Comportamento da assumere con mio figlio

Buongiorno. Sono da qualche tempo diventato padre di un bellissimo bambino (che adesso ha 6 anni) di colore, dopo aver affrontato un lungo cammino, come quello che prevede l'adozione. Il mio bambino è consapevolissimo, sin da piccolo, della sua situazione, ossia è a conoscenza del fatto che io e sua mamma siamo genitori di cuore e non di carne.Ma vado subito alla domanda. bensi io mi sia preparato in anticipo ad affrontare in un certo modo i problemi che una condizione del genere sovente svuluppa, circa una settimana fa mi sono trovato ad affrontare aimè un problema che non credevo di dover affrontare nel 2010, ossia la discriminazione razziale. Mio figlio infatti è arrivato a casa piangendo, asserendo di esser stato offeso da un suo amichetto circa il colore della sua pelle. Bensi, ripeto, preparati, questa cosa mi ha spiazzato, ed ho risposto a mio figlio, che probabilmente anzi sicuramente il suo amico non pensava questo di lui, e che lo ha detto solo perche era arrabbiato, invitandolo a non portare rancore nei confronti di nessuno, distraendolo con altro subito dopo. Secondo voi, ho peccato di leggerezza? è bastato ciò a dare abbastanza sicurezza a mio figlio? ma d'altronde cosa potevo dirgli? Non voglio che lui pensi che il suo amico sia stupido, perche non voglio che lui serbi rancore nei confronti d alcuno e non cresca con l'odio nei confronti di chi fa certe affermazioni, non mi son sentito di piangergli addosso perche non voglio che lui si senta insicuro. Vi ringrazio in anticipo.
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile Utente, la discriminazione razziale spiazza chi ci si confronti. Pensare che, nel 2010, nell'epoca del "villaggio globale", dove barriere e confini hanno sempre meno significato, esista ancora una discriminazione basata sul colore della mia pelle o sulla religione che professo, spiazza le persone che, come lei, hanno operato una scelta così lunga e difficile (le trafile ed i tempi per le adozioni internazionali metterebbero alla prova la pazienza e la determinazione di chiunque!).

E' possibile che suo figlio incontri, nella sua vita, altri episodi in cui il colore della sua pelle possa rappresentare un bersaglio per comportamenti ed atteggiamenti di chiusura. Mi sembra che lei si stia rappresentando il problema nei termini di un dilemma con due risposte possibili: fomentare odio in suo figlio, dando la "colpa" alla stupidità degli altri, o "distrarlo" dal problema, per scongiurare il pericolo che possa nutrire rancore nei confronti degli altri. Lei cosa vuole trasmettergli? Come si immagina che sia una risposta "giusta" da parte di suo figlio a sollecitazioni di questo tipo? O, in altre parole, quali pensieri, comportamenti, emozioni reputa che dovrebbe avere suo figlio di fronte ad altri comportamenti (più o meno) discriminatori?

Le motivazioni che esprime sono condivisibili: l'obiettivo di "costruire sicurezza" in suo figlio è sicuramente un'aspirazione genitoriale molto elevata. Cerchi di chiarirsi bene cosa intende lei per "sicurezza", e potrà essere più semplice lavorare per obiettivi, piuttosto che in risposta alle emozioni che prova un padre nel vedere il proprio figlio piangere perché ha incontrato le prime difficoltà relazionali della vita.

Cordiali saluti ad un padre premuroso
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Dr.ssa Roberta Cacioppo Psicologo, Psicoterapeuta 338 11 2
Gentile utente,
i bambini quando discutono tra loro e si confrontano trovano spesso automatico attaccare gli altri su questioni che sentono come "diversità", siano essi dei difetti o meno.

E allora si può essere presi in giro per il naso grosso, per il cognome strano, per la corporatura, per un tic, etc. etc.

A 6 anni difficilmente ci possono essere dietro reali discriminazioni razziali, anche se purtroppo è vero che esistono genitori che trasmettono determinati tipi di messaggi ai propri figli, che verosimilmente a propria volta li utilizzeranno.

Nel caso di suo figlio, è sicuramente apprezzabile il suo desiderio di aiutare suo figlio a non sentirsi "minus" per via del colore della sua pelle. Ma è vero d'altronde che possiamo ben immaginare che questa non sia stata la prima volta, e non sarà nemmeno l'ultima purtroppo. Che il colore della sua pelle sia diverso da quello della maggior parte dei suoi amici è un fatto. E' sbagliato invece che venga interpretato dell'altro a partire da questo dato di realtà.

Lei può aiutare suo figlio a circoscrivere determinati tipi di interventi poco corretti da aprte degli amichetti non cercando nè di proteggerlo del tutto, nè di buttarlo ad affrontare la questione da solo. Si potrebbe riprendere la questione riflettendo insieme sulle sue origini, inventando dei giochi da fare insieme riguardanti la sua storia, etc.

Un figlio adottato continuamente formula nuove domande su se stesso, e altrettanto continuamente ha bisogno di risposte, o almeno di sapere da parte dei genitori adottivi che si può parlare di quello che è stato prima.

E questo è già un ottimo passo per costruire una propria consapevolezza e sentirsi sicuri di sè.

Cordialmente,

Roberta Cacioppo - Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa clinica -
www.psicoterapia-milano.it
www.sessuologia-milano.it

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dopo
Utente
Utente
Vi ringrazio entrambi per le risposte esaudienti e professionali. Io con mio figlio parlo (e l'ho sempre fatto) delle sue origini, perche è giusto che lui sappia tutto, altrimenti un giorno potrebbe sentirsi tradito da colui che lo sta allevando. Certamente questo, ritengo sia un percorso profondo e duro da affrontare, perche come dicevate, lui di domande ne fa, e ne fa tante, e purtroppo spesso quando meno te lo aspetti, non avendo quindi molto tempo per pensare a cosa rispondere. La sincerità con lui, come con ogni altro, sicuramente premia, senza pero essere ingenui. Io non ho voglia di fomentare in lui odio verso gli altri, ne tanto meno stargli a piangere addosso, perche voglio che lui affronti le difficolta della vita con una certa fermezza, restando fermi la buona educazione e l'assoluta correttezza verso il prossimo. Vi ringrazio ancora.