Derealizzazione e ansia?

Buongiorno,
Sono un ragazzo di 34 anni che fino ad un mese fa, tutto sommato, conduceva una vita piena e soddisfacente, con una compagna che amo, un buon lavoro, fratelli splendidi e tanti amici.
Sono anche molto attivo nel sociale essendo presidente di un'associazione che si occupa di enogastronomia.
Tutto ha avuto inizio circa un mese fa in seguito ad un litigio importante con la mia compagna, durante il quale sono stato particolarmente violento (non fisicamente fortunatamente).
Il giorno dopo mi sono sentito mortificato, provavo un senso di colpa enorme, ed ho iniziato a dubitare sulla mia funzionalità psichica, di non poter essere un buon padre ed un buon marito.
Le mie giornate da quel giorno sono state dominate da ansia cronica, dubbi sull' integrità della mia relazione e paura di aver rovinato l'unica cosa che per me conta, ovvero il rapporto con la mia compagna.
Da lì ho iniziato a leggere molto su internet, alla ricerca di nformazioni per capire se potessi avere dei problemi psichici gravi e come affrontarli.
Passano i giorni e la sintomatologia non passa, inizio anche a sentirmi strano, derealizzato (i miei sintomi combaciano perfettamente, dispercezioni visive, fotofobia, senso di distacco, minuti che passano come le ore e viceversa).
Onestamente non so se questa sensazione era già presente ed ho iniziato a farci caso una volta letta, oppure se leggendola mi sono suggestionato, fatto sta che, comunque, il sintomo c'è.
Per un po' ho gestito cercando di non farci caso anche se il pensiero era fisso, ma poi ho iniziato ad avere problemi di concentrazione, di memoria sul lavoro, ed ho cominciato ad aver paura di essere sull'orlo di una psicosi, della schizofrenia, o di essere borderline.
A quel punto mi sono fatto coraggio ed ho detto tutto alla mia compagna, che è psicologa (che pare sottovalutare il problema, additandomi come insicuro e riconducendo tutto allo stress ed all'ansia).
il mio terrore è talmente forte che mi sono attaccato morbosamente a lei ed ai miei famigliari, non riesco a dormire bene e di stare solo in casa non se ne parla, ho paura.
Lavoro, i miei clienti sembrano non essersi accorto di nulla ma faccio fatica a fare tutto.
Esco, ma con grande sacrificio e sentendomi sempre in una bolla, anche se parlo, il mio pensiero torna sempre al problema impedendomi di vivere a pieno, di ricordare con esattezza cronologica quello che faccio durante il giorno, so cosa ho fatto, so che giorno è, ma tutto e confuso.
Sono andato da una psicoterapeuta che ha detto si tratta di ansia, uno stato ansioso molto forte.
Ci sto lavorando, sono alla terza seduta, qualche giorno va meglio, altri crollo, e di base il disagio è sempre lì.
Sto distruggendo la mia famiglia, vorrei evitare il peggio e tornare a vivere a pieno.
Credete debba consultare uno psichiatra o, come dice la mia terapista, devo avere pazienza evitando farmaci?
Cosa credete possa avere?

PS: in passato ho fatto uso di sostanze ma non tocco nulla da più di 10 anni
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Salve

La diagnosi mi sembra vaga, che si tratti di uno stato ansioso è evidente dalla descrizione, o almeno che ci sia questa componente. Ma di ansia non ce n'è una sola. Comunque, ammettiamo che sia anche stata definita e non esplicitata.

Esattamente perché dovrebbe evitare i farmaci ?

Capisco che avere pazienza può essere una strategia a volte sensata, ma perché addirittura "evitare" "i farmaci" ? Perchè non evitare allora la psicoterapia, sarebbe lo stesso tipo di premessa poco comprensibile.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Utente
Utente
Salve,
La ringrazio per la risposta. La psicoterapeuta mi ha messo di fronte a due scelte: intraprendere un percorso terapeutico facendo leva solo sulle mie forze o, eventualmente, affiancare delle benzodiazepine per calmare quantomeno l'ansia.Di comune accordo abbiamo optato di evitare i farmaci, sia perché mi riteneva abbastanza in grado di gestire la situazione, sia per via del mio lavoro ( sono un agente di commercio, guido tutti i giorni e devo essere responsivo agli stimoli, cose che, seppur con fatica riesco a gestire) , sia magari per evitare assuefazioni.
Aggiungo che il mio pensiero è pressoché fisso sul problema, alterno paura e preoccupazioni di essere sull'orlo di una psicosi, poi subentra la paura di perdere la mia compagna, poi quella di non poter avere una famiglia a causa del problema, poi quella di poter agire in maniera lesiva nei miei confronti ( è una paura più che un desiderio ), poi ancora quella di non poter tornare a gestire la mia vita normalmente, poi quella di non riuscire a stare in casa solo ( specie la notte) , poi quella di non voler più avere rapporti sociali ( che già ora, in effetti mi costano fatica seppur mi sforzo)e così via... Tutto ciò, ovviamente, mi fa vivere in un pallone fatto di confusione e distanza con l'esterno. Ogni tanto scoppio a piangere quando la pressione e la paura diventano insopportabili.
Volevo aggiungere elementi che non ho potuto inserire nel messaggio di prima:
Sono ansioso di natura, somatizzo parecchio ed ho sofferto di ipocondria fissandomi a volte su problemi cardiaci e poi intestinali. L'ipocondria e la somatizzazione fisica è stata completamente rimpiazzata da questa nuova sensazione. Ricordo di aver vissuto una crisi simile a livello sintomatologico ( seppur ora risulta meno invasiva) intorno ai 19 anni in seguito all'assunzione di allucinogeni. La crisi poi col tempo si è risolta permettendomi di vivere normalmente, nonostante la paura di aver potuto ledere irrimediabilmente la mia psiche sia sempre un po' rimasta. Nella vita ho subito lutti pesanti, separazioni amorose dolorose , separazione tumultuosa dei miei genitori. Mi trovo in un periodo di cambiamenti e responsabilità, sto provando ad avere un bambino, a lavoro si parla di un ingresso in società nella azienda per la quale lavoro. Il lavoro è molto stressante e competitivo, ma riesco ad avere ottimi risultati ( non pienamente apprezzati e ripagati dai dirigenti al momento). La mia compagna è molto impegnata con il lavoro e ciò si ripercuote sul rapporto facendomi sentire un appendice più che una figura centrale.
Alla luce di questi nuovi elementi ha dei consigli da potermi dare sull'inquadramento della situazione?

La ringrazio in anticipo
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
"un percorso terapeutico facendo leva solo sulle mie forze"

Concettualmente è grandioso. Se fa leva sulle sue forze e b basta, in che senso è una cura. Guarisce da solo senza muovere un dito, questa sarebbe una terapia ?
E se no le benzodiazepine. E tutto il resto dell'armamentario medico e psicoterapico dove è finito ?
La psicoterapeuta in questione è medico, visto che parla di farmaci e di come e se usarli, presumerei di sì.

Francamente mi pare la solita impostazione in cui si evitano i farmaci come se dovessero peggiorare il problema, mentre si abbracciano soluzioni vaghe e dalla definizione paradossale, tipo "curarsi con le proprie forze". Anche quando uno ha un'influenza guarisce con le proprie forze spesso, ma non è che si è curato, ha avuto questo decorso.

Diciamo che la cosa è recente, e scaturisce dopo un litigio, ma non vorrei che quello fosse un episodio già scatenato da uno stato affettivo che si stava "muovendo", e le conseguenze sono poi queste, cioè prestazionali o relazionali.
Io direi di farsi fare una diagnosi.

Così per dettaglio, che uso di sostanze ?
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Utente
Utente
Buonasera,
Ovviamente per " sulle mie forze " intendeva dire facendo ricorso alla sola psicoterapia. La dottoressa in questione non è psichiatra, ma si avvale della collaborazione di specialisti nel suo lavoro, valutando caso per caso le varie necessità. Magari lei un'idea se l'è fatta e sta temporeggiando per vedere l'evoluzione, o magari è davvero convinta che possa bastare la sola psicoterapia. Si probabilmente il litigio ha scaturito il processo, ma problematiche di fondo ( anche relazionali ) erano presenti da un po'. Come le dicevo l'ansia è stata sempre una costante e nonostante il mio lavoro e le mie passioni mi portano a parlare in pubblico ed essere spigliato, spesso, mentre lo facevo, venivo assalito da ansia finanche ad avere la vista sfocata e sudorazione, solo che riuscivo a gestirmi al momento ed una volta allontanata la "minaccia" tutto rientrava, tranne un senso vago di spossatezza.
Le sostanze da me utilizzate, come ripeto fino ai 20 anni e poi mai più toccate, erano hashish ( con cadenza abituale e senza incorrere a problemi) , occasionali assunzioni di ecstasy ed una sola occasione di lsd, la sostanza che ai tempi credo innescò la crisi di cui le parlavo, poi rientrata senza grossi problemi ( paura a parte ).

Grazie dell'aiuto
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Ecco, mi pare come al solito strano che una persona che non conosce la materia farmacologica, e della terapia farmacologica, si esprima proprio su questi temi. Non a caso lo fa per macro-categorie inesistenti, del tipo "non c'è bisogno di terapia" (ma quale ? senza aver neanche ipotizzato che cosa ?) come se la dicitura "farmacologica" fosse concettualmente corrispondente a qualcosa, che vale dalla benzodiazepina all'antipsicotico, dall'aspirina all'antidepressivo.
La collaborazione con gli psichiatri è frequente e sempre utile, ma non è virtuale, né mi pare si debba esprimere in questi termini.

Si faccia valutare da uno psichiatra.
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Utente
Utente
Salve, non nascondo che la prospettiva psichiatrica mi spaventa, la vedo un po' come "soluzione senza ritorno" , sa ho 34 anni ,un lavoro estremamente dinamico, dei progetti, sono spaventato del fatto che etichettarmi come "psichiatrico" o assumere farmaci possa far naufragare tutto quello che ho costruito , nonostante mille difficoltà. Va un po' meglio negli ultimi giorni, anche se i pensieri continuano ad affollare la mente, sono sempre in continua elaborazione e riflessione sulla problematica, e non mi sento perfettamente connesso con quello che mi circonda. Quantomeno l'ansia è più gestibile e i rapporti più sereni, anche al lavoro tutto sommato fila liscio seppur con lucidità inferiore rispetto a al normale.
Valuterò il suo prezioso consiglio, ed in merito a questo, saprebbe indicarmi professionisti preparati nella mia zona? O come poterli rintracciare?ho esperienze poco piacevoli con quelli che conosco ( demenza di mia nonna) ed il mio medico di base non è molto efficace da questo punto di vista...

Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Cioè una diagnosi e una cura fanno naufragare le cose ? E allora il dottore che funzione avrebbe ?
Lei non fa questi ragionamenti quando si deve curare per altro. Li fa sulla psichiatria, e non è il solo. Non vede la sede del problema. E istintivamente vede alcuni interventi come sostanzialmente innocui poiché sostanzialmente impalpabili, e coincidenti con se stesso che cerca di controllare le cose.
Insomma, se le dicessero che ce la deve fare con le sue forze in preda ad una polmonite, credo non la considererebbe una gran risposta.
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Utente
Utente
Si, ne sono cosciente, come sono cosciente di essere estremamente attaccato al controllo. Ma purtroppo lo stigma sociale su certe condizioni è forte e crea problemi. Se dovessi palesare problemi psichiatrici con annessa cura farmacologica, mi creda, perderei il lavoro e la fiducia dei clienti. Inoltre , non le nascondo che effetti collaterali dei farmaci potrebbero essere lesivi alle mie attività. Da questo ne consegue la paura ( come se non bastassero quelle che già ho).
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Ma perché gli altri dovrebbero sapere che ha dei problemi e si cura ?
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Utente
Utente
Seguire una cura con tutti gli annessi e connessi , di certo influirebbe sulla routine con conseguente difficoltà a tenere nascosta la cosa. Inoltre, come le dicevo, gli effetti dei farmaci potrebbero influire sulla mia condotta. Al momento il mio disagio è interiore, mi sento lievemente derealizzato, preoccupato, la memoria a breve termine vacilla ( fatico a ricordare cosa accade di preciso durante il giorno in maniera precisa) quello fatto ieri sembra un mese fa... Ma lavoro, esco, parlo e riesco addirittura ad essere socievole e brillante, nessuno ( tranne chi sa del mio disagio perché l'ho palesato) si è accorto di nulla.... Per questo sono frenato... Devo dire che comunque la memoria un po' mi inquieta, come la dilatazione temporale... Lei è sicuramente una voce degna di nota in materia, e credo che un'idea se la sia fatta. Se ritiene indispensabile un consulto psichiatrico lo valuterò di certo
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Questa è l'idea che ha Lei quindi. Cioè non si immagina di star bene curandosi, in generale si immagina che uno lavori peggio, stia peggio....
Per fortuna non è così in generale, anche perché se no non avrebbe molto senso un tipo di intervento per cui uno sta meglio ma funziona peggio...
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Utente
Utente
Chi mi circonda ( ripeto, la mia compagna è psicologa e la compagna di mio fratello è neurologa) continua a dirmi che non c'è bisogno di una psichiatra, che basta una buona terapia psicologica per sbloccare il mio pensiero. Dicono tra l'altro che gli effetti di eventuali medicinali potrebbero peggiorare la mia funzionalità ( tenga conto che purtroppo io sono possessore di partita iva, se mi prendo una pausa da lavoro, magari per la fase iniziale di un'eventuale terapia, non avrei nessuna fonte di reddito, ma spese fisse importanti da dover sostenere). Da qui sorgono i miei dubbi. Ma ripeto, valuterò attentamente il suo invito
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Sì, dico, le persone che si curano abitualmente hanno una vita lavorativa, sociale etc, togliendo appunto casi gravi (psichiatrici e non). Ma non capisco perché ritenere che mediamente l'effetto di una debba essere negativo. E' un'idea. In Lei la comprendo più come legata alla paura di essere "in balia" di effetti non meglio precisati, che corrisponde anche allo stato ansioso. A livello culturale, è perché non c'è un'idea sul fatto che il cervello sia il cervello, e che la psiche venga da lì. Per cui psicologico anziché psichiatrico mica significa quello che dovrebbe, significa solo leggero-pesante, ma anche qui in maniera paradossale, come se volesse dire benefico o distruttivo. Ora, che lo psichiatra sia lì con in mano strumenti disperati che riducono in condizioni negative persone ormai ridotte comunque in condizioni ancora peggiori... per fortuna non è proprio così...
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Utente
Utente
Si, sicuramente è presente una componente di paura... Avendo letto i sintomi della fase prodromica della schizofrenia, e ritrovandomici, ho paura di poterlo essere. Questo fa sì che da una parte cerco aiuto specialistico ( altrimenti non sarei qui a scrivere) , dall'altro ne sono talmente spaventato che evito una diagnosi, per la serie meglio non sapere, come il malato che non va dal medico per paura della brutta notizia. Reagisco, vivo, faccio terapia per cercare di risolvere il problema... Ma il tarlo rimane
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Lei non si è riconosciuto in una diagnosi a caso, soltanto perché è preoccupato di un cosa grave, e naturalmente si riconosce però in una fase prodromica. E' né più né meno come dire "ho paura, e se ho paura chiaramente ho paura di avere una cosa grave, non lieve, se no che paura è ?".
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Utente
Utente
Credo di aver capito cosa intende, la preoccupazione e la paura hanno bisogno di essere alimentate da qualcosa di "potente" perché sussistano, altrimenti si spegnerebbero ( come in effetti si sono sempre spente durante le mie fasi ipocondriache "fisiche"). Il fatto è che la psiche è qualcosa di talmente impalpabile, imprevedibile e "sconosciuta" , che razionalizzare è molto più difficile. Se hai paura di un infarto perché ti fa male il petto, ma poi vedi che gli esami sono buoni, che i giorni passano ed ancora sei vivo, che se vai a correre resti in piedi, alla fine la preoccupazione l'abbandoni. Ora mi rimane molto più difficile
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Utente
Utente
Salve dottor Pacini, ho letto questo suo scritto in cui mi sono imbattuto:

"Una forma poco conosciuta di ipocondria è quella psichica , cioè la paura di perdere il controllo delle proprie funzioni mentali. Comuni sono la preoccupazione di non avere memoria, che produce l’ossessione di controllarla, con l’ovvio risultato di concludere che funziona male, o non perfettamente. Il non perfettamente diviene, controllo dopo controllo sempre più grande, cosicché il paziente si presenta dicendo non ricordo niente , non ho memoria , non riesco a memorizzare . Rispetto alle verifiche che pretendono un funzionamento a comando della memoria, ovviamente questa risulterà difettosa. Questa pseudo-amnesia ipocondriaca è una forma diffusa e rispetto a cui i pazienti hanno scarsa capacità critica, poiché a differenza dell’ipocondria riguardante altri organi, poiché il cervello qui è sia fonte che oggetto della preoccupazione. Altra forma comune è la paura di diventare matti , per esempio nel senso di potersi aggravare fino a diventare schizofrenici o dementi , secondo un ragionamento paradossale (il solito delle ossessioni) per cui se non si ha il controllo la situazione potrebbe degenerare senza che possiamo farci niente. La paura di avere una psicosi è per esempio una forma comune di ipocondria ossessiva, in cui il paziente anziché preoccuparsi, e anche seriamente, di curarsi l’ossessione, si preoccupa di discutere il contenuto dell’ossessione, cioè la malattia che lo spaventa e che teme di poter sviluppare. Spiegare al paziente il perché il rischio di diventare matto o demente non c’è, è in realtà controproducente, perché rinforza la sua convinzione che ci sia un rischio che deve essere spiegato e discusso per poter esserne rassicurati"

Illuminante. Mi ritrovo quasi specularmente in tutto.
Parlerò con la mia terapeuta del problema durante la prossima seduta e, nel caso, valuterò con lei un consulto con uno psichiatra di fiducia.
Grazie!
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
La ringrazio dell'apprezzamento.
[#19]
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Utente
Utente
Salve dottore, le scrivo in merito ad una prima ipotesi di diagnosi fatta, so che non può darmi certezze, ma volevo chiederle se può essere plausibile: l'ipotesi è che in seguito ad un momento di stress si sia riattivata una sorta di psicosi che avevo subito durante l'esperienza fatta con le droghe 15 anni fa. Le chiedo perché sentendo altri psichiatri molti sono stati scettici, se non addirittura mi hanno riso in faccia. Non so davvero quale strada prendere e chi seguire.

Nel complesso i livelli di ansia si sono abbassati, ma permane un certo grado di ottundimento mentale con i problemi connessi ed una ,seppur molto più lieve, derealizzazione.
A livello funzionale svolgo tutte le mie mansioni

Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Detto in due parole, non significa niente, infatti poi ho capito che era una sua descrizione, non una diagnosi. Mi pare che sia in linea con la preoccupazione che lei ha per le sue funzioni mentali, ma a parte questo non mi pare aggiunga nulla a quello che si era già detto.
[#21]
dopo
Utente
Utente
Le spiego riportandole le parole dello psichiatra contattato tramite il mio terapeuta:
" È possibile che con certe droghe si innescano psicosi, per lo più temporanee, ed è possibile che tali psicosi si "riattivino" in futuro, magari in condizioni di stress emotivo come il tuo"
A questo ha aggiunto che esistono protocolli ad hoc per questi casi e che la cura dura sei mesi, senza però andare sullo specifico sui farmaci.
La compagna di mio fratello ( neurologa) ha parlato con diversi colleghi psichiatri che hanno ritenuto questa idea improbabile. Ora, io davvero non so se affidarmi o meno a questo psichiatra, mi trovo in difficoltà. Le ho chiesto parere, quantomeno sulla plausibilità di tale diagnosi, perché la ritengo affidabile e magari potrebbe aiutarmi a trovare la giusta direzione.

Grazie ancora.
[#22]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Capisco, ma quindi la diagnosi sua che è stata fatta quale è ?
Che ha avuto un episodio psicotico dovuto a sostanze in passato ? E presentemente ha qualcosa o no ?


"esistono protocolli ad hoc per questi casi e che la cura dura sei mesi,"

Personalmente ho pubblicato su questa materia, ma una cosa del genere non mi risulta. Cioè esistono protocolli per persone non psicosi che durano sei mesi per prevenire il ritorno della psicosi quando uno è sotto pressione.

Esistono delle cure, relative alla diagnosi e con alcune conoscenze rispetto alla caratteristica dell'uso di sostanze pregresso o attuale.
[#23]
dopo
Utente
Utente
L'ipotesi fatta è che abbia avuto a 19 anni una psicosi indotta da sostanze e che ora , usando le sue parole, si sta riattivando. Ha detto che può capitare con le droghe, anche a distanza di anni, 15 in questo caso. Io di aver avuto psicosi non me ne sono accorto, cioè , ho passato un periodaccio in cui mi sentivo estraniato, ansioso, non riuscivo a studiare, ma poi col tempo sono tornato alla vita normale, solo con strascichi di ansia. Attualmente ripeto, in seguito a quel litigio e tutto quello che ho descritto, ho ansia, mi sento derealizzato, scarsa concentrazione soprattutto nel seguire lunghi discorsi, non nel leggere, insonnia, memoria poco reattiva, tempo che passa in modo strano. Lavoro normalmente seppur con più fatica.Stavo meglio dopo le sedute, ma questa proposta di diagnosi mi ha buttato nuovamente nel baratro. Non uso droghe, bevo vino, con qualche eccesso saltuario.
Non so se affidarmi a lui, ci sono altri pareri contrastanti, voglio curarmi ma nel modo giusto
[#24]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Ma in che senso ipotesi ? A 19 anni avrebbe avuto una psicosi e nessuno lo sa ?
E ora "si sta riattivando" cosa vuol dire ? E' psicotico o no secondo il medico ?
Le ha dato un antipsicotico ?
[#25]
dopo
Utente
Utente
Capisce la mia titubanza?
Si, secondo lui è in atto una psicosi o un inizio di essa, direttamente collegata ad una psicosi avuta a 19 anni conseguente ad uso di droghe, cosa intende per riattivazione non saprei. Di questa psicosi, ripeto , nessuno se ne accorto a quanto pare ... Io semplicemente non riuscivo a studiare, ero scostante ed ansioso, poi negli anni seguenti è passato, ho studiato , ho vissuto, lavoro.
Non si è pronunciato sui medicinali, mi ha detto che c'è una cura risolutiva ( a questo punto con psicotici se parla di psicosi?) , Lasciandomi del tempo per pensare se intraprenderla o meno
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
A me tutto questo discorso sembra fumoso dall'inizio alla fine.
Che una psicosi sia avvenuta senza traccia esterna è possibile, ma non probabile. Se ne è in atto una, allora la cura perché non è stata data ? Inoltre, il discorso non fa capire se è in atto, rischia di tornare (ma in base a cosa se non è in atto e non è neanche in atto l'uso di sostanze ? un rischio generico legato ad una diagnosi... ma appunto quale ?).
Una cura definitiva che dura 6 mesi.... no, come si fa a dire quanto debba durare ?
E poi, come fa a decidere se non si sa che tipo di cura è ?
[#27]
dopo
Utente
Utente
Esattamente.... Lunedì tornerò dallo psichiatra per cercare di dipanare la matassa, e di certo consulterò altri psichiatri. Grazie per l'aiuto
[#28]
dopo
Utente
Utente
Aggiornamento sulla diagnosi:
Dopo aver sostenuto una visita più approfondita, lo psichiatra ha abbandonato l'ipotesi di un'eventuale psicosi derivante da consumo passato di sostanze, ed ha fissato la diagnosi su ansia generalizzata con tendenza ipocondriaca.
La cura è di mirtazapina 15 , una al giorno prima di andare a letto. Questo per un mese e poi una visita di controllo per valutare la situazione
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Adesso il discorso torna meglio in effetti.
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dopo
Utente
Utente
Direi di sì, anche se non capisco il perché della prima ipotesi che, non nascondo, mi ha fatto passare dieci giorni di inferno. Forse i miei timori mi hanno portato a focalizzare troppo l'attenzione su determinati aspetti del mio malessere, facendo un po' "deragliare" le idee della psicoterapeuta.
Grazie per l'attenzione
[#31]
dopo
Utente
Utente
Buongiorno dottore,
La disturbo per un nuovo parere. Sono al terzo giorno di mirtazapina (15mg prima di andare a letto). Ho notato miglioramento nel sonno e nell'ansia ( molto attenuata da subito) , la derealizzazione è molto diminuita, quasi scomparsa, ma a disturbare parecchio la mia funzionalità ora è un senso costante di stordimento, sonnolenza, debolezza, con difficoltà anche cognitive più accentuate ( difficoltà di ragionamento limpido , lentezza di elaborazione, memoria) . Guidando tutti i giorni e dovendo intrattenere rapporti personali di vendita con i miei clienti, può capire che questi "effetti" mi stanno creando delle difficoltà. Sessualmente ( seppur mi è stato assicurato che non avrei avuto difficoltà) sto riscontrando problemini, soprattutto sulla "spinta" sessuale e sulla tenuta dell'erezione.
La mia domanda è: questi effetti scompariranno nel proseguo della cura ed è quindi auspicabile che io stringa i denti per qualche giorno , o è meglio valutare col curante una cura alternativa?
[#32]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Dopo 3 giorni è poco sensato porsi domande che chiaramente sa essere premature, ma soprattutto aperte.
Come si fa a sapere se una cura funziona, come è tollerata etc, se non provandola e confrontandosi col medico se si hanno effetti particolari ?
[#33]
dopo
Utente
Utente
Ho sentito il mio curante, ha detto che conviene sospendere qualche giorno e riprovare sabato sera, grazie per la risposta
[#34]
dopo
Utente
Utente
Salve dottore,
Volevo aggiornarla sulla situazione. Come le dicevo con l'assunzione di mirtazapina avevo riscontrato non pochi problemi che mi impedivano di portare avanti il mio lavoro. Come consigliato dal mio curante ho sospeso per qualche giorno il farmaco per poi riprenderlo, riscontrando nuovamente le stesse problematiche che, ovviamente, mi hanno portato alla sospensione. Di pari passo ho sempre portato avanti la psicoterapia. Contemporaneamente ad un appianamento delle problematiche di coppia, il mio quadro è notevolmente migliorato. Le mie performance lavorative non solo non hanno subito deficit, sono migliorate portandomi a buoni risultati anche con nuovi clienti. L'ansia è notevolmente scesa, l'insonnia molto migliorata e rientrata alla situazione precendente la crisi. Permane un senso di estraneazione ( derealizzazione) molto più sfumata, momenti di ansia lievi e gestibili, la memoria è sempre deficitaria ma molto meno rispetto a prima, idem per la concentrazione. Noto però un'anedonia più marcata, non trovo piacere neanche negli ottimo risultati lavorativi. La tensione emotiva rimane ed i pensieri verso la paura di malattie mentali rimangono, seppur più sfocati e meno invadenti. Noto difficoltà nell'articolare pensieri complessi, specie nello scrivere, ma senza enormi problemi.Non ho problemi nella gestione della vita quotidiana, faccio tutto senza grosse difficoltà.
Il mio psichiatra , sentendolo telefonicamente, mi ha consigliato di abbandonare definitivamente la terapia con i farmaci, dato che era blanda e che probabilmente sono un soggetto che non tollera bene determinate sostanze. Mi ha invitato a continuare la psicoterapia e si è reso disponibile per un colloquio futuro nel caso in cui ne avessi sentito il bisogno.
Volevo chiederle se concorda con il parere del collega o se era meglio "sentire un'altra campana"; se la descrizione da me fatta, secondo la sua esperienza, può essere considerata come attinente ad un percorso di ripresa oppure no; se può essere di aiuto fare esami fisici che possano escludere patologie.ho già effettuato una visita oculistica riscontrando una maculopatia che genera quelle che io indicavo come dispercezioni visive ( pavimenti e pareti inclinati, vista offuscata specie da lontano, una certa fotobia, ecc... ,)
Grazie
[#35]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Per quanto mi riguarda, non esiste il concetto di "non rispondere ai farmaci" (in generale non significa mai niente).
Per non aver risposto bene ad una o due cure non capisco cosa si decreti che a questo punto le cure "farmacologiche" sono finite.

Certamente non è d'aiuto fare esami per escludere in base a un criterio suo. Una diagnosi ce l'ha, se le cure non funzionano capisco il meccanismo per cui ritorna a cercare "una causa", ma significa anche che allora non ha chiara la diagnosi, in cosa consiste.
Gli accertamenti è bene che li indichi (o non li indichi) un medico.
[#36]
dopo
Utente
Utente
Più che non rispondere ai farmaci ( cosa che in effetti non può essere detta visto che li ho assunti per brevissimi periodi) , lo psichiatra ha ritenuto che non li tollerassi , che gli effetti collaterali erano troppo forti per me e, dato che senza riuscivo comunque a portare avanti le mie cose mentre con il farmaco mi rimaneva impossibile, mi ha consigliato di sospendere definitivamente. Per quanto riguarda eventuali visite io sono abbastanza persuaso del fatto che i miei disturbi siano in prima istanza psichici, come il mio medico che mi ha sconsigliato altre visite... Ma se non avessi ceduto alle pressioni della mia compagna, non avrei eseguito la visita oculistica e non avrei scoperto che i miei disturbi visivi dipendono da una condizione organica e non psichica.
[#37]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Scusi ma non riesco davvero a capire.
Lei afferma che è convinto che sia un disturbo psichiatrico però afferma anche che i sintomi sono dovuti alla maculopatia.
L'oculista le ha detto che ha una maculopatia e che i sintomi sono legati a questo: è così ?
Se sì, perché stiamo a discutere della questione psichiatrica ?
[#38]
dopo
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La maculopatia c'è, diagnostica da OCT. Alla visita oculistica sono arrivato per due motivi: l'insistenza della mia compagna che era convinta che le dispercezioni visive avevano natura organica , e la perplessità dello psichiatra che, di fronte alla mia descrizione sintomatologica, non riusciva ad inquadrare i miei sintomi visivi all'interno dell'idea diagnostica che si era fatto. A quanto pare in parte aveva ragione dato che , a detta dell'oculista, le deformazioni visive descritte rientrano nella sintomatologia tipica della maculopatia. Dico in parte perché, contemporaneamente, quel senso di derealizzazione, di distacco dal vissuto quotidiano, di tempo che scorre in maniera "diversa" , permane, seppur lievemente,ovviamente insieme alle altre sensazioni che le ho descritto ( mancanza di piacere, concentrazione e memoria soggettivamente compromesse, ecc...). Questo, almeno secondo la mia logica, può denotare due cose: la più probabile è che ci sia il problema psichiatrico di fondo al di là della maculopatia; la seconda è che possa esserci qualche altra patologia organica che provoca i sintomi, o parte di essi, e che magari il mio stato psichico sia una conseguenza secondaria: non mi sento in forma, quindi vado in ansia e mi deprimo. Il dubbio mi è stato instillato anche dalla psicoterapeuta che mi ha invitato ad indagare anche a livello organico.
Da lei volevo solo un parere aggiuntivo basato sulle sue esperienze. Il mio medico di base non è esattamente "sveglio" ( prossimo alla pensione, francamente stanco e poco scrupoloso, lo tengo solo perché c'è un legame affettivo particolare) quindi cercavo parere esterno, vorrei evitare le via crucis per medici, ambulatori ed ospedali, specie in questa situazione di emergenza generale
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Quindi lo psichiatra NON ha diagnosticato nessuna derealizzazione, e invece l'oculista individua una maculopatia. Quindi, perché parliamo a questo punto di psichiatria ? Solo perché certi sintomi le causano demoralizzazione ?
O c'è una diagnosi psichiatrica definita, tolti i sintomi oculari che quindi sono spiegabili con la maculopatia ?
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Più che escludere la derealizzazione ( non ha messo in dubbio i miei vissuti ) mi disse che in base alla sua esperienza i derealizzati psicotici si presentano in maniera ben diversa e , dato questo, i sintomi visivi da me descritti gli sembravano strani. Una diagnosi vera e propria non è stata enunciata, a fine colloquio non mi ha detto " hai questo" , semplicemente spiegandomi la mia situazione secondo il suo punto di vista nel discorso sono emerse le parole " ansia generalizzata" e "ipocondria", dandomi come cura mirtazapina 15 , poi sospesa secondo le modalità descritte nei post indietro. Ora, ovviamente le dispercezioni mi creavano allarme, adesso che so da cosa sono dovuto non mi allarmano più, ma certe sensazioni rimangono ( anedonia, distacco da ciò che mi circonda ,episodi di insonnia, stanchezza, memoria e concentrazione non al massimo) . A fronte di questo,come dicevo sto meglio, non mi sono isolato, la vita di coppia prosegue nella norma ed il lavoro va bene.
Tenendo conto del fatto che la mia "crisi" di luglio seguiva ad un periodo di circa un paio di mesi in cui mi sentivo mentalmente e soprattutto fisicamente esausto, considerando gli ultimi elementi elencati, volevo sapere se, secondo lei ,valeva la pena approfondire la situazione , sia dal punto di vista psichiatrico ( magari la diagnosi non è esatta? Potrebbe essere altro?) , Sia dal punto di vista fisico ( magari il problema risiede altrove ed il non sentirmi in forma mi porta a stati ansiosi/depressivi?) , O invece magari andare avanti così e vedere se il miglioramento è effettivo e porta verso la risoluzione del problema.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Qui mi sembra che si usino termini tecnici in maniera confusiva. Dispercezioni, derealizzazione "Psicotica" . Le è stato dato un farmaco che ovviamente presuppone l'assenza di psicosi o dispercezioni in quel senso.
Io farei rivedere la diagnosi, che magari è già fatta ma espressa in maniera poco chiara.
Ansia generalizzata e ipocondria mi tornano come termini e rispetto a quanto riferiva, ma che c'entra questo continuo far riferimento a termini che hanno a che vedere con la psicosi ?
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Il termine dispercezione è da me usato per indicare quelle sensazioni che avverto e che ritengo "diverse" : i problemi alla vista e la sensazione che il tempo scorra in maniera strana ( avvenimenti vicini mi sembrano lontani e durante la giornata arrivo a sera senza neanche accorgermene) . Per quanto riguarda il termine " derealizzazione psicotica" dobbiamo fare un passo indietro di qualche post, quando lo psichiatra ( senza visitarmi di persona ma parlando esclusivamente con la psicoterapeuta) avanzò l'ipotesi di una psicosi che si stava riattivando , psicosi che probabilmente derivava da una subita in giovanissima età (15 anni fa) in seguito ad assunzione di sostanze. ebbi un periodo di appannamento , difficile, ma che poi grosso modo si risolse spontaneamente lasciando solo uno strascico di stati ansiosi e fobici, alleviati sempre più con gli anni.Questa ipotesi fu poi esclusa in sede di visita secondo i termini spiegati sopra.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Si, infatti, tra termini usati con accezione diversa da quella tecnica (usi pure quelli comuni, da quelli si diagnostica meglio), e discorsi filtrati che non vengono da una visita diretta, risulta un po' di confusione. Magari già superata nei fatti, giudicando dalla scelta del tipo di farmaco.
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Mi scusi dottore ma avevo "perso" la sua risposta tra le mail. Si, in effetti la mia curiosità e la mia paura della psicosi mi hanno portato a documentarmi parecchio , questo ha indubbiamente influenzato i miei racconti ed ha giocato un ruolo fondamentale di suggestione ( guarda caso iniziai ad avvertire sensazioni di derealizzazione dopo averne letto i sintomi e la sua ascrizione tra i prodromi psicotici). Si, seppur non ha enunciato chiaramente la diagnosi, esa sembra essere netta ed orientata verso un disturbo di ansia, magari neanche troppo serio, quantomeno basandosi sul tipo di cura assegnatomi.Lo psichiatra, devo dire, mi ha fatto una buona impressione, abbiamo parlato molto, ha parlato con la mia compagna e la seduta è durata più di un'ora . Non mi è sembrato di certo sbrigativo. Purtroppo , però, il tarlo di tanto in tanto rimane, anche se razionalmente cerco di aderire alla diagnosi fatta. Sa, non è semplice... Vivere sentendosi scollegati, mai in forma, avere la sensazione di non stare al cento per cento anche se poi a livello lavorativo e relazionale tali difficoltà non emergono. A volte davvero non capisco come faccio ad avere i risultati che ho nonostante il malessere ( seppur molto alleviato ) che mi porto dentro.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Tenga presente che dalle ossessioni non si esce in modo razionale. Sono razionali le ossessioni, sono iper-razionali, impongono una preoccupazione anche quando il buon senso la terrebbe a bada.
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Avevo intuito un meccanismo del genere, proverò a lasciarle fluire magari concentrandomi sulla quotidianità. Il periodo è quello che è , la quasi totale mancanza di svaghi non aiuta di certo. Farò tesoro dei suoi consigli, sperando che queste sensazioni limitanti mi abbandonino seguendo questo percorso. Grazie!
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