Episodio delirante

Gentili Dottori,

Da un anno la mia compagna, di cui mi sto occupando insieme alla sua famiglia con cui vive, è in cura presso uno psichiatra e ha appena iniziato un lavoro di psicoterapia,
questo percorso è iniziato da quando, a settembre dello scorso anno, per la prima volta si sono manifestati delle manifestazioni deliranti, pensieri strutturati collegati al suo vissuto, che l'hanno resa incapace di riprendere le sue attività lavorative e di svago. Avendo lei in famiglia la madre affetta da depressione clinica (ha anche tentato il suicidio, la madre) abbiamo agito tempestivamente al manifestarsi di queste convinzioni, preoccupati che potesse trattarsi dello stesso disturbo.

La madre è in cura presso un neuropsichiatra di grossa fama, ma trovandoci di fronte all'esigenza di agire quanto prima e scegliere il percorso più adatto per la mia compagna abbiamo però deciso di comune accordo con la famiglia di non rivolgerci allo stesso professionista, in modo che la diagnosi potesse essere indipendente dal disturbo di sua madre, e di rivolgerci invece successivamente allo stesso qualora fosse stata diagnosticata una depressione. Ci siamo rivolti allora ad un altro psichiatra consigliatoci da uno psicologo, che a seguito delle analisi di rito e preso atto dei sintomi, ha più volte rassicurato me e la famiglia che non si trattasse dello stesso problema.

Le è stata allora associata una cura a base di Albilify, arrivando progressivamente da 5 a 20mg (data la sua corporatura esile), associando una dose giornaliera di Akineton come farmaco coadiuvante. Dopo 10 mesi le dosi le sono state ridotte, risulta essere guarita in quanto è tornata a svolgere una vita normale, è libera da ossessioni e paranoie, ma con residui in quanto i pensieri deliranti sono da lei ancora confusi come ricordi. La diagnosi è quella di un "episodio delirante connesso a stress". Di comune accordo con il medico, nella convinzione che potessero trattarsi di una sorta di difesa mentale e che l'ambiente, lo stress e la psiche potessero aver contribuito a formare questo pensiero (la madre in passato ha più volte manifestato la sua aggressività sulla mia compagna), ci siamo rivolti ad uno psicoterapeuta da lui indicato, con cui ha da poco iniziato un percorso di psicoterapia. La famiglia però ha consultato (in assenza della mia compagna) il neuropsichiatra che ho sopracitato, che ha affermato che lo psichiatra che tiene in cura la mia compagna è "modesto" e che la psicoterapia non è utile alla sua cura.

Mi trovo dunque di fronte ad un bivio, nonostante adesso viva bene, quei "ricordi" non vanno ancora via, e ormai è un anno che questa situazione dura. La domanda che vi porgo in quanto esperti è se ci consigliate di continuare con il percorso terapeutico che le è stato assegnato oppure di fare questo cambiamento radicale e rivolgerci a questo neuropsichiatra. Si noti che la mia compagna è molto più propensa a seguire il percorso terapeutico che sta seguendo.

Cordiali Saluti.
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Dr.ssa Beatrice Morabito Psichiatra, Psicoterapeuta 12 1
Buongiorno,
come Medico Psichiatra e Psicoterapeuta, io credo che, se la sua compagna senta beneficio ad impegnarsi in un percorso psicoterapetico, debba continuare a farlo soprattutto in relazione all'accenno di storia personale che lei ha citato;
cio' non vi vieta, anzi, di recarvi dal suo Psichiatra di fiducia per chiedere un nuovo consulto.
In linea generale, comunque, non vi è nessuna condizione psichiatrica o psicologica, che escluda a priori il possibile beneficio di una psicoterapia.
Mi congratulo, comunque, con voi tutti per non aver "perso tempo" ed avere cercato subito una soluzione adeguata alla situazione clinica.
Cordialmente.

Dr.ssa Beatrice Morabito

[#2]
Dr. Mario Zampardi Psichiatra 120 3
Gentile Signore,
come Le avranno già spiegato la caratteristica del Disturbo Delirante è data dalla presenza di manifestazioni deliranti, non bizzarre, che si presentano, quando ben strutturate, per un certo periodo di tempo.
Le allucinazioni di vario tipo, a differenza della Schizofrenia, sono in genere rare e lo stesso funzionamento psicosociale e lavorativo tende a non essere compromesso in modo rilevante.
Leggo che la madre della Sua ragazza è affetta (cronicamente, ciclicamente?) da manifestazioni depressive che, ovviamente, in questo caso non c'entrano con il suddetto disturbo, ma che tuttavia ci fanno intravedere una qual certa familiarità per manifestazioni ad impronta psicotica.
Mi sembra anche di capire che il delirio che lo scorso anno la Sua compagna ha manifestato sia stato "di persecuzione" nei confronti della madre, data l'asserita sua aggressività.
Questo tipo di deliri, infatti, hanno proprio la caratteristica di essere "plausibili" partendo appunto da motivazioni che potrebbero, paradossalmente, corrispondere a quadri reali.
Lei ci dice che adesso la Sua compagna gode di una notevole tranquillità clinica. Bene. Ma che residuano dei "ricordi" in tal senso. Domando: sono soltanto dei ricordi, in atto bene elaborati e criticati secondo una opportuna logica o se per caso venisse contrastata sulle pregresse idee, tale stato di cose verrebbe mal sopportato? La differenze non è da poco. Nel secondo caso se ne dovrebbe arguire l'eventuale attività, protratta, del processo psicotico. Infatti è proprio nel disturbo di persecuzione che i sintomi tendono a cronicizzarsi.
Per quanto poi attiene alla Sua domanda, il mio consiglio intanto è quello di non abbandonare il trattamento farmacologico che, a quanto ci dice, ha sortito un buon effetto.
Quindi non parliamo di "trattamenti radicali".
Ma, in contemporanea, come seconda scelta un trattamento psicoterapico di sostegno, a mio giudizio, potrebbe sortire effetti benefici. Ma lo Psichiatra che la prende in cura dovrebbe attuare sia l'uno che l'altro.
Un augurio e un saluto

Dr. Mario Zampardi

[#3]
dopo
Utente
Utente
Al dott. Zampardi,

Essenzialmente le manifestazioni deliranti sono state 3, di cui la seconda particolarmente bizzarra che è quella che ha fatto scattare l'allarme (convinzione di essere spiata in casa). Chiaramente sono tutte di tipo persecutorio, ruotano tutte intorno alla convinzione che il mondo pensi di lei che sia una persona cattiva, affiancando altri sintomi come senso di colpa e ansia sociale. Dopo la cura sono sparite ossessioni e paranoie, è tornata a svolgere tutte le attività che aveva sospeso, ma quando proviamo a farle ragionare su quei "ricordi" lei non è aggressiva, ascolta ma non capisce. Risponde "ho capito cosa dici, ma io mi ricordo questo".
Vi ringrazio tutti per la cortesia e la prontezza con cui state rispondendo, è davvero difficile riuscire da soli a trovare la migliore soluzione, state aiutando davvero tantissimo
[#4]
Dr. Mario Zampardi Psichiatra 120 3
Gentile Signore,
mi rendo perfettamente conto del travaglio, ognuno per la propria parte, che state in atto affrontando.
Come Le dicevo, il processo psicotico è lungo e laborioso.
Il fatto che Le risponda "...ma io mi ricordo questo.." è purtroppo ancora indicativo che nei riguardi dei precedenti vissuti la Sua ragazza non è disposta ad attuare una critica più aderente alla realtà confondendo le sue sensazioni e convincimenti, del tutto soggettivi, con le evenienze obiettive del mondo esterno e quindi rientrando ancora in una logica del tutto soggettiva.
Ma occorre insistere e non abbandonare, come del resto voi tutti state già facendo. Se non si verificheranno altre ricadute, l'evoluzione nel peggiore dei casi (..si fa per dire..) potrebbe essere caratterizzata dall'incistamento di queste passate convinzioni che, nel tempo, quantunque non abbandonate e sempre ricordate, potranno gradualmente essere sostenute con sempre minor vigorìa e quindi incidere sempre meno o addiruttura non incidere affatto su una normale vita e attività quotidiane.
Ma attenzione. Non abbandonare per nessun motivo l'attuale terapia farmacologica.
Ancora un saluto
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41.1k 1k 63
La psicoterapia è uno strumento terapeutico che richiede delle condizioni di eleggibilità da valutare preventivamente. In assenza di questa valutazione e considerazione il percorso può risultare inutile se non dannoso.

Se è stato chiaramente detto che il percorso nel caso della paziente non risulta utile sarebbe preferibile seguire i consigli di chi ha visitato direttamente la paziente.

Altra nota aggiuntiva riguarda l'uso dei farmaci, Abilify è stato titolato al dosaggio terapeutico non per la corporatura esile ma per una modalità di uso del farmaco, ma il dosaggio terapeutico per questo tipo di sintomi deve superare i 15 mg.

Akineton non è un adiuvante ma serve a ridurre alcuni effetti collaterali se presenti, diversamente tende ad inattivare leggermente l'antipsicotico.

Dr. F. S. Ruggiero

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