Diagnosi precoce di sindrome di cauda equina: un'utopia?

La mia situazione ha del paradossale.
Facendo ricerche su internet ho ricostruito la storia dei miei sintomi e ho capito che sto sviluppando senza dubbio una sindrome della cauda equina.
Nello specifico, 4 mesi fa ho iniziato ad avere sciatalgia alla gamba destra, dopo uno sforzo eccessivo durante l'attività sportiva, e in seguito, da RMN eseguita a fine aprile, sono risultate due ernie voluminose mediane paramediane L4-L5 a L5-S1.
Circa 2 settimane fa, dopo aver finalmente effettuato un'infiltrazione di cortisone che mi ha tolto il dolore e che mi ha restituito la capacità di camminare in maniera più sciolta (il dolore mi costringeva a una moderata zoppia), ho iniziato ad avvertire in modo chiaro altri sintomi: bruciori notturni agli arti inferiori, forte senso di affaticamento alle gambe (soprattutto al risveglio), intorpidimenti ai glutei o tra le cosce (specie durante una camminata con passo un po' più sostenuto), occasionali scossette elettriche un po' dappertutto alle gambe, occasionali piccoli crampi specie ai polpacci (oltre a uno più severo due giorni fa) e negli ultimi giorni anche sensazioni dolenti al pene.
Tutto ciò è stato riportato a operatori sanitari di pronto soccorso in due diverse occasioni negli ultimi giorni, ma non ho ottenuto degli esami abbastanza approfonditi per avere una diagnosi.
In realtà c'è dell'altro, perché tenendo un diario ho segnato di aver avuto degli strani dolori in zona anale già a fine maggio, e degli strani dolori al polpaccio sinistro (quando la mia sciatalgia mi pareva fosse solo a destra) nello stesso periodo.
Quindi immagino che questa storia andasse avanti da un bel po', forse mascherata dal dolore più vistoso alla gamba destra tipico di un interessamento dei nervi L5 e S1.
Ho capito allora che i miei problemi sono riconducibili a una compressione dell'ernia sul midollo spinale, con interessamento della cauda equina.
Al momento ho il controllo degli sfinteri e apparentemente non ho deficit importanti di forza, ma io percepisco benissimo di non essere più lo stesso.
Anche avere un'erezione mi è diventato molto più difficile (ma al contempo non posso dire di essere già impotente).
In questa terra di mezzo, in cui io so di essere malato, ma non lo sono abbastanza per ottenere una diagnosi, mi tocca aspettare ancora dei giorni per poter effettuare una nuova RMN, poi visita ortopedica + visita neurochirurgica, con classico iter di richieste e prenotazioni.
Inoltre, giorno dopo giorno sento che la mia situazione sta peggiorando, sono sempre più magro e sottopeso tra stress e disturbi intestinali, e ovviamente nella mia situazione sarei interessato ad operarmi quanto prima per salvare il salvabile.
Il quesito è: come potrei ottenere una RMN subito, quindi una possibile diagnosi, e di seguito un intervento chirurgico d'urgenza, senza dover attendere ulteriore tempo prezioso?
Il protocollo davvero prevede che finché non si hanno dei sintomi davvero gravi ce la si può prendere con comodo?
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Dr. Vincenzo Della Corte Neurochirurgo 7.1k 247
Il Suo è uno sfogo più che una richiesta di consulto.
Praticamente, Lei potrebbe fare "d'urgenza" una rmn (quindi, nel giro di 48-72 ore al massimo) se il Suo Medico di base facesse la richiesta, utilizzando il cosiddetto "bollino per prestazioni prioritarie", ed indicando, nelle motivazioni della richiesta, la diagnosi di sindrome ingravescente della cauda equina.
Una volta fatta la rmn, direi che, recandosi presso un Pronto Soccorso di un Ospedale ove sia attivo un Reparto di Neurochirurgia, dovrebbe aver avviato a soluzione il problema che L'affligge.
Con la predetta diagnosi e con le immagini dell'appena eseguita rmn, il Medico di turno dovrebbe sentirsi professionalmente obbligato a farLa visitare dal Neurochirurgo dell'Ospedale, che dovrà decidere il da farsi.
Se ha piacere, dia pure notizie.
Cordialità.

Dr. Della Corte: vincenzodellacortemi@libero.it
Case di Cura: La Madonnina Milano-02/50030013
Le Betulle Appiano Gentile (Co) 031/973311

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Utente
Utente
Grazie. Purtroppo c'è il weekend di mezzo e sono riuscito ad ottenere una prenotazione solo per lunedì sera (di fatti tra 72 ore). Personalmente la vedo molto dura.
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Dr. Vincenzo Della Corte Neurochirurgo 7.1k 247
Dia pure notizie.
Cordialmente.
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Utente
Utente
Alla fine ho effettuato la RMN nel giorno stabilito e atteso altri due giorni per una visita programmata col neurochirurgo che mi aveva già visitato tempo fa. Premetto che nel frattempo i sintomi si sono attenuati, avendo osservato totale riposo ed avendo evitato del tutto la posizione seduta. Il neurochirurgo ha confrontato la nuova RMN con quella vecchia e non ha trovato nessuna differenza. Era già sicuro che le ernie non fossero tali da sviluppare sindrome della cauda, poi mi ha visitato (notando la mia preoccupazione) e l'esame obiettivo neurologico è risultato completamente negativo (forza, sensibilità e riflessi nella norma). Non dà quindi indicazione all'intervento, e secondo lui continuando a stare a riposo i sintomi regrediranno. Sono stato visitato nei giorni successivi anche da un ortopedico, che invece ha messo sul piatto l'ipotesi di operare, considerando che sono due ernie importanti che mi affliggono da tempo, ma anche lui alla fine, effettuando l'esame obiettivo, non dà al momento indicazione chirurgica, dalla quale non avrei alcun vantaggio non avendo adesso particolari dolori né deficit, ma "solo" parestesie. Contrariamente al neurochirurgo, mi suggerisce di provare per 1 mese o 2 con la fisioterapia o attività simili (sconsigliandomi di fare delle camminate, cosa che invece ho fatto per 2 mesi su consiglio di altri).
A questo punto sono piuttosto disorientato, e non ho nemmeno una spiegazione per questi nuovi sintomi, dato che alla risonanza non risulta un peggioramento.
Sarà il caso di fare altri esami? Davvero guardando una risonanza (in cui c'è comunque un'ernia che imprime sul sacco durale) si può escludere la sindrome?
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Dr. Vincenzo Della Corte Neurochirurgo 7.1k 247
Da quello che Lei mi dice, fermo restando che non La ho mai visitato e che la negatività clinica va affermata quando anche il paz. la rivela (mentre la differenza nella potenza la negherebbe), l'indicazione alla decompressione radicolare apparirebbe esistere.
Di fronte alla Sua sintomatologia propenderei per l'intervento o, al minimo, per un ciclo d'infiltrazioni (di norma quattro) a livello delle radici interessate. Ma tenga presente che le infiltrazioni, mentre risultano quasi sempre buone per i dolori, più raramente riescono soddisfacenti per il disturbo motorio/funzionale.
In sintesi: potrebbero non riuscire efficaci (le quattro infiltrazioni) per il controllo sfinteriale e per il disturbo di potenza; tuttavia, tentar non dovrebbe proprio nuocerLe.
Se il trattamento lascia le cose come stanno, e non vi è progressività della sintomatologia in generale, si può (forse farei meglio a dire, si deve) programmare un intervento possibilmente con tecnica mininvasiva; ciò al fine di essere molto modicamente invasivi e non rischiare di aggravare le cose.
Ritengo che, in linea di massima, non vi sia sempre la dovuta attenzione al tipo dei disturbi da Lei lamentati (in quanto non si tiene nella dovuta considerazione che questi disturbi possono alterare l'equilibrio sociale fra il singolo ed altri).
Dia pure notizie.
Cordialità.
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Utente
Utente
Grazie per i consigli.
Tenderei ad escludere le infiltrazioni, perché ne ho fatta già una che ha già tolto il dolore, mentre sono rimasti gli altri disturbi (e anzi potrebbe aver peggiorato le cose).
Stando a riposo ho notato che quantomeno gli intorpidimenti tendono a scomparire, tuttavia alcuni giorni, specie quando passo del tempo disteso supino, continuo a sentire debolezza alle gambe, anche se non ho altri dolori o fastidi, e credo di continuare a perdere tono muscolare: succede lentamente ma il peso diminuisce settimana dopo settimana e le mie gambe (soprattutto la destra) sono visibilmente dimagrite, anche se continuo a poter camminare senza problemi anche su talloni e punte. Ciò che mi preoccupa è che questi fenomeni possano essere irreversibili, perché io continuerei anche ad aspettare come suggerito dai medici, ma non vorrei che anche togliendo l'ernia rimanga un danno nervoso e non si possa recuperare il tono muscolare. Mi chiedevo anche se è possibile che tutto ciò non sia dovuto all'ernia in sè, ma a una lesione nervosa che è già avvenuta, ad esempio quando c'è stato il "trauma" che ha causato l'ernia, oppure considerando la lenta progressione dei sintomi questa eventualità è da escludere.

Grazie ancora.
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Dr. Vincenzo Della Corte Neurochirurgo 7.1k 247
Tendenzialmente, visto che l'infiltrazione La ha già fatta (e con beneficio sui dolori, ma non sul resto, come è anche mia esperienza che Le ho già comunicato), propendo per l'intervento con la tecnica mininvasiva (come mi sembra di averLe già illustrato).
Se ha piacere, comunichi pure gli esiti dell'ulteriore evoluzione dei fatti.
Cordialità.