Calcificazione coxo femorale a seguito di ictus cerebrale

Buongiorno, desidero sottoporre alla Vs attenzione il delicato caso di mia cognata a cui sembra che nessuno sappia darci una soluzione.
Riassumo brevemente il tutto:
Nel mese di Ottobre del 2011 mia cognata dell’età di 56 anni è stata colpita da emorragia cerebrale a seguito della quale, è rimasta in coma per circa un mese.
Al suo risveglio è stata trasferita in un centro di riabilitazione neuro-psico-motorio per circa sei mesi, durante il quale si è evidenziata un’estesa calcificazione a livello dell’anca sinistra che le ha provocato un’extrarotazione dell’arto di quasi 90°.
Questo ha ovviamente impedito qualsiasi tipo di recupero dell’arto in quanto il dolore era lancinante.
Dopo vari accertamenti si è diagnosticato che la calcificazione ha interessato una vasta area che ha aggredito anche il muscolo della coscia e l’arteria femorale.
Abbiamo consultato diversi ortopedici che ci hanno detto sostanzialmente la stessa cosa, ovvero che la paziente potrebbe essere operabile solo nel caso in cui la suddetta calcificazione si sia arrestata e non sia più in fase di evoluzione, poiché potrebbe riformarsi anche in maniera più estesa.
Da una scintigrafia recentemente svolta, si è evidenziato che il processo di ipercaptazione del tracciante osteotropo è ancora molto intenso. Ci hanno consigliato di effettuare un'arteriografia per conoscere lo stato attuale dell'arteria che, purtroppo non abbiamo potuto svolgere poiché è un esame troppo invasivo e, dovrebbe essere ricoverata in ospedale. Attualmente questo non è possibile in quanto è ricoverata in una RSA perchè reduce di un ulteriore intervento chirurgico per il riposizionamento della calotta cranica che le era stata asportata durante l'ictus. Premetto che i danni provocati sono stati devastanti anche a livello motorio, in quanto la paziente ha perso totalmente l’uso dell’emilato sinistro (quello interessato dalla calcificazione).
Mi chiedevo se esiste una remota possibilità di concedere alla paziente in questione, la speranza di una vita dignitosa, ridandole almeno la posizione eretta sulla carrozzella.
Vi ringrazio anticipatamente...
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Dr. Emanuele Caldarella Ortopedico 1.8k 79 40
Gentile utente,

la possibilità c'è, ma si tratta di un intervento complesso e rischioso, oltre che molto demolitivo.
L'angiografia (o meglio l'angio-TAC) sarebbero indispensabili per capire il decorso dell'arteria e programmare l'intervento. Potrebbe essere infatti necessario incannulare preventivamente l'arteria in caso di emorragie massive dal vaso. Inoltre potrebbe essere indicata un'estesa radioterapia perioperatoria a profilassi della recidiva delle calcificazioni. E' possibile che siano necessarie diverse trasfusioni di sangue, ed è possibile che si renda necessario il ricorso ad una terapia intensiva.
Non ha menzionato la situazione cognitiva di Sua cognata, ma solo i deficit motori. Quanto è lucida la signora? E' in grado di esprimere il suo parere riguardo ad una procedura così invasiva? E il resto dello stato di salute come va?

Distinti saluti

Dr. Emanuele Caldarella

Chirurgia dell'anca e del ginocchio
emanuele.caldarella@medicitalia.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gent.mo Dott. Caldarella, innanzitutto Le sono davvero grata.e La ringrazio infinitamente per l'attenzione.
In merito alle sue domande sulla condizione attuale di mia cognata, mi sento di poter affermare che lo stato cognitivo sia migliorato moltissimo rispetto a qualche mese fa, ovvero prima dell'intervento di cranioplastica.
Adesso la paziente risulta vigile e -in linea di massima- abbastanza attenta e partecipativa rispetto ai primi mesi, durante i quali era gravemente disorientata.
Dal punto di vista psicologico ha ancora una grandissima volontà e (nonostante tutto) ha un carattere combattivo e desidera con tutte le sue forze tentare il tutto per tutto.
Definirei lo stato di salute generale discretamente buono, ovviamente considerando che è da quasi un anno allettata, è quasi totalmente priva di tono muscolare e muove a malapena l’emilato destro e non riesce completamente a fare alcun movimento col resto del corpo ma per fortuna non presenta piaghe da decubito.
Per quanto riguarda l'angio tac da Lei consigliata, mi riprometto di chiedere al medico di famiglia quale potrebbe essere la soluzione adatta a poterla effettuare considerando che è una paziente intrasportabile.
Se posso permettermi di approfittare della Sua gentilezza, vorrei inviarLe il referto non appena effettueremo l’esame in questione.
La ringrazio ancora infinitamente
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Dr. Emanuele Caldarella Ortopedico 1.8k 79 40
L'angio-TC ha un senso solo in ottica di pianificazione di un intervento, e pertanto dovrebbe essere eseguita durante le operazioni di pre-ricovero o durante il ricovero stesso.
Se si decidesse di non operare, l'angio-TC è inutile.
Pertanto è opportuno prima capire bene se sia il caso o meno di esporre la signora a questo ulteriore rischio e a questa ulteriore sofferenza.

Distinti saluti