Antidepressivi e depressione: le cure lunghe fanno bene o male ?

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Molte persone si pongono il problema degli effetti a lungo termine dei farmaci per disturbi neuropsichiatrici, comunemente indicati con il termine di psicofarmaci.

L'idea più diffusa è probabilmente che è meglio evitare di prenderli se possibile; che se si prendono è meglio farlo per periodi brevi; e che se possibile è meglio utilizzare altre forme di trattamento anche allo scopo di smettere farmaci che si assumono da tempo.

Poiché parlare di psicofarmaci non ha molto senso, trattandosi di un insieme molto vario di medicinali per disturbi diversi, focalizziamo l'attenzione sulle terapie a base di antidepressivi, utilizzati per depressione, disturbi d'ansia e "somatizzazioni".

Nel ragionare su quando curarsi e per quanto debba durare una cura con antidepressivi, spesso si pensa in primo luogo ai rischi possibili dei trattamenti, ma quasi mai si parte con il primo punto logico del ragionamento, cioè quale andamento ha la depressione non trattata.

Esistono depressioni che ricorrono ma durano poco (1 mese o meno) o depressioni continue, di varia gravità. In mezzo ci sta la maggioranza dei casi, cioè depressioni che, se non curate, durano molti meni o qualche anno, per poi concludersi, spesso con ricadute poi negli anni a seguire, o con residui che rimangono continui.

E' dimostrato che una cura antidepressiva che dura almeno due anni riduce la probabilità di ricadute dopo la sospensione della cura. In altre parole, cure brevi (pochi mesi) tendono ad essere seguite da ricadute, prima e in numero maggiore.

Questo argomento è semplice e chiaro, ma le ricadute non sono soltanto la ripetizione dei sintomi, è un avanzamento della malattia. Se la depressione corrisponde ad una istruzione che il cervello esegue, la cura cancella questa istruzione e impedisce che la depressione nel tempo costruisca il "suo" cervello, cioè un cervello che "fa" la depressione in maniera preferenziale.

Il cervello depresso si struttura in maniera da mantenere, e riprodurre i sintomi depressivi, come se in pratica si fosse allenato alla depressione, e quindi la facesse ormai senza bisogno di nessun motivo, in automatico, e in maniera continua e rigida rispetto a fattori esterni che potrebbero invece correggerla.

Se il cervello durante la cura non si è sufficientemente ripreso dalla prima "istruzione" depressiva, quando la cura è tolta, prima del dovuto, il processo biologico che "fissa" questa istruzione nel cervello e la rende addirittura strutturata, rigida, è un processo che riprende e progredisce.

Ricadere significa quindi aggiungere un mattone al muro della depressione, che non è stato distrutto completamente se la cura non è durata abbastanza a lungo.

Da questo discorso emerge chiaramente che la malattia porta il cervello verso un irrigidimento, un deterioramento, mentre le cure, specialmente se fatte a lungo, lo aiutano a recuperare, migliorano la sua "elasticità" e fanno regredire il processo di malattia.

In termini "grossolani" il cervello depresso si semplifica, sono ridotte le interconnessioni, il volume di alcune aree cerebrali, insomma l'idea è che sia un cervello che può fare meno cose, reagire di meno, cambiare stato meno facilmente e sia fatto per ripetere se stesso al di là dei fattori esterni.

La ripresa spontanea dalle ricadute quindi è minore se le ricadute sono ripetute, e per questo può accadere che dopo l'ennesima ricaduta il farmaco precedentemente efficace non funzioni più, o funzioni ma solo a dose più alta.

Questo processo di "ristrutturazione" del cervello, al di là dell'effetto sul sintomo, è svolto dai farmaci antidepressivi (e anche da altre categorie) mediante fattori ormonali che probabilmente, se fosse comodo e facile dosarli nelle aree cerebrali, sarebbero utili indicatori del rischio di ricaduta.

Se i neuromediatori che si citano sempre per caratterizzare gli antidepressivi (serotonina, adrenalina, dopamina etc) sono coinvolti nel primo livello di azione degli antidepressivi, questo tipo di azione però rende ragione della correzione dei sintomi, mentre il mantenimento di un determinato assetto di neurotrasmettitori e recettori poi porterebbe ad un cambiamento nei circuiti "ormonali" con cui i neuroni comunicano tra di loro, per fissare strutture e funzionamenti, sia normali che patologici.

Le ricadute, e la cronicità per assenza di trattamento, quindi hanno un'azione sul sistema ormonale che costruisce un cervello organizzato per sostenere la depressione, i trattamenti agiscono in senso opposto.

E' probabile che proprio per questo nelle forme di depressione più durature le cure, dopo primi stentati risultati, possano ottenere gradualmente risultati migliori nel tempo, e che quindi valga la pena di insistere e di potenziare le cure per sollecitare un cambiamento che non avviene facilmente e subito a livello di sintomi, ma nel tempo potrebbe avvenire a livello neuro-ormonale, con una graduale "distruzione" del muro depressivo costruito nel tempo.

Un modo per potenziare questo effetto "trofico", cioè di stimolazione della crescita dei neuroni, solitamente corrispondente ad un funzionamento più elastico e ricco del cervello, meno rigido e più vivace, è la regolarità nell'assunzione delle cure.

Le cure assunte irregolarmente possono comunque garantire una remissione dei sintomi abbastanza stabile, ma hanno un effetto curativo meno efficace. In altre parole, assume a periodi le cure, o qualche giorno si e qualche giorno no, non è come assumere una dose minore: se l'assunzione è irregolare è minore l'effetto curativo. Ancor più "precise" nel sollecitare un effetto curativo sono le formulazioni "a lento rilascio", che permettono livelli cerebrali del farmaco molto stabili nelle 24 ore, tra un'assunzione e l'altra.

In sostanza: la depressione è una malattia da curare presto, abbastanza a lungo, con l'idea che le medicine (a parte il problema di eventuali effetti collaterali mentre le si assumono) migliorano le capacità cerebrali, sia durante che in prospettiva dopo la fine di una cura duratura.

Viceversa, le ricadute non sono soltanto possibili nuovi episodi che eventualmente si tratteranno come il primo, ma scavano in un solco già tracciato, e quindi portano avanti un processo di malattia.

Il numero di episodi già passati aumenta quindi il rischio di episodi futuri, di cronicità e di sintomi residui persistenti. In presenza di storie di depressione lunghe e con ricadute, è utile ricorrere ad associazioni, strategie di potenziamento, e probabilmente avere più pazienza perché l'azione degli antidepressivi, che non si vede subito a livello sintomatico, si svolga però a livello più profondo, ad esempio neuro-ormonale.

Un po' come un vecchio macchinario rugginoso, che per essere rimesso in funzione deve prima essere "scrostato" dalla ruggine, e poi può essere oliato per funzionare di nuovo a dovere.

Bibliografia:

Biggio G. Meccanismi neurobiologici nei disturbi d'ansia e del tono dell'umore

http://www.gipsicopatol.it/italiano/rivista/ultimaannata/ind_17_1.htm

Data pubblicazione: 19 maggio 2011 Ultimo aggiornamento: 05 agosto 2019

91 commenti

#1
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Utente 206XXX

grazie dottore per questo articolo che corrisponde a una chiara risposta alle mie domande di consulto

#2
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Utente 965XXX

Grazie Dott. Pacini per questo articolo! Colgo l’occasione per ringraziarla per le sue risposte, sempre puntuali e chiare che dà su questo forum, frutto di grande impegno e generosa umanità!

#3
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Utente 168XXX

Quindi dottor pacini la depressione atrofizza certe parti
del cervello che gli antidepressivi alla lunga ristabiliscono? Ci sono esami diagnostici strumentali che documentano questa sua affermazione?
In teoria se io depresso e ansioso da molto tempo con numerose ricadute andassi a fare una risonanza magnetica dell'encefalo si evidenzierebbe una certa situazione deficitaria.E poi dopo terapia prolungata se rifacessi la stessa terapia si evidenzierebbe un'aumento delle aree cerebrali precedentemente compromesse?
Siamo nel 2011 è assurdo che non vengano fatti degli esami strumentali prima e dopo l'assunzione di farmaci...

#4
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Dr. Matteo Pacini

Dunque, questa preoccupazione salta sempre fuori ma non ha una logica. Gli studi ci sono, tanto è vero che ho messo il link ad un articolo recente che riassume varia bibliografia. Tempo fa ne uscì uno anche sull'elettroshock, stesso discorso, favorisce il trofismo cerebrale per il suo effetto contro la malattia che invece lo sfavorisce.
Questo non ha una ricaduta sul tipo di diagnosi e l'accertamento delle condizioni cliniche del paziente. Si sapeva anche da prima che le depressioni non curate o dopo molte recidive sono più "dure" da curare, e che sospendere le cure dopo poco non è in genere opportuno. Anche potendo vedere uno per uno i neuroni non è che cambierebbero le scelte terapeutiche, i risultati si vedono clinicamente. L'unica cosa in cui questo sarebbe decisamente utile è per le cure che non funzionano, al fine di stabilire se nel tempo sta succedendo qualcosa a livello cerebrale, oppure no. Nel primo caso si penserebbe a proseguire la cura in attesa di miglioramenti, magari qualcuno migliora dopo mesi solo perché la sua è una depressione cronica e con molte ricadute.
La sua situazione forse è diversa: è in terapia ma ha ancora ricadute nonostante la cura, per cui questo pone il problema di trovare una cura che funzioni ancor prima che di ragionare sulla sua durata.

#5
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Ex utente

Mah.. questi antidepressivi vengono considerate molecole miracolose ma alla fine nessun esame strumentale è in grado di quantificare il loro beneficio. Tanto che ultimamente è anche stato ipotizzato che la loro efficacia non è in relazione all'aumento di Serotonina in circolo nel cervello.
Insomma, tante voci e poche certezze ruotano intorno a queste molecole..

#6
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Dr. Matteo Pacini

In questo commento, a cui rispondo volentieri, noto tanti equivoci che in questo periodo vanno per la maggiore.

La psichiatria fa diagnosi sulla base di alcuni sintomi tra cui una parte sono emozioni e pensieri, ovvero cose espresse dalla persona. La ricerca ha spesso collegato alcune diagnosi, o sindromi, a determinate "immagini" cerebrali, ma questo non ha un valore diagnostico. Invece molte persone vedo che pensano: uno ha il panico, ma non ci sono esami per vedere dov'è ? La depressione, ho letto che ci sono esami neurologici sofisticati che fanno vedere dov'è ? Allora come si fa a farli ? Un falso problema direi: la diagnosi non si fa con questi esami, se mai serviranno, in futuro, a chiarire che non tutte le depressioni sono uguali, e a far capire quali curare in un modo e quali in un altro. Ma l'osservazione del paziente, di come si comporta, risponde, argomenta, si presenta, è per definizione il centro della diagnosi, non è una questione di avanzamento della tecnologia. Si potrà prevedere che uno diventi depresso con un esame del sangue forse, in futuro, o con un esame generico, ma per dire che "lo è" il punto di partenza è come sta e come dice di stare.
Detto questo, passiamo ad un'altro equivoco simile. Gli antidepressivi. Quando si dice che un farmaco funziona, non serve sapere "come", questo spesso è un'idea che il ricercatore ha in partenza, e non èè detto che sia quella giusta. Io posso sapere che una cosa funziona, e non sapere come. Oppure posso pensare che funzioni in un modo, invece non è vero, il che ovviamente non toglie che funzioni.
Nessuno scrive negli articoli che gli antidepressivi (presumo gli SSRI) funzionano perché "aumentano la serotonina", questo non si insegna all'Università e non si scrive negli articoli scientifici, ma è un modo di dire giornalistico che non ha fatto altro che confondere le idee, e spingere tanti a prendersi integratori alla serotonina. Sono farmaci che funzionano su alcuni recettori, che hanno a che fare con la serotonina, e con questo ne sappiamo quanto prima, perché il meccanismo non è di aumentare la serotonina, questo lo sanno tutti. La serotonina aumenta subito, e l'effetto lo abbiamo dopo un mese, a volte 2-3. Quello studio a cui lei fa riferimento dice semplicemente che a basse dosi la fluoxetina (mi pare sia quella la molecola studiata) non riesce ad aumentare la serotonina nelle sinapsi, e quindi non deve essere quello il meccanismo. Infatti, nessuno lo pensava comunque.

#7
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Ex utente

Salve Dott. Pacini, stavo cercando una risposta ad una mia richiesta d'informazione sulla cura antidepressivi prolungata. Ho 69 anni. Ecco i mio quesito: sei anni fa a causa di un grande ed improvviso dolore, ovvero tradimento di mio marito, dalla disperazione sono passata ad avere un muro nero davanti, tutta la mia vita mi è apparsa inutile, il futuro scomparso....Dopo sei mesi ho cercato una psicologa che mi ha seguito per più di un anno. Nel frattempo un giorno ho avuto indecisioni nel trovare la via per tornare a casa. Lei mi indirizzò subito dallo psichiatra che mi prescrisse il welbutrin, 150 al mattino. Inoltre soffrendo d'insonnia prendevo già da anni 10 gocce di lorazepan prima di dormire. Non ho mai smesso di prendere welbutrin perchè ho il terrore di ricadute. La mia domanda è questa: da un anno ho delle sporadiche perdite di memoria. Tipo dimenticare qualche avvenimento, che poi ricordo se chiedo aiuto a mio marito. Può dipendere dall'assunzione di questi due farmaci? Penso alla demenza, possono indurre alla perdita di memoria? Ho chiesto al mio medico una visita, mi ha prescritto un consulto dal geriatra. Ma io non ho il coraggio di andare! Grazie! Marta

#8
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Dr. Matteo Pacini

Presumo sia legato alla sua ansia. Anche perché lei legge un articolo rassicurante, anzi incoraggiante, ma in realtà la sua domanda ripete il timore iniziale che l'ha spinta a leggere l'articolo, cioè se causino danni.

#9
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Grazie dr.Pacini della tempestiva risposta. Ha perfettamente ragione. Purtroppo soffro d'ansia fin da bambiIna. Comunque il suo articolo mi ha dato un po' di ottimismo. Ho assistito la madre affetta da demenza, malattia che non conoscevo direttamente. E i miei timori credo siano giustificati. Andrò per quella visita dal geriatra. La ringrazio e le auguro Buon Natale!

#10
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Ex utente

Chiedo venia ma, le affermazioni di cui sopra, tipo
"che la malattia porta il cervello verso un irrigidimento, un deterioramento, mentre le cure, specialmente se fatte a lungo, lo aiutano a recuperare, migliorano la sua "elasticità" e fanno regredire il processo di malattia"
e tutto quanto il resto che mi porta a pensare che proseguire anche per anni o a vita (se ne fosse bisogno) con l'assunzione dell'antidepressivo porta al benessere mentale e al paradiso mentre non proseguire con l'assunzione o interromperla, magari dopo due (anche su indicazione dello specialista) può portare la malessere mentale e dunque all'inferno.

Quello che non ho capito è: queste sono supposizioni personale dello scrivente (Dr. PAcini) o è quello che ha appurato la scienza (dunque non opinabile poichè "2 + 2 fa sempre 4"?) ?

Grazie

#11
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Dr. Matteo Pacini

No è completamentee fuori strada. La medicina non si occupa di paradiso o inferno, ma della variabile "malattia". L'inferno della malattia è la malattia aggravata e resistente, il paradiso della malattia è la sua assenza. Su questo la medicina fa la differenza, e valgono le considerazioni fatte sopra. Dopo di che, la persona sana e senza disturbi mentali può essere ugualmente infelice e scontenta per mille ragioni. Difficile invece che una persona sofferente di una malattia che si è aggrava sia comunque felice e contenta, proprio per i limiti imposti dalla malattia stessa.

#12
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Dr. Matteo Pacini

Non sono supposizioni personali, sono i dati sulle malattie curate o non curate.

#13
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Utente 435XXX

Salve Dr. Pacini, mia madre è depressa da oltre 30 anni (in passato curata con triciclici e altro che nemmeno più ricordo). Adesso invece è da anni che assume 20 mg di paroxetina e a livello depressivo sta abbastanza bene. Lo specialista dice che è vivamente consigliabile continuare la cura a tempo indeterminato. Io temevo che ciò potesse essere un errore ma da quanto leggo nel suo articolo di cui sopra, mi sembra di capire che invece probabilmente è la cosa migliore da fare, è così (può dare un suo parare anche con i pochissimi dati che ho esposto)?

Articolo ricco e pieno di spunti il suo, per cui:
purtroppo anch'io soffro di depressione ricorrente (o cronica) e in passato sono stato in cura con tre diversi ssri per 14 - 19 e 30 mesi (benefici da 1 a 10 = circa sei) e nel mezzo dei tre ssri con un srni per 8 mesi che mi dava benefici depressivi pari a 7 ma che ho dovuto sospendere per i pesanti effetti collaterali.
Adesso sono in cura con lo stesso specialista di mia madre e sto assumendo da due mesi la vortioxetina, come benefici (da 1 a 10) direi che sono sul 5 ......... motivo per il quale ho chiesto al dottore se fosse il caso di salutare questa molecola.
Lo Psichiatra però è convinto che questa molecola mi potrà aiutare molto e farmi arrivare anche a "8" ma che devo dare tempo e se necessario anche un altro o pure due mesi ma mi ha esortato a non fare la stupidaggine di mollare la cura e soprattutto di non farlo di testa mia.
Io gli ho dato retta e continuo la cura (credo abbia intuito che stava nascendo in me l'intenzione di dire ciao alla molecola).
Prima di leggere l'articolo sopra però ero molto scettico. Adesso lo sono di meno perchè oltre ad aver letto delle recidive - ricadute - peggioramenti - muro da distruggere - scavare un solco già tracciato portando avanti un processo di malattia - cronicità e sintomi residui persistenti ecc. ecc .......
mi ha molto colpito (in positivo):
"In presenza di storie di depressione lunghe e con ricadute e probabilmente avere più pazienza perché l'azione degli antidepressivi, che non si vede subito a livello sintomatico, si svolga però a livello più profondo, ad esempio neuro-ormonale. Un po' come un vecchio macchinario rugginoso, che per essere rimesso in funzione deve prima essere "scrostato" dalla ruggine, e poi può essere oliato per funzionare di nuovo a dovere"

Quindi, così come prima ho chiesto per mia madre, adesso le chiedo per la mia situazione:
leggendo quando da Lei scritto, mi sembra di "intuire" che (anche se a distanza e sapendo poco di me) Lei sarebbe d'accordo con il mio Psichiatra e che la probabilmente la cosa migliore da fare in questo momento è insistere con la nuova cura (anche se voto 5 dopo ben due mesi di assunzione) poichè può essere che sia il caso del virgolettato che ho riportato 5 righi sopra ?
In un forum ho letto anche l'esperienza di un utente che negli ultimi 20 anni aveva assunto di tutto senza benefici apprezzabili e stava cercando anche di fare l'elettroshock,
poi però ha risolto con: " Ormai è da 5 mesi che prendo il brintellix. Quando lo cominciai a prendere ero totalmente depresso, adesso sto benissimo. Credetemi, il segreto sta nel tempo. E' un farmaco che non fa subito effetto, ma ci vuole parecchio tempo. I primi mesi bisogna resistere, ma credetemi io al quarto e quinto mese ho avuto un effetto eccezionale da questo farmaco. Adesso sto benissimo, non ho più ansia e non sono più depresso. Però ho dovuto aspettare per avere l'effetto completo"
L'insistenza del mio Psichiatra - quanto letto nel suo articolo e l'esperienza di questo sconosciuto mi fanno ben sperare (anche se al momento sono sotto la sufficienza) ma lo stesso gradirei tanto un suo parere in merito.

Se lei me lo consente poi, gentile Dr. Pacini, vorrei poterle chiedere un'ultima cosa:
discutendone col mio Psichiatra mi ha detto che non possiamo stabilirlo a priori ma secondo lui è probabile che per il mio benessere io abbia necessità di una cura a tempo indeterminato (praticamente a vita) così come la mia mamma.
Non avendo ancora letto l'articolo sopra del Dr. Pacini, nella mia mente avevo già rifiutato questa "probabile necessità" ........... adesso invece inizio a pensare che magari può essere che la cosa più giusta e migliore da fare per la mia salute mentale (e non solo).
In linea di massima, anche Lei, Dr. Pacini, crede che sia probabile che in un caso come il mio una cura continua di "mantenimento/antirecidiva/ecc. ecc. ecc." sia la coa migliore per me?

Mi scuso se ho scritto troppo. Chiedo venia se ho posto troppe domande/pareri.
Ma ringrazio per la disponibilità, per l'aver potuto scriverLe e per l'ottimo articolo che mi ha in questo momento mi ha dato un pò di speranza (ne avevo poca).
Cordiali saluti

#14
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Dr. Matteo Pacini

Va sempre tenuto presente che la depressione non è una malattia sempre destinata a non passare se non si cura. I tempi studiati sono tempi di 1-3 mesi. Stabilire un effetto dopo molti mesi è controverso. Non che non sia possibile, ma i tempi su cui si conosce l'efficacia sono più brevi.
Per quanto riguarda la prevenzione delle ricadute, in caso di forme ricorrenti o con caratteri di cronicità probabile, tipo appunto quella dell'anziano, è sempre il caso di considerarla dall'inizio.

#15
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Utente 435XXX

Francamente, logicamente per un mio limite di comprensione, dopo la risposta le confesso di essere più confuso di prima.
Mi sembra di aver capito che la depressione può andar via anche da sola e dunque nel caso gli antidepressivi causino effetti collaterali (come li ho avuti in passato) forse è preferibile lasciar perdere i farmaci (soprattutto dopo aver letto il suo articolo, sono molto sorpreso nel venire a conoscenza di questa ulteriore realtà dei fatti.
Sapere ciò ha fatto istintivamente rinascere in me l'intenzione di abbandonare la cura e non passare ad altre molecole - poichè ho già dato e per esperienza personale so i benefici e gli effetti collaterali e non voglio stare ancora a provare ora questa ora l'altra molecola - ........... se questa Vortioxetina non mi darà ciò che cerco con gli antidepressivi ho chiuso; vuol dire che la mia depressione rientra fra i casi che non deve essere curata e cercherò - per non lasciarmi influenzare sia a livello conscio che inconscio - l'articolo letto sopra sul mattoni - solchi - ruggine e via discorrendo).
Sono comunque "contento" di averle scritto perchè ora ho un' altra e nuova prospettiva con cui guardare al problema (cioè bandire gli antidepressivi) e la ringrazio per la sincera risposta.

1 - 3 mesi............ vuol dire che dopo tale periodo è probabile la molecola non sia adatta alla mia depressione?
Cordiali saluti

#16
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Dr. Matteo Pacini

No, non è questo il punto.
Poiché parlava di risposte dopo 5 mesi, allora la precisazione è necessaria. Gli antidepressivi sono dati per efficaci in tempi più brevi. Siccome ci sono persone che dicono di essersi curati e di esser stati bene dopo mesi e mesi, in questo caso è dubbio che sia per la cura (e allora se non per la cura per cosa ? Da qui nasce il discorso che la depressione può anche passare, così come anche ritornare). Perché allora la si cura ? Perché quando si cura si risolve comunque meglio.
La chiave della cura sta, nelle forme ricorrenti, a prevenire le ricorrenze, che alla fine danneggiano più che il primo episodio preso in sé.
Quindi niente vieta di pensare che una persona stia bene più lentamente, però - nel caso in cui ricada - questo può significare che in realtà era un decorso più spontaneo che non indotto da una cura. Tutto qui.
E' sempre bene far valutare la risposta, come è avvenuta etc dal medico (magari uno sta meglio dopo 5 mesi, ma il medico vedeva già miglioramenti dopo 1, e allora il discorso è ovviamente normale). Non prenda quindi iniziative, interagisca col suo medico.

#17
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Utente 435XXX

Ok gentile Dr. Pacini, grazie e consiglio accettato, non prenderò iniziative.
Grazie inoltre per aver chiarito ciò che aveva scritto nella prima risposta perchè io stavo prendendo fischi per fiaschi, ora mi è tutto più chiaro.
Vorrei però poterle chiederle una ulteriore delucidazione.
Io sono a due mesi di vortioxetina, può essere che già ci sono ma ad oggi non sento tanti benefici;
a tal proposito nel suo articolo però c'è scritto che
"E' probabile che proprio per questo nelle forme di depressione più durature le cure, dopo primi stentati risultati, possano ottenere gradualmente risultati migliori nel tempo, e che quindi valga la pena di insistere e di potenziare le cure per sollecitare un cambiamento che non avviene facilmente e subito a livello di sintomi, ma nel tempo potrebbe avvenire a livello neuro-ormonale, con una graduale "distruzione" del muro depressivo costruito nel tempo""
e
""In presenza di storie di depressione lunghe e con ricadute e probabilmente avere più pazienza perché l'azione degli antidepressivi, che non si vede subito a livello sintomatico, si svolga però a livello più profondo, ad esempio neuro-ormonale. Un po' come un vecchio macchinario rugginoso, che per essere rimesso in funzione deve prima essere "scrostato" dalla ruggine, e poi può essere oliato per funzionare di nuovo a dovere""

visto che la mia depressione è appunto duratura e lunga (Le ricordo nonostante io abbai "solo" 38 anni che negli ultimi 12/15 anni ho assunto 3 diversi ssri e un srni) può essere che io rientri nella descrizione del -----dopo primi stentanti risultati si possono ottenere gradualmente risultati migliori nel tempo ----- e dunque devo avere pazienza perchè anche se ora l'azione della vortioxetina non si vede chiaramente a livello sintomatico può essere però che stia lavorando a livello più profondo con con una graduale "distruzione" del muro depressivo costruito nel tempo ecc. ecc. ecc.?

A tal proposito vorrei far presente che all'ultima visita, il mio Psichiatra, nonostante io dicessi che non và, lui invece ha detto di trovarmi un pochettino meglio della volta precedente (ma sinceramente anche se sono passati ulteriori sei giorni ...... io ad oggi direi ancora che non và)!

I miei più cordiali saluti e Grazie ancora!

#18
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Dr. Matteo Pacini

In generale, le cure fatte a lungo danno come risultato ricadute meno probabili e meno gravi, e quindi in seconda battuta magari si possono avere risultati uguali con dosi minori etc.
Il grosso del decorso si gioca nei primi anni di malattia, anche perché andando poi in fascia senile, esistono fattori di aggravamento della malattia in sé.
Per cui essersi curati certamente dà un vantaggio.

#19
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Utente 404XXX

Buon giorno avrei una curiosità. ..io assumo elopram da 12 anni 10 gocce che nell'ultimo anno mi sono state aumentate dalla mia psichiatra a 15 gocce a causa di una ricaduta di attacchi di panico e ansia...e quest'ultimo anno l'ho passato abbastanza bene...Ora però sono ritornati ancora gli attacchi e l'ansia. . Ora la mia domanda è forse il caso di cambiare tipo di antidepressivo visto che pare abbia perso la sua efficacia dopo tutti questi anni? Oppure bisognerebbe ulteriormente aumentare la dose dello stesso farmaco? La ringrazio anticipatamente per la risposta. Cordiali saluti

#21
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Utente 404XXX

Allora io assumo Elopram( Citalopram ) da 12 anni 10 gocce. La psichiatra me le ha aumentate un anno fa a 15 gocce però gli effetti positivi che avevo riscontrato nei primi 5-6 anni di cura ora non gli ho più...quindi vorrei capire se in questi casi sia meglio aumentare ulteriormente la dose di Elopram o cambiare antidepressivo?

#22
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Dr. Matteo Pacini

Non c'è una regola, mi pare che il suo psichiatra abbia scelto prima di aumentare, il che mi sembra logico.

#23
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Utente 404XXX

Gentile Dottore dopo tanti anni di uso della stessa molecola questa può perdere la propria efficacia? Secondo lei se dovessi aumentare ancora la dose 20 gocce sarebbero troppe?

#24
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Dr. Matteo Pacini

L'efficacia a lungo termine non è sempre evidente da subito, quindi può anche essere, così come può essere che la malattia si aggravi, o che per altri fattori funzioni meno la cura. La dose la decide il suo medico, non si preoccupi, non c'è ragione che si concentri su queste previsioni.

#25
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Utente 404XXX

Dottore la ringrazio per le sue risposte, ne approfitto per porle un ultima domanda...in seguito ad un forte attacco di ansia il mio medico di base mi ha ordinato EN (Delorazepam) io ne prendo 6 gocce alla mattina e 6 gocce al pomeriggio e mi sento più tranquilla. ..e 15 gocce di elopram a pranzo. A queste dosi ci possono essere interazioni tra i due farmaci? La ringrazio

#26
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Dr. Matteo Pacini

Non saprei a che interazioni si riferisce, però questo spazio non è per consulti, e per sapere a come deve assumere la cura deve far riferimento al suo medico.

#27
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Utente 404XXX

Certo dottore ma siccome il mio curante è in ferie ed io ho sempre solo preso l'anidepressivo Elopram in questi anni volevo solamente sapere se aggiungendo Delorazepam potevo andare incontro a qualche effetto collaterale causato dall'associazione tra i due farmaci. Distinti saluti

#28
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Dr. Matteo Pacini

Non si possono dare indicazioni, questo servizio non sostituisce il medico.

#29
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Utente 453XXX

Dottor Pacini ho letto quasi per caso (ma stavo facendo una ricerca tramite Google con termini come "ssri a lungo termine 20 anni" il suo articolo e l'ho subito considerato il migliore ed il più esaustivo tra quelli trovati anche in inglese.
Leggendo il suo curriculum credo anche di avere capito perché.
Lei ha studiato a Pisa probabilmente facendo parte della cosiddetta scuola Cassano che annoverava fra i suoi discepoli anche la dottoressa Sanna che mi ha avuto come paziente circa 25 anni fa al centro Visconti di Modrone di Milano.
Ora io non so se posso fare nomi ma nel caso li metta come omissis.
Ad ogni modo io posso solo parlare bene della dottoressa Sanna ed anche della sua terapia anche se all'inizio ho incontrato molte resistenze da parte mia che, laureato in psicologia, ero ridicolmente contrario i farmaci.
Altro inciso ...perdoni se magari non curo tanto la punteggiatura ma io le sto dettando vocalmente perché ho bisogno di scriverle subito e mi viene più comodo dettare che digitare.
Probabilmente a discapito della correttezza formale dello scritto.
Cercando di tralasciare la mia storia personale nella quale da ossessivo-compulsivo (ruminante... almeno credo... E comunque anche con episodi di spleen ... la chiamo così questo disforia che mi prende spesso... Anche se non più con l'intensità con la quale mi conosce in quegli anni 93 94 quando nacque la mia prima figlia) mi soffermerei volentieri nei dettagli, provo a venire finalmente al dunque del mio intervento.

Dopo l'intervento massiccio iniziale anche con litio e con 225 mg di Anafranil pro/die che credo faccia parte della modalità di intervento della scuola Cassano ma non vorrei dire cavolate... Sono arrivato scalando e scalando...penso nel 97 98 alla mia dose di mantenimento da 20 mg di Prozac... C'ero arrivato quasi per conto mio perché non avevo più voglia di andare a Milano... Questa dose è proseguita grosso modo fino al 2008/10 ... Periodo in cui non ricordo se perché avevo provato a smetterla oppure perché proprio non funzionava più sono passato grazie ad altro psichiatra che abita nel mio paese ad una dose di 100 mg di sertralina.

Non sto male. Bene so che non starò mai come credo del resto che nessuno appartenente al genere umano posso stare almeno finché non sarà riunito in Dio Sant'Agostino. A parte questo passaggio mistico sono cosciente di avere una personalità contorta e ruminante e quindi non mi faccio soverchie illusioni di spassarmela in sta cazzo di vita.
L'importante sarebbe non avere ossessioni.
Una delle quali ...od
almeno un pensiero molesto che ogni tanto mi attanaglia...è appunto questo: cosa può provocare l'assunzione per 25 anni e magari anche per 40 se ci arrivo di queste dosi di Ssri?
Aspetti ora rendo più specifica la domanda.

Ho visto che alcuni articoli parlano di una correlazione molto forte tra assunzione a lungo termine di SSRI e insorgenza di diabete mellito 2 credo si dica così

È meglio che provi a passare ai 50 mg di sertralina?

Il mio dottore mi disse un anno fa che dipendeva da me di provare a fare tentativi

Vale la pena?

Per integrare tutto ciò che dico che io sono contrario a farmi esami del sangue

Lo so è contraddittorio ma questo fatalismo fa anche parte di me

Sono almeno 10 anni che non me ne faccio... Eppure direi di essere un classico esponente della sindrome metabolica 100 kg per 177 fumo 6 7 sigarette al giorno... Bevo e mangio tanto solo la sera... Lo so cazzo tutto il contrario di quello che si dovrebbe fare

A parte il cambiamento di stile di vita che so che lei sarà quasi obbligato a consigliarmi...

Mi può dire se vale la pena che io provi a passare alla dose di mantenimento minimo di 50 mg di sertralina?
Magari anche in funzione di un allontanamento del diabete incipiente...

Probabilmente lei stesso avrò fatto una sua diagnosi grazie alle mie domande e inconcludenti e infinite.

Malgrado tutto mi aspetto una sua risposta tranquillizzante.

La ringrazio e la stimo.

#30
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Dr. Matteo Pacini

Qui il punto mi sembra però anche quello di appurare la strategia migliore a lungo termine siano antidepressivi da soli o meno, visto che in passato c'era anche il litio. Su indicazioni pratiche non posso dirle nulla, direi di rifare il punto col suo psichiatra.

#31
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Utente 453XXX

Ma, dottore, il litio lo usai solo per qualche mese....all'inizio...e sono 25 anni invece che uso solo Prozac prima..e poi Zoloft.
Allora le riformulo la domanda per arrivare al nucleo del discorso che m'interessa: continuare per decenni ad usare SSRI aumenta (di molto) il rischio del diabete? O può procurare altre patologie? Ci sono studi in proposito su eventuali danni per l'uso più che decennale? o, comunque, i benefici saranno sempre superiori agli effetti collaterali? Quest'ultima, naturalmente, è la risposta che io spero. Ma mi rendo conto ancora di averle fatto troppe domande. Se crede, si fermi al diabete. Fatto sta che io non ho mai letto di studi che parlino dell'uso trentennale dei SSRI...mi piacerebbe sapere se esistono...e cmq...se non ci sono alternative...è chiaro che il gioco vale la candela...

#32
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Utente 453XXX

"direi di rifare il punto col suo psichiatra"...il fatto è che in pratica io mi gestisco da solo da quasi 20 anni... ora mi ha fatto venire il dubbio del litio...ma io credo che lo usiate solo voi (della scuola di Cassano..cioè...lo dico davvero senza polemica, e poi magari ho detto una castroneria)...cmq..davvero io lo usai per 4/5 mesi mi pare...conosce qualcuno vicino a me (Reggio Emilia) della vostra scuola?..la dott.ssa Benedetti, di Parma..andrebbe bene?

#33
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Utente 453XXX

Mi scusi, dottore, questa mitragliata di domande (del resto tipica, io credo, di noi DOCker , almeno di me, in certi momenti). Ora la smetto di monopolizzare questo forum.
So che non sembra, ma io sto relativamente bene: il fatto è che ogni tanto, dopo quasi 30 anni, mi vengono dubbi se ho ancora bisogno di questa stampella farmacologica, o meglio, di trovare l'equilibrio ideale, la dose "perfetta", il perfetto mix fra pro e contro. Forse è meglio che non mi faccia più queste domande finchè sto bene, e finchè, davvero, ad esempio, non mi venga il diabete. Però credo sia "normale", in certi momenti, ad esempio quando ho un momento di sconforto un pò lungo, o di ansia, o di aggressività, od anche di entusiamo pensare "se non prendessi niente, oppure prendessi 50 mg di sertra invece che 100, starei meglio???" oppure anche avere il dubbio che qualcosa, nel mio cervello, si sia "modificato" (scusi la banalità), a livello che ne so, di recettori, di sinapsi e di tutte quelle cose così affascinanti di cui non so niente. Scusi lo sfogo, e non mi giudichi troppo male...al limite mi giudichi un piucchecinquantenne con l'Ego Ipertrofico....

#34
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Dr. Matteo Pacini

Questo è un "rigiro" però dello stesso dubbio, parte dicendo che ne ha a mitraglia, ma poi mette le mani avanti dicendo che è comprensibile, cercando in questo modo di avere una risposta, secondo un meccanismo che non produce vantaggi ma dà il biglietto per un altro giro.

#35
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Utente 404XXX

Buon giorno dottore ho letto un suo articolo dove parlava della "reale" dose di antidepressivo che da quello che ho capito varia da persona a persona, in pratica non tutti assimiliamo il farmaco in egual modo...io prendo Elopram per attacchi di panico e fibromialgia da più di dieci anni ma ultimamente non mi da più i benefici iniziali...un mese fa di mia spontanea volontà ho fatto l'esame della serotonina con il prelivo del sangue ed è risultato basso rispetto al range 0,28-1,14 il mio valore è risultato 0,14. Quindi la mia domanda è questo mio valore basso di serotonina nel sangue può avere un significato?

#36
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Dr. Matteo Pacini

L'esame della serotonina non c'entra, mi riferivo ai livelli effettivi del farmaco in circolo.

#37
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Ok la ringrazio...quindi se un farmaco fa meno effetto di una volta vuol dire forse che il mio organismo non lo assimilata più come all'inizio....cioè dipende dal fegato?

#38
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Dr. Matteo Pacini

Se il fegato lo metabolizza molto, il farmaco c'è di meno. Queste sono differenze genetiche, quindi per lo più predeterminate. Che nel tempo cambi il metabolismo è già più raro.

#39
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Sono demoralizzata dottore ...scusi ma non riesco a capire come mai Elopram non mi da più l'effetto benefico che mi dava tempo fa...eppure ne assumo 15 gocce al giorno..

#40
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Spett. Dottor Pacini,

volevo chiederle cose ne pensa dei recenti (ma neanche troppo) studi sugli effetti degli SSRI a medio/lungo termine che sembrino evidenziare un maggior frequenza delle ricadute.
Le riporto alcune fonti:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12633120
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21459521/
https://www.karger.com/Article/Pdf/288880

ed un articolo interessante:

http://www.parlaconlevoci.it/news/2016/Reggio-Emilia/Whitaker-Reggio-2016-ita.pdf

Si parla di "disforia tardiva" e (a quanto ho capito dall'ultimo link) pare che il cervello, dopo 6/9 mesi di trattamento con SSRI, si modifichi al fine di contrastare la carenza di ricaptatori della serotonina (inibiti dagli SSRI), creandone di nuovi! A quel punto cosa succede quando s'interrompe il farmaco? Che la quantità di serotonina in circolo si riduce ancora più di prima! Sembrerebbe quindi che gli SSRI producano eccome dipendenza ed assuefazione, a differenza di quanto dichiarato dalle industrie farmaceutiche.
Sa dirmi qualcosa a riguardo?

Cordiali Saluti.

#41
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Dr. Matteo Pacini

La questione del lungo termine implica una premessa: la diagnosi. Whitaker fa riferimento agli antipsicotici, e anche qui c'è un elemento che manca, cioè la diagnosi. Il decorso di una psicosi è variabilissimo, perché le psicosi sono diverse. Idem per "la depressione": è noto che l'uso cronico di antidepressivi nelle forme bipolari peggiora il decorso, tendenzialmente, ma questo accade perché è un'altra malattia, non è malattia depressiva. Per cui l'uso singolo dell'antidepressivo su una diagnosi che nel tempo non si rivela depressione può non essere vantaggioso. Il fatto che è che spesso gli studi per approvare il farmaco sono pensati su un periodo limitato, sulla fase depressiva, e quindi su diagnosi provvisorie, non su una diagnosi confermata a 10 anni di distanza.

#42
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Ecco, la diagnosi, questa sconosciuta. 20 anni fa ho avuto una depressione, che il neurologo mi ha curato tramite un anno di fluoxetina. Mi ha fatto subito effetto, nel giro di un mese non avevo più nulla e non ho avuto effetti collaterali importanti. 5 anni dopo, un attacco di panico i cui effetti non andavano via da soli e dopo qualche settimana mi sono rivolto di nuovo al neurologo. Risultato: paroxetina per 1 anno e mezzo. Anche questa volta, effetto immediato ma effetti collaterali in fase di sospensione. Irritabilità, nervosismo, mi veniva di lanciare le sedie per aria... sapevo però che si trattava di un effetto collaterale e mi sono controllato il più possibile. Il neurologo me la fece ridurre più gradualmente e questo attenuò l'effetto, che non sparì completamente per almeno un altro anno dopo la sospensione (andò scemando piano piano). Brutta esperienza davvero, ma tenersi i continui attacchi di panico era impensabile.
5 anni dopo, mi sono sottoposto ad un dieta (purtroppo fai da me...) dove ho ridotto tantissimo i carboidrati (quasi azzerati) e ho fatto tantissima attività fisica (corsa, piscina, palestra): risultato, 20 Kg persi in 8 mesi. Peccato, però, che ad un certo punto ho cominciato ad avere forti capogiri. Ho smesso di fare attività fisica e ho ripreso a mangiare i carboidrati, in abbondanza perché mi dava sollievo. Ho fatto tutte le analisi del mondo, consultato tanti specialisti, endocrinologi, otorini, osteopati, ma tutto era nella norma, nessuna ipoglicemia o problemi al fegato/pancreas/(sur)reni/cervicale/labirinto. L'unica cosa che mi migliorava era mangiare più carboidrati. Risultato: ripresi i 20 Kg, ma in diversi anni. Tutt'oggi convivo con questi capogiri/senso di stordimento (quotidiani, persistenti) che si presentano soprattutto se mi affatico molto mentalmente o se faccio un'attività fisica un po' più elevata (una corsa di un'ora ad esempio). Non ne parliamo se per caso perdo ore di sonno, non posso dormire meno di 7/8 ore a notte.
Alla fine ho riconsultato il neurologo che mi ha proposto di riprendere la Paroxetina (e non la Fluoxetina). Dopo l'esperienza passata, mi sono rifiutato ed ho provato (sempre tramite un altro neurologo che mi ha voluto assecondare a non usare SSRI) strade alternative con integratori di triptofano (lo so, sono blandi) e punture di fosfolipidi ipotalamici (liposom forte). Soprattutto le ultime mi danno sollievo, ma l'effetto per adesso è abbastanza temporaneo. Qual è la diagnosi? Depressione mascherata? E perché dovrei prendere Paroxetina e non Fluoxetina visto che all'epoca mi diede meno problemi? Da notare che in casa mia soffrono di depressione mio padre, mia zia e mia nonna (tutti da lato di mio padre) e che faccio un lavoro molto stressante mentalmente che sicuramente contribuisce a peggiorare il quadro. So che non si fanno diagnosi, si prescrivono cure ecc... a distanza, però mi piacerebbe molto sapere che ne pensa a proposito. Che relazione ci potrebbe essere tra quella dieta scriteriata e questi capogiri? Qua tutti i medici non sanno che dirmi, ormai mi sono rassegnato. Grazie per l'attenzione.

#43
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.... Il fatto che è che spesso gli studi per approvare il farmaco sono pensati su un periodo limitato, sulla fase depressiva, e quindi su diagnosi provvisorie, non su una diagnosi confermata a 10 anni di distanza....

Ma voi dottori fate smettere una cura?

Non so se sono diversi io da tutti... Quando sto bene non ho dubbi e quindi non vado dallo psichiatra però continuo a prendere pedissequamente la mia dose di 100 mg di sertra....è quando ho dei dubbi che vado dallo psichiatra che allora mi dice che non è il caso scalare... E così sono 25 anni che continuo fra fluoxe e sertra... Io non lo psichiatra personale in questi venticinque anni dopo la SANNA sono andato 5-6 volte da uno psichiatra qua vicino... La mia salvezza è davvero lasciarmi andare e sperare nella Provvidenza...e a Culo tutto il resto!

#44
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Dr. Matteo Pacini

a parte la morale Gucciniana, le cure non è che si continuano o si smettono sempre senza un ragionamento, dipende dalla diagnosi, dal decorso già noto, dai fattori di rischio di ricaduta, inclusa ad esempio la familiarità, e così via.
Inoltre, per adesso se mai la tendenza delle persone è di smetterle per poi reiniziarle in caso di ricaduta, per cui la preoccupazione dei medici in questi anni, almeno quelli che sono specialisti in questa materia, è di non farle durare poco e capire che se sono previste ricadute è meglio prevenirle.

#45
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A parte tutto, grazie per la pazienza. Io, si vede, che sono diverso dalla maggioranza delle persone...ho paura a scalare, anche se il medico mi aveva detto di provare, passando da 100 a 50 mg, gradualmente, naturalmente. Però mi aveva anche detto che 100 mg sono sopportabilissimi, anche per tanti anni. Vabbè, ci penserò...certo che con l'età, con gli altri farmaci ipertensivi, appena hai un effetto collaterale non sai mai da cosa dipende...ci sono troppe cose da valutare...per effetto collaterale intendo anche calo dela libido, o meglio, sensazione di minore potenza sessuale, che comunque pure quella è variabile. Insomma bisognerebbe agire col bilancino da farmacista...ma mi sa che la risposta esatta non ci sia mai. Ed allora invece che fare infinite prove, stare attenti a come si sta...meglio non porsi troppi dubbi, finche ci si riesce...

#46
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Dr. Matteo Pacini

Qui si entra nello specifico di un caso, non avrebbe senso fare ipotesi perché sarebbero in questa sede vaghe e inconcludenti.

#47
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Salve dottore
a me pare che non sia ancora chiaro il motivo che scatena ansia a depressione nelle persone e c'è chi l'affronta con sedute dallo psicanalista a chi vede un miglioramento con i farmaci.
Farmaci che però mi sembra di capire siano ancora in fase di continuo miglioramento dal momento che non sono chiari appunto i meccanismi della malattia. Per farla semplice: si prova a cercare una molecola che dia benefici e si prova.
Tant'è vero che ogni persona reagisce in maniera diversa alle differenti molecole.
Quello che vorrei capire da lei è se i farmaci SSRI servono a ripristinare correttamente il cervello per fare in modo che poi lavori da solo quando si interrompono questi farmaci oppure se il cervello della persona ansiosa o depressa sia in qualche modo diverso chimicamente dal cervello di una persona sana e che quindi si debba aver bisogno per sempre di questi farmaci.
Dico questo perché spesso in fase di sospensione (graduale ovviamente) del farmaco di lì a poco si capisce ben presto che se ne avrà di nuovo bisogno per stare bene.
Un po' come l'insulina per i diabetici se mi consente il paragone.

#48
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Dr. Matteo Pacini

Qualche precisazione.
Che ognuno reagisca in modo diverso, no. Per fortuna esistono delle categorie, altrimenti nessuno saprebbe cosa, quanto, come e quando dare a chi. Il punto è che alcuni effetti sono prevedibili e standard, ma l'errore è generalizzarli o inventarsi che ce ne sono anche altri su cui invece manca il dato. Per esempio: sapere che un farmaco funziona benissimo dopo 1 mese, non significa automaticamente che dopo 6 mesi funzionerà ancora, questo è tutto da dimostrare. Che un farmaco abbia un effetto curativo non significa che la malattia sia eradicata, e appunto chi ha il diabete lo sa bene. Chi ha malattie di tipo psichiatrico è abituato invece a pensare che la malattia non è vera malattia, e che quindi se non ci si cura va via da sola, e che quindi chi si cura la cronicizza. In risposta a chi dice che curandosi sta meglio si obietta che si sta meglio "finché si prendono le medicine", ma quando si smettono le cose possono nuovamente peggiorare...e allora la cosa non serve in realtà a niente. Ma questo è un ragionamento assurdo, ed è anche errato tecnicamente. La ricaduta è meno probabile nelle cure lunghe. Il fatto è che se un disturbo ha di per sé tendenza a riprodursi, si inizia male pensando che con un mese di cura debba andar via, anche perché trattasi di cervello, organo non facilmente modificabile.
Ci sono anche casi contrari, in cui farmaci tenuti a lungo (ansiolitici per esempio) peggiorano poi la capacità residua dell'organismo di provvedere da solo. Eppure paradossalmente le persone si fanno più problemi a usare gli antidepressivi che non gli ansiolitici.
Le ricadute aggravano la malattia. I farmaci prevengono le ricadute. I farmaci quindi contrastano l'aggravarsi della malattia.
E' chiaro però che se io applico un farmaco ad una diagnosi che non è la sua, per esempio l'antidepressivo sul disturbo bipolare, otterrò magari l'opposto.

#49
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mi aggancio alla sua ultima frase: "...E' chiaro però che se io applico un farmaco ad una diagnosi che non è la sua, per esempio l'antidepressivo sul disturbo bipolare, otterrò magari l'opposto.".,,,
Non avevo capito infatti una sua risposta di qualche mese fa con la quale mi congedò abbastanza rapidamente "Qui il punto mi sembra però anche quello di appurare la strategia migliore a lungo termine siano antidepressivi da soli o meno, visto che in passato c'era anche il litio."

#50
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Utente 453XXX

.. concludo il mio intervento, erroneamente interrotto prima...
Poi non mi diede chiarimenti, su altre mie domande. Provo ora, agganciandomi appunto alla sua frase citata prima...le chiedo:
ma il fatto che io abbia iniziato il litio, poi smesso dopo alcuni mesi, vuol dire proprio, tout-court, che ero stato diagnosticato come bi-polare? Perchè allora, a mio parere, la diagnosi era sbagliata...Prova ne è il fatto che io da più vent'anni prendo solo prima prozac, poi sertralina, e scompensi "euforici", non ne ho mai avuto...nè ne ebbi prima...semmai il mio umore tende alla disforia, ogni tanto...
Scusi la mia domanda, che lei giudicherà poco chiara, come le altre volte...ma la sua risposta iniziale, così sintetica ed enigmatica aveva messo in moto in me una leggera ansia...che comunque, naturamente, fa parte di me. Per sintetitzzare...io avevo dubbi sui possibili effetti di una cura antidepressiva piucheventennale e lei mi tira fuori che la mia cura forse era sbagliata...boh....lei ora mi dirà di consultare il mio psichiatra...ma io semplicemente non lo ho. Saluti

#51
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Utente 165XXX

Dottore, non mi risultano evidenze che il curarsi a lungo previene le ricadute, ma anzi il contrario. Ci sono studi affidabili a tal riguardo?

#52
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Dr. Matteo Pacini

Prima all'ultimo commento. Sì, risultano ma non sono evidenze in generale, sono evidenze sull'uso degli antidepressivi nelle sindromi bipolari approcciate secondo il modello della "depressione". Sono dati che da anni ci vengono insegnati a corsi e lezioni, e pubblicati, i quali hanno modificato l'impostazione sia diagnostica che terapeutica rispetto agli antidepressivi. Il DSM V pone il disturbo bipolare in maniera separata finalmente dalla depressione.
Idem per l'uso degli antipsicotici nei disturbi bipolari anziché nella schizofrenia.
Certamente che la linea di produzione dell'industria farmaceutica non va nella stessa direzione delle evidenze, essendo ancora basata su antidepressivi e antipsicotici, ma la psichiatria non è una traduzione di esigenze industriali, questa è una semplificazione non corretta.
E' vero che il voler evitare di trattare le malattie come tali alla fine ha paradossalmente limitato la conoscenza dell'armamentario farmacologico e fissato come elementi cardine la depressione e la schizofrenia, con conseguente uso a tappeto dei farmaci indicati in queste sindromi per tutto. E "silenzio" politico sull'uso delle benzodiazepine.
Ci sono rassegne di dati di Whitaker che illustrano come le ricadute siano peggiori e maggiori, ma vanno lette criticamente perché indicano in parte cose già note, in parte riflessioni da fare sull'uso degli antipsicotici a tappeto.

#53
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Dr. Matteo Pacini

Per le cure. Decenni fa si inquadrano le depressioni come episodi, si usava quasi sempre l'antidepressivo, se c'era viraggio o instabilità si cambiava diagnosi e terapia. L'antidepressivo comunque rimaneva spesso, combinato a l resto, e si rinunciava di rado a usarlo sui sintomi depressivi.
Il litio è utile anche nelle depressioni unipolari ricorrenti, ma che nel 2017 uno riceva subito una prescrizione con litio significa molto probabilmente che la diagnosi è "dell'ambito bipolare". Non avere avuto fasi euforiche è ciò che dicono molti pazienti, anche di quelli che ne hanno avute, delirava e sono stati per questo ricoverati. Chi le ha attenuate, fisiologiche, non ha ragione per identificarle come "fasi mediche" perché erano di benessere. In quanto alla disforia, la manifestazione più frequente del bipolarismo è la disforia, non l'euforia. Il fatto che a lungo si sia stati bene con terapie antidepressive non esclude che poi il disturbo si sia espresso in maniera compiuta, e quindi non siano più adatti quel tipo di farmaci.

#54
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Utente 453XXX

Finalmente grazie per la risposta, destinata a me.
Comunque, dottore, le faccio notare che a me il litio fu prescritto nel 1993, abbinato con l'Anafranil...poi sostituito dal Prozac...e scusi non ho capito bene la frase: "che poi il disturbo si sia espresso in maniera compiuta..." . Ma ora non vorrei monopolizzare la conversazione. Io, allora, dietro il parere di uno psichiatra naturalmente, che contatterei...potrei provare a scalare i 100 mg di sertralina che assumo da circa 10 anni (e che sotituì il prozac che pure usai per una diecina d'anni)?

#55
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Dr. Matteo Pacini

L'approccio con lo psichiatra deve essere quello di esporre le sue esigenze, ma senza avere proposte.
Un litio con antidepressivo prescritto nel 1993 può significare che avesse una diagnosi di tipo bipolare con una fase depressiva in corso, o con un disturbo d'ansia associato. La forma poteva essere sfumata (in certi centri universitari si è molto orientati a usarlo anche in forme sfumate, in altri meno o no). Parlo ovviamente di usi corretti. Nel 1993 le conoscenze sull'argomento "antidepressivi che peggiorano il decorso del disturbo bipolare" non erano ancora materia comune di discussione, se non nei centri di ricerca universitaria.

#56
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Utente 453XXX

la mia dottoressa era la Dott.ssa Sanna, che lei dovrebbe conoscere bene...essendo pure lei della Scuola di Pisa....cioè...la sertralina potrebbe addirittura peggiorare un mio eventuale disturbo bipolare? Possibile? Per diminuire l'ansia (che un pò ora mi sta prendendo), finisco con una boutade esagerata....ma dopo più di vent'anni di antidepressivi, se davvero avessi avuto un disturbo bipolare, non avrei già cercato almeno di uccidermi, essendo così peggiorato? Per essere più serio: non ho avuto da allora crisi violente, od almeno non di certo paragonabili a quella del 93. Grazie per l'attenzione e per la pazienza...

#57
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Utente 165XXX

Cmq, io trovo difficilissimo, almeno nella mia città, trovare qualcuno che sia capace di fare una diagnosi corretta del mio caso. Questo è davvero desolante e uno dei punti di debolezza più grandi del sistema, che spesso ti costringe a restare eternamente nel limbo. Ho avuto a che fare con medici che non si aggiornano, che non ti ascoltano quando descrivi i sintomi e concludono il tutto con una prescrizione di paroxetina (visite di 5 minuti di orologio, pagate 150€). Deprimente. Ma non c'è un albo, qualcosa che permetta ai pazienti di poter scegliere al meglio? Come ci si deve muovere?

#58
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Dr. Matteo Pacini

Presumo che lo stesso problema esista quando si sceglie qualsiasi cosa, dal ristorante al medico.
L'aggiornamento è teoricamente obbligatorio e controllato nella qualità, ma anche qui si pone sempre il problema del controllo del controllo, irrisolvibile.
C'è chi dà importanza al titolo, all'anzianità, oppure chi giudica in base a siti tipo questo, per farsi un'idea. Molti arrivano con aspettative sbagliate sul tipo di risposta finale.
Non ho ancora trovato una regola precisa in base a cui io sceglierei un medico piuttosto che un altro.

#59
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Utente 467XXX

Buongiorno le volevo chiedere un parere.. Ho assunto per 4 anni citalopram coadiuvato negli ultimi 2 da abilify, per curare un doc.. purtroppo ho riportato cn questa cura scarsa capacità nel fare con continuita le cose al punto che ormai da tre settimane ho smesso la terapia.. la mia domanda era si puo tornare cm prima dell assunzione dei farmaci, oppure ci possono essere dei cambiamenti persistenti. Grazie molte, saluti..

#60
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Dr. Matteo Pacini

Mi farei consigliare una cura alternativa. Smetterla così significa però non avere più una cura per il disturbo in sé.

#61
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Utente 479XXX

Buongiorno io soffro di ansia e agoràfobia da quattro anni ho preso e sospeso due volte i farmaci per i primi due anni ..adesso sono due anni che non li prendevo ....il fatto è che il mio problema si sta generalizzando sempre di più di conseguenza c'è un forte peggioramento .... devo ricominciare con molta paura la cura la psichiatra mi ha dato una dose abbastanza leggera di antidepressivo da prendere ....la mia domanda è adesso che sono passati 4 anni riuscirò a uscirne se riprendo i farmaci oppure ormai è diventata cronica ???

#62
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Dr. Matteo Pacini

Sono preoccupazioni non costruttive. Intanto se si cura ha modo di tornare a star bene con elevata probabilità, e da lì poi si fanno le dovute considerazioni sul futuro.

#63
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Utente 481XXX

Salve Dr. Pacini, sofro da molti anni di ansia perche soffro di esofagite che mi provoca tachicardia che non capivo all'inizio e problemi familiari e non riuscivo a stare da solo per paura o lontano dalla macchina o in posti troppo affollati tipo feste di paese, ma solo da agosto scorso dopo consulto col mio medico prendo xanax 8g mattino 12g la sera e sono andato abbastanza bene, ma da 2 mesi non riesco a dormire bene ma da dieci giormi pochissimo poche ore ora prendo anche stilnox la sera con 16 di xanax ma dormo al massimo 4/5 ore.
Sono andato da una psichiatra che dopo qualche domanda pensieri negativi perdita di interesse senso di vuoto mi a prescritto brintellix 2g e aumentare in 19 giorni fino a 10g e tavor oro 2,50 da prendere insieme prima di dormire, lo fatto solo una volta lunedi scorso ma mi sono sentito male dopo 2 ore mi sono svegliato e poi incubi vividi incapacita di controllare i pensieri sino al mattino.
E sono tornato con lo xanax e la stilnox ma riesco a dormire solo 3/4 ore.
Le chiedo cosa devo fare e cosa mi a creato tutto il brintellix o il tavor e devo continuare magari prendendo brintellix la mattina non so cosa fare...

#64
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Utente 476XXX

Buonasera, dopo quindici anni di trattamento con ssri (intervallati da due eliminazioni che hanno causato il ritorno del disturbo) purtroppo ho riscontrato un aumento della prolattina e una diminuzione importante del testosterone e della vitamina D. Può essere stato il farmaco oppure è una conseguenza del sovrappeso (100kg per 1,77)? Probabilmente dovrò continuare il trattamento farmacologico per altro tempo poiché il mio disturbo torna ogni volta che ho provato ad eliminare il farmaco sotto la guida di un neurologo. Dato che dovrò continuare è possibile arginare questi valori endocrini periodicamente (facendo più cicli nel corso di anni per tenere a bada i valori)? Ho letto che la cabergolina ha effetti molto spiacevoli e sono preoccupato nel caso dovessi aver bisogno di usarla.
Vi ringrazio in anticipo per il vostro lavoro.

#65
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Dr. Matteo Pacini

Come già sa, l'iperprolattinemia è correggibile, e a seconda della diagnosi che ha non è detto che sia un problema usare i farmaci anti-prolattina. Presumo che l'aumento che riferisce sia correlato alla terapia in corso, anche se con gli SSRI non è frequente come effetto. Lei non assume altri medicinali nella terapia, solo ssri ?

#66
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Utente 476XXX

Buongiorno Dott. Pacini e la ringrazio tantissimo per la sua risposta. La terapia consiste nella somministrazione di ssri ( paroxetina).

#67
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Dr. Matteo Pacini

E quindi durante paroxetina ha iperprolattinemia. Smettendola va via ? Ho capito di si. Anche con gli altri ssri ? Anche con altri farmaci indicati per la stessa diagnosi ma non ssri ?

#68
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Utente 476XXX

Buonasera Dott. Pacini e grazie di nuovo per la risposta. Purtroppo da quando ho iniziato a stare male e ho iniziato la terapia non ho mai potuto interrompere il farmaco poiché il disturbo ritorna e non riesco a vivere. Nel corso degli anni ho assunto per un lungo periodo paroxetina e per un periodo più breve escitalopram (sotto indicazione del neurologo dicendomi che era più tollerabile per la libido senza ancora pensare alla prolattina). In ogni caso ho un'osservazione singola del valore(le analisi le ho fatte solo adesso); dato che da circa tre anni a questa parte mi sentivo sempre più debole, dolori alle ossa e avevo carenza di libido il medico mi ha consigliato di fare questo esame del sangue. A febbraio mi sono rivolto ad un altro neurologo dato che il primo voleva per forza farmi continuare con gli ssri dicendomi che per il mio problema c'erano solo quelli (io ho la dizziness posturale percettiva persistente e agorafobia). Questo nuovo neurologo mi ha prescritto un switch tra l'ssri e il lamictal dicendomi che per il mio problema avrebbe funzionato, purtroppo arrivato a 150mg del nuovo farmaco non c'era alcun miglioramento e stavo molto molto male. Quindi è evidente che non ci sono altre strade se non gli ssri. Dato che mi hanno causato questi valori sballati del testosterone e della prolattina dovrò ricorrere a delle cure periodiche compensative. Chiedevo quindi se è un percorso previsto in medicina o se è atipico. So che generalmente quando si va dall'endocrinologo e gli si dice che si assume un antidepressivo questo suggerisce di eliminare o sostituire il farmaco che è una cosa che io non posso fare perché l'alternativa non ha funzionato. Cercavo un suo parere al riguardo.
Grazie mille ancora

#69
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Dr. Matteo Pacini

In teoria, per le stesse indicazioni degli ssri ci sono anche farmaci non-ssri, ora poi non saprei nello specifico. Per alcune diagnosi ci sono altre categorie di antidepressivi, per il dag c'è il pregabalin, tanto per citare due tipi di alternative. Non saprei perché nel suo caso sono stati decretati i soli ssri come potenzialmente efficaci.

#70
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Utente 453XXX

Buongiorno dottor Pacini.
Mi rifaccio vivo dopo quasi tre anni, anche se, ciclicamente, la sue risposte peraltro gentili e pazienti e circostanziate, sono state sempre presenti in me ed hanno attivato un mio stato di allerta e preoccupazione per il fatto che mi hanno creato il dubbio che io stia sbagliando cura
Per farla breve prendo da quasi 30 anni ssri e lei mi instillò il dubbio che io avessi un disturbo bipolare, avendo iniziato con una sua collega ad assumere anche il litio, poi smesso, non ricordo più se di mia iniziativa o meno ok non mi dica che non si può lo so ma non ricordo e sono passati 30 anni e dopotutto ero andato dalla dott.ssa ***** (ometto il nome per non coinvolgerla; comunque riceve a Milano e viene dalla scuola di Cassano di Pisa) per almeno una decina di volte e per 4/5 anni ed ora anzi, l’anno scorso ci sono ritornato, appunto perché attivato dai suoi commenti che qui riporto nell’essenza:
"...E' chiaro però che se io applico un farmaco ad una diagnosi che non è la sua, per esempio l'antidepressivo sul disturbo bipolare, otterrò magari l'opposto.".,,,
. "Qui il punto mi sembra però anche quello di appurare la strategia migliore a lungo termine siano antidepressivi da soli o meno, visto che in passato c'era anche il litio."
Nel 1993 le conoscenze sull'argomento "antidepressivi che peggiorano il decorso del disturbo bipolare" non erano ancora materia comune di discussione, se non nei centri di ricerca universitaria

Ho esposto questi miei dubbi alla dottoressa e lei ha detto che non si ricordava perché mi aveva prescritto il litio e che, visto il mio stato che lei considerò evidentemente accettabile avevo varie possibilità terapeutiche: o aggiungere una dose minima di litio, o provare a scalare molto lentamente la sertralina da 100 a 50, od anche rimanere così, che tanto la sertralina anche presa tutta la vita non dà grossi problemi.
Ora probabilmente ho semplificato molto la situazione, d’altra parte non ho intenzione di perdere tempo ad usare un linguaggio tecnico e ricercato, che non è nemmeno nelle mie competenze; ma davvero questo mi sembra il sunto sincero della visita con la dottoressa.
Quindi ne uscii abbastanza rinfrancato.
L’ansia però in questi ultimi mesi, anche causa di situazioni contingenti (altri miei disturbi, problemi di salute di miei figli, non ultimo il coronavirus che, addirittura, forse farà anche saltare un accordo per me importante voglio stare sul generico) è aumentata e, come spesso succede, con essa anche i miei dubbi sulla mia terapia.
Allora le faccio la domanda che lei non vuole che le si ponga, lo so.
Potrebbe fare al mio caso aggiungere alla sertralina un farmaco psicotico atipico come l’amisulpride, naturalmente 25 o 50 mg?
Naturalmente prima andrei dallo specialista: ma vorrei prima un suo placet.
Mi scusi della stranezza e dell’ingenuità della mia domanda: non mi risponda troppo male e spero che mi sia d’aiuto. Al limite, se crede, cestini questo mio messaggio classificandolo come solito rigiro , come mi disse lei, da doc.
Ma un po’ mi deve comprensione, visto che io attribuii molta importanza alle sue parole; non che voglia farle sentire in colpa, sia chiaro. E’ senz’altro un mio limite ed una mia debolezza strutturale crearmi tanti dubbi.
Ma per ora ho anche paura a contattare lo psichiatra, che fra l’altro è anche mio amico, per lo meno lo era da giovane. Ma ho paura di attivare un meccanismo da pensieri rimuginanti senza fine. Ed è meglio che metta la fine quindi a questo messaggio.
Ma l’amisulplride è strana, vero? Distimia a breve e medio termine. Però permette una brusca sospensione. Ma potrei prenderla all’occorrenza? Cioè, non so, al limite usarla una settimana..e poi riprenderla dopo un mese, se necessario. Questo anche per evitare l’aumento della prolattina..e del peso.
Ecco se vuole..risponda solo a quest’ultima domanda. Mi scusi ancora, ma vengo da una notte insonne in cui non ho fatto altre che compere ricerche sugli i psicotici atipici di seconda generazione. Perché mi ricordo che il mio amico me ne parlò due anni fa; poi però mi disse anche lui che potevo anche continuare così; al limite prendendo 26 gocce di En, nei monti di ansia maggiore. Cosa che faccio, ultimamente, una volta ogni 10 giorni circa

#71
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Dr. Matteo Pacini

se già ha fatto ricerche non aggiunto io materiale, perché alla fine per me il problema si pone in questi termini. Quando va dal medico con una proposta in tasca, che poi certo non impone ma mette sul tavolo, si altera già il rapporto come dovrebbe essere.
Sull'amisulpride a 25-50 mg, a questa dose qui fa un certo effetto che risponde poi ad una tendenza comune ad altri, che a dosi piccole migliorano la depressione, anche se non sono poi divenuti antidepressivi classici. Non riguarda quelli nuovi, anche i vecchi.

#72
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Utente 453XXX

Scusi dottore non ho capito... Anche se apprezzo la sua risposta.
Almeno lei diversamente dello staff dei medici Italia che mi ha mandato una mail nella quale cassava la mia domanda (e non so perché forse non ho rispettato qualche linea guida... Se è così chiedo scusa)...mi ha risposto.

Io ora ho contattato il mio psichiatra locale che spero accetti una visita in questi tempi di coronavirus.

Senz'altro io sbaglio come dice lei a porre le mie proposte... Che comunque sono conscio essere solo le mie aspettative... E di certo non mi aspetto che lo specialista le segua pedissequamente anzi...

Volevo solo dirle che senza attribuirle alcuna colpa sia chiaro... Anzi le sue risposte fino a un certo punto mi diedero ottimismo... Poi però mi instillò il dubbio che non avevo mai avuto prima... Di essere un bipolare di qualche tipo che stavo facendo una cura decennale a base di ssri che addirittura poteva fargli male...

Per questo l'anno scorso sono tornato anche della sua collega del centro visconti di Modrone per chiederle perché mi avessi dato il litigio nel 93...

Lei mi disse che non ricordava... O forse non volle dirmelo non so...

Sta di fatto che allora me ne Andai abbastanza rinfrancato.... Forse perché stavo meglio... Ed anche perché lei mi aveva lasciato ampia libertà su come continuare la mia terapia... Potevo anche continuare così mi disse...

Ora mi sono risolti i dubbi... Probabilmente perché è cresciuta l'ansia... Sia colpa del coronavirus o di altri fatti contingenti...od anche peggioramento del mio disturbo... Bipolare o doc od altro

Spero che il mio psichiatra che è anche il mio amico o perlomeno lo conoscevo dai tempi di liceo...mi aiuti a stare meglio.

Se può spiegare meglio quello che voleva dire anche in base a quello che le ho scritto adesso la ringrazio.

Ad esempio scusi mi viene in mente peggioramento del disturbo bipolare cosa vorrebbe dire? Dopo 30 anni quasi...se è peggioramento dell'ansia ... Potrebbe anche essere per me.... Comunque il mio amico psichiatra mi disse nel 2017 che la sua terapia per me era doc... E non aveva considerato per niente il disturbo bipolare.... Può ammettere lei che malgrado il litio del 93 prescrittomi della sua collega sempre della scuola di Cassano... Io potrei anche non essere bipolare?
Mi basterebbe

Mi scusi se insisto tanto ma questo vuol dire che io dopotutto l' apprezzo ed ho un alto concetto della sua competenza...

Altrimenti non sarei qui da quasi 3 anni a pensare alle sue risposte...

Al limite se non chiedo troppo alla sua collega del centro visconti di Modrone... Che a questo punto credo lei abbia capito chi fosse... Di fare una ricerca che non ebbe tempo di fare allora... E smentire o confermare la mia diagnosi di bipolare... Allora io credevo di essere curato per DOC... O forse pure qui mi ero suggestionato visto i miei inutili studi di psicologia?

Non voglio fare sarcasmo le giuro...

Ma vorrei tanto sapere dalla sua collega che non risponde mai per mail... E che l'anno scorso non ricordava... Se la sua diagnosi per me fu di bipolare...

Non so forse attribuisco troppa importanza a questa cosa...

Però quando le ho sentito dire ...a lei dottor Pacini... Che per me il problema non era tanto gli anni di uso dei farmaci Ssri... Quanto se questa fosse la terapia giusta... Visto che all'inizio mi era dato il litio... Che quindi lasciava supporre che io fossi bipolare....ECCO ALLORA MI SI È ROTTO QUALCOSA...La sertalina 100 quindi è controproducente per me? Posso essere curato meglio insomma?

#73
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Salve .inanzi tutto inizierò a scusarmi la scritura sbagliata essendo Straniera da pocco tempo in It .legendo il suo articolo e tutti i commenti dei visitatori mi permetto di scrivere un po’ di me ,della mia esperienza e sensazioni tutto accorciato : soffro di depressione di circa 10 ani ,in tutti questi ani ho fatto 3 visite ad medici Psichiatri prescrivendomi qualche cura di farmaci, ma mai preso più di un mese il tratamento per le 3 volte visitate in 10 ani .motivo :ambizione di trattarmi da solla pensando che tutto è nella mia testa,e dal modo in qui raggiono posso cambiare tutto,insomma mi volevo aiutare da solla ,legendo diversi libri di depressione e dianetica,etc però col passa dei ani avevo un enorme piacere masochisto di farmi sentire male ,(non so se piacere o forse la malattia che si faceva notare di più ) ,tipo :consumo di Droga,alcool ,e gioco d’azzardo .ho avuto periodi quando stavo meglio e gli maggiori periodi malissimo .sempre ho rifiutato l’aiuto di un psichiatra sembrandomi una scemata .sotolineo di aver fatto anche qualche seduta con un psicologo che dalla 5-a seduta l’avevo chiamato per anulare le prossime sedute datto al fatto che mi sembrava solo soldi sprecati e senza risultato .si ,sono una persona impaziente! sofro di bipolarita,con atachi di panico ,ansia ,grand nervosismo ,irritabilità ,paranoia ,difficoltà di concentrazione,di respirazione ,stanchezza continua e senza voglia di niente,dolori moscolari e intercostali(simtimologie nominate di me ) e soffro della perfezione in tutto specialmente di bellezza avendo in presente al attivo (5interventi di chirurgia plastica ) .ho deciso di fare un po’ di cura ma non mi fido di trovare un bravo medico nella mia zona .sento che sto peggiorando e penso che sia il momento giusto .mi piacerebbe che lei facessi il mio medico e che mi consigliasse pure dei farmaci addetti ,ma so che è impossibile :) .insomma ,so cosa lei mi consiglierebbe di fare ,ma sono qui perché ho sentito di parlare anche un po’ delle mie sensazioni ,e di congratulare la sua intelligenza e il suo formidabile lavoro ! Sei la più bella e positiva ideea che ne avevo bisogno di leggere in questi momenti della mia decisione di scegliere una cura per la mia salute mentale ! Grande Doc e Maestro ,Congratulazioni !

#74
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Dr. Matteo Pacini

Salve. Quello che posso dirle è che, quando sono presenti alcol o droga o gioco d'azzardo, si tratta più spesso di una forma bipolare. Molto spesso sono forme attenuate, senza fasi euforiche maggiori, che però possono diventare più instabili, con rabbia, impulsività, aggressività sotto effetto delle sostanze.
Quindi, anche se la diagnosi è stata di depressione e basta, andrebbe rivisto questo aspetto, perché quando la persona si fa visitare è quasi sempre in fase depressiva, ma ciò non significa che la malattia sia una depressione.

#75
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Permetta la battuta dottor Pacini: lei mi pare che bipolarizzi un po' tutti i depressi.

Non dico che non sia il caso della signora straniera del messaggio precedente: lei almeno ha qualche caratteristica che può rientrare nella fase ipomaniacale.

Ma a me, ad esempio, lei continuò a paventare l'ipotesi che io potessi essere bipolare solo perché la dottoressa che lei conosce mi prescrisse litio 30 anni fa.

Io però non ho mai presentato questi requisiti richiesti dal DSM 5; di certo non ne ho mai avuti tre tanto più per quattro giorni (come il manuale richiede perché si possa parlare di fase ipomaniacale)

Elevata autostima e senso di grandiosità
Riduzione del bisogno di dormire
Logorrea
Accellerazione del pensiero e fuga delle idee
Elevata distraibilità
Aumento delle attività quotidiane (ad esempio aumento del tempo lavorato o delle ore di studio) o agitazione psicomotoria
Partecipazione ad attività rischiose (folli spese eccessive, rischiosi investimenti di capitale)

Nessuno!
Ora non mi dica che non me ne accorgevo perché credo di non aver mai perso il senso con la realtà e se non ci arrivavo io me l'avrebbe detto mia moglie.

Quindi il DSM 5 la cosiddetta Bibbia della psichiatria non è attendibile?
Su cosa deve basarsi lo specialista per fare una diagnosi? Un mix difficilissimo di capacità esperienza intuito raffinato ed affinato perché no anche fortuna?

Io secondo DSM 5 non sono proprio bipolare.... Ed ho sofferto per la possibilità che lei paventò io potessi esserlo... Ed avessi potuto peggiorare con la
mia cura decennale di SSRI.

Quindi la mia preoccupazione si spostò dall'eventuale danno che potevano fare questi farmaci assunti per lungo tempo, al fatto che potessi essere curato male.

E nessuno riesce a togliermi questo dubbio ora...

Spero che mi passi.,. Ma io continuo a credere di essere molto più doc che bipolare ...malgrado il litio che voi della scuola di Pisa tendete a mettere come il prezzemolo...

#76
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Dr. Matteo Pacini

Faccio una controbattuta. Nella storia della psichiatria la depressione non è in realtà stata necessariamente la voce maggiore. Tanto è vero che invece una delle cose più criticate della Scuola di Pisa inizialmente fu la campagna sulla cura della depressione, che rendeva questa voce centrale e egemone. Anche oggi, se nota, non si riesce a parlare di psichiatria su quasi niente che non sia depressione, e questa parola è piazzata in ogni discussione anche se non c'entra. Un caso di cronaca di omicidio ? L'autore soffriva o di "problemi mentali" in maniera indefinita, o, se si va nello specifico, di depressione ...
Si è innescato un mercato che ha fatto uscire antidepressivi uno dietro l'altro, e continua tutt'ora, senza grandi innovazioni.
Si è perso di vista invece sia il piano clinico, in cui la depressione non è la malattia più frequente in assoluto, perché gran parte delle depressioni rientrano nel disturbo bipolare, e non sono patologia depressiva.
Sarebbe come dire che si parla di polmonite, ma se poi si deve dire che non si tratta di polmoniti infettive, è chiaro che si parla di qualcosa che va definito oltre la parola polmonite.
Il bipolare non si identifica granché come bipolare, specialmente quando ci sono componenti ansiose (ci sono sempre nelle forme bipolari II). Le forme ansiose sono quelle che più attirano l'attenzione della persona. Mai una persona si presenterà a lamentare un'ipomania, ma si presenterà se in ipomania gli aumentano le ossessioni, per esempio.

Il perché i medici spesso privilegiano la stabilizzazione d'umore all'intevento su altri sintomi è semplice. Stabilizzare l'umore comporta anche, non sempre, il miglioramento di altri sintomi. Usare antidepressivi su disturbi d'ansia comporta anche, nonsempre, il peggioramento della stabilità umorale, con successivo ripeggioramento anche della parte ansiosa.

#77
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La ringrazio per la pazienza e la disponibilità che mi dimostra, malgrado qualche mia frecciatina, forse da frustrato.
Ma relativamente al DSM V ed ai suoi criteri...allora sono carta straccia?
Il fatto che io non presenti nessuna, dico nessuna, delle caratteristiche che questo manuale elenca per avere la patente di episodio ipomaniacale , non mi salva dalla diagnosi di bipolarità?
Mi scusi se continuo a toccare questo tasto; d'altra parte mi riprometto di farmi visitare non appena possibile o da lei, o dalla Benedetti a Parma od anche dal mio psichiatra locale, di cui ho stima. Per capire se sono curato bene o se devo integrare con un equilibratore o passare ad altra molecola.
Per essere completamente sincero, posso attribuirmi a volte una certa dose di nervosismo o di aggressività...ma con questo, sempre secondo il famigerato manuale, le caratteristiche da evento ipomaniacale dovrebbero essere quattro...quindi poco cambia...

#78
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Dr. Matteo Pacini

Passiamo al DSM. E' un tentativo di sistemare le malattie in maniera che quando si dà un nome sia univocamente comprensibile. Un difetto principale è che mette dentro le "presentazioni", per cui risente molto delle epoche storiche. Il disturbo fittizio per esempio è classificato clamorosamente tra i disturbi somatoformi, perché è la finzione patologica di avere malattie. Ora, mai capito perché "somatoforme", se il problema è la finzione patologica. Infatti il problema è la bugia patologia, che poi spazia anche su altro, e oggi ci sono bugie patologiche che non usano il corpo malato come tema, ma altri temi. E non c'è categoria.
Invece, errore opposto: che differenza passa tra una psicosi acuta indotta da sostanza e una psicosi acuta spontanea in cui c'è anche una sostanza ? In teoria sono cose diverse, in pratica come si farebbe a distinguerle ? Esempio di due categorie diverse che di fatto non sono utilizzabili come tali.
Le comorbidità: doc e dap, doc e bipolare, mettiamo caso. Sono malattie (doc-dap) o sono due malattie (doc + dap) ? Questo sistema non entra nel merito, classifica insieme diagnosi che vorrebbero individuare malattie (schizofrenia) con altre che invece individuano solo sindromi. Allora poi più sindromi fanno la comorbidità, che magari è semplicemente la malattia in due suoi momenti, o in due sue espressioni.
Avanzamento del DSM. Alcune cose andavano meglio nel DSM vecchio, altre in quello nuovo. Per esempio nel DSM vecchio la definizione di dipendenza aveva raggiunto una precisione notevole; ora è persa, è una questione di quantità.
Il merito è che non c'è un sistema classificativo altrettanto efficace nel raccogliere tutti i quadri e le varianti, e cercare di metterle insieme.
Non è una Bibbia, non esiste in medicina una Bibbia. E' solo uno schema che fa anche capire alcuni concetti, ma è un puzzle incompleto, una parte è completato solo per dare idea d'unità, invece era meglio se lasciato incompleto.

#79
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Gentile dott. Pacini, ho un dubbio che vorrei dirimere.. Se non ho capito male, il farmaco, ad esempio SSRI, corregge l'automatismo del cervello malato di riprodurre la sintomatologia, instaurando una nuova "istruzione" neuronale affinché, a fine trattamento, continui a funzionare correttamente (quindi senza sintomi) anche senza terapia farmacologica. Lei ha fatto l'esempio della depressione, ma questo concetto è valido anche per i disturbi ansiosi, e di panico senza depressione?

#80
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Dr. Matteo Pacini

Questo concetto è valido in generale, quindi è uno dei modi con cui una cura contrasta una malattia, psichiatrica e non. Qui parliamo di psichiatria e quindi di cervello e tessuto nervoso, ma lo stesso se si parlasse di sistema immunitario, malattie autoimmuni e farmaci relativi. Non che tutti i farmaci funzionino così, ma è una delle modalità.

#81
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Grazie per la risposta celere, glielo chiedevo poiché ho sentito molte persone lamentare recidive di ansia/panico dopo la dismissione del trattamento, probabilmente non lo hanno protratto per la tempistica necessaria.
Le vorrei chiedere un'ulteriore delucidazione, mi sono imbattuto in questo articolo (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3334530/) che mi ha alquanto spaventato, qual è la Sua autorevole opinione a riguardo?
La ringrazio in anticipo.

#82
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Come al solito, qui si prendono gli ssri (perché mai solo quelli ?) e si valuta da una parte la loro efficacia sulla depressione (che è solo una delle loro indicazioni, e come "episodio".. il che significa che una parte dei casi è costituito da forme non depressive, ma bipolari, o da altre malattie che esordiscono con una fase depressiva). Ora, mentre da una parte abbiamo l'effetto positivo nella prevenzione della ricaduta nelle malattie depressive ma anche nei disturbi d'ansia che sono una delle principali voci di terapia con ssri (panico, doc etc), se prendiamo le depressioni bipolari è vero che la terapia continuativa può non essere consigliata. Perché non è una malattia depressiva, ma un'altra cosa, e non è "occulto" il peggioramento, si vede nel decorso.
Che il tessuto neuronale non si distingua da rigenerazione a degenerazione è ingenuo, perché il risultato finale è un deficit oppure no, come dire che alla fine si vede la differenza in termini neurobiologici. L'idea che se si sospende la cura e la malattia ritorna, questo significa che il cervello è peggiorato è un equivoco, perché si dà per scontato che non debba ritornare. Invece i decorsi dicono che la depressione non curata non sia un buon affare, e non perché non passa. Passa, spesso, dopo un tot che può essere una settimana o anni. Ma non curarla non produce una immunizzazione che poi vale per il resto della vita, per cui si prende una volta al massimo ma non torna (mentre curandola si continua a ricadere): ahimé no, più episodi significa più ricorrenza. Se l'antidepressivo aumenta le ricadute a cura in corso invece significa che va rivista la diagnosi.

#83
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Spesso si parla solo di antidepressivi o antipsicotici, ma ci sono altri farmaci a contorno i cui effetti a lungo termine non sono chiari. Ad esempio, io soffro da tempo di capogiri e secondo un paio di neurologi che ho contattato, sono dovuti al mio stato ansioso e secondo loro dovrei curarlo con gli SSRI (tipo paroxetina, vecchia conoscenza, che preferisco evitare per quanto possibile... saranno 15 anni che non faccio uso di nessun psicofarmaco). Ora, nel mio caso, ho trovato effetti positivi facendo dei cicli di fosfolipidi ipotalamici (Liposom Forte): dopo 10/15 iniezioni, i miei capogiri si riducono tantissimo. Tuttavia l'effetto benefico non dura moltissimo nel tempo e serve ripetere i cicli.
La domanda è: esistono studi a lungo termine sugli effetti di questo tipo di farmaco?

#84
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Sono trattati come farmaci innocui, anche perché sono appunto costituenti fisiologici delle membrane.

#85
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Dottore, il fatto è che nell'immaginario collettivo, ma anche a detta di molti addetti ai lavori (come ad esempio in questo caso: https://www.angelomercuri.it/psicofarmaci/farmaci-antidepressivi-2/), gli antidepressivi sono una terapia sintomatica, e la sintomatologia è destinata a ricomparire a fine cura. Insomma, posso sperare di riuscire a guarire dall'ansia e dal panico invalidanti anche una volta dismessa la terapia con SSRI, o devo temere il ritorno della nevrosi dietro l'angolo del farmaco?

#86
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Vede, senza entrare oltre nel merito del testo che mi halinkato, inizio dalle prime parole , dove dice che antidepressivi sono farmaci per sollevare l'umore. Ecco, no. Già non ci siamo concettualmente. Sono farmaci per alcune malattie tra cui le malattie depressive. Non sollevano l'umore in generale.
Secondo concetto: sintomatico non vuol dire che se si sospende la cura tornano i sintomi. Ci sono i farmaci che sopprimono i sintomi, ma la malattia progredisce. Ci sono i farmaci che bloccano il progredire della malattia, ma non la fanno sparire, ci sono quelli che la fanno sparire. E non sempre ne abbiamo di tutti i tipi. Alcuni sintomatici peggiorano il decorso, perché mascherano. Altri no. Altri sintomatici lo peggiorano perché sono una specie di "prestito" al cervello che poi si ritrova cronicamente in debito. Invece gli antidepressivi sulla depressione paiono funzionare in altro modo.
La critica sull'uso degli antidepressivi èi è in corso sul loro impiego nelle depressioni come sindromi e non come malattia, poiché in questo caso l'uso si estende a moltissime condizioni che poi sono diverse dalla malattia depressive, con esito a volte inconcludente, a volte peggiorativo nel tempo : Ma non si tratta dello stesso discorso fatto in questo lin.

#87
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Grazie per la puntuale risposta e mi perdoni se insisto chiedendole (forse fa parte del mio disturbo accertarmene in maniera pignola) se dunque gli SSRI appartengono a quella classe di farmaci che possono essere CURATIVI per disturbi d'ansia e panico. Grazie in anticipo.

#88
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Lo sono su alcune malattie, non "in generale" che non ha senso, se intende curativo come qualcosa che arresta la progressione. Non che eradica. Alla sospensione delle cure, anche dopo anni di intervallo, la cosa può ripresentarsi. Il paragone da fare è: decorso con / decorso senza a tot anni. E non per tutti i farmaci e in tutte le malattie esistono dati di questo tipo.

#89
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Però nell'articolo parla di ristrutturazione del cervello, il che dà l'impressione che sia possibile risolvere con i farmaci una condizione patologica, mentre il suo ultimo commento darebbe adito a coloro che sostengono che la terapia farmacologica non sia risolutiva ma palliativa, mentre ciò che eradica il disturbo è altro (psicoterapia, etc.).

#90
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Bello ed interessante articolo, Dott. Pacini. Facevo delle considerazioni sulla mia vita distimica curata solo a periodi con dosi piene di antidepressivi. Soffro di distimia da quando avevo circa venti anni (ora ne ho più di 65). Con le cure che ho fatto (nel modo sopra specificato) non ho mai raggiunto una remissione completa dei sintomi. Alla mia età, riprendere la cura a dosi piene potrebbe essere ancora d’aiuto (visto il mio non corretto passato terapeutico che ha favorito il cronicizzarsi della malattia) o sarebbe inutile (dal momento che il danno è ormai stato fatto )?
Grazie per l’eventuale risposta
P.S.: Aggiungo anche che ho fatto un periodo di 6 anni di psicoterapia da u' affermata psicoterapeuta, dalla quale non ho ottenuto alcun miglioramento (che invece ho ottenuto con i farmaci).

#91
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Dr. Matteo Pacini

Certo, potrebbe essere d'aiuto. Vero che oltre i 65 i risultati di riferimento non sono più quelli degli studi di base con cui i farmaci di solito sono messi in commercio, ma non è detto che vi sia una minore curabilità.

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