Relazione terapeutica

Salve,
mi appresto a domandare quanto segue:
è vero che,un terapeuta,non può avere contatti col paziente al di fuori del setting terapeutico?
è vero che,tra paziente e terapeuta,non può esserci alcuno scambio di gesti affettivi,effusioni,tenerezze di qualsiasi tipo?
è vero che,il terapeuta,non può rivolgersi al paziente con appellativi del tipo:"Io sono,per te,come un padre"."Tu sei,per me,come un figlio"?
è vero che,il terapeuta,non può,ad es.,aiutare il paziente a reperire un impiego oppure a superare gli esami universitari,mediante raccomandazioni?
è più importante la qualità o la frequenza temporale delle sedute?Mi spiego meglio:è preferibile un terapeuta che,lavorando in servizio pubblico e,seguendo quindi un vasto bacino d'utenza,offre incontri sporadici;ma comunque proficui oppure incontri frequenti,ma infruttuosi?
è deleterio che,un paziente,in un transfert,si affezzioni filialmente al terapeuta?Lo veda,insomma,come un genitore(specie se il genitore effettivo non c'è più o non c'è mai stato)?
Se un paziente sente denigrare,da un collega,il propio terapeuta:come si deve regolare?
Come si procede se,il paziente,a seguito delle calunnie udite,non ripone fiducia nel terapeuta;ma,al contempo,non riesce a staccarsi da costui,perchè lo vede come un referente affettivo assimilabile ad una figura paterna?
Grazie per l'attenzione
Confido in vostre risposte
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41.1k 1k 63
Può fare domande specifiche relative alla sua situazione reale?

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