l'ideale per Lei. Se la droga costa molto ed è vicina, la compra lo stesso, ma tendenzialmente meno perché di soldi ne ha pochi. Se la tossicodipendenza fosse la sua natura vera, sognerebbe quindi di vivere in un posto dove la droga costa poco ed è facile da procurarsi, tipo la piazza di spaccio di Scampia, a suo modo protetta rispetto ad altri luoghi, economica e sempre aperta. Eppure la ragazza ringrazia il cielo che almeno, per effetto della sua situazione, non ha soldi in tasca, e che al massimo chiedendo l'elemosina può procurarsi qualche decina d'euro. Si fa quattro volte il giorno, ma la cosa potrebbe degenerare se avesse molti soldi, o se dove vive la droga costasse di meno, così da non costringerla a trasferte a Scampia. Se fosse così, sente che si farebbe ancora di più, e questo non lo dice come cosa positiva, ma negativa.

 

Il tossicodipendente ha problemi quando può fare, e “può” se la sostanza è disponibile, con un livello di rischio accettabile praticamente infinito, che sale se la disponibilità è alta. Se ha a disposizione molta sostanza, non si placa. Aumenta l'uso, perde il controllo. Gliene può bastare poca, ma tanta non basta.

 

Rispetto al metadone, è significativo quello che dice. Lo prende, ma non basta. Non per questo ne prende di più, perché finché può va verso l'eroina. Sarebbe semplicissimo non avere astinenza prendendone di più, ma la persona non ragione rispetto a questa, bensì rispetto alla voglia, che pende dalla parte dell'eroina, e non del metadone. Il tossicodipendente, quando è curato bene con dosi crescenti di metadone e si ritrova a non desiderare più l'eroina, ha chiaramente risolto il problema, però da solo non tende assolutamente a farlo, perché arriva ad un punto “morto”, in cui il suo cervello non potrà mai suggerirgli di usare una medicina per spegnere un desiderio, è il desiderio che guida, e guida vero l'eroina. Anche sapendolo razionalmente, che una certa dose di metadone nel tempo spegne la voglia, chi ragiona con la voglia non concepisce di “togliersela”, nella sua mente equivale a pensare di togliere la sostanza, di allontanarla. Soltanto dopo, quando i tossicodipendenti curati guardano con altri occhi quello che hanno, dopo essersi distaccati dalla voglia, riescono a concepire una vita senza eroina. Da qui l'importanza di capire che non stiamo ragionando con persone che semplicemente devono essere sollevate e aiutate a rialzarsi, ma con persone che vanno guidate contro ciò che il cervello direbbe loro in maniera istintiva, cioè di controllare la dipendenza da soli e con mille aiuti. Guidati proprio non pensano che possa stare la soluzione. In una cura che spenga loro il desiderio, talvolta senza neanche alcun altro aiuto.

 

Data pubblicazione: 18 maggio 2019

27 commenti

#1
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Buonasera Dottore,
Concordo su tutto ,ma per l'alto della mia ignoranza in merito ,il metadone non agisce solo a livello fisico togliendo l'astinenza ma non agisce sull'eliminazione del desiderio ..che alla fine è quello che sempre perdura e da qui le ricadute ?

#2
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Dr. Matteo Pacini

No.
L'eliminazione delle ricadute non è legata all'effetto antiastinenziale, non essendo l'astinenza la base delle ricadute. L'effetto antiastinenziale è utile nell'astinenza, ma la cura della dipendenza non c'entra direttamente con questo. Si tratta di un'azione che porta a estinzione il comportamento di ricerca della sostanza, al netto di altri legami fisiologici (seppur collaterali), come il tamponamento dell'astinenza. Per questo risultato occorrono dosi che sono sopra la soglia di abitudine, cioè la soglia sotto cui inizia l'astinenza, e sono raggiunti secondo una tecnica medica di graduale aggiustamento in crescita della dose. La dose orale è in realtà variabile perché come per altri farmaci ciò che conta pare sia la concentrazione plasmatica del metadone.

#3
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Forse ho capito è la tecnica per il raggiungimento del blocco narcotico : tratto da un suo articolo: " la persona non sentirà più l’eroina se la dovesse usare sopra il metadone , ed ha un vincolo relativo (l’astinenza) a breve termine alla terapia cosicché non corre il rischio di essere condotto di nuovo lontano dalla cura per effetto dei pensieri e dei comportamenti che esprimono la sua malattia cerebrale". Grazie così mi è più chiaro.

#4
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Dr. Matteo Pacini

Sì, questa è la tecnica del blocco narcotico basato sulla tolleranza. Esiste anche il blocco senza tolleranza, mediante farmaci che bloccano l'effetto per puro effetto antagonista. Non possono contare sul vincolo della tolleranza. Si è poi però osservato che il metadone non agirebbe solo per via del blocco narcotico, perché anche a dose non bloccanti può essere efficace, e talora l'effetto è soggettivamente legato al venir meno della spinta, in tempo breve rispetto al condizionamento tramite blocco narcotico. Quindi i meccanismi sono due, entrambi poi utilizzati come modello per le altre cure delle altre dipendenze.

#5
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Buongiorno Dottore ,
Secondo Lei , queste tecniche sono note a tutti gli operatori che operano nel settore nonostante non abbiano una specializzazione in merito?

#6
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Dr. Matteo Pacini

Queste tecniche o nozioni sono scritte in tutti i manuali e sono la base. Purtroppo, non sono la base della pratica così come poi viene fuori. Ancora oggi la dipendenza da eroina viene data come una malattia in cui la guarigione è quasi magica o artistica, mentre invece esiste una tecnica precisa.

#7
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Se fosse solo una questione magica o artistica il mondo non avrebbe più bisogno di voi:)
Non ho mai capito perché vi sia un pregiudizio così marcato sulla droga e non sulla"alcolismo ,tra l'altro classificabile come droga legalizzata e più diffusa in ogni ceto sociale,mi corregga se sbaglio.

Secondo lei ci potrebbe essere un modo per far sì che siano alla base della pratica di ogni operatore autorizzato ma non specializzato?

Così si potrebbero evitare cure inutili a favore di cure efficaci a persone in difficoltà.

#8
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Fino ad ora non si è trovato il modo. Non importa privato o pubblico, il "nulla" si crea un suo mercato, anche perché la domanda di cure è viziata da fattori culturali, e dalla domanda dei pazienti che riflette la loro condizione di malattia. In altre parole, né i pazienti né i familiari tendono, per fattori culturali o sintomatici, a preferire le cure efficaci alle altre, anche dopo averne constatato l'efficacia.
L'alcolismo ? Stessa cosa. Anzi, io direi che più la sostanza è legale e quindi non oggetto di proibizione, meno ci si capacità della natura di una malattia che coinvolge quella sostanza. Gli alcolisti sono oggetto di interventi "a caso" ancora più spesso, e ci sono interi filoni considerati ormai "normali" per il trattamento dell'alcolismo che non hanno letteratura scientifica.

#9
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Buona sera ,
Capisco che questa purtroppo sia la realtà però sembra più una resa che una azione -reazione nel trovare un modo per modificare i protocolli e i modi di agire.
Vi auguro buon lavoro nel trovare un modo per risolvere il risolvibile.
Buona settimana.

#10
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Curiosità... Lei opera solo a livello individuale o all'occorrenza si potrebbe spostare ,fuori sede , per un check up di gruppo :) ?
La domanda è seria ,la battuta è dovuta per sdrammatizzare.

#11
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Dr. Matteo Pacini

Cioè intende fuori sede per una visita a più persone ? O intende una visita ad una persona con partecipazione però dei familiari ?

#12
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La seconda .
Grazie anticipatamente per eventuale risposta.

#13
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Dr. Matteo Pacini

E' prassi comune che se la persona vuole partecipino anche familiari alle visite. Non saprei cosa intende per "fuori sede", anche perché ho più sedi.

#14
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Visita domiciliare che coincide con ambiente lavorativo .

#16
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Grazie per la risposta.
Sa ,credo che le malattie psichiatriche siano per la maggior parte di persone considerate ancora tabù ,tanto che se diagnosticate potrebbero "infangare " la famiglia ,in molti pensano.
Discorso alquanto discutibile e privo di senso ,dal mio punto di vista ,ma tant'è.
Grazie ancora per la disponibilità. Buona giornata.

#17
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Geograficamente parlando Lei ,con le sue sedi di lavoro ,riesce a coprire una vasta zona dal nord al centro con un raggio kilometrico particolarmente accettabile.
Quindi se non le si chiede un intervento domiciliare dove la tariffa per rigor di logica aumenterebbe ..dove potrebbe annidarsi il problema? Forse dove il soggetto riconosce un eventuale problema ma non lo vuole risolvere ?

#18
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Dr. Matteo Pacini

Non ho capito di preciso il discorso. Non capisco che c'entri la distanza con il fatto che la persona non sia consapevole del problema. Comunque non è questo il tema dell'articolo, quindi chiuderei qui. Per gli appuntamenti c'è eventualmente il recapito degli studi.

#19
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Se familiari o amica me ne daranno il modo la contatterò sicuramente .
Grazie e buona settimana.

#20
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Non c'entra nulla , però volevo dirle che son felice nel ritrovarla ancora tra i medici che rispondono alle numerose richieste degli utenti.
Scusi la disgressione .
Buon lavoro

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