Chi dorme non piglia pesci...ma chi non dorme cosa può fare?

mariannasoddu
Dr.ssa Marianna Soddu Psicologo, Psicoterapeuta

Herman Hesse diceva “Poter addormentarsi quando si è stanchi e poter deporre un peso che si è portato per tanto tempo, è una delizia, è un fatto meraviglioso”.
Ed è così che tutti coloro che hanno un ritmo sonno-veglia regolare e normale vedono il momento dell’addormentamento: il momento che si pregusta quando si percorre la strada verso casa, quando si comincia a pensare al tepore del piumone e all’accoglienza del materasso più comodo del mondo…il nostro! Eh già, aveva proprio ragione Hesse, è una delizia! Ma non per tutti purtroppo.

Sempre più persone fanno ricorso, troppo spesso anche in modo improprio, all’uso-abuso di farmaci miorilassanti, ipnoinducenti, ansiolitici, alcool o cannabinoidi con l’unico scopo di riuscire, finalmente, a farsi una bella dormita. È interessante notare però come troppo spesso pretendiamo da noi stessi dei livelli di performance elevatissimi durante la veglia, per poi stupirci del fatto che non sia possibile a volte spegnere l’interruttore e dormire per recuperare le forze. Ma non siamo macchine: non esistono interruttori del sonno o della veglia, della calma o dell’energia da poter accendere o spegnere a proprio piacimento o per poter rispondere efficacemente alle richieste dell’esterno che vengono formulate (lavoro, famiglia, amici ecc..).

Usare sostanze varie per dormire in molti casi non ha senso, esattamente come non porta alcuna utilità l’uso di eccitanti per migliorare le prestazioni lavorative. Ad eccezione dei casi in cui è stata indagata e riconosciuta una specifica causa organica, l’insonnia altro non è se non un sintomo di un quadro di disagio o patologia psicologica ben più ampio anche se non riconosciuto dal paziente. Partendo da questo presupposto è facile comprendere come il farmaco o la sostanza non siano assolutamente in grado di curare il problema nella sua radice, anche se possono dare un momentaneo sollievo nella comparsa dei sintomi. Ma tutto ha un prezzo: le benzodiazepine portano velocemente alla dipendenza, e la loro riduzione risulta spesso difficile per molti pazienti; l’alcool, oltre che presentare anch’esso il rischio della dipendenza, rende in realtà il sonno molto agitato e con esso la sensazione di sentirsi ancora stanchi al risveglio; i cannabinoidi presentano anch’essi l’elevato rischio della dipendenza psicologica, oltre che effetti indesiderati derivanti dalla presenza di altre sostanze eccitanti.

Se quindi tutte le più comuni regole dell’igiene del sonno (stanza calda, letto comodo, cena leggera, niente alcool, niente televisione in camera) non hanno funzionato, e se il disturbo rende sempre più nervosi influendo sulla qualità generale della vita, allora è il momento di approfondire seriamente le cause che hanno portato all’insorgenza del disturbo.

Qualche precisazione però è d’obbligo:

  • Con l’età si dorme di meno e la qualità del sonno è un po’ più leggera.
  • Anche se tutti sappiamo che nella norma l’ideale sarebbe una durata del sonno pari a 7 ore per notte, teniamo sempre presente che non siamo tutti uguali, e per alcuni sono sufficienti meno ore (Winston Churchill ne dormiva solo 4)
  • Durata e qualità del sonno sono facilmente influenzabili dalle nostre abitudini durante la veglia (alimentazione, attività fisica, stimoli precedenti al momento dell’addormentamento)

 

Quindi una persona verso i cinquanta che ha passato l’intera giornata in ufficio impegnata in una trattativa sindacale, per poi tornare a casa a preparare la peperonata per i sei ospiti che vengono a casa per la maratona dei più bei film di Dario Argento, forse non dovrebbe pretendere da se stessa di addormentarsi immediatamente e dormire un lungo sonno ristoratore per poi ripartire da capo il giorno dopo.

Ci sono casi però in cui, anche a fronte di una vita regolare, una buona alimentazione e regola del sonno, non si riesce lo stesso ad addormentarsi, o ci si sveglia frequentemente durante la notte. Ricordate: il problema non è il sonno in sé, ma qual pensiero che ci tiene svegli, la preoccupazione che, come una canzone nella testa, non vuole proprio andarsene via.  

Inutile rigirarsi nel letto e sforzarsi di dormire a tutti i costi: alzatevi, uscite dal letto e occupatevi di cose che vi piacciono (guardare un bel film, leggere un libro, fare a maglia). In questo modo sarà possibile ottenere due risultati. Da un lato potremo abbassare l’ansia derivante dal “dover dormire”, dall’altra potremo permettere alla nostra mente di immergersi in pensieri diversi dalla preoccupazione iniziale che ci aveva tenuti svegli.

Di certo per i quadri ansioso-depressivi più evidenti questi accorgimenti non saranno sufficienti: in questi casi sarà necessario rivolgersi a uno specialista, tanto per un inquadramento diagnostico, quanto per l’individuazione delle terapie più efficaci.

Io in questi casi mi avvalgo dell’ipnosi sia per permettere al paziente un buon livello di rilassamento corporeo, sia per per poter lavorare terapeuticamente sul quadro ansioso stesso che determina appunto l’insonnia. In questi casi consilglio sempre ai pazienti di registrare l’induzione ipnotica per risentirla a casa prima di andare a letto, in modo da protrarre gli effetti anche nell’arco della settimana.

In fondo tutti sappiamo dormire, ognuno a suo modo, e tutti abbiamo bisogno di farlo. A volte basta semplicemente ricordarsi come si fa.

 

Data pubblicazione: 06 febbraio 2017

Autore

mariannasoddu
Dr.ssa Marianna Soddu Psicologo, Psicoterapeuta

Laureata in Psicologia nel 2006 presso università cattolica del sacro cuore di Milano.
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Lombardia tesserino n° 12383.

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