Come fra i bimbi

Cari dottori,

Quello che ho scelto per il mio consulto è un titolo che ricalca volutamente la tristemente ben nota similitudine del sentirsi come "in mezzo a dei bambini". Mi riferisco ai miei coetanei, i 24-25enni d'oggi, questi baldi giovani che la società contemporanea (o meglio, chi ne afferra saldamente le redini) fa di tutto per tenere nell'ignoranza, nella mediocrità e nell'abulia più totale. Intendiamoci, le perle ci sono eccome, e grazie a dio ne ho pure incontrate.

Io mi riferisco alla media, al tipo (o alla tipa) che incontri ad una festa di amici, all'università, in un locale pubblico. Tutti uguali, tutti ridicoli nel loro scomposto razzolare appresso alle mode del momento, magari ritenendosi in qualche modo facenti parte di un'elite di teste di cazzo con una laurea, che - in virtù di ciò - possono permettersi di sbandierare capi d'abbigliamento e gusti musicali che li facciano sentire "alternativi", senza apparentemente la minima coscienza di essere - nè più nè menon - che degli omologati, tali e quali ai loro simili che si guardano la De Filippi e vestono D&G, solo in maniera diversa.

Io, dal canto mio, posso constatare come sia in grado di stabilire un contatto sincero e paritario - e non assistenziale o totalmente alienante - solo con una percentuale risibile di questi. Gli altri, o non mi capiscono, o mi trovano noioso (e io trovo noiosissimi loro), o mi trovano simpatico perchè a detta loro "strano". Alcuni (pochi) mi reputano molto intelligente, eppure a me non pare di essere un genio che può essere compreso da quel 2% dell'umanità con cui condivide le stesse mirabolanti facoltà cognitive, stile "a beautiful mind".

Non credo affatto sia questione di cervello. Credo sia invece questione di dignità. Possibile che al giorno d'oggi un essere umano debba svendersi pur di riscuotere successo sociale?

Ma le più (tragicamente) divertenti rimangono le ragazze: sempre alla ricerca dell'uomo "nonsisacomebastachesiaperfetto", per poi mettersi puntualmente con il buzzurraccio di turno che le conquista con un rutto sonoro e una mano sul culo. Scusate il linguaggio poetico, ma è veramente possibile che la razza umana stia involvendo così penosamente?

Il mondo è bello perchè è vario, ebbe a dire qualcuno. Secondo me più che vario è "avariato".
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le ragazzo,
credo ci abbia scritto per condividere il senso di solitudine che vive sentendosi circondato da coetanei con i quali sente di aver poco o nulla da condividere, ma io credo che attraverso la sua ironia lei sta esprimendo la difficoltà ad entrare in relazione sia con i ragazzi sia con le sue coetanee, è così?
Credo abbia ragione quando dice che non è semplicemente una questione di intelligenza, ma forse più che la dignità riguarda la capacità di tollerare la frustrazione derivante dalla disapprovazione altrui o da parte dell'altro che, inevitabilmente entra in conflitto con il desiderio di appartenenza al gruppo che alla sua età è molto importante.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 536 10 16
Non penso si tratti di bambini o bamboccioni.
Diverse sensibilità, diversi interessi, diversi stili di vita si incontrano a tutte le età.

La popolazione universitaria è un particolare microcosmo di giovani possibilità in cerca di certezze.
Non ci si accontenta più di seguire le istruzioni dei genitori, nè si ha una reale aspettativa per il futuro.
Dunque ci si sperimenta. Chi lasciandosi cullare da un fattore aggregante, chi ne sceglie un altro, chi giocando da libero.

Essere sicuri di se stessi è un'acquisizione che richiede tempo e esperienza di sè e degli altri. Molto più spesso ciò che agisce sono le nostre difese: e allora griffe, antigriffe, bandiere che danno un'identità mentre si cerca di disegnare la propria.

Sentirsi uguali per non sentirsi diversi o sentirsi diversi per non sentirsi uguali?

Mi torna in mente il classico Moretti "mi si nota di più se non vengo alla festa o se vengo e mi isolo in un angolo.. ma no, non vengo.. allora vengo" (vado a memoria)

La conclusione sarà: sentirsi se stessi, in grado di compartecipare con l'umana razza che ci accomuna e in grado di affermare la propria irripetibile individualità.

Un saluto.

Dr.ssa Paola Cattelan
psicologa psicoterapeuta
pg.cattelan@hotmail.it

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Dr. Maurizio Brescello Psicologo 102 1
Gentile utente qual'e' la domanda? La sua mi pare una riflessione triste sulla societa' moderna. Sappia che ci sono persone che hanno 40,50,60 anni e' si lamentano delle stesse cose. Queste lamentele eranno comuni in tante persone anche in decenni passati...
Allora dove sta l'inghippo?
Cambiano le eta', i momenti storici e le cose fanno sempre schifo se non si riesce a stare "sul buono" che inevitabilemente appartiene all'eterogenita' umana.
Come diceva il poeta; la bellezza e' negli occhi di chi la vede! (e qui non serve l'oculista, mi passi la battuta stupida!)

Auguri

Dr. Maurizio Brescello