Paura di non riuscire ad avere figli

Gentili dottori,
sono una donna di 34 anni a cui è appena stata data notizia del terzo aborto consecutivo. Io e il mio compagno abbiamo iniziato a provare ad allargare la famiglia più di tre anni fa, ma sembra che proprio non sia destino. Ogni fallimento è un trauma, più per me che per lui, non so se per carattere o perché a me si sommano gli ormoni e la componente fisica. Dopo il primo episodio ho avuto un po' di sconforto e mi sono rivolta ad un vostro collega. Con il suo aiuto ho superato anche il secondo evento, ma ora che sono al terzo mi sento esausta e non ho più voglia di parlare di niente con nessuno, psicologo incluso.
Domana avrei l'esame di stato e mi sforzerò di andare solo perché devo, poi mi concentrerò sul lavoro, ma poi tra 10 giorni il contratto di lavoro finirà.. e io avrò intere giornate di nulla per chissà quanto tempo (non è così facile trovare lavoro...). Inoltre dal 15 luglio il terapeuta sarà in ferie, quindi mi ritroverò all'improvviso con tanto tempo per rimuginare e nessuno con cui affronatre le mie paure. Come gestisco da sola tutto questo? Come si accetta di non poter mai essere felici? Come gestisco la tristezza che mi fa piangere da quasi 12 ore senza una pausa? Come supero il conflitto tra il voler ancora provare e il pensare che dovrei farmene una ragione? Si riesce davvero a farsene una ragione? Non è solo non riuscire a portare a termine la gravidanza, è anche ogni volta avere l'illusione che alimenta il sogno, iniziare, anche se titubante, il percorso e poi vedere tutto che si dissolve lasciandomi a dover gestire sia il dolore fisico sia quello psicologico.
Avete un suggerimento per aiutarmi a superare questa estate con un briciolo di serenità?

Grazie dell'attenzione.
Saluti
[#1]
Dr.ssa Chiara Facchetti Psicologo, Psicoterapeuta 60 1
gentile Signora
purtroppo non ci sono consigli adatti ad aiutarla in questa difficilissima fase... magari ne avessimo!
Dalle sue parole si intuisce la sofferenza profonda delle speranze disilluse, del dolore fisico e psicologico e della difficoltà a portare avanti un percorso (di lavoro, di famiglia, terapeutico) che l'assenza di figli rende ancor più penoso e difficile...
L'unico suggerimento che mi sento di darle è quello di parlare con il suo terapeuta di tutto questo, soprattutto delle sue paure connesse con l'estate imminente e con il terzo aborto che ha dovuto subire. Il collega sarà senz'altro in grado di aiutarla a gestire questi suoi vissuti, del tutto legittimi dato il terzo aborto (un vero e proprio evento traumatico) e la generale incertezza che tra poco si troverà ad affrontare (nell'ambito del lavoro e della "sospensione temporanea" della terapia).

In bocca al lupo per tutto
Cordiali saluti
Dott.ssa Chiara Facchetti

Dr.ssa Chiara Facchetti
Ordine degli Psicologi della Lombardia (n. iscriz. 03/12625)
www.milanopsicologa.it

[#2]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
Avete un suggerimento per aiutarmi a superare questa estate con un briciolo di serenità?

Gentile signora,
comprendo il suo dolore dopo tre interruzioni di gravidanza, speranze e delusioni che si sono susseguite. E' però importante che lei ponga le questioni che ha rivolto a noi al suo terapeuta, saprà risponderle al meglio dato che la sta seguendo direttamente e che ha con lei quindi un rapporto di tipo personale, diversamente che noi da qui.
L'aborto è un evento traumatico, luttuoso, che necessita di tempo per essere elaborato, l'intervento diretto di un esperto, del quale lei si sta avvalendo, la può aiutare a superare, col tempo, questi momenti difficili e dolorosi nei quali si sommano anche altri tipi di difficoltà che lei ha descritto.
Riponga fiducia nel suo curante e cerchi di condividere i suoi vissuti emotivi con il suo compagno, anche il sostegno delle persone affettivamente significative è importante per non sentirsi soli con le proprie sofferenze.

Molti auguri

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

[#3]
dopo
Utente
Utente
Grazie per le risposte,
il mio terapeuta è molto gentile e disponibile e mi ha già detto che lui c'è se ho bisogno, sono io che l'ho allontanato.
Non so se è normale, ma pur sapendo che ho bisogno del suo aiuto e pur essendo convinta che uscirei dal suo studio in condizioni emotivamente migliori di quelle in cui mi ritrovo adesso, non ho voglia di vedere neanche lui. Non ho voglia di affrontare di persona nessuno, la sola idea di dover descrivere a chiunque come mi sento mi fa sentire nervosa e sfinita. So che lui mi conosce, ma ora sono arrabbiata. Non con lui in particolare, ma con il mondo intero e non mi va di andare lì sapendo che nella migliore delle ipotesi piangerò un'ora, nella peggiore me la prenderò con l'unica persona che sa farmi stare bene. Il mio compagno mi sta vicino e non gli rimproverò nulla, ma non posso affidarmi a lui, prima di tutto perché è coivolto quanto me, poi perché sono irrazionalmente arrabbiata anche con lui pur non essendo stato manchevole in nulla.
Avrei dovuto vedere il mio terapeuta domani ma ho annullato l'icontro. Non so se avrò la forza di superare questo blocco e chiamarlo per vederlo prima delle sue ferie.. mi sembra uno sforzo immane affrontare qualcuno di persona, soprattutto l'unico al mondo con cui non indosso mai la maschera della persona forte che se la cava alla grande da sola.
Sapere che tra 10 giorni sarà in vacanza mi lascia spaesata, perché se vorrò il suo aiuto lui non ci sarà, ma se gli dico una cosa del genere temo possa cercare un compromesso per farmi sopportare la distanza e penso sia sbagliato. Le sue ferie sono sacrosante, non posso pensare che viva in funzione mia.
[#4]
Dr. Willy Murgolo Psicologo, Psicoterapeuta 173 13
<<..Le sue ferie sono sacrosante, non posso pensare che viva in funzione mia..>>

Gentile Signora, la vita è solo un'opportunità. Tra il vagito del neonato ed il rantolo del morente c'è tutto il mistero della creazione. ogni giorno, dall'alba al tramonto si rinnova il miracolo dell'esistenza. Tra protagonisti e gregari ognuno cerca il significato del suo essere nel mondo. Il suo Terapeuta ha trovato il proprio trasfigurandosi nell'altro da sè, donando la propria vita a coloro i quali a lui affidano la propria, anche se ciò rimane pur sempre un'opportunità.
La momentanea lontananza fisica per l'annuale riposo non annulla, per introiezione, la presenza dell'altro dentro di sè che continua a tenerla per mano.
Evidentemente, per disegno superiore, qualcosa doveva ancora essere limato prima di annunciare al mondo il sogno divenuto realtà, perchè la vita a volte non è solo un'opportunità, ricordando che : " Chi crede in me, non solo farà ciò che io faccio, ma molto di più".


Cordialità.





























Dr. Willy Murgolo
Psicologo-Psicoterapeuta
Ipnosi Clinica-Sessuologia

[#5]
dopo
Utente
Utente
Gentile dottore, la ringrazio per il pensiero e per le parole di conforto, ma la sua visione del mondo credo sia profondamente lontana dalla mia. Io sono atea, convinta che non esista alcun disegno superiore né qualcuno in cui credere. C'è la natura con le sue regole, c'è un universo di verità scientifiche che noi ancora oggi in buona parte ignoriamo, ma non esiste una singola entità con un progetto per tutti. Non vorrei essere offensiva per chiunque creda in un qualunque Dio, ma per me è solo una risposta che l'uomo si dà per gestire speranza e sofferenza. Uno strumento per affrontare l'ignoto, di cui tutti abbiamo paura. Non è una strada che fa per me, in ogni contesto a me servono soluzioni concrete a problemi reali.
Grazie comunque per il tentativo, su una persona meno scientifica forse avrebbe ottenuto il risultato sperato di fornire un motivo di speranza e di fiducia nel futuro.
Cordiali Saluti
[#6]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

la tristezza e la rabbia che prova in questo momento sono emozioni contrastanti ma direi Le sono utili adesso per queste ragioni:

- la tristezza da un punto di vista evolutivo Le serve per recuperare energie. Sempre, dopo la perdita di una persona carissima come un figlio, dopo la disperazione e la rabbia, c'è la tristezza. Non si spaventi, ma utilizzi questo tempo davvero per recuparare energie e per se stessa.

- la rabbia, invece, è l'emozione che spinge all'azione.
Da una parte è un bene provare rabbia, perchè vuol dire che non ha perso definitivamente le speranze.

Se si sente senza energie in questo momento, sia per quanto è accaduto sia per la tristezza che sta provando, è un conto, ma non parlandone col Suo terapeuta perde occasioni importanti per provare almeno a modulare queste emozioni.

Ha un'amica molto cara con cui parlarne? Si faccia accudire in questo momento delicato.

Poi, chieda anche al Suo ginecologo che fare in futuro per capire le ragioni di questi aborti ricorrenti.

Le faccio tanti auguri.

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#7]
Dr. Willy Murgolo Psicologo, Psicoterapeuta 173 13


Qualcuno ha detto che tra verità di Fede e scoperte scientifiche non c'è contraddizione. Tralascio volutamente l'autore di questa considerazione che rischierebbe di banalizzare la portata di questo pensiero. La questione divina. Il fatto é che sia il credente che l'ateo sono in contraddizione dal momento che il primo non può dimostrare ciò che afferma. "L'esistenza di Dio". Parimenti, il secondo, non può dimostrare la "Non esistenza del medesimo". Forse, e dico forse, solo l'Agnostico si muove con i piedi per terra. In pratica, quest'oltimo è come se dicesse " Io questo Dio non lo conosco. Quando e se qualcuno me lo presenterà, si vedrà".

Per quanto riguarda me, non sono ne credente, ne ateo e ne agnostico. Questo tanto per rassicurarla sulla possibilità che le nostre visioni del mondo forse non siano così distanti. In ogni caso non crede che bisognerebbe riflettere sulla circostanza che lei, pur rinunciando a percorsi religiosi e preferendo alternative assolutamente laiche, concrete e reali, comunque trova non indifferenti difficoltà nel cercare e trovare soluzioni appaganti? Mi consenta e mi permetta di suggerirle, se crede, di ripercorrere ciò che le ho sussurrato nel precedente post, tentando con una diversa chiave di lettura. Il tema della Ginecologia e Ostetricia Psicosomatiche e la possibilità di influenzare l'istinto aggressivo in modo tale di favorirne la conversione da centripeto a centrifugo sono materie da non trascurare.


Spero di non averle trasmesso confusione.

Cordialità.
[#8]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> l'unico al mondo con cui non indosso mai la maschera della persona forte che se la cava alla grande da sola.
Sapere che tra 10 giorni sarà in vacanza mi lascia spaesata, perché se vorrò il suo aiuto lui non ci sarà
>>>

Ciò che le è appena successo potrebbe non essere la sola o vera causa del suo sconforto. È chiaro che una notizia così dispiacerebbe a chiunque, ma nel suo caso assume una risonanza particolare perché si obbliga a indossare la maschera della persona forte, che se la cava sempre alla grande da sola.

Il suo appare come un problema causato dal forte bisogno di controllare ciò che le succede. La mentalità scientifica, l'indossare la maschera d'invincibilità e la paura che il suo terapeuta se ne vada in ferie pur avendo lei stessa deciso di non andarci. Perché così non può più controllarlo.

È la rabbia di non poter ottenere ciò che si è prefissata a disturbarla, più che gli eventi in sé, che possono pur essere tristi e spiacevoli. Rabbia quasi sempre presente negli stati di abbattimento dell'umore.

Pertanto potrebbe avere ragione quando dice a se stessa di non aver bisogno di un sostegno psicologico per gestire questa situazione. Probabilmente riuscirà a superarla da sola, come ha sempre fatto. Però potrebbe avere bisogno di un aiuto psicoterapeutico per spezzare la rigidità di cui sopra, più fondamentale e che rischia di causarle infelicità su altri fronti.

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#9]
dopo
Utente
Utente
Gentili dottori, grazie per le vostre risposte.

Dr.ssa Pileci, benché io non sia molto a mio agio a parlare di me con chi conosco, ho un'amica di cui mi fido e a cui ho raccontato l'accaduto. Questo è il frutto della terapia, perché mesi fa non avrei detto nulla a nessuno. Di solito sono la persona che ascolta non quella che parla.
Rifletterò un po' sul fatto che rifiutando il confronto con lo psicologo perdo un'occasione... e vista così la voglia di vederlo un po' c'è.

Dr. Santonocito, lei ha centrato in pieno il problema generale e io ne sono consapevole. Ho provato ad essere meno rigida, ma quando la vita ti fa lo sgambetto su più fronti diventa difficile non arrabbiarsi, non sentirsi impotenti e frustrati. Certo, è irrazionale pensare che l'esito possa dipendere sempre dall'impegno, ma è demotivante avere l'impressione di non avere potere alcuno. In ogni caso questa mia impostazione di controllo su tutto ha effetto su molti campi e in qualche modo devo ammorbidirla, continuerò a lavorarci su. Questo evento mi ha solo riportato un po' indietro sul percorso, come uno scivolone dal dirupo, ma ritroverò il sentiero per salire, magari con la guida del terapeuta. Devo solo decidere se risalire già ora o se stare sdraiata in fondo al dirupo a piangere per la caduta e a pensare "ci voglio davvero arrivare lassù?" "Forse cadrò di nuovo, sono sicura di aver capito come ammortizzare il colpo o la prossima volta non mi rialzo più?". Ho già qualche risposta, ma per ora sono seduta a guardare la meta lontana e a pensare "Ok, giuro che ci arrivo, ma ora datemi fiato".

Dr. Murgolo, nessuna confusione sul piano teologico e se vogliamo essere più rigorosi nelle definizioni sono in effetti classificabile come agnostica. E' una questione metafica che mai avrà risposta sul piano fisico, perché è altro. Mettiamola così: rispetto chi crede in Dio, rispetto chi dà per scontato la sua non esistenza, e mi pongo come una persona pragmatica che pensa "ma con tutti i problemi pratici che la vita ci porta e con tutte le gioie che si possono provare, ha senso investire tempo, pensieri e spesso denaro nel nome di qualcosa/qualcuno sulla cui esistenza si possono solo fare speculazioni?". La mia risposta è no, ma non è la verità, io non sono il portavoce di nessuna verità assoluta (sono relativista), è solo la mia impostazione, valida quanto quella di chiunque altro. Ho solo una curiosità, visto che mi sembra una persona addentro alla questione e visto che trovo stimolanti conversazioni di questo tipo, lei si definisce non religioso, non ateo e non agnostico. C'è una quarta categoria che propone un diverso punto di vista? Nel caso sarei curiosa di sapere qual è, solo perché ogni punto di vista è per me stimolo di riflessione. Poi magari non faccio mio quel pensiero, ma sono comunque curiosa e mi piace provare a vedere le cose con punti di vista diversi (per quel che si può fare, perché poi gli occhi sono sempre i miei).
Per quanto riguarda "la Ginecologia e Ostetricia Psicosomatiche e la possibilità di influenzare l'istinto aggressivo in modo tale di favorirne la conversione da centripeto a centrifugo", devo ammettere di non aver capito di cosa sta parlando. In questo campo sono in assoluto ignorante.

Grazie a tutti per il sostegno.
[#10]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> ma quando la vita ti fa lo sgambetto su più fronti diventa difficile non arrabbiarsi, non sentirsi impotenti e frustrati.
>>>

Sì, ma l'impatto che lo sgambetto ha su di noi dipende sempre da quanta aspettativa avevamo ammassato sulla scommessa, che poi ci ha traditi.

In altre parole quello che dice è ancor più vero per una persona come lei, convinta di dover controllare tutto.

L'atteggiamento più utile, nella vita, è sempre quello del partire disillusi: fare le cose senza aspettarsi molto in cambio. Altrimenti prima ci s'illude, poi ci si delude e infine ci si deprime. Ma è ovvio che ciò deve sembrarle fantascienza, in questo momento.

>>> questa mia impostazione di controllo su tutto ha effetto su molti campi e in qualche modo devo ammorbidirla, continuerò a lavorarci su
>>>

Dire a se stessa: "devo continuare a lavorarci su" è un'altra espressione del bisogno di controllo! Siccome ho un problema serio, me lo devo risolvere da sola. Ma questa è esattamente la rigidità che le impedisce di rompere la rigidità. Gli psicologi chiamano "ossessività" quest'atteggiamento ed è ben noto.

Se un giorno deciderà di tornare dal suo psicologo per farsi confortare, niente di male, ne ha tutto il diritto. Ma quando deciderà di fare qualcosa per la sua ossessività, si accerti di trovare possibilmente uno psicoterapeuta esperto in questo tipo di problema.

Cordiali saluti
[#11]
dopo
Utente
Utente
Scusi dottor Santonocito, sono io che ora sono suscettibile o sta insinuando che il professionista da me scelto non abbia intrapreso il giusto approccio nei miei confronti? Non vado dallo psicologo per farmi consolare (altrimenti ora non lo avrei allontanato). Non ci sarebbe nulla di male, ognuno ci va per i motivi che crede, ma non è quello che ricevo io dalla terapia. Ci vado per imparare a capire me stessa, per conoscermi e volermi bene e per cercare una impostazione di vita giusta per me, che mi permetta di essere serena.
Non so cosa intenda per "ossessività". Ma cosa vuol dire "L'atteggiamento più utile, nella vita, è sempre quello del partire disillusi: fare le cose senza aspettarsi molto in cambio"? Cosa dovrei fare? Continuare a studiare, a lavorare sfruttatta rinunciando a weekend e ferie, a provare ad avere una famiglia, a lavorare sul rapporto di coppia, ma senza aspettarmi risultati? Pensando "tutte queste rinunce non porteranno a nulla"? E dove la trovo la forza di fare una vita così se non nella motivazione e nella detetminazione per raggiungere uno scopo ben preciso? Per avere un figlio, se mai verrà, dovrò fare visite di ogni genere, esami su esami e forse trattamenti invasivi, mi sta dicendo che dovrei farli senza aspettarmi che servano? Pensa che io sia masochista e mi piaccia sottopormi a questo? Lo farò ma investendo emotivamente nella speranza che serva e, ovvio, se non va mi farò male. Non è mania di controllo, è motivazione. Non si mette in discussione se stessi solo per desiderio patologico di dominio sui propri pensieri, ma lo si fa investendo energie in un percorso complicato perché si vogliono i risultati. Più il percorso è in salita, più si arriva in alto, più ci si fa male se si cade. Mi sta dicendo che devo volare bassa? Perché forse io se cado mi faccio più male, ma per me che volo in alto il panorama è più bello...
[#12]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
No, non c'è alcun bisogno di essere suscettibile, non la stavo provocando né svalutando il suo psicologo.

Non ho detto "consolare", ma "confortare". Volevo dire che è necessario distinguere il cosiddetto sostegno psicologico dalla psicoterapia, che sono cose diverse.

Non so se con il suo psicologo stia/stesse facendo l'uno o l'altra, ma la mia osservazione era per chiarire che, sebbene ora lei si trovi in uno stato di prostrazione, forse (ma potrei sempre sbagliarmi, dato che non la conosco) avrebbe bisogno non solo di risolvere lo stato del momento, ma di far qualcosa *anche* per risolvere le questioni più di fondo. E se questo potesse farlo con il suo psicologo, che già la conosce, tanto meglio. Era questo che volevo dire.

>>> Non si mette in discussione se stessi solo per desiderio patologico di dominio sui propri pensieri
>>>

Sostengo proprio il contrario: che può essere un bisogno di controllo a impedire il mettersi in discussione.

>>> Mi sta dicendo che devo volare bassa?
>>>

Le sto dicendo di volare alta quanto vuole e che la motivazione va benissimo, ma di assicurarsi di portare con sé il paracadute.

Se vuole aggiungere altro, la ascolto.

Cordiali saluti
[#13]
dopo
Utente
Utente
Scusi il precedente sfogo,
non sono molto diplomatica in questi giorni.
Finora il mio terapeuta era il mio paracadute e ho puntato sempre più in alto perché c'era lui, ma ho trascurato tutto un mondo di incertezze che non so gestire, tutto un insieme di eventi su cui non ho controllo alcuno e so che ho un problema perché non so come pormi in maniera positiva verso qualcosa che sfugge alla mia profonda comprensione. La questione religiosa la posso liquidare come non indispensabile e poco influente, ma la vita è piena di incognite, molte delle quali fanno davvero paura.

Chiamerò il mio terapeuta e lo vedrò prima delle vacanze estive.

Grazie.
[#14]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> ho trascurato tutto un mondo di incertezze che non so gestire, tutto un insieme di eventi su cui non ho controllo alcuno e so che ho un problema perché non so come pormi in maniera positiva verso qualcosa che sfugge alla mia profonda comprensione. La questione religiosa la posso liquidare come non indispensabile e poco influente, ma la vita è piena di incognite, molte delle quali fanno davvero paura.
>>>

Benissimo, e sono proprio queste le questioni che andrebbero portate in terapia. La vita è piena d'incognite e incertezze che fanno paura, sia per chi crede che per chi non crede. E se non si è credenti, le risposte agli interrogativi importanti vanno trovate in altro modo. È possibile, anche se non si crede, trovare un proprio equilibrio.

Cordiali saluti
[#15]
Dr. Willy Murgolo Psicologo, Psicoterapeuta 173 13

Gentile Signora, la chiave di lettura per la quarta via può trovarla nella risposta al quesito : "Di quale colore è una rosa rossa ? ".


Cordialità.
[#16]
dopo
Utente
Utente
Grazie dottor Santonocito,
ho fissato un incontro con il terapeuta per venerdi prossimo. Quando avevo detto "questa mia impostazione di controllo su tutto ha effetto su molti campi e in qualche modo devo ammorbidirla, continuerò a lavorarci su" davo per sottointeso "in terapia", ma non poteva essere capito dal lettore della frase avendo io appena affermato di aver preso le distanze dallo psicologo. Per tutti l'introspezione può essere faticosa, ma per quelli come me, con un'ideale di sé molto rigido, è una vera e propria scalata. So che a me serve, ma so anche che richiede molte energie e ora ne ho poche, ecco il perché del mio iniziale dilemma: so che ho bisogno di aiuto ma so anche che serve forza per chiederlo e per riprendere il lavoro iniziato e io ho esaurito le riserve di zucchero.
Avrei voluto che il mio psicologo venisse a prendermi a casa di peso, perché cercarlo è stato uno sforzo e pensavo "se faccio fatica anche solo a chiamarlo come posso pensare di riuscire a fare tutto il resto?". L'ho chiamato comunque perché se ammetto che non è tutto sotto il mio controllo posso accettare che non devo fare tutto io. Io ho chiesto aiuto, ora guardo come va.
Grazie.

Dr. Murgolo, scusi se la ignoro. La sua domanda è interessante, ma apre la via per una riflessione filosofica lunga. Potrei chiederle a mia volta "il rosa è uno solo? lo vediamo tutti rosa uguale?". Non ho una cultura umanistica e tutto ciò che ho letto di filosofia risale all'epoca del liceo scientifico. Mi diletto spesso a farmi domande di questo tipo, che per me non hanno risposte, ma ora sono ai piedi di una parete di roccia da cui sono caduta rompendomi un osso della gamba... capirà se non mi prendo il lusso di ammirare il prato su cui sono rovinisamente atterrata.

Vi ringrazio per le attenzioni.
Siete stati tutti molto gentili.
[#17]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> L'ho chiamato comunque perché se ammetto che non è tutto sotto il mio controllo posso accettare che non devo fare tutto io. Io ho chiesto aiuto, ora guardo come va.
>>>

Bene, potrebbe essere un passo incoraggiante. Magari più avanti ci tenga aggiornati se vuole.

Cordiali saluti
[#18]
Dr. Willy Murgolo Psicologo, Psicoterapeuta 173 13
Gentile Signora, l'argomento che le propongo non ha nulla a che fare con la filosofia o materie similari. Esso invece si caratterizza all'interno di un'area squisitamente scientifica.
Mi permetta di astenermi dal considerare come risposta la Sua domanda.

Cordialità.
[#19]
dopo
Utente
Utente
La rosa rossa è una specie vegetale che nel suo genoma ha, tra gli altri, geni che le conferiscono una particolare colorazione. L'essere umano, da sempre animale curioso e osservatore, ha dato un nome a questo fenomeno e ha attribuito il nome "rosso" ad un insieme di colori (che corrisponde fisicamente al range tra 620 e 700 nello spettro elettromagnetico, considerando tutte le tonalità di rosso).
La mia domanda è: quello che io vedo come risultato di un'onda elettromagnetica a lunghezza compresa nel range del rosso, colore che mamma e papà da piccola mi hanno detto "è rosso", viene da tutti percepito allo stesso modo? l'uomo osserva il mondo con i propri sensi. Sono uguali per tutti? no, il daltonico non percepisce il colore come me. La fisiologia della visione porta molti esempi di "alterazioni della percezione visiva", ma quell'onda elettromagnetica ha comunque quella determinata lunghezza d'onda. Però quello è rosso perché io uomo l'ho definito così. Potevo dividere diversamente i range dello spettro elettromagnetico e fare altri gruppi a cui dare altri nomi. Ma prendiamo per dato che quello è rosso, per definizione, e chiediamoci "perché la rosa è rossa?". E' un effetto "collaterale" di qualche sostanza necessaria per altro (metabolismo per esempio) o è solo una caratteristica fenotipica che fornisce un vantaggio evolutivo (gli insetti magari sono attratti dal rosso?)? E gli insetti come vedono i colori? Nel caso, perché proprio il rosso?
Guardi che io posso andare avanti per ore.. ma posso farle una domanda? A parte distrarmi dal mio problema e ricordarmi che io individuo sono solo una formica nell'universo e che tutto è al tempo stesso scientificamente definito e comunque ancora da scoprire, come può questo farmi sentire meno frustrata all'idea che faticherò per essere mamma, se mai lo sarò?
[#20]
Dr. Willy Murgolo Psicologo, Psicoterapeuta 173 13
Gentile Signora, posso solo ripeterle la domanda. "Di quale colore è una rosa rossa?".

Per quanto riguarda il suo ultimo quesito: "..come può questo farmi sentire meno frustrata all'idea che faticherò per essere mamma, se mai lo sarò? ", Devo informarla che didattica e clinica raramente si tengono per mano. Volendo essere più chiari: "..se le spiegassi perchè e come affermo questo, vanificherei il risultato.."

Cordialità.

[#21]
dopo
Utente
Utente
Gentile dottore, la rosa rossa è, per nostra definizione, di colore rosso.
Non vedo in tutta onestà come questo possa avere riferimenti con una quarta categoria oltre i religiosi, gli atei e gli agnostici, ma poco importa perché al momento non sono alla ricerca di una nuova fede, ero solo un po' curiosa.
Lei si sta ponendo in modo molto enigmatico, io sono abituata ad un approccio più pratico e per questo le pongo una domanda: qual è il suo orientamento psicoterapeutico?
Non vorrei sembrarle scortese, ma io ho scelto un percorso di terapia sistemica breve (che poi tanto breve con me non è) perché non sono interessata tanto al capire perché le cose sono quelle che sono o che cosa nel mio passato mi ha portato ad essere chi sono (quesiti che mi pongo tra me e me quando sono in vena) quanto ad imparare a gestire, con gli strumenti che ho, il mio presente ed a accettare il mio futuro, qualunque esso sia. Chiedendole "in che modo tutto questo può aiutarmi" non intendevo esprimere il desiderio di capire la psicologia nei suoi fondamenti, non penso che sarebbe sufficiente nessuna risposta per far capire ad un profano, quale sono io, che strumenti voi usate. Mi chiedevo solo se questa stimolante conversazione porta alla fine ad uno spunto pratico o se è meramente astratta.
In ogni caso sappiate che mi è bastato fissare l'incontro con il mio terapeuta per sentirmi già più serena. Lui ha ancora questo effetto su di me.
Cordiali saluti
[#22]
dopo
Utente
Utente
Volevo rispondere ad un post non più presente, più per sfogo che per utilità. Non è però il caso di alimentare una polemica, quindi ho modificato il mio intervento.
Ringrazio tutti i professionisti intervenuti e più avanti sarò lieta di dare mie notizie.
Questo sito è davvero molto utile e ben strutturato, i miei complimenti a coloro che ne sono i responsabili.
Buon lavoro e buone vacanze a tutti.
[#23]
dopo
Utente
Utente
Buongiorno dottori,
è passato poco più di un mese da quando ho chiesto qui il vostro aiuto e penso di stare meglio per quanto riguarda la mia difficoltà nel diventare mamma. Non sarà facile affrontare le incertezze che mi aspettano, ma il futuro è incerto per tutti e non posso illudermi che il solo fatto di avere le idee chiare su quello che voglio sia sufficiente per ottenerlo. Forse ho capito cosa intendeva il dr. Santonocito quando mi ha consigliato di vivere la vita in maniera disillusa.

Se per la questione "gravidanza interrotta" va meglio, temo che per la mia mania di controllo non sia proprio così...
Sto avendo seri problemi con il mio psicologo perché mi sono infatuata di lui (già da tempo e lui già lo sa) e ora anche se ho capito che è un sentimento irreale sento comunque il desiderio di conoscerlo fuori da quello studio perché non riesco ad affidarmi davvero a qualcuno che non conosco affatto. Ho provato a parlargliene, ma mi rendo conto che qualunque cosa lui dica a me cambia poco. Non sono fatta per la psicoterapia? Devo cambiare professionista? Avete qualche consiglio?

Grazie per la cortese attenzione.
Cari saluti
[#24]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

quando una paziente si innamora del proprio terapeuta non è sempre necessario cambiare terapeuta. La cosa importante è averne parlato e gestire bene la cosa, in modo tale che il successo terapeutico non venga meno. Se, al contrario, i sentimenti che circolano nello studio del professionista, comprometteono la psicoterapia è bene cambiare, dopo averne parlato serenamente col terapeuta.

Lei adesso come sta quando è in terapia?
Tenga presente che il desiderio o la curiosità di conoscere il terapeuta fuori dallo studio sono normali. Alcuni pazienti ci domandano se abbiamo figli, se viviamo nella stessa città, se siamo credenti, ecc...
Sta al terapeuta aiutare il paziente a dare un senso a queste domande.

Ne state parlando?
[#25]
dopo
Utente
Utente
Ne parliamo molto, perché io sono stata sincera da subito sui miei sentimenti ed è diventato un punto centrale di molte discussioni.
Il problema non sorge quando sono in terapia nello studio, ma quando sono fuori da esso perché lui mi manca e cerco ogni possibile soluzione per avere un contatto con lui (che sia una mail o il cercarlo sui socialnetwork o il cercare di scoprire dove abita per capitare casualmente nel suo quartiere). Ho provato a pensare prima di agire per evitare comportamenti ossessivi, ma sta funzionando poco e gli sto rendendo il lavoro faticoso. Gli ho anche detto che forse mi serve una pausa, ma poi ho ammesso che la terapia mi sta facendo stare meglio per quanto riguarda il resto della mia vita e lui a fine seduta ha fissato un altro incontro. Non so davvero come muovermi. Mi sento un po' come un innamorato che viene lasciato e finge che gli vada bene restare solo amici tanto per non perdere del tutto i contatti con la persona che ama e al tempo stesso penso che cambiare terapeuta non servirebbe a molto. Accetto il rapporto terapeutico solo se la persona che ho davanti è interessante, intellettualmente stimolante e mi piace a pelle... e quando questi requisiti vengono soddisfatti è facile confondere tutto l'insieme con affetto. Un altro terapeuta o non funzionerebbe o mi farebbe lo stesso effetto...
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Signora,
una relazione terapeutica per funzionare deve essere emotivamente significativa (si parla di alleanza terapeutica) e ai fini del processo di cambiamento ci si avvale proprio delle reazioni emotive di entrambi, paziente e terapeuta.

Ciò che sta vivendo in terapia è, forse, per Lei un'esperienza nuova.
Abituata a far da sé, ad indossare la maschera di quella forte e autosufficiente, in un certo senso incapace di chiedere aiuto, ora in quel contesto sta sperimentando una modalità relazionale differente, in cui riesce a fidarsi e affidarsi all'Altro, sperimentando la possibilità di manifestare la sua richiesta di attaccamento (e quindi riuscendo a mostrarsi "debole") e ricevendo in cambio l'adeguato accudimento.
Non essendoci abituata, è proprio vero ciò che scrive, cioè che <<è facile confondere tutto l'insieme con affetto>>, dal momento che è come se ci fosse una sorta di cortocircuito emozionale per cui le manifestazioni di accudimento vengono confuse involontariamente (ma proprio perchè si è abituati a "funzionare" in un certo modo) con quelle della sessualità e scatta ciò che comunemente definiamo innamoramento.

Penso che tutto ciò sia molto importante e che Lei sia giunta ad un punto cruciale della sua terapia. Non solo non riterrei corretto cercare un terapeuta diverso, ma penso che sia giusto proseguire il cammino fatto fino ad ora, proprio in virtù di quanto le sta accadendo.

Cordiali saluti.

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
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dopo
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La ringrazio dottoressa,
le sue parole sono rassicuranti, se non altro pensare che tutto questo per voi è normale mi fa sentire meno sciocca.
Mi dispiace solo un po' per il mio psicologo, perché anche se lui è imperturbabile e sempre gentile io talvolta so di essere davvero irritante e so che gli sto rendendo il lavoro faticoso almeno quanto lo è per me. Non sono abituata a pensare solo a me, di solito io vengo dopo gli altri, con lui invece ho sempre fatto l'egoista e mi sento davvero meschina. E' vero che l'ora con lui è mia, ma io sono invadente... non so rispettare lo spazio di quella sola ora. Scarico su di lui rabbia, tristezza, insoddisfazione... Ho paura che lo esaspererò.
Confido sul fatto che siate addestrati per affrontare tutto questo, ma mi sento comunque in colpa nei suoi confronti, per questo avevo pensato di sospendere: per dare a lui un po' di tregua. Ma lui ha fissato un altro incontro anche se gli ho espresso un dubbio, quindi devo pensare che gli va bene che così?
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Certo!
Anche se le sembra "strano", poiché non vi è abituata, in quel contesto entrambi state lavorando per prevendervi cura di Lei.
Pensi a sé e al suo bene senza timore di essere egoista né tantomeno meschina: non è per questo che ha intrapreso la terapia? Non desiderava stare meglio?

Non sta a Lei prendersi cura del suo terapeuta: se si irrita, si annoia, si stanca, si esaspera, si arrabbia....sono fatti suoi!
Scherzi a parte, anche le emozioni che un terapeuta prova nel corso delle sedute sono utili per il progresso della terapia, ma lasci a lui il compito di gestirsele.
Se lo ritiene utile, gliene riparli, ma io credo che gli vada proprio bene così.
Coraggio!

La saluto con un pensierino della sera su cui riflettere:
"Non posso certo dire se sarà meglio, quando sarà diverso;
ma posso dire: - E' necessario che cambi, se deve migliorare"
(G.C. Lichtenberg)
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dopo
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Utente
Grazie dottoressa, è stata molto gentile.
Continuerò il mio percorso un po' più rilassata.

Un caro saluto