Effetto placebo nocebo.

Effetto placebo ed effetto nocebo: eppur funzionano!

Nella pratica medica accadono fenomeni all’apparenza inspiegabili: esistono terapie che funzionano anche quando non dovrebbero e altre che falliscono, pur avendo basi scientifiche più che solide. Ma la spiegazione esiste eccome ed è nel cervello di ognuno di noi. Corpo e mente, infatti, si incontrano in ciò che il paziente sente, crede e si aspetta, generando effetti reali da cause intangibili.

Nella medicina moderna, dove la tecnologia tende a oscurare il peso della relazione medico-paziente, i cosiddetti effetto placebo ed effetto nocebo ci ricordano che la cura non è mai solo questione di molecole, ma anche di percezioni, aspettative ed emozioni.

Aspettative dai farmaci: effetto placebo e nocebo

Come aspettative e relazione modulano la cura

Chi pensa, quindi, che il farmaco agisca solo attraverso reazioni chimiche, dimentica il ruolo cruciale di mente, contesto e fiducia.

Le neuroscienze mostrano, infatti, che ogni intervento terapeutico è anche un’esperienza carica di significati, emozioni e aspettative che può potenziare o compromettere l’efficacia del trattamento.

Le aspettative terapeutiche: il “principio attivo” invisibile

E come se ogni terapia contenesse, accanto al suo principio farmacologico, anche un secondo composto invisibile: la convinzione di poter guarire o… ammalarsi!

È questo che distingue placebo da nocebo, due facce della stessa medaglia, che possono essere definite così:

  • Placebo indica il miglioramento dei sintomi generato da aspettative positive.
  • Nocebo rappresenta l’effetto opposto: il peggioramento associato a paura e preconcetti.

In ambito psichiatrico, dove la percezione soggettiva del sintomo è parte integrante del disturbo, tali meccanismi assumono una rilevanza clinica decisiva (1).

Per approfondire:L'effetto placebo della psicoterapia

L’effetto placebo: la biologia della fiducia

Il placebo, quindi, non è un inganno della mente, ma una risposta neurofisiologica reale.

Gli studi di neuroimaging neuroimaging hanno documentato l’attivazione di aree cerebrali legate alla motivazione, al piacere e alla regolazione del dolore (corteccia prefrontale, insula, cingolato anteriore, nucleus accumbens).

L’effetto funziona perché si accompagna al rilascio di endorfine, dopamina e cannabinoidi endogeni, tutte molecole che modulano ansia e dolore (2).

Alcuni esempi clinici

  • Nel dolore, anche una crema placebo può ridurre l’attività dei recettori del dolore nel midollo spinale.
  • Nel Parkinson, pillole inerti producono un aumento di dopamina e un miglioramento motorio temporaneo.
  • Nella depressione, dal 30 al 40% dei pazienti mostra progressi in assenza di principio attivo, grazie alla fiducia nella terapia e alla relazione medico-paziente.

L’effetto nocebo

Quando leggere un bugiardino fa male alla salute

L’effetto nocebo, come detto, è l’altra faccia del fenomeno e si riscontra quando la paura di un effetto collaterale lo rende reale.

Le aspettative negative agiscono, infatti, sui circuiti dello stress, generando modificazioni neuroendocrine e una percezione alterata del corpo (3).

Un paziente che legge un bugiardino dettagliato può davvero iniziare a sperimentarne gli effetti elencati, anche se ha assunto una compressa priva di attività farmacologica.

Questo accade perché l’ansia può amplificare i sintomi, tanto che la sola lettura degli effetti collaterali genera alcuni meccanismi fisiologici reali:

  • Aumento dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress.
  • Ipervigilanza verso sensazioni fisiche normali.
  • Produzione di sostanze che amplificano il dolore, come la colecistochinina (4).

Un cervello “bayesiano” che anticipa la realtà

Le neuroscienze predittive descrivono il cervello come un organo “bayesiano”, (dal nome di un metodo statistico molto utilizzato in medicina) che non si limita a ricevere informazioni, ma formula ipotesi continue su ciò che accade (5) e ci fa reagire di conseguenza.

In tal modo, segni fisici assolutamente neutri possono essere interpretati come prova di guarigione o di malattia, a seconda delle previsioni cognitive.

L’esperienza soggettiva scaturisce, quindi, da un equilibrio dinamico tra percezione e aspettativa.

Implicazioni cliniche in psichiatria

In psichiatria, il confine tra mente e trattamento è particolarmente sottile.

I sintomi, infatti, non sono soltanto fenomeni biologici, ma sono il risultato di come il cervello interpreta e attribuisce significato alle proprie sensazioni.

Per questo, la fiducia nel terapeuta e nel percorso terapeutico gioca un ruolo determinante, tanto che influenza l’aderenza, le aspettative e persino la risposta clinica.

Numerosi studi mostrano che la componente placebo può spiegare fino al 40% dei miglioramenti osservati nei trial sugli antidepressivi.

La relazione terapeutica diventa così una parte integrante del trattamento, non solo un contorno umano: è parte del principio attivo “invisibile” che dà forza e coerenza all’intervento terapeutico.

Comunicazione al paziente e responsabilità clinica

L’uso etico del placebo è cambiato nel tempo, tanto che oggi sono in voga studi sull’open-label placebo, in cui il paziente sa che la sostanza è inerte, ma viene informato dei benefici documentati.

Strano ma vero, i risultati mostrano un impatto positivo anche senza inganno.

Per limitare l’effetto nocebo, invece, è il linguaggio del clinico ad avere un valore terapeutico specifico.

Attraverso la comunicare al paziente in modo chiaro, ma non allarmistico dei rischi e delle opportunità della terapia, in modo da stimolare la fiducia nella cura.

Conclusione

Ogni trattamento funziona davvero quando mette insieme ciò che la scienza fa al corpo e ciò che l’ambiente trasmette alla mente.

Curarsi, di conseguenza non consiste solo nell’assumere un farmaco, ma significa vivere un’esperienza in cui parole, attese, gesti e fiducia influenzano la risposta dell’organismo.

In un tempo in cui la medicina è sempre più tecnologica, ricordare il valore della relazione umana significa restituire forza e senso anche all’empatia, che resta un elemento chiave del processo di guarigione

Bibliografia essenziale

  1. Benedetti, F. (2014). Placebo effects: from the neurobiological paradigm to translational implications. Neuron, 84(3), 623–637.
  2. Wager, T. D., & Atlas, L. Y. (2015). The neuroscience of placebo effects: connecting context, learning and health. Nature Reviews Neuroscience, 16(7), 403–418.
  3. Enck, P., Benedetti, F., & Schedlowski, M. (2008). New insights into the placebo and nocebo responses. Neuron, 59(2), 195–206.
  4. Benedetti, F., Carlino, E., & Pollo, A. (2011). How placebos change the patient’s brain. Neuropsychopharmacology, 36, 339–354.
  5. Ongaro, G., & Kaptchuk, T. J. (2019). Symptom perception, placebo effects, and the Bayesian brain. Pain, 160(1), 1–4.

Altri riferimenti

  1. Niazi, S. K. (2024). Placebo Effects: Neurological Mechanisms Inducing Physiological, Organic, and Belief Responses — A Prospective Analysis. Healthcare, 12, 2314.
  2. Colloca, L., & Miller, F. G. (2011). Role of expectations in health. Current Opinion in Psychiatry, 24(2), 149–155.
  3.  
Data pubblicazione: 19 novembre 2025

Autore

arotondo
Dr. Alessandro Rotondo Psichiatra

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1990 presso universita di pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 3886.

Esperto in psichiatria con esperienza internazionale presso NIH Washington e Columbia University New York, docente universitario di criminologia e genetica psichiatrica. Autore di circa 100 pubblicazioni scientifiche, si dedica alla ricerca e trattamento di disturbi dell’umore, ansia, disturbi alimentari e discontrollo degli impulsi. Membro di prestigiose società psichiatriche internazionali.

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